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Scenario generale del comparto melicolo

5. I CLUB VARIETALI

5.1. Scenario generale del comparto melicolo

Lo scenario osservabile all’interno dell’agricoltura italiana, è di un’offerta agroalimentare frammentata su di un numero elevato di aziende di piccole e medie dimensioni. In Italia l’azienda agricola media, infatti, si presenta di dimensioni ridotte rispetto alle concorrenti europee (UE 27), in quanto le prime possiedono in media 7,6 ettari per azienda, mentre le seconde hanno dimensione media più elevata pari a 13,3 ettari (ISMEA, 2009). A questa situazione critica, si aggiunge un rapporto tra imprenditori agricoli di età inferiore ai 35 anni e quelli con età superiore ai 64 anni, tra i più alti a livello europeo, registrando tra il 2003 e il 2007 una diminuzione di circa il 36% del numero di giovani impiegati in agricoltura (ISMEA, 2009). Generalmente la dimensione aziendale è il punto di forza di qualsiasi azienda, visto lo sviluppo e la crescita negli ultimi anni della grande distribuzione organizzata (gdo), che ha contribuito ad annullare il potere contrattuale della piccola e media impresa agricola italiana (Piazza, 2010).

Dagli anni ’60 agli anni ’90, i prezzi dei prodotti ortofrutticoli erano decisi, oltre che dall’andamento del mercato, dall’incontro tra i produttori ortofrutticoli e i grossisti nei mercati all’ingrosso, dove veniva a crearsi una vera e propria economia di mercato, ed entrambi avevano la possibilità di ottenere un prezzo adeguato per i loro prodotti (Piazza, 2010). Attualmente, invece, le imprese ortofrutticole subiscono passivamente i prezzi imposti dalla GDO che, acquista i prodotti necessari a soddisfare le richieste dei consumatori direttamente dal produttore, e non all’interno dei mercati all’ingrosso, eliminando sempre più spesso le piccole-medie imprese. Queste ultime molte volte non hanno risposto al cambiamento, attraverso per esempio aggregazioni, rimanendo in questo modo piccole e disaggregate non riuscendo così a creare massa critica (Piazza, 2010). All’estero invece, le unioni tra gli imprenditori ortofrutticoli sono molto frequenti,

riflettendosi positivamente sia sul prezzo ottenuto alla produzione che sull’offerta alla gdo (Bertanza et al., 2010), la quale richiede delle specifiche caratteristiche qualitative per soddisfare le esigenze dei propri consumatori.

La scelta varietale è il punto di partenza per la qualità del prodotto finale, qualità un tempo ricercata quasi esclusivamente dagli operatori del settore di trasformazione e commercializzazione, mentre oggi tale concetto è cambiato notevolmente. Attualmente, infatti, i prodotti devono soddisfare in modo particolare soprattutto le esigenze del consumatore finale, che ricerca sempre più spesso un prodotto con un elevato livello di qualità organolettica, anche a discapito della forma esteriore (Bergamaschi et al., 2006), e di un alto livello di sicurezza igienico-sanitaria, per le quali è disposto a pagare un prezzo maggiore rispetto alla merce comune (ISMEA, 2006). Ne consegue, un continuo rinnovamento varietale con l’immissione nel mercato di nuove varietà frutticole, per poter appagare le diverse preferenze dei consumatori, intesi in un gruppo più o meno ristretto, possibilmente nel medio - lungo periodo (Sansavini et al., 2009).

Attualmente ogni anno sono introdotte nel mercato vivaistico e commerciale circa 50 varietà di mela, causando un eccessivo sovraffollamento varietale e ostacolando l’affermazione di quelle migliori (Andreotti, 2006). L’Italia in questo senso risulta svantaggiata rispetto agli altri paesi, dove l’immissione di nuove varietà avviene più frequentemente, particolarmente rilievante risulta lo stato francese. Le nuove varietà prodotte all’estero, spesso non si adattano alle caratteristiche pedo-climatiche italiane, intaccando principalmente le produzioni melicole e i costi di produzione, scontentando le aspettative dei produttori (Massai, 2009). Le principali cause che sfavoriscono l’introduzione di nuove varietà in Italia sono l’incapacità o l’impossibilità per l’elevato costo, di sottoporre il miglioramento genetico prodotto ad una adeguata protezione brevettuale, che permetta di assicurare una remunerazione nel breve e nel lungo periodo all’editore del prodotto innovativo sviluppato (Massai, 2009).

La tutela delle nuove varietà vegetali è possibile attraverso il brevetto o il marchio registrato, avvalendosi fondamentalmente della regolamentazione UPOV e delle sue successive modifiche e integrazioni (Fideghelli, 2009). Il brevetto serve a salvaguardare il materiale vegetale ed eventualmente il frutto, come ad esempio la pera Carmen (Fideghelli, 2009), mentre il marchio protegge il nome commerciale attraverso un simbolo o un logo, che caratterizza ed evidenzia il prodotto per favorire una pronta identificazione da parte del consumatore, differenziandolo da quelli concorrenti (Lugli, 2002), rendendolo difficilmente sostituibile con uno simile (Carbone A., 1996), un

esempio sono le pesche White Crest® (Fideghelli, 2009). Inoltre, sono sempre più frequenti i casi in cui le nuove varietà utilizzano due nomi, uno per il brevetto e uno per la commercializzazione del prodotto coperta dal marchio, l’esempio più noto riguarda la mela Pink Lady®Cripps Pink*, dove Cripps Pink* rappresenta il nome della cultivar, mentre Pink Lady® è il marchio utilizzato per la commercializzazione del prodotto (Fideghelli, 2009).

Analizzando in modo specifico il settore melicolo italiano, si denota una redditività delle produzioni di Red Delicious, con quotazioni al limite della sostenibilità economica, che spesso non ricoprono i costi di produzione (Bertanza et al., 2010). Tale situazione risulta maggiormente marcata nella regione del Veneto, ma anche in Trentino Alto Adige si iniziano a delineare difficoltà di questo genere (Bertanza et al., 2010). Esistono comunque delle eccezioni, in particolare nei casi in cui l’integrazione di filiera tra i diversi attori che la compongono, ha originato remunerazioni maggiori per tutti i soggetti, esempio di spicco sia a livello italiano che estero è la varietà Pink Lady®, analizzata successivamente (Bertanza et al., 2010). Tale varietà è tutelata dal Club varietale, che possiede il brevetto alla base produttiva biologica di una nuova varietà, permettendo potenzialmente la tutela dei membri al Club, nonché gli attori della filiera dalla produzione alla trasformazione e commercializzazione del prodotto proveniente dalla varietà brevettata (Pilati, 2004). Nel corso dell’ultimo decennio, si assiste alla nascita e sviluppo oltre che alla varietà citata, ad un numero consistente di altre nuove varietà melicole tutelate attraverso la formula del Club varietale (Prognosfruit). Uno sviluppo così numeroso e il potenziale successo della varietà Club, dipende dal plus qualitativo e di riconoscibilità offerto al consumatore rispetto al prodotto concorrente (Bertanza et al., 2010). Da queste considerazioni di evince che, i produttori del settore agroalimentare oltre all’aggregazione per ottenere una maggiore forza di mercato, devono differenziare i loro prodotti fidelizzando il consumatore finale.

Gli strumenti per la tutela dei prodotti frutticoli italiani, possono essere suddivisi in quattro categorie: le privative per le novità vegetali a cui appartengono i brevetti per invenzione industriale per la salvaguardia di una tecnica di moltiplicazione; i marchi sono strumenti utili per contraddistinguere un prodotto, migliorne la comunicazione tra produttore e consumatore, fidelizzando quest’ultimo; infine, DOP e IGP utili per differenziare il prodotto sulle condizioni pedologiche e climatiche, e richiesti esclusivamente dai consorzi (Borrini, 2009). Per quanto concerne il settore melicolo italiano si riscontrano solamente due varietà Dop e quattro Igp, mentre si ha un numero

maggiore di mele commercializzate con l’utilizzo del marchio, osservando una crescita esponenziale delle mele coltivate e commercializzate attraverso la formula del Club varietale, che sarà analizzata in seguito.

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