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Ruolo della simulazione e l’homo œcomomicus

APPRENDIMENTO ED EVOLUZIONE

2.4 La critica di Clark

2.4.4 Ruolo della simulazione e l’homo œcomomicus

Con quali mezzi affrontare dunque lo studio della mente? È evidente la necessità di integrare uno studio dei processi cognitivi con l’analisi della struttura propria del cervello, prestando attenzione al carattere evolutivo della sua formazione e all’interazione con il mondo, il quale diventa anche un’opportunità di rafforzamento degli stessi strumenti cognitivi. Come modellare e comprendere un sistema che, da un punto di vista astorico e progettuale, appare disordinato e non intuitivo? «One promising approach involves what has become known as autonomous-agent theory. An autonomous agent is a creature capable of survival, action, and motion in real time in a complex and somewhat realistic environment» (Clark 1997, 6). Egli distingue la simulazione con robot, i cui esperimenti sono analizzati nel testo, dalla ‘mera’ simulazione in cui anche l’ambiente è ricostruito: in questa seconda accezione, così

come la sviluppano Nolfi e Parisi, la simulazione può essere secondo Clark solo un terreno di sperimentazione per un successivo sviluppo e applicazione a robot reali (Clark 1997, 97).

La pura simulazione significa semplificare l’ambiente e concentrarsi sull’intelligenza dell’agente: alcuni limiti della semplificazione sono la mancanza di parametri fisici, l’illusione dell’informazione perfetta tra sensori e ambiente, l’uniformità delle componenti. Un aspetto positivo consiste invece nella possibilità di ricostruire l’interazione con altri individui all’interno di una popolazione di agenti: l’opinione dell’autore è che però il vantaggio ottenuto con la flessibilità dello strumento nella costruzione di collezioni di individui implichi un’attenzione minore all’interazione mente-ambiente. Ma il giudizio complessivo è positivo: «On the other hand, one of the major insights driving much autonomous-agent research is precisely a recognition of the unsuspected complexity of real agent-environment interactions and of the surprising ways in which real-world features and properties can be exploited by embodied beings» (Ivi, 94).

Diventa centrale studiare i processi nel loro rapporto con il mondo, nel prestare attenzione ai concetti di apprendimento e azione nella loro interdipendenza. Uno strumento utile «is the use of simulated evolution as a means of generating control systems for (real or simulated) robots. Simulated evolution (like neural network learning) promises to help reproduce the role of our rationalistic prejudices and predispositions in the search for efficient solution» (Clark 1997, 87). É il carattere evolutivo un elemento centrale, e i numerosi esempi spiegati mostrano l’utilità della simulazione come strumento di ricostruzione e sperimentazione. La mente si è organizzata ad elaborare le informazioni in maniera distribuita nell’interazione con il mondo, ed è dunque fondamentale riprodurlo per capire meglio i fenomeni.

Ai fini della simulazione ad agenti è molto interessante notare che il carattere immediato dei processi cognitivi, che l’autore definisce «‘quick and dirty’ on-line stratagems» (Clark 1997, 179), caratterizza l’agire umano anche in contesti sociali strutturati. «The idea, in short, is that advanced cognition depends crucially on our abilities to dissipate reasoning: to diffuse achieved knowledge and practical wisdom through complex social structures, and to reduce the loads of individual brains by locating those brains in complex webs of linguistic, social, political, and institutional

constraints […]. Human brains, if this is anywhere near the mark, are not so different from the fragmented, special purpose, action-oriented organs of other animals and autonomous robots» (Clark 1997, 180).

Ci sono situazioni in cui l’ambiente è strutturato in modo che l’individuo non necessiti di grandi processi di elaborazione per raggiungere il proprio scopo. Questo fattore può avere numerose conseguenze nello studio delle scienze sociali, in particolare nell’economia, in cui la comprensione del comportamento umano è essenziale per cogliere proprietà sociali che emergono dall’agire individuale ad un livello superiore di analisi. Un esempio è quello dell’individuo in un supermercato: secondo l’economia classica il consumatore agisce per massimizzare l’utilità. Ma recenti teorie (Simon 1982) hanno fortemente criticato queste assunzioni introducendo il concetto di bounded rationality. Il limite della scienza economica classica e di altre scienze sociali consiste nell’incapacità di modellare il comportamento umano, limitandolo ad una condizione di perfetta razionalità.

Il successo della scienza economica è quindi maggiore nello spiegare l’agire umano in ambienti parzialmente strutturati in cui la scelta è limitata. «What is doing in such cases is not so much the individual’s cogitation as the larger social and institutional structures in which the individual is embedded» (Clark 1997, 182). Il comportamento di un’azienda in situazione di concorrenza è prevedibile nella misura in cui l’obiettivo è quello di massimizzare i profitti, in una logica di forte coercizione. Al contrario la teoria del consumatore è debole perché l’external scaffolding in cui esso agisce è minimo e non è strutturato in modo da facilitare l’ottenimento della massima utilità.

H. Simon è stato dunque uno dei primi a rinunciare all’idea dell’agente come perfetto ragionatore ma, secondo Clark, egli è di fatto rimasto legato al modello classico di computazione ed ha interpretato il comportamento del soggetto come orientato alla propria soddisfazione, piuttosto che all’utilità. «The reemergence of connectionism (artificial neural networks, parallel distributed processing) ideas […] took us farther by challenging classical models of internal representations of computation process […]. Daily problem solving, in these arenas, often involves locally effective patter-recognition strategies which are invoked as a result of externally originating prompt» (Clark 1997, 185).

Il ruolo della razionalità diventa quindi marginale e i modelli connessionisti diventano strumenti adatti a indagare il comportamento umano in ambienti socialmente strutturati. L’obiettivo della simulazione è quello di comprendere ed analizzare il complesso delle relazioni uomo-ambiente e Clark (1997) riconosce queste possibilità.

CAPITOLO III