1. La storia dell’edificio
La chiesa di San Bartolomeo della Costa, detta anche di Promontorio
o di Prementone,1 sorge attualmente a 125 m sul livello del mare, lungo
la via che sale al Monte Moro, colle situato alle spalle di Sampierdarena, nella zona compresa tra la Porta degli Angeli, dove si concludeva la cinta muraria genovese del secolo XVII, e il cosiddetto Belvedere, a distanza di circa 1 km, in linea d’aria, dal monastero del Fossato. La località rivestiva nel Medioevo un’importanza strategica in quanto dominante le vie d’ac- cesso alla Val Polcevera.
L’edificio si configurò forse fin dalle origini come vicaria abbaziale di San Bartolomeo del Fossato, ma non sappiamo quando fu costruita o entrò in possesso dei Vallombrosani. Non è escluso che i monaci abbiano fondato o rilevato la struttura per aprirvi un priorato con funzioni di cura d’anime, laddove il loro chiostro rimase precluso, almeno inizialmente, ai fedeli laici. Tuttavia non sembra che sul Promontorio si sia mai formata una comunità regolare. La chiesa assunse molto presto i connotati di una semplice parrocchia di pertinenza monastica; senza dotarsi per lungo tem-
po del fonte battesimale.2
Come abbiamo già avuto occasione di sottolineare, il possesso di chie- se con cura d’anime costituiva un ottimo veicolo di affermazione per gli
1. Cfr. le definizioni in Casalis, Dizionario geografico, VII, p. 550; Marcenaro, Re- petto, Dizionario, I, p. 343.
2. Che, infatti, ancora non era presente alla visita apostolica del 1582, la quale ne imponeva la realizzazione secondo il modello della chiesa metropolitana (cfr. Brizzolara,
istituti regolari. Lo dimostrano, a Genova, i casi più noti di San Siro e Santo Stefano, titolari di cappelle almeno dal secolo XII. L’acquisizione del Promontorio forse rispose ad una precisa esigenza dei monaci grigi, che guadagnarono in tal modo diritti di decima, ricevettero donazioni ed esercitarono una maggiore influenza sulla popolazione locale, stabilendo un’articolata rete di contatti evidente quasi solo dai lasciti testamentari, ma che dovette sostanziarsi di molti altri elementi.
Il primo documento che si riferisce con certezza alla chiesa della Co- sta risale al 1311. Si tratta di un testamento col quale il presbitero Iohannes
de Bisanne filius quondam Isnarde de Nicia capellanus domini Guillelmi Cibo tributava 20 soldi al rettore presbytero Paschali de Sancto Bartholo- meo de Costa.3 è possibile ipotizzare che l’immobile esistesse da tempo e
che risalisse, almeno come dipendenza del Fossato, grosso modo alla se-
conda metà del Duecento. Una ulteriore donazione data al 1314.4 Le testi-
monianze relative ai secoli XIV e XV risultano alquanto scarse. Si intuisce solo che la parrochia era retta da monaci, da conversi chierici dell’abbazia, oppure, più spesso, da sacerdoti secolari comunque soggetti, per quanto riguardava la gestione del beneficio, all’abate di San Bartolomeo.
Nei registri delle rationes decimarum la chiesa del Promontorio com- pare per il prelievo triennale del 1357-60 imposto alla diocesi di Genova, e risulta fra i restantes ad solvendum, con la precisazione che debet pro
omnibus sex terminis [dei detti tre anni] ad racionem de sol. x pro quolibet termino lib. iii.5 L’ente figura anche nella lista del Registrum talee omnium
Ecclesiarum Januensis Dioecesis compilato in occasione dell’imposta le-
vata dal cardinale Albornoz nel 1360, tassato per soldi 1.6
In quanto titolare di chiesa con cura animarum, il curato rispondeva per essa all’ordinario diocesano, il quale ovviamente provvedeva alla sua
3. ASG, Notai Ignoti, 22, frammento 209b, attribuito al notaio Vivaldus de Sarzanno (1311, agosto 30), cfr. in partic. la seconda c. Stando a Brizzolara, L’abbazia curata, pp. 75-76 si sarebbe trattato di un testamento «monco» datato 2 luglio. In realtà l’originale, reperito grazie alla competenza della dott.ssa Giustina Olgiati dell’Archivio di Stato di Ge- nova, si evidenzia completo. Cfr. in proposito anche Giscardi, Origine delle chiese, BCB, M.R.II.4.9, p. 73; Maiolino, Varaldo, Diocesi di Genova, p. 115.
4. ASG, Notai Antichi, 142, Corrado de Castello, cc. 190r-190v (1314, settembre 27), testatore Stefano de Arena; cfr. anche Ferretto, Annali storici, DCCCI, p. 212.
5. Rationes Decimarum, Liguria maritima, p. 22. Non risulta però la cifra del paga- mento (ivi, 200, p. 50).
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conferma e forse ebbe sempre il diritto di visitare l’edificio. Nell’atto di riparto dell’imposta straordinaria sulle chiese e i luoghi pii dell’arcivesco- vado risalente al 1387 la rettoria veniva compresa fra gli istituti non esenti,
tassata per 1 soldo al pari del vicino monastero.7
Sul finire del secolo XIV San Bartolomeo della Costa ricevette l’am- ministrazione parrocchiale dell’intera cura del Promontorio, e i monaci distinsero nettamente l’officiatura della chiesa abbaziale da quella della
struttura di loro collazione.8 Sebbene vi siano alcune differenti interpre-
tazioni circa la cronologia dell’edificio e la natura dei diritti esercitati dal Fossato, tutti gli storici della chiesa genovese riconoscono il legame fra le
due istituzioni.9
È a mio avviso degno di nota che nelle bolle pontificie dirette all’Or- dine vallombrosano dal 1153 al primo Duecento si parli sempre di una comunità monastica de Ianua, senza specificare il santo titolare. Viene da pensare che per i vertici della famiglia regolare e, quindi, per la stessa curia
romana le due fondazioni costituissero un’unica entità.10
Che la vicaria fosse considerata dai monaci una loro succursale, non- ché una possibile, anche se non stabile residenza per alcuni confratelli, lo dimostra un atto notarile del 1463 sul quale ci siamo già soffermati. Stan- do, infatti, a questo documento i religiosi convocati dall’abate per stilare un contratto di locazione si erano riuniti in claustro superiori, ossia, come si precisa nella datazione topica, in villa Prementorii, quindi quasi certa-
mente alla Costa.11
Fin quando al Fossato si succedettero gli abati vallombrosani la colla- zione della chiesa fu a loro riservata. Le cose in certa misura cambiarono
7. Belgrano, Illustrazione del registro, p. 383; Brizzolara, L’abbazia curata, pp. 76- 77, 103-106.
8. In una minuta notrile del 1392 il rettore, presente come teste in un atto di procu- ra, veniva definito Frater Iohannes de Paulo rector ecclesię Sancti Bartholomei de Costa
de Promontorio (BCB, Foliatium Notariorum, M.R.III.4.8, vol. 2, parte seconda, c. 182v,
1392, luglio 26). Cfr. anche Brizzolara, L’abbazia curata, p. 76-77.
9. «Parrocchia subordinata dal 1502 all’abbazia di s. Bartolomeo del Fossato che vi provedeva di Paroco, fu riedificata nel 1580 da Bartolomeo Contarione» (BCB, M.R. II.4.8, Accinelli, Dizionario ecclesiastico, p. 83).
10. In un documento di collazione del rettore risalente al 1487 si parla della chiesa che dal Fossato dependet et membrum existit (ASG, Notai Antichi, 872bis, Emanuele Granello, c. sciolta 67, 1487, gennaio 25).
11. ASG, Notai Antichi, 832, Battista Vinelli, foglio 102, terzo sottoinsieme, vecchio n. 88 (1463, aprile 20).
allorché il monastero venne eretto in commenda. I pontefici Sisto IV e Innocenzo VIII si riservarono, infatti, la nomina, tramite legati, del rettore, pur sempre riconoscendo la dipendenza della cura dall’abbazia di San Bar- tolomeo e dal suo superiore. Probabilemente ciò avvenne perché i primi due commendatari non erano residenti al Fossato e perché il passaggio alla commenda richiedeva una fase di transizione che la curia apostolica preferì gestire direttamente. Lo si evince in modo abbastanza chiaro da un atto (apprehensio possessionis ecclesie Sancti Bartholomei de Costa) redatto nel 1486. In base ad esso Antonio Gavotto, canonico della chiesa di Noli, su disposizione del cardinale ostiense Giuliano della Rovere, legato apostolico a Genova, comunicava a frater Antonius de Valentia Ordinis
Minorum l’avvenuta cessione del beneficio in suo favore.12 Analogamente
l’insediamento del suo successore – un altro frate minore – fu operato da Paolo Campofregoso non in qualità di arcivescovo, ma come legato a la-
tere della sede apostolica13; e sempre di collazione pontificia fu la nomina
di Ilario de Adano da parte di Alessandro VI nel 1492, con esecutoriale del 1494 posta in essere dal suddetto Antonio Gavotto, e presa di possesso del
1 marzo 1495.14
Sembra, tuttavia, che la collazione dei parroci sia tornata agli abati commendatari all’inizio del Cinquecento. Infatti nel 1508 Ilario Gentile conferiva l’incarico al nuovo curato nella persona di Agostino Fieschi ca- nonico della cattedrale genovese. Nel relativo documento egli dichiarava
che tale provvigione spettava da sempre al superiore del Fossato.15 Risale
a questo stesso anno, redatto dal precedente parroco in funzione del suo successore, un inventario degli arredi sacri e di altri oggetti compresi nel
patrimonio della chiesa.16
12. Ivi, Notai Antichi, 1152, Baldassarre de Coronato, c. sciolta 225 (1486, settembre 13, esecuzione della collazione).
13. Ivi, 872bis, Emanuele Granello, c. sciolta 67, 1487, gennaio 25. Cfr. in proposito Brizzolara, L’abbazia curata, pp. 78-81, 82-89.
14. ASG, Notai Antichi, 1153, Baldassarre de Coronato, c. sciolta 293 (1495, marzo 1); Brizzolara, L’abbazia curata, pp. 90-93.
15. Cuiusque collatio, provisio et omnimoda dispositio ad abbatem sive commenda-
tarium dicti monasterii, dum pro tempore vacat, de antiqua, laudabili hactenusque paci- fice observata consuetudine spectat et pertinet (ASG, Notai Antichi, 1160, Baldassarre de
Coronato, c. sciolta 260, 1508, novembre 6). Cfr. anche ivi, 1413, c. sciolta 361, 1509, dicembre 17.
16. Inventario allegato a ivi, 1413, c. sciolta 361, 1509, dicembre 17; datato 1508, novembre 7. Sulle collazioni da parte dei successivi commendatari cfr. ad es. ivi, 1746,
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Sul finire del secolo XVI Barnaba Centurione, membro di una fami-
glia di recente ma cospicua ascesa sociale (costituì nel 1528 un albergo),17
costruì un palazzo sul sito del monastero femminile di Santa Maria del
Sepolcro a Sampierdarena soppresso nel 1544.18 Nel 1580 la chiesa del
Promontorio risultava in profonda decadenza19 e ricevette un lascito per
messe da un altro membro di questo casato. Costui, Bartolomeo Centurio- ne, provvide anche al recupero dell’edificio, operando significative trasfor- mazioni degli elevati e facendo aggiungere decorazioni a fresco che sono
emerse nel corso di recenti restauri.20
Durante la breve stagione vallombrosana del primo Seicento il Pro- montorio non sembra aver participato ai mutamenti istituzionali in corso al Fossato. L’unico segnale di un’attività diretta del commendatario Be- nedetto Giustiniani fu la collazione del rettore Giovanni di Niccolò, che il cardinale chiamò al posto del precedente titolare perché voleva un per- sonaggio di sua fiducia anche alla guida della dipendenza più prossima al
monastero.21 D’altro canto, mentre nel corso della prima metà del Seicento
si spengeva la vita religiosa dell’abbazia, la parrocchia continuò svolgere le sue tradizionali funzioni e venne officiata costantemente nel corso dei secoli successivi.22
Bernardo Usodimare Granello, c. sciolta 246 (1548, ottobre 5); ivi, 7293, Giovanni Battista Aronio, c. sciolta 539 (1638, novembre 3); ivi, 7293, c. sciolta 542 (1638, novembre 5). Cfr. anche Brizzolara, L’abbazia curata, pp. 106-109.
17. Cfr. Casalis, Dizionario geografico, VII, pp. 362-363; Ascheri, Notizie storiche, pp. 13, 31.
18. Sampierdarena: Palazzo Centurione, pp. 2, 4, 6.
19. Lo evidenziava anche la già ricordata visita apostolica condotta da Francesco Bos- si nel 1582 (cfr. Brizzolara, L’abbazia curata, pp. 113-115).
20. Giscardi, Origine delle chiese, BCB, M.R.II.4.9, p. 73. Per una descrizione dei lavori fatti alla chiesa dal Centurione cfr. AAG, San Bartolomeo del Fossato, «Memorie per l’abazia di S. Bartolomeo del Fossato», sec. XVIII, fascicolo sciolto. Sui restauri del 1983- 84, 2000 e 2009, SBAPL, Ge-Sampierdarena, mon. 2, parte II, Relazione Tecnica, Arch. S. Repetto e documentazione successiva; Genova, Sampierdarena, Chiesa di San Bartolomeo
alla Costa di Promontorio, p. 81. Cfr. anche il prossimo paragrafo.
21. AAG, San Bartolomeo del Fossato, c. sciolta, 1617, marzo 5.
22. Ivi, cc. scolte, 1693, ottobre 29. Sulla compagnia del Santissimo Sacramento fon- data presso la chiesa nel 1636, ivi; AAG, Visite pastorali, 4, 1629, c. 15r; ivi, 1638, cc. 28v- 29r. La chiesa ebbe fino ad epoca recente cinque altari (Marcenaro, Repetto, Dizionario, I, p. 348). Cfr. anche Brizzolara, L’abbazia curata, pp. 115-120.
2. Le strutture architettoniche
Sebbene sia possibile che la chiesa risalga al tardo secolo XII,23 l’alza-
to attuale, dopo le ampie ristrutturazioni condotte fra Cinque e Ottocento, non consente di datare con precisione le strutture risalenti a quell’epoca. In ogni caso è possibile affermare che l’edificio originario, di cui significa- tivi resti confermano la prima definizione in età romanica, fu realizzato in pietra di Promontorio lavorata a conci, proveniente dalle cave che si trova- vano nella zona. La costruzione sorse secondo un disegno non comune, a croce latina commissa triabsidata, con transetto obliquo e una sola navata; uno schema forse desunto proprio dalla chiesa abbaziale del Fossato, an- che se con sostanziali reinterpretazioni sul modello dell’edilizia religiosa
genovese.24 In seguito, la realizzazione di pilastri rettangolari all’interno
dell’aula portò alla divisione di quest’ultima in tre navate. Quella centrale, scandita secondo due campate con arconi, risulta oggi coperta a botte e si conclude, oltre il presbiterio, in un’abside maggiore molto profonda e dotata di coro. La navatella sinistra, sempre coperta a botte, sfocia in una absidiola romanica. Stessa struttura presenta l’altra navatella, sormontata da due sommarie crociere con archi di valico. La coperatura originale di gran parte dell’edificio doveva essere con travi a vista. La planimetria della costruzione romanica appare ancora abbastanza evidente soprattutto nella
zona centrale del presbiterio.25
L’elemento che ancor oggi identifica la chiesa e costituisce l’unico vero accento formale della medesima è la torre nolare a pianta ottagona poggiante sulla crociera centrale del transetto, a due ordini che rientrano leggermente l’uno sull’altro. Attualmente il primo, più largo, è traforato da quattro monofore originali. Il secondo fu fortemente rimaneggiato durante i lavori che nel tardo Cinquecento trasformarono la torre in cella campana- ria. In particolare vennero aperte grandi finestrature che certamente sosti- tuirono precedenti bifore, la cui esistenza è evidenziata da lesene antiche in pietra appoggiate agli stipiti che originariamente dovevano generare i due archetti interni delle bifore stesse. Gli archetti erano sorretti, come spiega Di Fabio, da colonnine senza base e con capitelli a doppia mensola,
23. Maiolino, Repertorio dei monasteri d’Italia, p. 119; e Marcenaro, Repetto, Dizio-
nario, I, pp. 344-345 parlano del secolo precedente.
24. Cfr. Di Fabio, San Bartolomeo della Costa, p. 82.
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uno dei quali venne rinvenuto inserito nelle murature durante i restauri ottocenteschi. La costruzione di una cornice, le centine delle nuove fine- stre, la realizzazione dei timpanetti cuspidati alla sommità delle medesime e infine l’alta cuspide in laterizi della torre alterarono profondamente la struttura complessiva del manufatto. Due archi oblicui raccordano la torre
all’esagono che serve da cella.26 Nel punto in cui il campanile emerge dai
tetti della chiesa fu realizzato un basamento in pietra squadrata, largamente reintegrato nel secolo XIX, per rinforrzare la torre stessa.
La chiesa conobbe una completa ristrutturazione ed un restauro tra la fine del Settecento e l’inizio del secolo successivo, assumendo gran parte
dei connotati che conserva ancora oggi.27
26. Di Fabio, San Bartolomeo della Costa, p. 71. Cfr. anche Novella, Parrocchie, pp. 461-462, 473, 485, 520.
27. Ceschi, Architettura romanica genovese, p. 143; Di Fabio, San Bartolomeo, p. 75- 76. Sui restauri sette-ottocenteschi, Di Fabio, San Bartolomeo, pp. 76-81.