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Il sacrificio del terzo proprietario illegittimamente privato del bene

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seguito del provvedimenti di confisca, così «superando la condivisa opinione della giurisprudenza civile e penale sulla natura derivativa del titolo di acquisto del bene immobile da parte dello stato a seguito di confisca (…). Alla stregua di tale normativa, dunque, in ogni caso, la confisca prevarrà sull’ipoteca. La salvaguardia del preminente interesse pubblico, dunque, giustifica il sacrificio inflitto al terzo di buona fede, titolare di un diritto reale di godimento o di garanzia, ammesso, ora, ad una tutela di tipo risarcitorio. Il bilanciamento tra i contrapposti interessi viene, quindi, differito ad un momento successivo, allorché il terzo creditore di buona fede chiederà – attraverso l’apposito procedimento – il riconoscimento del suo credito»385. Sebbene la soluzione della Corte appaia in linea con le indicazioni da ultimo fornite dalla legge di stabilità, non può non osservarsi come la posizione dei terzi di buona fede, titolari di diritti reali sul bene oggetto del provvedimento di confisca, alla luce del quadro delineato, risulti, per certi aspetti significativamente sacrificata386.

Per di più considerando che la tutela invocabile dai terzi che non abbiano potuto partecipare al procedimento di cui agli artt. 57 e ss. del codice antimafia non sembra ancora essere stata normativamente disciplinata.

Sarebbe auspicabile, pertanto, un intervento del legislatore il quale (quantomeno) estenda al giudice deputato ad accertare i requisiti di opponibilità del diritto (anteriorità del credito e buona fede), altresì, la facoltà di decidere in ordine all’indennizzo (o altra tutela) spettante ai terzi rimasti estranei al procedimento penale o di prevenzione .

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Tale principio deve fare i conti, tuttavia, con alcune previsioni introdotte di recente dal Codice antimafia le quali riducono notevolmente la tutela accordata al proprietario “legittimo” del bene.

Invero, l’art. 46, comma 1, ultimo periodo del d.lgs. 159/2011 stabilisce che la restituzione dei beni confiscati possa avvenire anche per equivalente, al netto delle migliorie, quando i beni siano stati assegnati per finalità istituzionali e la restituzione possa pregiudicare l’interesse pubblico.

Ciò che vale anche, si è visto in precedenza, per quanto riguarda i proprietari in buona fede di beni in comunione cui è concesso un diritto di prelazione per l’acquisto della quota confiscata al valore di mercato salvo che sussista la possibilità che il bene, in ragione del livello di infiltrazione criminale, possa tornare anche per interposta persona nella disponibilità del sottoposto come di associazioni di stampo mafioso o dei relativi appartenenti ovvero, in alternativa, la corresponsione di una somma equivalente al valore attuale della quota di proprietà, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente (art. 52, commi 7 e 8, d.lgs. 159/2011).

Trattasi di norme destinate a trovare applicazione, ai sensi del citato art. 12-sexies, comma 4-bis, anche nell’ipotesi di confisca "allargata" o disposta ex art. 416-bis, comma 7, c.p.

Si è autorevolmente sostenuto che in tal modo si priva il proprietario del bene illegittimamente confiscato della tutela restitutoria anche per l’ipotesi in cui siano del tutto assenti i presupposti per procedere a confisca. Difatti, tra le ipotesi che giustificano la restituzione dei beni ex art. 46, comma 1, rientra, senz’altro, il vittorioso esperimento dell’azione di revocazione, la quale, ai sensi dell’art. 28, comma 2 del codice antimafia, opera in caso di difetto originario dei presupposti per l’applicazione della misura387.

Si tratta, dunque, di un sacrificio del diritto del terzo di buona fede non giustificato neppure dall’obiettivo di contrasto alla criminalità organizzata, ma solo dall’esigenza di evitare il pregiudizio che lo Stato subirebbe in conseguenza della restituzione al proprietario del bene illegittimamente confiscato388.

387 In questi termini, MAZZAMUTO, La tutela dei terzi di buona fede nella confisca antimafia: le ultime novità legislative e giurisprudenziali, cit., 432.

388 È stato tuttavia correttamente osservato che, essendo il pagamento della somma a carico della

“amministrazione assegnataria” (art. 46, comma 3, lett. b) del d.lgs. 159/11) il pregiudizio per

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Altresì sulla scorta del sacrificio imposto al terzo proprietario, desta particolare perplessità la previsione di cui all’art. 40, comma 5-ter, del codice antimafia che consente al Tribunale, su richiesta dell’amministratore giudiziario o dell’Agenzia, di destinare alla vendita i beni mobili sottoposti a sequestro se gli stessi non possono essere amministrati senza pericolo di deterioramento o rilevanti diseconomie, nonché di ordinare la distruzione o demolizione dei beni mobili privi di valore, improduttivi, oggettivamente inutilizzabili e non alienabili. In tal modo, ancor prima della definitività della confisca, si priva per sempre il proprietario di beni in relazione ai quali non è ancora accertata, in modo incontrovertibile, l’esigenza della confisca e della destinazione di beni alle finalità indicate dal d.lgs. 159/11 (cfr. art. 46, comma 2, del codice antimafia).

A tal riguardo si è correttamente parlato di un interesse «a venir privato legittimamente del bene» nella prospettiva, in caso di revoca della confisca, di «un diritto alla restituzione» e, correlativamente, di «un’aspettativa del tutto legittima dell’interessato ad un uso ‘conservativo’ e non ‘distraente’ dei beni»389.

Manca nella l. 228 del 2012 il riferimento alle disposizioni citate: ciò che ne limiterebbe l’ambito applicativo ai soli procedimenti post 13 ottobre 2013, con evidenti dubbi e perplessità in merito ai profili di par condicio crediotrum.

Il che vale ancor di più se si considera che, in materia di confisca disposta nei confronti dell’ente, la affermata “riduzione” della tutela riservata al terzo proprietario illegittimamente privato del bene non opera in nessun caso: in tale ipotesi, è pacifico che il giudice penale, nel disporre il sequestro o la confisca, dovrà valutare se eventuali diritti vantati da terzi siano o meno stati acquisiti in buona fede, e in caso di

l’interesse pubblico potrebbe anche consistere nella restituzione per equivalente, in considerazione della limitatezza di risorse cui dispone la pubblica amministrazione in questi anni. Così MAZZAMUTO, op. ult. cit., 490.

389 Così MAZZAMUTO, La tutela dei terzi di buona fede nella confisca antimafia: le ultime novità legislative e giurisprudenziali, cit., 432 ove si afferma: «da tale punto di vista non è apparsa felice la scelta di attribuire eccessivi poteri all’Agenzia la quale, già in fase di sequestro, condiziona la gestione dei beni nella prospettiva di una futura destinazione. Si fa riferimento, in particolare, alla disposizione di cui all'art. 38, comma 1, del codice antimafia la quale consente all'Agenzia di proporre al Tribunale l'adozione di tutti i provvedimenti necessari per la migliore utilizzazione del bene in vista della sua destinazione o assegnazione nonché di chiedere al Tribunale "la revoca o la modifica dei provvedimenti di amministrazione adottati dal giudice delegato quando ritenga che essi possono arrecare pregiudizio alla destinazione o all'assegnazione del bene».

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esito positivo di tale verifica il bene, la cui titolarità sia vantata da un terzo, non sarà sottoposto né a sequestro né a confisca, senza limiti o eccezioni390.