H E I N R I C H W Ò L F F L I N , Rinascimento e Barocco. Ricerche intorno all'essenza e all'origine dello stile barocco in Italia, i n t r o d u z . di S i m o n e
Via-ni, S a n s o n i , F i r e n z e 1988, e d . orig. 1988, 1" e d . it. 1 9 2 8 , t r a d . d a l t e d e s c o di Luigi Filippi, p p . 2 7 3 , 2 4 ili. b . n . , Lit 3 0 . 0 0 0 .
L'aura di Wòlfflin illumina la scomparsa di una rara personalità, generosa e schiva: Simone Viani. Il libro infatti è la ristampa del celebre saggio di Wòlfflin, ma l'introduzione di Viani è un libro nel libro: gli autori, insomma, sono due come riconosce l'editore, dedicandolo alla me-moria dell'amico prematuramente venuto a mancare, ora è un anno.
Viani ripercorre la fortuna del barocco, dal-l'ultimo quarto dell'Ottocento ai nostri giorni, con interessanti spunti critici a proposito del neo barocco di inizio secolo, degli anni trenta, degli anni cinquanta fino a quello delle manifestazio-ni postmoderne. Il riconoscimento dello specifi-co specifi-contributo di Wòlfflin alla definizione dei ca-ratteri dell'architettura barocca e in particolare l'investigazione del concetto di m a l e r i s c h (pitto-rico-pittoresco) avviene sullo sfondo di una mi-nuziosa ricostruzione della fittissima trama di rapporti e rimandi culturali (a Riegl, Goeller, Nietzsche, Burckhardt, tra gli altri). Non manca-no, perché Viani era interessato a un attraversa-mento dei settori della letteratura artistica, ac-cenni alla coeva e contestuale fortuna del
male-risch agli inizi della moderna disciplina
urbani-stica (Sitte), vale a dire in un momento di forte crisi della cultura archittetonica e di trasforma-zioni, che segneranno il volto delle città europee. Anche a ciò va ricollegata la scoperta del baroc-co, soprattutto se si tiene conto che l'indagine di Wòlfflin si basa su complessi architettonici e
ambientali, tenendo fede a un interesse già am-piamente esplicitato nella sua tesi di dottorato, recentemente pubblicata con bella introduzione di Dieter Hoffmann-Axtehelm (Heinrich Wòlf-flin, Psicologia delia a r c h i t e t t u r a , Cluva,
Ve-nezia 1985).
Il luogo meno convincente del saggio di Viani mi sembra quello occupato dal rapporto, o me-glio dal non-rapporto, di Wòlfflin con Croce, che è affrontato in stretta osservanza della tradi-zione della scuola italiana di storia dell'arte e, comunque, lontano dall'orizzonte problematico post-crociano, dal quale Contini, già nel 1966, invitava a guardare con il necessario anche se dif-ficile distacco (vedi ora Gianfranco Contini. L a
p a r t e d i B e n e d e t t o C r o c e nella c u l t u r a italia-na, Einaudi, Torino 1989).
Il lavoro di Wòlfflin dal canto suo rimane un contributo esemplare alla definizione dei carat-teri del barocco e all'analisi degli elementi delle tipologie dell'edilizia religiosa, del palazzo, del-la vildel-la e del giardino, esposto con linguaggio semplice e chiaro, come noterà a caldo Riegl che però, nella temperie di radicali e militanti prese di posizione critico-culturali, non tralascerà di indicare il limite burckhardtiano entro cui si svolge la rivalutazione del barocco compiuta da
Wòlfflin. Come aspetti di un rinnovato interesse per Wòlfflin, che però stenta ancora a trovare un'adeguata offerta editoriale divulgativa, mi sembra utile ricordare le ristampe già esaurite di
C o n c e t t i f o n d a m e n t a l i (H. Wòlfflin, C o n c e t t i f o n d a m e n t a l i della s t o r i a d e l l ' a r t e . L a f o r m a -z i o n e dello stile n e l l ' a r t e m o d e r n a , Longanesi,
Firenze 1984), e L ' a r t e classica (H. Wòlfflin,
L ' a r t e classica. I n t r o d u z i o n e al r i n a s c i m e n t o italiano, Sansoni, Firenze 1978).
come quella del tosaerba di Budding che dalla metà dell'ottocento in avanti era riuscita a fare della manu-tenzione del prato un gioco da ragaz-zi. E si eccitavano volentieri di fron-te alle grandi serre disegnafron-te da Pax-ton e seguaci che offrivano fioriture e colori mai visti prima.
Q u a n d o Sitwell iniziò a scrivere di grotte e fontane cinquecentesche, di statue mitologiche e boschi sacri, di allegoriche siepi di bosso esisteva un solo testo divulgativo sull'argomen-to, quello di Edith Wharton. L'altro, la bibbia dei giardini italiani di Geof-frey Jellicoe sarebbe apparso solo nel 1926. Precursore di un tema che di-venterà di moda, fu dunque il primo a concepire il suo saggio come il reso-conto di un viaggio tra rovine e mura sbrecciate, statue di marmo coperte di licheni, fontane e grotte verdi di muschio. " Q u e s t i antichi giardini italiani, con la loro aria trascurata, desolata, solitaria, nonostante la ma-linconia che emana dai viali pieni di erbacce, lo stanco ricadere delle ac-que nelle fontane orlate di felci, i Pan
un ordine geografico e consultare poi una di quelle guide moderne (la più completa finora è quella di Bianca Marta Nobile per la Calderini di Bo-logna) per conoscerne gli orari e le modalità di visita. Ma anche se non mettesse in piedi questo piccolo mar-chingegno, l'appassionato lettore scoprirebbe cose che le normali guide dimenticano. Per esempio il giardino di Palazzo Colonna a Roma, un capo-lavoro di arte e di architettura. Ecco che cosa offrirebbe la visita: "Palaz-zo Colonna a Roma è collegato me-diante quattro graziosi ponti con il suo ritiro a terrazze di là della strada dove la fontana e la cascata, il bosso e i lecci e i cipressi riempiono la gigan-tesca cornice delle terme di Costanti-no.
Rare le cose che nel suo viaggio italiano non piacquero a sir George; i nani della Villa Valmarana a Vicenza sono tra quelle, perché "non c'è sto-natura più acuta del collocare tra i fiori figure orribili che rechino i se-gni dell'infermità e della sofferen-za". Amò invece le ville genovesi con
di Renishaw Hall, uno splendido giardino all'italiana nel Derbyshire, in Inghilterra, oggi passato ad altri proprietari, ma ancora intatto nel di-segno originale. Famoso per le siepi di bosso tagliate secondo i dettami dell'arte topiaria per il tempio gotico e il giardino acquatico, per le statue di Diana e Nettuno, per l'ippocasta no che fiorisce di rosa e i due giganti Renishaw Hall è raccontato in modo così leggero e aneddotico da coinvol-gere e divertire persino chi non ha mai avuto la tentazione di creare un giardino, né all'italiana né all'ingle-se.
Questo pezzo di classicità rinasci-mentale nella campagna " a r t e f a t t a " di Capability Brown ebbe come cam-po di prove il giardino di Montegufo-ni dove Sitwell fece con qualche lu-stro di anticipo quello che Cecò Pin-sent realizzò più tardi in Toscana: ri-costruì con l'aiuto della memoria dei giardinieri locali piante, forme, es-senze del giardino all'italiana classi-co.