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La scelta alternativa dell’accusa all'esito delle indagini preliminari

Nel documento Esercizio improprio dell'azione penale (pagine 60-66)

disposto di cui all'art. 405 c.p.p. che, ribadendo i princípi generali espressi dall'art. 50 c.p.p. in tema di addebito, pone il pubblico ministero, all'esito delle indagini preliminari, di fronte ad una scelta obbligata: richiedere l'archiviazione o esercitare l'azione penale208.

La decisione del legislatore di fissare, in termini inequivocabili, il momento iniziale del processo muoveva dall'esigenza di superare la perdurante incertezza che, sull'argomento, aveva infuocato il dibattito dottrinale sorto durante la vigenza del codice Rocco209. La collocazione, all'esito della fase investigativa, dell'atto di

promovimento dell'azione penale (quale possibile sbocco in alternativa alla richiesta di archiviazione), ha permesso, così, di scandire l'esatto istante in cui inizia il processo in senso stretto e distinguerlo da tutte le attività preprocessuali.

Invero, l'alternativa tra esercizio dell'azione penale e richiesta di archiviazione, polarizzando gli epiloghi decisori della fase procedimentale, esaurisce lo «spazio decisionale»210 di cui dispone l'organo d'accusa al momento di stabilire le sorti della notitia criminis: se avviare, o meno, il processo vero e proprio.

208 Ad evidenziare l'alternativa tra esercizio dell'azione penale e richiesta di archiviazione, G. D. PISAPIA, Primi appunti sui concetti di azione e giurisdizione nel nuovo processo penale, in (a cura di)

M.C. Bassiouni, A.R. Latagliata, A.M. Stile, Studi in onore di Giuliano Vassalli. Evoluzione e riforma

del diritto e della procedura penale 1945-1990, vol. II, Politica criminale e criminologia. Procedura

penale, Milano, Giuffrè, 1992, p. 121; F. CAPRIOLI, L’archiviazione, Napoli, 1994, p. 32; E.

MARZADURI, voce Azione. IV) Diritto processuale penale, in Enc. giur., vol. IV, Agg., Roma, 1996, p.

8; Id, Riflessioni sull'obbligatorietà dell'azione penale alla luce della riforma del codice di procedura

penale, in AA.VV., Recenti orientamenti in tema di Pubblico Ministero ed esercizio dell'azione

penale, Atti del convegno, Milano, 1998, p. 47; C. MORSELLI, Archiviazione, in Dig. pen., XI, Torino,

1996, p. 379; O. DOMINIONI, Art. 50, in Commentario del nuovo codice di procedura penale, cit., 288.

209 Come già trattato nel capitolo precedente, v. infra, cap. I, § 5, il codice Rocco ometteva di individuare, in modo esplicito, l'atto deputato a promuovere il meccanismo processuale. In assenza di tale previsione, la dottrina prevalente intravedeva l'avvio del processo nell'istante in cui il pubblico ministero si rivolgeva al giudice con uno dei mezzi ammessi dalla legge e, precisamente, richiedendo l'istruzione formale, la citazione a giudizio, l'immediato giudizio per i reati commessi in udienza o presentando l'imputato nel giudizio direttissimo: si trattava tutti di atti recanti la prima enunciazione dell'imputazione. Individua i singoli atti con cui il processo prendeva inizio, O. DOMINIONI, voce

Azione penale, in Dig. disc. pen., vol. I, Torino, 1987, p. 401 ss.,

210 In questi termini, G. GIOSTRA, L'archiviazione. Lineamenti sistematici e questioni interpretative,

Torino, 1994, p. 13 evidenzia come la ripartizione dello spazio decisionale tra le richiamate opzioni processuali avvenga secondo un criterio di stretta complementarietà alla stregua del quale una costituisce negazione dell'altra e viceversa.

Ciò si ricava agilmente dalla lettura congiunta degli articoli sopra richiamati (artt. 50 e 405 c.p.p.) alla stregua dei quali il pubblico ministero, «quando non deve richiedere l'archiviazione, esercita l'azione penale»211. Tale contesto risulta, pertanto,

connotato dalla combinazione di due opzioni procedurali simmetriche: azione ed archiviazione. Esse rappresentano, infatti, le due superfici – concava e convessa212

di una stessa lente ove i presupposti positivi dell'una («il pubblico ministero esercita l'azione penale») combaciano con i presupposti negativi dell'altra («quando non deve richiedere l'archiviazione»)213.

Si tratta di una vera e propria incompatibilità ontologica214 in virtù della quale è

possibile asserire, senza alcun dubbio, che la richiesta di archiviazione non costituisce affatto esercizio dell'azione penale bensì negazione di essa. Con tale precisazione, il legislatore delegato215 ha inteso evitare che venissero riproposte

211 Ed è siffatta «congiunzione con valore condizionale» a ripetersi nel testo degli artt. 50 e 405 c.p.p., C. MORSELLI, Archiviazione, in Dig. pen., XI, Torino, 1996, p. 379, la cui lettura congiunta

suggerisce la propensione del sistema processuale per la richiesta di archiviazione come regola di comportamento privilegiata del pubblico ministero, quale sorta di prius logico rispetto alla formulazione dell'imputazione. Di questa opinione, V. GREVI, Archiviazione per "inidoneità

probatoria" ed obbligatorietà dell'azione penale, cit., p. 1285 ss.; G. RICCIO, Profili funzionali e

aspetti strutturali delle indagini preliminari, in Riv. it. dir. proc. pen., 1990, p. 99; G. DI CHIARA, Il

pubblico ministero e l'esercizio dell'azione penale, in G. Fiandaca-G. Di Chiara, Una introduzione al sistema penale per una lettura costituzionalmente orientata, Napoli, 2003, p. 245.

212 In questi termini, U. PIOLETTI, Azione penale e archiviazione, in Giust. pen., 1938, IV, c. 414, ad

opinione del quale l'archiviazione altro non sarebbe che la manifestazione della volontà del pubblico ministero di esercitare in forma negativa il diritto di agire.

213 Sulla natura speculare dei presupposti sottesi alla richiesta di archiviazione ed alla formulazione dell'imputazione, ampiamente, V. GREVI, Archiviazione per «inidoneità probatoria» ed obbligatorietà

dell'azione penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1990, p. 1281; A. SAMMARCO, La richiesta di

archiviazione, Milano, 1993, 119; F. CAPRIOLI, L’archiviazione, Napoli, 1994, p. 328; G. GIOSTRA,

L'archiviazione. Lineamenti sistematici e questioni interpretative, Torino, 1994, p. 12; G. DEAN,

L'impromovibilità dell'azione penale, Milano, 1996, p. 2; E. MARZADURI, Riflessioni

sull'obbligatorietà dell'azione penale alla luce della riforma del codice di procedura penale, in

AA.VV., Recenti orientamenti in tema di Pubblico Ministero ed esercizio dell'azione penale, Atti del convegno, Milano, 1998, p. 47.

214 Secondo C. MORSELLI, Archiviazione, in Dig. pen., XI, Torino, 1996, p. 379, l'alternatività delinea

un modello diadico i cui termini della bipolarizzazione non sono complementari bensì antitetici e contraddittori tra loro.

215 Coerentemente con la direttiva n. 48 di cui all'art. 2 della legge delega, secondo cui il pubblico ministero, concluse le indagini deve chiedere «al giudice l'archiviazione, ovvero, formulata l'imputazione, l'udienza preliminare», il legislatore delegato ha accolto, non senza qualche iniziale difficoltà, uno schema alternativo dei possibili esiti delle indagini preliminari. In un primo tempo, infatti, la Commissione parlamentare aveva proposto nel Parere definitivo di estendere l'ambito operativo dell'art. 50 in modo da includere, quale modalità di esercizio dell'azione penale, anche la richiesta di archiviazione. Simile proposta non ha, tuttavia, ricevuto il seguito auspicato giacché «l'adesione all'emendamento suggerito determinerebbe la necessità di rivisitare le linee fondamentali

quelle «dispute di carattere teorico»216 - diffuse durante la vigenza del codice abrogato

- sulla natura del provvedimento di archiviazione.

Invero, secondo l'opinione predominante in dottrina217, la richiesta di

archiviazione integrava, a tutti gli effetti, una modalità di promovimento dell'azione penale. La natura astratta218 di quest'ultima, sottraendo alla potestas agendi ogni

direzione finalistica verso la condanna, permetteva di includere anche la richiesta di archiviazione tra gli atti tipici di impulso giurisdizionale. A ragionar diversamente sarebbe scaturito, in capo al giudice istruttore, un potere autonomo di iniziare l'azione penale ogni qualvolta lo stesso, rigettata la richiesta, avesse disposto l'istruzione formale, con evidente deroga al principio ne procedat iudex ex officio219.

del sistema», così, Relazione al testo definitivo del codice di procedura penale, cit. p.170. Sul punto, cfr. il Parere della commissione parlamentare sull'art. 51 prog. def., in G. Conso, V. Grevi, G. Neppi Modona, Il nuovo Codice di procedura penale: dalle leggi delega ai decreti delegati, vol. V, Il

progetto definitivo e il testo definitivo, Padova, 1990, p. 106.

216 Così, Relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale, in Gazz. Uff., 24 ottobre 1988, n. 250, suppl. ordinario, n. 2, p. 100/p. 221 mira ad escludere l'esercizio implicito dell'azione penale nella richiesta di archiviazione. Sul punto, tra gli altri, V. BORRACCETTI, Archiviazione, indagini

preliminari e obbligatorietà dell’azione penale, in Quest. giust., 1989, p. 572.

217 Tra i principali sostenitori della riconducibilità della richiesta di archiviazione tra le ipotesi di promovimento dell'azione penale, G. LEONE, Azione penale, in Enc. dir., cit., p. 859; Id,

Considerazioni sull’archiviazione, in Riv. it. dir. pen., 1951, p. 485 ss.; G. GUARNERI, «Azione penale

(diritto processuale penale)», in Noviss. dig. it., cit., p. 67; G. SABATINI, «Azione penale

(Impromovibilità della)», in Noviss. dig. it., II, 1958, p. 76 e, ampiamente, N. CARULLI,

L'archiviazione, Milano, 1958, p. 42. Contra, G. FOSCHINI, L'archiviazione, Riv. it. dir. pen., 1952, p.

124; F. CORDERO, Archiviazione, in Enc. dir., II, 1958, p. 1026; G. PAOLOZZI, Sulla manifesta

infondatezza della notizia di reato, in Riv. pen., 1972, I, p. 490 ss.; secondo i quali, la circostanza che,

in caso di dissenso tra pubblico ministero e giudice istruttore, il processo si metta in moto ex officio, non può spingere l'interprete a modellare, ad ogni costo, i dati della concreta esperienza giuridica. Del resto, a conferma di simile ragionamento militerebbe la stessa lettera della legge e, in particolare, la dizione contenuta nell’art. 74, comma 3, c.p.p. 1930, ai sensi della quale «il pubblico ministero, qualora reputi che per il fatto non si debba promuovere l’azione penale». Vi è, infine, un'opinione intermedia di G. D. PISAPIA, Presupposti e limiti del decreto di non doversi procedere, in Riv. it. dir.

pen., 1954, p. 178, secondo l'A., la richiesta di archiviare la notizia di reato era riconducibile ad una

ipotesi di promovimento dell'azione penale “condizionata” al mancato accoglimento della medesima richiesta da parte del giudice istruttore. In altri termini, il pubblico ministero dichiarava che la sua richiesta di archiviazione dovesse essere considerata una modalità di promovimento dell'azione penale «qualora il giudice istruttore non riten[esse] di accedere alla sua richiesta di archiviazione» e disponesse l'istruzione formale.

218 M. CHIAVARIO, Appunti sulla problematica dell'«azione» nel processo penale italiano: incertezze

prospettive limiti, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1975, p. 880, evidenzia proprio come la riconducibilità

della richiesta di archiviazione tra le ipotesi di esercizio dell'azione penale sia conseguenza di aver spinto la concezione astratta verso un «limite estremo». Sul punto, altresì, M. CAIANELLO, voce

Archiviazione, in Enc. dir., Milano, 2008, p. 63.

219 Di questa opinione, V. ANDRIOLI, Appunti di procedura penale, cit., p. 301; G. LEONE, Azione

penale, in Enc. dir., cit., p. 859; N. CARULLI, L'archiviazione, p. 23, secondo i quali negare alla

Si spiega, pertanto, nel timore di ricadere in simili antiche polemiche, la ripetizione, quasi ridondante220, della formula linguistica adottata dal legislatore per

regolare i rapporti tra azione penale e richiesta di archiviazione: a partire dal primo comma dell'art. 50 c.p.p., «il pubblico ministero esercita l'azione penale quando non sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione», fino al primo comma dell'art. 405 c.p.p., «il pubblico ministero, quando non deve richiedere l'archiviazione, esercita l'azione penale».

Una volta fissata la linea di confine tra attività preprocessuali e processo in senso stretto, il legislatore si spinge oltre e, recepiti i risultati del dibattito sviluppatosi nel corso della redazione del progetto del 1978, imprime maggiore ordine sistematico ai rapporti tra esercizio dell'azione penale, formulazione dell'imputazione ed acquisto dello status di imputato. Chiarisce, a tal proposito, che la formalizzazione del rapporto processuale tra Stato-Magistrato e cittadino deve conseguire «all'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero con il compimento di uno degli atti tipici» - tassativamente indicati dal primo comma dell'art. 405 c.p.p. - e «che, di conseguenza, soltanto con la formulazione dell'imputazione in uno dei predetti atti tipici, colui nei confronti del quale si sono svolte le indagini assume la qualità di imputato»221.

Ne deriva che, in conformità alla tendenza già espressa nella legge delega del 1974, sono inidonei a far rifluire sull'indagato i diritti dell'imputato tutti i provvedimenti emessi in un momento antecedente alla chiusura delle indagini preliminari – quali la convalida dell’arresto o del fermo, o le ordinanze cautelari – principio ne procedat iudex ex officio, potendo siffatta richiesta condurre comunque all'apertura dell'istruzione formale su iniziativa del giudice istruttore.

220 F. CAPRIOLI, L’archiviazione, Napoli, 1994, p. 327 e G. DEAN, L'impromovibilità dell'azione

penale, Milano, 1996, p. 1, sottolineano il particolare impegno definitorio, prestato dal legislatore

durante nella stesura del nuovo codice, in ordine ai rapporti tra azione ed archiviazione fino a costruire una disciplina «tanto analitica quanto ripetitiva in alcuni dei suoi passaggi fondamentali».

221 Secondo quanto richiamato dalla direttiva 36 delle legge delega del 1987, a conferma dell’impostazione prevista dall’art. 69 del prog. prel. c.p.p. 1978, «poiché tutti gli atti d'indagine concorrono alla progressiva individuazione dell'addebito, l'attribuzione di un reato eventualmente contenuta in un atto delle indagini preliminari [...] assume carattere di addebito provvisorio, come tale suscettibile di essere modificato sino alla formulazione dell'imputazione definitiva in uno degli atti con i quali viene esercitata l'azione penale». Così, Relazione al progetto preliminare del codice di

diversamente da quanto previsto dal codice Rocco, che, in tali casi, prevedeva l’assunzione della qualifica di “quasi-imputato”.

La preoccupazione «di far salva, pure dal punto di vista terminologico, la distinzione tra chi è imputato e chi, pur essendo oggetto di indagini, imputato non è ancora (e forse non sarà mai)»222, ha indotto i redattori del nuovo codice ad ancorare

rigorosamente l'attribuzione della specifica posizione processuale ad uno degli atti tipici di promovimento dell'azione penale,in modo tale da istituire una vera e propria interdipendenza tra “imputato” ed “imputazione”223 e superare l'ambigua formula del

primo comma dell'art. 78 c.p.p. 1930, incentrata, come più volte ribadito, sulla mera attribuzione del reato «in un atto qualsiasi del procedimento».

Sorrette, così, da un apprezzabile scrupolo definitorio, le disposizioni di cui agli artt. 60 e 405 c.p.p. conferiscono espressamente lo status di imputato a colui al quale viene attribuito il reato in uno degli atti tipizzati dal legislatore ed individuati, a seconda del modulo processuale adottato, nella richiesta di rinvio a giudizio o nel decreto di citazione diretta a giudizio avanti il tribunale in composizione monocratica (per le forme ordinarie del rito) e, nella richiesta congiunta di applicazione della pena, nella presentazione dell'imputato o nella sua citazione per il giudizio direttissimo, nella richiesta di giudizio immediato o, infine, nella richiesta di decreto penale di condanna (per le forme alternative del rito).

222 Così, Relazione al progetto preliminare, 1978, p. 84.

223 La stesura definitiva dell’art. 60 c.p.p. denota come il legislatore delegato abbia disatteso la direttiva 36 della legge delega, posticipando la formalizzazione del rapporto processuale rispetto al momento della richiesta di applicazione di una misura coercitiva reale o personale. Sul punto, Corte Cost., 18 marzo 1992, n. 108, in Giur. cost., 1992, p. 984, chiamata a vagliare la legittimità costituzionale dell'art. 405 c.p.p. nella parte in cui non prevede che la qualità di imputato, in ossequio a quanto stabilito dall'art. 2, direttiva n. 36, legge-delega, sia assunta anche da chi viene attinto da misura cautelare (coercitiva) personale o reale, rimarca che «imputato in senso formale è solo colui nei cui confronti viene esercitata l'azione penale». Secondo la Consulta, infatti, «la direttiva 36 non avrebbe lo scopo di definire la nozione di imputato in senso tecnico, bensì quello di individuare le situazioni che determinano l'applicazione degli istituti processuali di garanzia a favore dell'imputato o, comunque, della persona sottoposta alle indagini». In questo senso, la restrizione meramente formale dello status di imputato non tradirebbe il significato autentico della direttiva poiché non lascia il soggetto, colpito dalla richiesta di una misura cautelare, privo di adeguata tutela. Sull'argomento, G. INZERILLO, Imputato e imputazione, in Dig. disc. pen., Agg. III, Utet, Torino, p.

A tale numerus clausus devono, tuttavia, aggiungersi analogicamente224 le ipotesi

riguardanti l'imputazione coatta e le contestazioni suppletive effettuate in udienza preliminare ed in dibattimento mentre deve ritenersi, senz’altro, escluso il ricorso al rito abbreviato: oltre a mancare un vero e proprio potere di iniziativa, in capo al pubblico ministero, apparve superfluo – nelle intenzioni del legislatore delegante - rinviare ad «una forma processuale che, essendo incardinata nell'udienza preliminare, vede tra i suoi presupposti la richiesta di rinvio a giudizio, cioè l'atto tipico con il quale viene dato avvio al periodo propriamente processuale»225.

Nonostante l'eterogeneità delle situazioni concrete in grado di conferire ad una determinata persona la qualità di imputato, siffatta elencazione tassativa rappresenta l'ulteriore sforzo compiuto dal legislatore delegato di rispettare, nella sua pienezza e nel significato più profondo, la volontà del legislatore delegante; sforzo compiuto nel solco di una coerente linea progettuale verso la costruzione di un sistema che ha collocato, sul piano concettuale, la richiesta di archiviazione in termini antitetici rispetto all'esercizio dell'azione penale e conferito a quest'ultima, mediante la formulazione dell'addebito, la veste di spartiacque tra la fase preliminare di preparazione del processo ed il processo stesso.

224 Di questa opinione, E. MARZADURI, «Imputato e imputazione», in Noviss. dig. it., VI, Torino,

1982, p. 284; D. GROSSO, L'udienza preliminare, Milano, 1991, p. 28, nt 19; G. GARUTI, Chiusura

delle indagini e archiviazione, in (a cura di) M. G. Aimonetto, Indagini preliminari ed instaurazione del processo, in (diretto da) Chiavario-Marzaduri, Giurisprudenza sistematica di diritto processuale penale, Torino, 1999, p. 425.

225 Così, la Relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale, cit., p. 100; in senso conforme, A. BERNARDI, sub art. 405, in (a cura di) M. Chiavario, Commento al nuovo codice di

3. Verso la concretezza dell’azione e la completezza delle indagini. La radicale

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