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Riterrebbe utile che

Vi sono molti ambiti in cui l’infermiere può essere presente, ambiti che necessitano di una formazione di livello superiore sotto il profilo clinico, assistenziale e relazionale. Fino ad una decina di anni fa, pochi avrebbero immaginato come sarebbe cambiato il volto delle farmacie16: oggi all’interno di queste, è possibile trovare e dunque far riferimento ad altri professionisti sanitari, tra i quali l’infermiere. I cittadini possono sottoporsi ad un’iniezione intramuscolare, al cambio di una medicazione, al test per la glicemia, alla misurazione della pressione ma anche avere informazioni su come aderire correttamente alle prescrizioni terapeutiche o ricevere specifica educazione sanitaria.

16 Cfr. Farmacia dei servizi, – Ministero della Salute, 2011

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Grafico 25

Riterrebbe utile essere assistito da un infermiere nella farmacia dei servizi?

Fonte: Osservatorio Civico sulla Professione Infermieristica, Cittadinanzattiva 2018

Preso atto di un 22,35% di intervistati che hanno indicato la voce

“non saprei”, tra i restanti, il 65,55% riterrebbe utile essere

assistito da un infermiere nella farmacia dei servizi contro un 12,10% che non ne ha intravisto l’utilità (Grafico 25).

Eclatante è invece il dato riguardante la possibilità di poter scegliere

e disporre di un infermiere di famiglia/comunità17 (Grafico 26),

17 Cfr. https://www.nurse24.it/specializzazioni/territorio-e-altro/infermiere-comunita-trento-linee-indirizzo.html - Setting privilegiato dell’infermiere di comunità è la casa, la comunità, le strutture. Si tratta di un professionista che agisce in modo proattivo, in rete con tutti i servizi socio sanitari, ... riconoscibile e contattabile, basa il proprio operato sui principi della medicina di iniziativa. Da non confondere con l’infermiere di famiglia, il cui profilo, secondo l’OMS corrisponde a colui che agisce per il benessere della comunità, quindi in uno spazio di azione diverso da quello di famiglia, rivolgendosi a scuole, comunità per psichiatrici e comunque in un ambito extra-ospedaliero, ma non domiciliare.

https://www.nurse24.it/specializzazioni/territorio-e-altro/infermiere-di-famiglia-il-futuro-dell-assistenza.html

come accade per il medico di medicina generale (MMG).

Il 78,61% vede favorevolmente tale possibilità mentre un minuto scetticismo (No=10,40%) e una mancata consapevolezza (Non saprei=10,99%) riguardano rispettivamente circa 1 caso su 10.

Grafico 26 Riterrebbe utile

Fonte: Osservatorio Civico sulla Professione Infermieristica, Cittadinanzattiva 2018

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Infine, la quasi totalità degli intervistati riterrebbe utile (Grafico 27) avere la possibilità di consultare un infermiere esperto in trattamento di ferite/lesioni cutanee (86,09%) e avere un infermiere disponibile anche nei plessi scolastici per i bambini/ragazzi che ne potrebbero avere bisogno (84,08%).

Grafico 27 Riterrebbe utile

Fonte: Osservatorio Civico sulla Professione Infermieristica, Cittadinanzattiva 2018

LE AZIONI DI MIGLIORAMENTO

Le azioni proposte nascono dall’analisi dei risultati emersi nel presente documento; tali risultati sono stati condivisi e discussi dagli stakeholder che hanno accompagnato Cittadinanzattiva nell’indagine civica e rappresentano suggerimenti atti a consolidare la collaborazione con FNOPI e pertanto a rafforzare il patto tra cittadini e infermieri.

Le azioni perseguono due principali filoni:

1. Un gruppo di azioni si rivolge direttamente a FNOPI, fornendo una serie di indicazioni, immediatamente spendibili e di impatto operativo, rispetto alla volontà di dare concreta risposta ai bisogni dei cittadini ed al fine di “proiettare” sempre al rialzo i professionisti iscritti all’Ordine Professionale.

2. Un altro gruppo di azioni invita a proseguire nell’impegno “politico” già avviato dalla FNOPI e teso a valorizzare la professione infermieristica davanti alle Istituzioni.

GRUPPO 1

Infermiere come leva per l’integrazione

1. Promuovere la cultura dell’integrazione tra più professioni sanitarie, investendo su modelli organizzativi idonei a rispondere al meglio ai bisogni di cura e di assistenza del paziente.

Per fare ciò l’agire dell’infermiere si concentrerà su:

1.1 RICONOSCIMENTO INTERNO: consapevolezza del proprio ruolo e degli spazi di intervento autonomo, operando sull’abbattimento delle barriere relazionali soprattutto di tipo intra-professionale;

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1.2 RISPECCHIAMENTO ESTERNO: impegno dell’infermiere a divenire punto di riferimento del cittadino all’interno dell’equipe, individuando modalità che permettano di farsi conoscere e riconoscere, contribuendo alla consapevolezza che l’infermiere è una figura professionale capace di dare al cittadino le risposte necessarie a prendersi cura di sé.

Competenze mirate e implementate da costante aggiornamento professionale per rispondere ai bisogni di cura e di assistenza 2. Investire sulla professione infermieristica partendo da una

riflessione più ampia su come: - sta evolvendo la professione;

- dare spazio alle potenzialità della professione nel rispetto dei perimetri professionali;

- garantire la sostenibilità del servizio sanitario mediante appropriatezza professionale.

2.1 Sfruttare appieno le opportunità della formazione professionale, spendendo in percorsi mirati (ma anche trasversali) che rendano l’infermiere "esperto“ e “specializzato”, in particolar modo dove l’ambito in cui opera lo richiede (cure primarie e servizi territoriali, area intensiva e dell’emergenza-urgenza, area medica, chirurgica, pediatrica e della salute mentale).

Sul punto si invita ad avviare verifiche al fine di conoscere se e quanto gli infermieri dipendenti del servizio sanitario, siano messi in condizione di frequentare i corsi di aggiornamento (es. difficoltà ad ottenere permessi dalle aziende sanitarie).

Innovare l’assistenza sanitaria sul territorio come richiesto dai cittadini

3. Praticare soluzioni che promuovano la figura del professionista nella realtà quotidiana della persona: l’infermiere a domicilio,

l’infermiere di famiglia/comunità, l’infermiere all’interno di plessi scolastici e nelle farmacie dei servizi.

4. Valorizzare il ruolo dell’infermiere nell’ambito dell’uso delle tecnologie sanitarie sul territorio, riconoscendo allo stesso un ruolo attivo nell’erogazione di specifiche prestazioni (es. telemedicina, tele monitoraggio, teleconsulto) inserite nei percorsi assistenziali.

Infermiere come facilitatore

5. Lavorare sul ruolo proattivo degli infermieri riguardo alle cronicità

ed altre situazioni di fragilità, rendendoli anche un anello di integrazione dei percorsi tra ospedale e territorio.

Sul punto, si invita ad insistere sul valore dell’educazione terapeutica e sulle abilità dell’infermiere, volte a migliorare l’autonomia della persona e la capacità di gestire il proprio stato di salute.

GRUPPO 2

Dai minutaggi a criteri scientificamente riconosciuti

6. Laddove presente, superare la logica dei minutaggi assistenziali con un criterio già in uso in altri paesi europei e che definisce un rapporto numerico specifico tra paziente-infermiere (1:6, ovvero un infermiere ogni 6 pazienti)

Investire nell’assistenza infermieristica e in minore burocrazia 7. Realizzare corsi di formazione che qualifichino e incrementino il

rapporto con la persona e che dedichino specifici moduli all’empowerment, all’umanizzazione delle cure alla relazione e alla comunicazione e in particolar al tema del dolore (L.38/10),

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in collaborazione con le associazioni di cittadini e pazienti. 8. Valorizzare la professione infermieristica riconoscendo le

competenze professionali all’interno dell’organizzazione dei servizi sanitari, adeguandone il governo.

Si raccomanda alle aziende sanitarie di riconoscere la centralità del capitale umano, serbatoio di innovazione ed asse principale del processo di cambiamento.

9. Promuovere il co-design dei servizi sanitari con i cittadini, aprendo una riflessione su come evitare gli “effetti collaterali” della tecnologia applicata al mondo della sanità. Le tecnologie hanno contribuito ad avvicinare il cittadino al servizio sanitario ma contemporaneamente hanno creato alcune barriere che hanno modificato la percezione della qualità dell’assistenza sanitaria (es. infermieri impegnati al computer per inserire i dati della cartella clinica).

Continuare a lavorare attraverso l’Osservatorio Civico

10. Pianificare un’operazione di comunicazione pubblica

congiunta (es. campagne di informazione nelle piazze) tra Cittadinanzattiva, associazioni di pazienti e FNOPI, organizzando eventi di prossimità allo scopo di far conoscere al cittadino chi è l’infermiere, quando è possibile rivolgersi a lui e dunque, per comunicare il valore e le nuove opportunità che la professione offre.

11. Prevedere giornate di studio o di approfondimento presso le

sedi dei territoriali Ordini Professionali, alla presenza di associazioni di cittadini e pazienti, in modo da facilitare lo scambio di idee e proporre interventi per soddisfare i bisogni specifici delle persone.

CONCLUSIONI

Quello che emerge dall’attivazione dell’Osservatorio Civico sulla Professione Infermieristica è che in futuro, il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) non potrà fare a meno di professionisti capaci di rispondere ai nuovi bisogni di salute, tanto più che sono i cittadini a chiederlo, gli stessi che vivono sulla propria pelle l’impegno profuso di tali professionisti ad evolvere le competenze in funzione di ciò che occorre concretamente ai pazienti.

L’Osservatorio Civico di fatto è partito da qui e cioè dalla volontà di migliorare e rafforzare insieme un patto tra le parti, costruendo una relazione privilegiata che ha mostrato, seppur con qualche aspetto da migliorare, di avere basi solide.

Per i cittadini il lavoro svolto dagli infermieri è positivo; pur permanendo qualche retaggio culturale secondo il quale paiono per certi versi, dipendere ancora dalla figura del medico (47,19%), è palese che siano considerati una risorsa sulla quale il Servizio Sanitario Nazionale può e deve investire di più, al fine di garantire maggiore accesso, qualità e sicurezza delle cure.

In 4 casi su 5 i cittadini riconoscono facilmente gli infermieri tramite elementi identificativi (86,86%) e vedono tutelata la propria privacy nel 70,40% delle situazioni. La gentilezza e cortesia durante l’assistenza è riferita nell’88,34% dei casi, mentre valori più bassi si riscontrano su “empatia” e disponibilità all’ascolto che comunque registrano un discreto 72,24%.

Solo 1 infermiere su 5 non ha dedicato il tempo necessario per informare e rispondere ad eventuali domande del cittadino/paziente contro l’80,08% degli infermieri che ha fornito informazioni chiare e comprensibili. Prima di esami, terapie e trattamenti, il professionista ha spiegato cosa stava per fare nel 72,20% dei casi e, di fronte a ritardi o problemi organizzativi, nella metà delle situazioni (51,93%) ha informato per tempo e aggiornato il cittadino.

Fuori dall’ospedale, circa 3 cittadini su 5 affermano di essere stati supportati dall’infermiere a gestire la patologia ed i trattamenti

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(65,58%), riferendo inoltre, in almeno 1 caso su 2, come il professionista abbia organizzato il calendario delle visite e dei successivi esami (55,42%). C’è ancora da lavorare sulla formulazione del piano di assistenza mirato alla persona e ai suoi bisogni che, in quasi 2 casi su 5 (38,82%), non vede protagonista attivo l’infermiere e migliorare gli aspetti legati alla misurazione e gestione del dolore (no=23,66%).

Poco meno della metà dei cittadini conferma che l’infermiere di riferimento si è attivato per fornire orientamento nell’accesso ad eventuali altri servizi, garantendo continuità di assistenza tra ospedale e territorio (44,76%). Più in generale 1 infermiere su 2 (54,19%) risponde ai bisogni assistenziali della persona, compresi quelli psicologici e sociali e il 64,59% dei cittadini afferma come l’infermiere abbia lavorato in modo coordinato ed integrato con medici ed altri professionisti sanitari.

Durante l’assistenza infermieristica, 2 su 5 si sentono abbastanza sicuri (41,21%) e circa 3 su 5 molto sicuri (29,39%); solo il 3,06% degli intervistati non ha avuto questa stessa sensazione. Il 51,77% dei cittadini, inoltre, reputa insufficiente il numero degli infermieri e ne chiede un potenziamento per evitare che i carichi burocratici incidano negativamente su qualità e sicurezza dell’assistenza.

Servono più infermieri, in particolare nei servizi sanitari territoriali, più tempo dedicato all’assistenza e meno alla burocrazia; gli infermieri sono indispensabili sul territorio: 3 cittadini su 5, sono orientati e pertanto ritengono utile (78,61%) poter scegliere e disporre di un infermiere di famiglia come si fa con il medico, in particolar modo (86,09%) per poterlo consultare in caso di lesioni da decubito. Infine, l’84,08% accoglierebbe volentieri un infermiere nei plessi scolastici.

Buona è la conoscenza dell’infermiere che opera in ambito palliativo, preventivo, curativo e riabilitativo (70,81%) così come l’82,86% sa che tra le competenze infermieristiche c’è anche quella di valutare la gravità del caso e assegnare il codice di priorità al Pronto Soccorso.

Tra le competenze dell’infermiere che si conoscono meno ci sono: il fornire educazione terapeutica e supporto all'autogestione della patologia e dei trattamenti (36,89%), la promozione di interventi di educazione sanitaria e sani stili di vita (44,37%), il supporto per l’aderenza alle terapie (32,06%).

All’interno di questa istantanea pesa il problema della carenza di organici (blocco del turnover, blocco dei contratti) e l’applicazione del criterio dei minutaggi; su questi ultimi la letteratura scientifica insegna come sia arrivato il momento di applicare criteri differenti e quello del rapporto 1:6, un infermiere ogni 6 pazienti, è la strada corretta da seguire; in alternativa avremo sempre pazienti che giudicheranno gli infermieri troppo lontani dalla vera e propria assistenza infermieristica oltreché una serie ricadute cliniche. Una riflessione di chiusura la merita anche l’organizzazione dei servizi: è necessario che per disegnarli e progettarli (ad es. l’uso e l’applicazione delle tecnologie sanitarie) si garantisca il coinvolgimento dei professionisti sanitari e dei cittadini, al fine di ridurre il rischio di inefficienze e aumentare le capacità di risposta del sistema.

Nel mentre, con le azioni di miglioramento stilate congiuntamente, l’infermiere si impegna ad incrementare le proprie competenze e conoscenze in ambito assistenziale, facendo sì che si giunga ad un profilo di piena e consapevole autonomia, da tradursi in un rafforzamento della qualità dell'assistenza erogata e in un vantaggio tangibile al cittadino.

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