Il titolo sesto della parte quarta d.lgs. 152/2006 contiene il sistema sanzionatorio e le disposizioni transitorie e finali.
Il capo primo è dedicato a collegare all’inosservanza di talune delle prescrizioni contenute nelle norme precedenti l’irrogazione di sanzioni (penali o amministrative), ferme restando, ex art. 254, le sanzioni previste da norme speciali vigenti in materia.
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E’ opportuna una puntualizzazione: il sistema sanzionatorio in materia di rifiuti è rimasto sostanzialmente inalterato (nonostante qualche modifica in tema di bonifiche) rispetto alla precedente normativa di cui al d.lgs. 22/1997.
Gli artt. da 255 a 260 del d.lgs. 152/2006, infatti, riproducono in buona sostanza le vecchie sanzioni già elaborate con il “decreto Ronchi”, il d.lgs. 22/1997, tutte limitate (con l’eccezione di quella prevista per il delitto di cui all’art. 260) ad ipotesi amministrative o contravvenzionali.
L’analisi dei relativi elementi costitutivi, pertanto, viene condotta, sotto il profilo metodologico, anche attraverso gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali sviluppatisi sotto il vigore della precedente disciplina.
L’abbandono di rifiuti è sanzionato negli artt. 192 e 255 d.lgs. 152/2006. La lettura combinata di tali norme risulta fondamentale.
Nell’art. 192, sotto la rubrica «Divieto di abbandono», è disposto: «L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati».
«È altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee».
«Fatta salva l’applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate».
«Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in
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materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni».
Nell’art. 255, «Abbandono di rifiuti», ai primi due commi sono previste le sanzioni pecuniarie amministrative, rispettivamente, per «chiunque, in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee»171 e per «il titolare del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale della casa costruttrice che viola le disposizioni di cui all’articolo 231, comma 5».
E’ interessante notare che se l’art. 255, come si è visto, sanziona l’abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti posto in essere dalle persone fisiche, per il medesimo fatto, se commesso da persone giuridiche, la sanzione è diversa.
Si tratta di un’ipotesi tutt’altro che remota, che in questi anni ha visto aumentare fatti di reato.
Il legislatore, lungi dal lasciare priva di sanzione una simile condotta, se ne occupa non all’art. 255 (infatti, tale articolo esordisce con l’espressione «fatto salvo quanto disposto dall’art. 256 comma 2»), ma all’art. 256 comma 2: «Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all’articolo 192, commi 1 e 2».
In altre parole, lo stesso comportamento di abbandono o di deposito incontrollato di rifiuti viene sanzionato in modo differente, in relazione alla diversa qualità dell’autore.
Infatti, qualora il soggetto agente sia un privato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art. 255, nel caso in cui, invece, il responsabile sia titolare di impresa o responsabile di un ente, si farà ricorso alle sanzioni penali di
171 Come si vedrà, si deve sottolineare che l’illecito è amministrativo o penale a seconda della qualità del soggetto che
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cui all’art. 256, comma 1, di entità diversa a seconda che trattasi di rifiuti pericolosi o non pericolosi.
Le disposizioni in esame non forniscono una definizione di abbandono, la quale è stata tuttavia enucleata dalla giurisprudenza tenendo conto della diversa nozione di «discarica», di cui si dirà in seguito. Si è così evidenziata la natura occasionale e discontinua dell’attività di abbandono rispetto a quella abituale e, in un certo senso, organizzata relativa all’attività di discarica172.
E’ stata altresì evidenziata la differenza intercorrente tra abbandono e raccolta, osservando che riguarda sia il profilo della volontà del soggetto agente sia la condotta concreta posta in essere. La volontà che sottende all’abbandono è sostanzialmente diretta a disfarsi e a disinteressarsi completamente della cosa, mentre quella che sottende alla raccolta è diretta a conservare i materiali per poter poi compiere sugli stessi una attività successiva, sia di riutilizzo o di smaltimento173.
Mancano anche le definizioni di «immissione» e «deposito incontrollato».
Al riguardo, secondo la dottrina prevalente, deve intendersi per «immissione» il rilascio episodico, in acque superficiali e sotterranee, di qualsiasi rifiuto, sia solido che liquido. Per «deposito», invece, deve intendersi un’attività di accumulo temporaneo finalizzato all’esecuzione di operazioni di gestione da effettuarsi in periodi successivi174.
Vigente il d.lgs. 22/1997, la giurisprudenza aveva precisato che il reato è ipotizzabile non soltanto in capo alle imprese o agli enti che effettuano una delle attività indicate al comma 1 dell’art. 51 (ora art. 256 d.lgs. 152/2006), ovvero raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti, ma a qualsiasi impresa, avente le caratteristiche di cui all’art. 2082 cod. civ. o ente, con personalità giuridica o operante di fatto.
Tali considerazioni possono ritenersi tuttora valide.
172 Si veda Cass. 15 aprile 2004, n. 25463.
173 In questo senso Cass. 7 maggio 2007, n. 17256.
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Il reato di abbandono di rifiuti è reato commissivo eventualmente permanente, la cui antigiuridicità cessa con l’ultimo abusivo conferimento di rifiuti.
Ciò che potrebbe sembrare non particolarmente agevole è l’individuazione di profili di responsabilità in capo al proprietario o al titolare di altri diritti reali sul terreno, qualora tale soggetto non coincida con l’autore materiale dell’abbandono.
Risulta evidente la possibilità del concorso nel reato, anche se la giurisprudenza ha correttamente ritenuto di dover escludere che la mera inerzia o la consapevolezza dell’avvenuto abbandono da parte dei terzi implichi la responsabilità del proprietario dell’area, se non nel caso in cui ricorrano gli estremi dell’art. 40, comma 2 c.p., ovvero sussista l’obbligo giuridico di impedire l’evento175.
Nel terzo comma dell’art. 255 è prevista la seguente contravvenzione: «Chiunque non ottempera all’ordinanza del Sindaco, di cui all’articolo 192, comma 3, o non adempie all’obbligo di cui all’articolo 187, comma 3, è punito con la pena dell’arresto fino ad un anno. Nella sentenza di condanna o nella sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione di quanto disposto nella ordinanza di cui all’articolo 192, comma 3, ovvero all’adempimento dell’obbligo di cui all'articolo 187, comma 3»176.
Come si vede, la norma è costruita sulla falsariga dell’art. 650 c.p., che punisce chi non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o d’igiene.
In relazione a tale fattispecie contravvenzionale, nella giurisprudenza della cassazione, è sorto un contrasto in ordine ai requisiti necessari per la configurabilità della contravvenzione in esame (che riproduce il precetto di cui all’art. 50 comma 2 d.lgs. 22/1997)177.
175 Si veda, tra le altre, Cass. 1 luglio 2002, n. 32158, in Dir. e giur. agr. amb., 10/2004, 652.
176 L’art. 187, comma 3 sancisce l’obbligo di procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati in spregio al
divieto imposto dalla stessa norma, la quale vieta la miscelazione di categorie diverse di rifiuti pericolosi ovvero di rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi.
177 Sull’argomento in dottrina: M.TAINA e S.MAGLIA, La figura del proprietario incolpevole tra abbandono di rifiuti e
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Molto si è dibattuto soprattutto con riguardo al tema relativo alla responsabilità penale del proprietario dell’area inquinata dallo scarico di rifiuti ad opera di terzi.
È opportuno ricordare, prima di tutto, che il legislatore ha previsto, in una prima proposizione normativa (art. 14 comma 3 d.lgs. 22/1997, sostituito dall’art. 192 comma 3 d.lgs. 152/2006), che chiunque violi il divieto di abbandono di rifiuti sul suolo e nel suolo è tenuto a procedere alla loro rimozione ed al ripristino dello stato dei luoghi. Ha poi contemplato la figura soggettiva del proprietario e/o del titolare di diritti reali o personali di godimento sull’area (sulla quale risultano scaricati i rifiuti) nella seconda parte della stessa norma, stabilendo che costoro rispondono in solido con l’autore materiale dell’abbandono, purchè tale fatto gli sia imputabile a titolo di dolo o colpa.
Una delle questioni più controverse è se sia esatta l’affermazione, ricorrente in alcune decisioni del supremo collegio, secondo cui la fattispecie di cui all’art. 255 avrebbe come soggetto attivo il destinatario formale dell’ordinanza sindacale, il quale risponde della mancata rimozione dei rifiuti a prescindere dalla sua effettiva responsabilità in merito all’abbandono dei rifiuti stessi.
Questa conclusione non è accettabile in base ad una analisi più approfondita della normativa speciale, illuminata dai principi generali valevoli in ogni settore del diritto penale.
Il tenore letterale della prima parte dell’art. 192 d.lgs. 152/2006 non ammette interpretazioni divergenti: l’illecito consistente nell’inosservanza dell’ordine sindacale richiede la necessaria coincidenza soggettiva tra obbligato al ripristino ed autore dell’abbandono dei rifiuti.
Più controversa è la norma riguardante il proprietario e/o il titolare di diritti reali o personali di godimento dell’area inquinata.
L’ambigua formula legislativa, con il rinvio ad un obbligo «solidale» del proprietario, potrebbe giustificare l’idea che quella del proprietario sia una forma di responsabilità per fatto altrui.
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L’introduzione della clausola dell’imputabilità del fatto a titolo di dolo o colpa, però, non consente più di sostenere quella interpretazione.
Nonostante le apparenze, la seconda parte dell’art. 192 d.lgs. 152/2006, presuppone, simmetricamente rispetto alla prima parte della stessa norma, che obbligato alla bonifica sia colui che abbia concorso con l’autore materiale dell’abbandono dei rifiuti.
Una interpretazione diversa trascurerebbe il dato formale che l’art. 255, comma 3, punisce chi non ottemperi all’ordinanza del Sindaco emessa proprio ai sensi «dell’art. 192, comma 2» rendendo così palese lo stretto collegamento logico tra le due norme.
La giurisprudenza, in proposito, ha precisato che mentre l’obbligo di rimozione riguarda i responsabili dell’abbandono di rifiuti e i proprietari del terreno inquinato, quello di ottemperanza all’ordinanza sindacale è rivolto ai destinatari formali dell’ordinanza stessa. Il reato conseguente, pertanto, è un reato proprio che può essere commesso solo dai destinatari formali dell’ordinanza, gli elementi essenziali della fattispecie penale sono dunque l’esistenza di un’ordinanza sindacale di rimozione dei rifiuti e la condotta di inottemperanza dei destinatari del provvedimento178.
Il momento consumativo del reato va individuato nella maturazione dei termini previsti nell’ordinanza sindacale, da considerarsi perentori, considerato che alla loro scadenza nasce l’obbligo per il comune di procedere all’esecuzione in danno.