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II: La collaborazione tra Tiziano e Cornelis Cort

II.2: Il ruolo di Dominique Lampson

Dominicus Lampsonius – italianizzato, Domenico Lampsonio - (1532-1599), originario di Bruges, fu uno dei più celebri umanisti fiamminghi del XVI secolo, oltre che scrittore, pittore e collezionista. Attraverso i suoi numerosi scambi epistolari con i protagonisti della scena artistica italiana, documentò – ed influenzò – gli sviluppi della pittura e dell’arte grafica europea del tardo Cinquecento e, affrontando spesso nei suoi scritti il tema dell’incisione e il suo potenziale documentario e di traduzione, contribuì a rendere Cornelis Cort, una delle figure più influenti del secolo per l’arte nordeuropea36. Egli fu corrispondente e consulente del Vasari che lo definì

33 G. Tagliaferro, B. Aikema, Le botteghe cit., pp. 405-406. 34 P. Lüdemann, Le botteghe e la grafica cit., p. 172. 35 G. Tagliaferro, B. Aikema, Le botteghe cit., p. 407.

36 G. C. Sciolla, Da van Eyck a Brughel, Scritti sulle arti di Domenico Lampsonio, Torino, Utet, 2001, p.

«uomo di bellissime lettere e molto giudizio in tutte le cose»37. Dopo aver lavorato come segretario per il Cardinale Reginald Pole in Inghilterra, si trasferì nel 1558 a Liegi, dove assunse il ruolo di segretario privato e consigliere di Robert de Berghes, principe-vescovo della città, e di chi lo succedette. Questo ruolo lo portò a prendere spesso parte a viaggi diplomatici tra Bruges, Anversa, Monaco ed Augsburg. Grazie ai suoi contatti con gli uomini di cultura di Liegi e la frequentazione della bottega del pittore e disegnatore Lambert Lombard (1505-1566) a cui dedicò anche una Vita, e di artisti a lui coevi quali Lambert Suavius, Hubert Goltzius e Franz Floris, divenne uno dei più influenti umanisti del suo secolo38. Come si è già accennato al Capitolo I, il Lampsonio, frequentatore della casa editoriale di Hieronymus Cock ad Anversa – dove, con ogni probabilità entrò per la prima volta in contatto con Cornelis Cort -, ebbe un ruolo notevole nella pubblicazione della raccolta di ventitré ritratti intitolata Pictorum aliquot celebrium Germaniae inferioris effigies. Nel breve poema riportato sotto il ritratto inciso del pittore di Amsterdam Jan van Amstel, l’umanista evidenziò le due peculiarità che distinguevano gli artisti belgi dagli italiani, più predisposti i primi alla pittura di paesaggio piuttosto che al dipingere uomini e Dei, prerogativa dei secondi, dando valore al proverbio che dice: «gli italiani hanno il cervello nella loro testa, mentre i neerlandesi nella loro diligente mano»39. L’aspetto sottolineato dall’umanista viene da lui stesso ribadito in altre circostanze, seppur con diversi termini. Avendo a cuore tanto la produzione italiana – pur non essendosi mai recato nella penisola, aveva avuto modo di confrontarsi con questa tramite i pittori di Anversa tornati dal loro viaggio di formazione e attraverso numerosi carteggi – quanto le sorti degli abili artisti dei Paesi Bassi, si auspicava un incontro tra le due realtà per mezzo della grafica. Già nella sua seconda lettera inviata al Vasari, del 25 aprile 1565, - la prima è di un anno antecedente40 - Lampson cercò di mettere in luce il ruolo insostituibile della stampa per la traduzione e divulgazione del verbo dei grandi maestri, criticando per giunta alcuni stampatori - Lafrery e Salamanca - e incisori italiani quali Enea Vico e Giulio Bonasone, rei di non rendere giustizia col loro bulino alle opere classiche. Tali idee sarebbero poi state metabolizzate dal Vasari che nell’edizione

37 G. Vasari, Le Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori nelle redazioni del 1550 e 1568, 6

voll. di testo e 3 di indici, testo a cura di R. Bettarini, commento secolare a cura di P. Barocchi, Firenze, S.P.E.S., già Sansoni, 1966-1987, p. 1142.

38 G. C. Sciolla, Da van Eyck a Brughel cit., pp. 7-11.

39 B. Bakker, Landscape and Religion from Van Eyck to Rembrandt, Farnham, Ashgate Publishing, 2012, p. 183.

40 Nella prima lettera Lampson, oltre a elogiare lo storiografo e pittore aretino, lo ringraziò, poiché a dir

suo la rilettura delle Vite lo avrebbe aiutato nell’apprendimento della lingua italiana. Da K. Frey, H. W. Frey, Der literarische Nachlass Giorgio Vasaris, II, München, G. Muller, 1930, pp. 114-116.

giuntina delle Vite del 1568 dedicò un capitolo alle incisioni nella Vita di Marcantonio Bolognese, ed espresse la sua preferenza sui fino ad allora «inferiori» artisti nordici per quanto riguarda la materia grafica41. L’umanista fiammingo nella stessa lettera accennò inoltre ad un suo proposito che si sarebbe concretizzato con la venuta di Cort in Italia. Per ovviare alle mancanze degli incisori italiani, si prefisse di inviare al Vasari «qualche giovane nostrale, che ha sì bella mano col bulino, che forse potrebbe indurvi ad abbracciar con tutto il cuore et animo tale impresa a immortale vostra gloria»42. Tale proposizione suona quasi come un preludio a quello che, in parte, sarebbe stato il compito di Cort nei suoi tredici anni circa in Italia. Nello stesso anno l’incisore avrebbe lasciato i Paesi Bassi, recandosi a Venezia per realizzare la prima tranche di incisioni in collaborazione con Tiziano. Una volta conclusi i lavori, il Vecellio inviò i frutti del sodalizio all’umanista di base a Liegi che, avendo potuto ammirarne la pregevole fattura, non esitò a rallegrarsene direttamente col maestro, in una lettera – datata 13 marzo 1567 – pubblicata per la prima volta da Gaye (1840)43, che di seguito si riporta per intero:

«Molto eccellente et magnifico Sig(n)or mio osservandissimo

Ho avuto da messer Nicolò Stopio nostro quelle sei eccellentissime pezze d’inventione di V. S. intagliate dal nostro Cornelio, le quali sono in quanto all’inventione et disegno simili a tutte l’altre cose di V. S., cioè divine, et in quanto all’intaglio megliori al mio giuditio che quante delle vostre mai siano state intagliate (per quante n’habbia viste), dico anche che la nunciata del Caraglia, perciò che la mano di Cornelio è assai più ardita et veloce, et dà miglior gratia ai panni et a quelle selvatichezze de’ paesaggi vostri, tra li quali è una unica cosetta al mondo quel paesetto deserto et romitoso di San Ieronimo, il quale con grandissimo piacere m’imagino quale possa esser stato colorito dalla felicissima mano di V. S., in sorte che la figura del San Gieronimo sia stata grande quanto il vivo, come io mi persuado che V. S. habbia fatto. Et in fatti V. S. ha di gran lungha tolto il vanto a tutti i nostri Fiaminghi in paesaggi, nella quale parte di pittura (poiché in quanto alle fighure restavamo vinti da voi altri Signori Italiani) credevamo tener campo. Monsignor Rmo., il mio patrone, il Vescovo et Principe di Liege ha preso grandissimo piacere a veder queste stampe, et non fussero gli estremi travagli et frangenti, nei quali per conto della rebellione di alcuni suoi subditi sotto pretesto di religione si ritrova, haverebbe testificato ciò con un’amorevol lettera a V. S., alla molta et unica virtù della quale egli è affetionatissimo. Et ha, come ancor io, inteso con simil piacere che Cornelio debba di breve tornar a Venetia, et di più intagliar delle cose che

41 G. C. Sciolla, Da van Eyck a Brughel cit., pp. 31-32.

42 K. Frey, H. W. Frey, Der literarische Nachlass cit., II, pp. 158-163.

43 G. Gaye, Carteggio inedito d’artisti dei secoli XIV. XV. XVI., tomo 3, 1501-1672, doc. n. CCXVIII,

V. S. ha messe in ordine per la sua tornata. E sarebbe pur una bella cosa che V. S. gli faceste rintagliare quel suo bellissimo Adoni con la Venere, che quelle due stampe di historia, le quali qui inanzi sono state intagliate, non satisfanno niente del mondo all’honor et riputatione di V. S. Et piacesse a Dio che venisse fantasia a V. S. di fargli intagliar perfettamente con la perfettione et le bellezze che si vede nelle figure delle dette sei stampe, quel bellissimo trionfo di Christo, quella brava conversione di S. Paolo, la natività di Nostro Signore, et per un bisogno quella presa di Sansone, et quella nostra Donna con S. Anna, Gioseppe, un’ altra donna, Christo puttino et due angeli, et perché non ancora la detta nonciata, essendoci che dire a i panni et sete delle figure per colpa et difetto d’intelletto fondato dal Caraglia et gravezza di mano? Ho visto certe pezze di un martirio di S. Lorenzo d’inventione di V. S., che diceva eccellentemente. Ma che vo racontando io certe cose vostre? Dove, dovunque mette V. S. la sua divina mano dà vita et spirito ad ogni cosa. Havendo tolto fin qui (al veder mio) il vanto a tutti pittori stati da molti secoli in qua nel saper veramente imitar et esprimer il vivo et le sue bellezze, a tale che i vostri colori pareno non già solamente naturali, ma anco non so che di più divino, augusto et immortale! Io spero di poter conseguire per via d’Anversa ancora sei copie delle dette stampe, poiché Monsignore mio ha voluto quelle mandate da V. S. per se, havendomi detto messer Ieronimo Coco, pittore et stampatore di disegni in rame, già patrone di Cornelio, che un Bolognese gli ha detto di portarne circa il maggio prossimo in Anversa, havendo fatto conventione con V. S. di venderne lui solo. Io concluderò questa lettera con affettionatissimi ringratiamenti che V. S. a beneficio della bellissima arte di pittura, la quale io amo tanto svisceratamente, ad eterno suo honor et fama habbia dato ordine acciò che uscissero in stampe queste bellissime sue inventioni, et con caldissimi prieghi che inanzi che ella sia chiamata da nostro Signor Dio in contemplar con gli occhi della mente la sua immortale essenza, la quale V. S. ne ha con l’ultima stampa delle dette sei tanto bene espressa come l’havessa vista faccia a faccia, voglia et possa lasciarci ancora almanco qualche dozzena delle più belle cose sue intagliate dalla bella mano del nostro Cornelio, acciò le possiamo qua più goder con grata memoria dei beneficii, che l’arte et i studiosi et amatori di quella hanno et haveranno ricevuto da V. S. Alla quale riverentemente raccomandandomi, et basciando quella sua effigie, che appare nella stampa suddetta sotto l’Imperatore Carlo et il Re Philippo, invece della sua divina et artefice mano, prego nostro Signor Dio darle una vecchiezza ancora a molti anni facile et gioconda, con bona et acuta vista, et ogni bene, prosperità et contento. di Liegi alli 13 di Marzo 1567. V. S. per cortesia sua mi perdoni che questa lettera sia sì male composta et scritta, che i presenti terribilissimi garbugli, ne’ quali questi settarii seditiosi, guastatori di ogni arte et gentilezza, hanno messo et tutta via di più in più mettono questi poveri paesi, per i quali io mi trovo involto in mille molestissimi intrichi, non mi ànno permesso far altramente.

Della rarissima virtù et arte di Vostra Signoria Servidore anzi schiavo

Questo documento si pone come una straordinaria fonte di informazioni riguardo alcuni aspetti della carriera di Tiziano e del Cort, non informandoci unicamente del risultato ottenuto dalla prima collaborazione tra i due. Per un’analisi e una discussione completa dello scritto occorrerebbe un intero capitolo, perciò verranno menzionati i passaggi salienti utili ai fini della presente ricerca. La lettera del Lampson a Tiziano ha lo scopo, da un lato, di elogiare le qualità ed il successo di Tiziano, dall’altro di promuovere ed instaurare un dialogo a distanza sulla perizia tecnica del Cort44. All’inizio della lettera Lampson fa riferimento a Niccolò Stoppio, come tramite dal quale ricevette «quelle sei eccellentissime pezze (…) intagliate dal nostro Cornelio». Stoppio era un agente e antiquario - originaro di Aelst ma residente con probabilità a Venezia - di notevole riguardo per il collezionismo d’oltralpe in laguna. Come Jacopo Strada, anch’egli prestò i suoi servigi in diverse occasioni ad Hans Fugger. I due agenti, assieme, contribuirono nel 1568 alla costruzione dell’Antiquarium di Alberto V Duca di Baviera a Monaco, galleria e biblioteca dove vennero raccolte copie di sculture romane e moderne45. Le sei incisioni eseguite da Cort a Venezia che vengono citate dal Lampsonio sono: Il San Girolamo leggente nel deserto, il Trionfo della Trinità – o Gloria -, Diana e Callisto, Ruggiero libera Angelica, Prometeo – Tizio - e la Maddalena penitente46. La tecnica sopraffina di Cort viene esaltata da Lampson, che paragonata a quella del «Caraglia», o di qualunque altro incisore precedente risulta «assai più ardita et veloce, et dà miglior gratia ai panni et a quelle selvatichezze de’ paesaggi vostri». Abbiamo già dunque un riscontro sulla bontà delle carte stampate e dei soggetti incisi dal Cort nella sua prima esperienza in laguna e il desiderio espresso dall’umanista circa un ritorno del suo pupillo a servizio presso Tiziano, per completare il progetto di traduzione grafica – cosa che in seguito sarebbe effettivamente avvenuta, seppur non siano stati incisi i soggetti proposti dal letterato fiammingo. Prosegue il Lampson affermando di aver potuto osservare «certe pezze di un martirio di S. Lorenzo di inventione» di Tiziano. Tale affermazione può indicare due risvolti della vicenda: il soggetto inciso dal Cort per il pittore, che reca la data 1571, potrebbe essere stato realizzato durante la prima venuta dell’incisore a Venezia, e modificato successivamente, dopo che Tiziano lo mostrò all’umanista di Bruges. Ciò potrebbe

44 G. C. Sciolla, Da van Eyck a Brughel cit., p. 115. 45 Ivi, p. 116.

spiegare l’esistenza di due delle tre versioni dello stesso soggetto proposte da Sellink (2000)47. Inoltre, l’«inventione» attribuita dal Lampsonio al cadorino potrebbe darci ulteriore conferma sul modus operandi di stretta collaborazione tra quest’ultimo e l’incisore olandese. Ciò non poteva che rendere felice ed orgoglioso il segretario di Bruges, avendo ricevuto un riscontro sì positivo da un tipo di liaison da lui tanto sperata, configurata secondo quello schema da esso considerato ottimale, con l’«incisore che lavora sotto la guida dell’inventor»48.

Ulteriori interessanti spunti riguardo la supervisione ed il supporto da parte di Lampson all’operare di Cort in Italia, ci giungono dalla sua lunga lettera49 diretta al miniatore croato, residente a Roma, Giulio Clovio (1498-1578). Si può intendere, ancora una volta, come il fiammingo tenesse alle sorti del suo pupillo «Cornelio». Scrisse a Clovio, con devoto rispetto per il suo talento come miniatore e per essere stato punto di riferimento per molti giovani fiamminghi in cerca di gloria nella Capitale, perché esso fungesse da tramite con il Cardinal Farnese – zio del Duca di Parma e reggente di Anversa – e lo convincesse «a far copiare gli affreschi della volta della Sistina, del Giudizio e della cappella Paolina, in vista di una loro traduzione a stampa da parte di Cornelis Cort»50. Il tanto augurato progetto grafico di Lampson, di portare in rame le più importanti creazioni di Michelangelo e altri maestri italiani, con al centro Cornelis Cort come incisore rinomato, tuttavia non si concluse.

Il messaggio che volle tramettere Lampson, nei suoi scambi epistolari con Tiziano, Clovio e Vasari, riguardava l’abilità del bulinista olandese di rendere vivo nel rame lo spirito dei modelli che a lui venivano di volta in volta forniti. Sebbene lo stesso umanista di Bruges ne criticò le scarse doti nel tradurre da dipinti, «non essendogli concessa dal Cielo la gratia di saper copiar et trarre dall’originali le opere, con quella bontà et perfettione, che ben ne sarebbe richiesta»51 , il suo più grande desiderio era quello di esaltare il rapporto intimo, profondo ed «alchemico»52 che Cort aveva con i disegni che avrebbe dovuto trasferire su rame. Ma proprio da tale mancanza

47 M. Sellink, Cornelis Cort, Part 2, The New Hollstein Dutch & Flemish Etchings, Engravings and

Woodcuts 1450-1700, Rotterdam, Sound & Vision Publishers, 2000, pp. 176-177.

48 E. Borea, Lo specchio cit., I, p. 144.

49 U. Da Como, Gerolamo Muziano 1528-1592. Note e documenti, Bergamo, Istituto italiano d’arti

grafiche, 1930, pp. 180-183.

50 M. S. Bolzoni, F. Rinaldi, P. Tosini, Dopo il 1564. L’eredità di Michelangelo a Roma nel tardo

Cinquecento, Roma, De Luca editori, 2016, p. 113.

51 U. Da Como, Gerolamo Muziano cit., p. 181.

52 : E. H. Wouk, “Con la perfettione et le bellezze che si vede nelle figure…”. Cornelis Cort and the

Transformation of Engraving in Europe, c. 1565, in Myth, Allegory and Faith, The Kirk Edward Long Collection of Mannerist Prints, edited by B. Barryte, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, Stanford, Cantor arts center, 2016, pp. 253-254.

l’incisore riuscì a trarre la sua più grande capacità, quella cioè di poter collaborare con diversi pittori «penetrando il segreto dello stile di ciascuno (…) col suo bulino che scava ora sottile ora largo, ora lieve ora profondo, che sfuma e che intacca, crea un linguaggio esclusivamente suo (…) con valenza artistica propria»53.

II.3: Vita e carriera di Cornelis Cort

Delle ventuno biografie di incisori scritte dal Baglione, la prima è quella dedicata a «Cornelio Cort Fiammingo» che con il suo bulino incise «esquisite carte (…) in bella maniera, e di buon gusto fatte all’italiana, le quali l’opera e l’eccellenza de’ nostri grandemente imitano»54. La scelta di mettere al primo posto l’incisore fiammingo non stupisce, poiché all’inizio del quinto decennio del Seicento, in cui fu pubblicato il testo di Baglione, le sue notevoli gesta compiute sul suolo italico dovevano essere ancora impresse nella memoria degli appassionati. Infatti Cornelis Cort (ca. 1533-1578) (Fig. 7) fu probabilmente, in ambito grafico, il più grande interprete del Tardo Manierismo. Ciò che decretò lo straordinario successo delle sue incisioni – particolarmente quelle da Tiziano - e che gli permise di distinguersi dagli altri bulinisti a lui coevi, fu l’apparente facilità con cui, per mezzo di virtuosismi tecnici, riusciva a ricreare in bianco e nero l’impatto luminoso, il colore e la struttura dei dipinti italiani e veneziani; oltretutto il

53 E. Borea, Lo specchio cit., I, p. 163.

54 G. Baglione, Intagliatori, Edizione, introduzione e note a cura di G. M. Fara, Pisa, Edizioni della

Normale, 2016, pp. 25-26.

Figura 7: Hans Speckaert, Ritratto di Cornelis Cort, ca. 1575, Vienna, Kunsthistorisches Museum, già collezione König.

tocco di sensualità evocata dalle sue creazioni diede uno stimolo per il graduale passaggio dal gusto manierista a quello di matrice barocca55. Del suo esempio fecero tesoro Cherubino Alberti, Hendrick Goltzius e i suoi allievi fiamminghi; in più, la sua felice collaborazione con il maestro di Pieve di Cadore fu di ispirazione per la scuola incisoria bolognese, della quale faceva parte Agostino Carracci che, solo pochi anni dopo la morte di Cort, rivolse le sue mire verso gli illustri artisti veneziani Jacopo Robusti e Paolo Caliari. Il Carracci, come già indicato storicamente dal Bartsch (1821)56, fu proprio uno degli allievi del Cort a Roma, presso l’Accademia da lui fondata nella Capitale dove poté insegnare la sua arte.

L’opera di riferimento più aggiornata sulla carriera del bulinista specializzato in stampe di riproduzione è quella di Sellink (2000)57 che ha riordinato tra le varie fonti anche i giudizi di Bierens de Haan (1948)58, primo autore a realizzare un’opera omnicomprensiva della produzione del talentuoso fiammingo. L’ incisore e disegnatore olandese, nativo di Hoorn – o come trovato inciso in una lastra a Firenze risalente al 1569, di Edam, un piccolo paesino distante da Hoorn 15 km dal quale probabilmente si trasferì in tenera età59– con le sue riproduzioni su rame dai più grandi artisti del tempo tra cui contiamo Tiziano, i fratelli Zuccari, Girolamo Muziano (1532- 1592) e il miniaturista croato Giulio Clovio, fu uno dei principali divulgatori della maniera italiana nel tardo Cinquecento e influenzò diverse generazioni di incisori che dalla sua esperienza ereditarono innovazioni stilistiche ed una rivalutata figura dell’incisore di riproduzione. La sua data di nascita è stata spesso ricavata dall’incisione di Gijsbert van Veen del 1588, realizzata a dieci anni dalla dipartita dell’olandese, in cui è riportato che alla morte fosse quarantaduenne, mentre invece, la stessa età di 42 anni si ritrova in un piccolo medaglione col suo ritratto del 1575, facendo anticiparne la nascita al 1533. Per le iniziali esperienze di Cornelis Cort, prima di approdare intorno al 1560 alla casa editoriale di Hieronymus Cock, le ipotesi sono due60: la prima, già sostenuta da Bierens de Haan, è che Cort intraprese in giovinezza il mestiere di orefice, poiché alcune sue stampe riportavano affianco al monogramma un piccolo recipiente di borace, una sostanza comunemente usata dagli orefici del tempo per la saldatura. Sellink, invece,

55 B. Davis, Mannerist Prints. International Style in the Sixteenth Century, Los Angeles, Los Angeles

County Museum of art, 1988, p. 13.

56 A. von Bartsch, Anleitung zur Kupferstichkunde, Erster Band, Wien, J. B. Wallishausser, 1821, p. 171. 57 M. Sellink, Cornelis Cort, Part 1, 2, 3, The New Hollstein Dutch & Flemish Etchings, Engravings and

Woodcuts 1450-1700, Rotterdam, Sound & Vision Publishers, 2000.

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