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e 17 – Rizzo (Pdci): «È necessario che il gover- gover-no abbandoni ogni indugio e prosegua senza

Nel documento I PRIMI CENTO GIORNI DI PRODI (pagine 55-62)

15 giorni a maggio

delle 12 e 17 – Rizzo (Pdci): «È necessario che il gover- gover-no abbandoni ogni indugio e prosegua senza

tentenna-menti sulla via del ritiro delle truppe, dell’abbattimen-to della legge Biagi e della cancellazione della controri-forma Moratti».

Per un giorno, almeno per un giorno, non ci sono attriti. Ma solo perché nessuno replica a Rifondazione e ai Comunisti ita-liani. Perfino Capezzone, stranamente, per una volta, tace. Così imperversano Giorda-no e Rizzo, che invocaGiorda-no la totale cancella-zione della legge Biagi e l’abbattimento della riforma Moratti. Esattamente il con-trario di ciò che vogliono fare i molti rifor-misti dell’Unione, che preferiscono lavorare in silenzio e non esibirsi in questo continuo e sterile duello di dichiara-zioni e repliche. Addirittura, Rizzo indica l’abrogazione della legge Biagi come una «delle priorità dell’agenda del governo di centrosinistra dei primi cento giorni». E dire che giuravamo che tra le priorità della maggioranza nei primi cento giorni ci fosse quella di litigare, discutere, scontrarsi, contraddirsi e paralizzare l’Italia senza prendere una sola decisione. Ne sono passati 12 di giorni dall’accettazione dell’incarico da parte di Prodi, e queste sono le prime 24 ore senza che un esponente della sinistra non abbia manda-to a quel paese un suo alleamanda-to. Bel record...

29 maggio

Adn Kronos delle 8 e 40 – Anna Finocchiaro (capo-gruppo dell’Ulivo al Senato): «Troppo maschilismo, avevo le carte per andare al Colle. Un uomo con il mio curriculum sarebbe stato candidato alla presidenza della Repubblica».

Agi delle 13 e 24 – Giovanni Russo Spena

(capogrup-Giordano e Rizzo invocano

la totale cancellazione della legge Biagi e l’abbattimento della riforma Moratti

po Prc al Senato): «Necessario ripensare missione in Afghanistan». ❏ Adn-Kronos delle 17 e 48 – Pino Sgobio (Pdci): «Riflettere se opportuno restare in Afghanistan».

Agi delle 15 e 54 – Claudio Fava (europarlamentare Ds) sull’elezione di Totò Cuffaro a presidente della Regione Sicilia: «Adesso tocca ai giudici di Palermo. Cuf-faro ha cominciato a perdere. Il prossimo passaggio spet-ta ai giudici di Palermo che lo sspet-tanno processando per favoreggiamento alla mafia». ❏ Ap com delle 16 e 48 – Pierluigi Mantini (deputato Margherita): «Fava si cor-regga su Cuffaro. Non c’è alcuna rivincita giudiziaria da invocare poiché politica e giustizia devono restare sfere distinte». ❏ Adn-Kronos delle 17 e 50 – Villetti (Rnp):

«Fava sbaglia evocando la rivincita giudiziaria. Centrosi-nistra rifletta su sconfitta e individui correzioni di rotta».

Certo, è sicuramente bello fare il capogruppo al Senato del primo embrione (sperimentale, certo) del partito unico del centrosinistra, ma mettetevi nei panni della Finocchia-ro e pensate se non abbia per caso ragione. Lei, così brava, così autorevole, così esperta, vedere di continuo nomi di

“maschiacci” per la corsa al Quirinale. È vero, poi sul Colle è salito un suo collega, e che collega, quasi un esempio per molti dei diessini: quel Giorgio Napolitano che rappresen-ta la storia del Pci, poi Pds, poi Ds. Ma la Finocchiaro non ce l’ha con lui quando alla fine sbotta: «Un uomo con il mio curriculum sarebbe stato candidato alla presidenza della Repubblica. La politica è l’ultima roccaforte del maschilismo, anche perché vi si entra per cooptazione, e quindi si fa valere il potere di genere». Poverina, c’è da capirla. A parte l’autorevolezza del ruolo attuale, al Quiri-nale la Finocchiaro non avrebbe gli enormi problemi di gestire il suo gruppo al Senato, dove il rischio della caduta del governo è sempre dietro l’angolo. Compito sicuramen-te sexy – come avrebbe detto Prodi un paio di mesi più tardi – ma certo stressante. Volete mettere il Quirinale, il ceri-moniale, i viaggi, qualche intervento sicuramente

autore-vole e degno di attenzione, con tutti pronti a dare ragione al Capo dello Stato, a tirarlo per la giacchetta, e, infine, la soddisfazione di rispedire ogni tanto al mittente qualche legge fatta male? Bisogna ammettere che la Finocchiaro ha ragione, anche se il vero obiettivo non è Napolitano, ma la sua coalizione, il premier Prodi, che in campagna elettora-le si riempiva la bocca di “quote rose” e rinfacciava a Ber-lusconi la mancanza di coraggio di sponsorizzarle, tranne poi smentirsi nei fatti e varare un governo maschilista, cari-che istituzionali maschiliste, con un semplice contentino alla sola Finocchiaro. Che, per una volta, non tiene per sé le sue riflessioni e amarezze.

È umano. Mentre da giorni tutti parlano di tutto, spesso a sproposito, mettendo in difficoltà la coalizione di sinistra e la sua credibilità, a lei, così brava, è toccato stare zitta. L’estrema sinistra contraddice a giorni alterni, anzi tutti i giorni, la linea del gover-no sulle missioni di pace, sinistra e centro litigano sulla abolizione o meno della legge Biagi, alcuni ministri inneggiano Castro e insultano Bush, e la Finocchiaro non può dire che pure sul Quirinale si è sbagliato?

Ma volete mettere lo spessore della Finocchiaro con il giustizialismo di bassa lega di un suo collega di partito, Claudio Fava, deputato in Europa, che invece di rendere omaggio alla vittoria in Sicilia di Cuffaro, magari sottoli-neando il pesante calo di consensi da questi patito, si appel-la ai giudici di Palermo affinché lo condannino per mafia, riuscendo a fare ciò che non è riuscita a fare la Borsellino in una normale e corretta competizione elettorale? Per for-tuna c’è qualcuno che conserva un minimo di senso della realtà e di correttezza, come Mantini (Margherita), non certo un esempio fulgido di garantismo (basta scorrere le sue dichiarazioni sulla giustizia), oppure come il socialista Villetti. Entrambi sono durissimi nei confronti di Fava.

L’estrema

Niente a che vedere con la pasta della Finocchiaro... Ma fosse troppo in gamba per molti del centrosinistra?

30 maggio

Asca delle 11 e 23 – D’Alema: «Discontinuità non significa disimpegno da missioni di pace». ❏ Ap com delle 11 e 47 – Migliore (Prc): «Vogliamo ridiscutere tutte le missioni militari all’estero, compresa quella in Afghanistan».

Agi delle 13 e 23 – Bruno Ferrante (candidato sconfit-to dalla Moratti alla corsa per il sindaco di Milano): «I partiti della coalizione avrebbero dovuto credere di più alla possibilità di vittoria. Ho avuto l’impressione che considerassero Milano persa». ❏ Adn-Kronos delle 16 e 26 – Verdi a Ferrante: «Ci siamo impegnati al massimo».

Ap come delle 14 e 02 – Fabio Mussi (ministro della Ricerca e dell’Università) ritira il no dell’Italia alla ricerca dell’Unione Europea sulle staminali. ❏ Ap com delle 19 e 07 – Paola Binetti (senatrice Margherita ed ex presidente del comitato Scienza e vita): «Mussi doveva riflettere meglio». ❏ Asca delle 19 e 13 – Rosy Bindi (ministro della Famiglia): «Non ho motivo di dubitare che si tratti di una decisione collegiale, anche se non sono stata informata». ❏ Asca delle 19 e 41 – Giovanni Russo Spena (capogruppo dei senatori Prc): «Da Mussi atto decisamente apprezzabile».

Non c’è proprio pace per il governo. E se la questione iracheno-afghana è ormai una costante, non mancano nuove spine, sempre più dolorose, per la rosa dei ministri del premier. Quella per il sindaco di Milano era una partita considerata quasi persa in partenza. Il fatto che poi il cen-trosinistra abbia scelto di candidare l’ex prefetto della città, Bruno Ferrante, fino a qualche giorno prima il

rappresen-tante del governo in loco, è facile che sia risultata un’aggravante. Non tanto per l’U-nione, quanto per lo stesso Ferrante. È pos-sibile che molti cittadini abbiano fatto la seguente riflessione: ma come? Fino a ieri servivi il governo e oggi non solo gli volti le spalle ma addirittura ne critichi ogni atto?

Se in passato fossi stato coerente, ti saresti dovuto dimettere. Incassata una sconfitta sulla quale pochi nutrivano dubbi, Ferrante non trova nulla di meglio di attaccare i partiti che l’hanno sostenuto: «Dovevano crederci di più». In pratica l’ex pre-fetto scansa ogni possibile responsabilità e imputa tutto agli alleati. Piccati, replicano i Verdi, che smentiscono, anche con rabbia, sia lassismo sia rassegnazione alla sconfitta:

«Ci siamo impegnati al massimo».

A parte le piccole e stizzite questioni locali, c’è una bat-taglia che si combatte nell’Unione a livello nazionale. Il ministro per la Ricerca, Mussi ritira il “no” dell’Italia alla ricerca Ue sulle staminali, una firma alla “dichiarazione etica” precedentemente apposta dalla Moratti. Apriti cielo.

A scagliarsi contro la decisione è la Binetti, che prima di diventare senatrice della Margherita era stata presidente del comitato Scienza e Vita. Ma questo è nulla in confronto all’ira del ministro della Famiglia, Bindi, che prima ironiz-za sul fatto che probabilmente la decisione di Mussi non era stata collegiale e poi assicura che lei proprio non è stata informata. Un modo per marcare la sua contrarietà ad una decisione che avrebbe dovuto essere presa dall’intero governo e non da un ministro in fuga solitaria. Ad attizzare il fuoco ci pensa Rifondazione comunista, che attraverso Russo Spena dichiara di apprezzare la decisione di Mussi.

Lo stesso fa Vittoria Franco, responsabile dei Ds per la Cul-tura: «Mussi ha fatto bene». Poveri noi, e chi ci capisce più nulla? Ma qual è la linea del governo?

Se la questione

31 maggio

Agi delle 10 e 54 . Piero Fassino (segretario Ds):

«Necessario aprire subito il cantiere per il partito demo-cratico». ❏ Adn-Kronos delle 12 e 40 – Cesare Salvi (Ds): «Aspetto spiegazioni sul partito democratico». Adn-Kronos delle 14 e 11 – D’Alema: «Il Partito Demo-cratico è già una realtà». ❏ Agi delle 16 e 38 – Prodi:

«Sul Partito Democratico andiamo avanti».

Ap com delle 16 e 48 – Renzo Lusetti (Margherita):

«Sugli embrioni il ministro Mussi sbaglia nel merito e nel metodo». ❏ Adn-Kronos delle 17 e 24 – Enrico Boselli (Rnp): «Pieno sostegno a Mussi sulle staminali». ❏ Ap com delle 17 e 46 – Patrizia Toia (eurodeputato della Margherita): «Non condivido la posizione del ministro Mussi. Spiace che tale passaggio in un campo così impor-tante e sensibile non sia stato preceduto da un adeguato dibattito in sede politica, culturale e scientifica». ❏ Adn-Kronos delle 18 e 16 – Verdi: «Bravo Mussi sulle stami-nali». ❏ Ap com delle 21 e 18 – Rutelli irritato con Mussi, fissa paletti per le legge 40 (quella sulle staminali, ndA).

Il Partito Democratico non s’ha da fare, né oggi né mai.

Al contrario, il Partito Democratico si farà. Si farà? Ma praticamente è già cosa fatta. Potrebbe sembrare una que-stione di alta politica, distante anni luce dalle esigenze dei cittadini. E probabilmente è così. Ma la strada del Pd, come ormai lo chiamano tutti, pur irta di ostacoli, serve a creare un centrosinistra più coeso, compatto, senza quelle contraddizioni che hanno caratterizzato fin da subito il governo Prodi. All’anima del compatto... A sinistra litiga-no pure sulla fattibilità del Partito Democratico. Se Fassi-no, D’Alema e perfino Prodi insistono sull’obiettivo di unire in un destino comune Ds e Margherita, molti storco-no il naso, a partire da Cesare Salvi, che dei Ds rappresen-ta la sinistra, non certo una corrente di secondo piano. Le resistenze non mancano e questo piccolo neonato non solo

rischia di non vedere la luce, ma è addirittura in pericolo il suo concepimento. Lo stesso De Mita, qualche giorno prima, aveva avvertito che se il governo non trova com-pattezza, certo non sarà il Pd a salvare Prodi. Un de pro-fundis anticipato. Una sentenza senza appello: il Partito Democratico è questione di lana caprina, specchietto per le allodole con l’unico obiettivo di nascondere agli occhi degli italiani le profonde differenze e lacerazioni all’inter-no del goverall’inter-no.

Lacerazioni che in questi giorni si chia-mano staminali. La decisione di Mussi di contraddire l’esito del referendum e di riti-rare il no italiano alla ricerca europea, non-ostante una legge italiana fosse chiaramen-te ed esplicitamenchiaramen-te contro la ricerca sulle staminali, provoca forti tensioni nel centro-sinistra. Lusetti è contro Mussi. Boselli lo difende. La Toia torna ad attaccarlo. I Verdi cercano di sostenerlo. Ma alla fine è Rutel-li, vicepremier, a lanciare l’attacco più duro, anche e soprattutto per chi ne è il protagonista. Il vicepremier viene descritto come «molto irritato, arrabbiato». Rutelli lamenta l’iniziativa solitaria di Mussi e ricorda il seminario convo-cato da Prodi per il week end successivo proprio per otte-nere un po’ più di disciplina da parte dei ministri. Ma qui non è questione di disciplina. Ciò che era il collante del centrosinistra in campagna elettorale, Berlusconi, sta per-dendo la sua capacità di tenere unito il centrosinistra. Otte-nuto il potere, l’Unione sembra non avere più paura del Cavaliere, a torto, e quindi le differenze – evidenti – ripren-dono il sopravvento. Ognuno deve rispondere ai propri elettori, alla propria coscienza. Una prova lampante di come l’unico ed esclusivo mastice del centrosinistra era Berlusconi, la cui sconfitta, paradossalmente, rischia di provocare ripercussioni anche nella sinistra.

La decisione

Nel documento I PRIMI CENTO GIORNI DI PRODI (pagine 55-62)

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