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Sezione II: Thomas S Kuhn 28 9) Kuhn di fronte a Popper e Carnap

13) Le rivoluzioni scientifiche

Nel paragrafo precedente, abbiamo già detto molto riguardo alle caratteri- stiche proprie di una rivoluzione scientifica, nonché al contesto in cui si situa. A questo punto dovrebbe essere chiaro che, secondo Kuhn, una rivoluzione scientifica è ciò che si verifica quando un paradigma dominante, in base al quale la ricerca scientifica normale ha operato fino a un dato momento, viene sostituito da un nuovo paradigma, destinato a guidare la scienza normale per il periodo successivo. Dovrebbe essere evidente, altresì, che, nella ricostru- zione kuhniana, le rivoluzioni scientifiche non sono affatto eventi estempora- nei, ma il frutto di processi relativamente lunghi che si aprono quando alcuni rompicapo della scienza normale si mutano in anomalie e queste, non riu- scendo a essere risolte con modelli derivanti dal paradigma dominante, dan- no luogo a un indebolimento e a una crisi del paradigma stesso. La crisi, d’altra parte, non sfocia automaticamente in una rivoluzione, ma crea le con- dizioni oggettive e soggettive che, una volta ideata una nuova teoria da uno o da un ristretto gruppo di scienziati, pongono le basi perché questa venga pre- sa in considerazione come potenziale paradigma. Tale paradigma potenziale,

a sua volta, non diventerà paradigma dominante, finché non si sia sviluppato nel confronto con i “fatti” e, soprattutto, nella lotta con il vecchio paradigma e con i suoi sostenitori.

Va detto, d’altra parte, che una volta mutato il paradigma si verifica un cambiamento complessivo che riguarda, insieme, i problemi considerati scientifici, le soluzioni ritenute accettabili, le strumentazioni stimate affidabili, gli oggetti di cui gli scienziati ritengono che sia popolato il mondo...etc..

A questo punto, resta da spiegare perché Kuhn abbia scelto di chiamare certi mutamenti, da ritenersi epocali per la storia della scienza o, perlomeno, per la storia di un suo settore, con il nome di rivoluzioni scientifiche, con ciò istituendo un parallelismo evidente con le rivoluzioni socio-politiche. Per ri- spondere a questo quesito, sarà necessario, più che altrove, citare diretta- mente i testi del filosofo statunitense: «Le rivoluzioni scientifiche sono intro- dotte da una sensazione sempre più forte, spesso avvertita solo da un settore della società, che le istituzioni esistenti hanno cessato di costituire una rispo- sta adeguata ai problemi posti da una situazione che esse stesse hanno in parte contribuito a creare. In una maniera più o meno identica, le rivoluzioni scientifiche sono introdotte da una sensazione crescente, anche questa volta avvertita solo da un settore ristretto della comunità scientifica, che un para- digma esistente ha cessato di funzionare adeguatamente nella esplorazione di un aspetto della natura verso il quale quello stesso paradigma aveva pre- cedentemente spianato la strada. Sia nello sviluppo sociale che in quello scientifico, la sensazione di cattivo funzionamento che può portare a una crisi è un requisito preliminare di ogni rivoluzione (....) Le rivoluzioni politiche mira- no a mutare le istituzioni politiche in forme che sono proibite da quelle istitu- zioni. All’inizio, è soltanto una crisi che indebolisce il ruolo delle istituzioni poli- tiche, allo stesso modo che, come abbiamo visto, indebolisce il ruolo dei pa- radigmi. (...) In numero sempre maggiore gli individui (...) si comportano in

modo sempre più indipendente. Quindi, con l’approfondirsi della crisi, parec- chi di questi individui si riuniscono attorno a qualche proposta concreta per la ricostruzione della società in una nuova struttura istituzionale. A questo punto la società è divisa in campi o partiti avversi, l’uno impegnato nel tentativo di difendere la vecchia struttura istituzionale, gli altri impegnati nel tentativo di istituirne una nuova. (...) Siccome differiscono circa la matrice istituzionale all’interno della quale va raggiunto e valutato il cambiamento politico, e sic- come non riconoscono nessuna struttura che stia al di sopra delle istituzioni, alla quale possono riferirsi per giudicare della differenza rivoluzionaria, , i par- titi impegnati in un conflitto rivoluzionario devono alla fine far ricorso alle tec- niche della persuasione di massa, che spesso includono la forza. (...) Analo- gamente alla scelta fra istituzioni politiche contrastanti, la scelta tra paradigmi contrastanti dimostra di essere una scelta tra forme incompatibili di vita socia- le. Poiché ha questo carattere, la scelta non è, e non può essere determinata esclusivamente dai procedimenti di valutazione propri della scienza normale, poiché questi dipendono in parte da un particolare paradigma e questo para- digma é proprio ciò che viene messo in discussione. Quando i paradigmi en- trano come necessariamente devono entrare in un dibattito sulla scelta di pa- radigmi, il loro ruolo è necessariamente circolare. Ciascun gruppo usa il pro- prio paradigma per argomentare in difesa di quel paradigma.»39. Ciò non vuol

dire che i sostenitori di teorie diverse non possano argomentare razionalmen- te a sostegno dell’una o dell’altra, ma che i loro argomenti, malgrado tutto, mantengono degli elementi di circolarità conseguenti al fatto di dipendere, almeno in parte, dal paradigma da cui si muove. In mancanza di sufficienti punti in comune superiori e preventivamente stabiliti, la questione inerente

l’identificazione del paradigma migliore non può essere decisa facilmente (o non può essere decisa affatto) da un osservatore esterno che non prenda parte alla controversia.

14) L’incommensurabilità dei paradigmi e le conversioni