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SCHEDE CINESI

Nel documento I DUE IMPERI L’AQUILA E IL DRAGONE (pagine 25-44)

La decima statua di terracotta, raffigurante un funziona-rio civile, proviene, al contrafunziona-rio delle precedenti, da una struttura ipogea (K0006) situata fra il tumulo e il recinto interno del parco funerario. La sua identificazione, come quella delle altre sette sculture vicine, anch’esse ritratte con le mani conserte appoggiate sul ventre e nascoste nelle ampie maniche della veste, è stata possibile in virtù della cote e del coltellino appesi alla cintura: la prima ser-viva ad affilare il secondo con il quale i burocrati addetti alla redazione di documenti preparavano le tavolette di legno sulle quali scrivevano utilizzando un pennello in-tinto nell’inchiostro (cat. 294).

Sul volto di questa figura sono ancora evidenti tracce di colore, a testimonianza che originariamente le sculture erano dipinte, le uniformi addirittura con colori sgargian-ti che purtroppo sono in larga misura svanisgargian-ti al momento dello scavo. L’impatto visivo doveva perciò essere molto diverso da quello che percepiamo oggi, ma del resto anche la statuaria greca e romana era vistosamente colorata. La caratteristica che più colpisce l’osservatore è l’unicità dell’aspetto delle statue, tanto che è stato suggerito che fossero una diversa dall’altra, ma in realtà le differenze so-no solo illusorie e le figure so-non ritraggoso-no singoli soldati del vero esercito di Qin Shi Huangdi. L’apparente diversi-tà scaturisce dal fatto che le sculture sono il frutto della combinazione di elementi prodotti in serie, per ciascuno dei quali esistevano alcune varianti. Le figure constano di solito di sette parti principali – base, piedi, gambe, corpo, braccia, mani e testa – modellate separatamente e poi as-semblate. Le componenti cilindriche, come braccia e gam-be, erano realizzate avvolgendo lastre di impasto argilloso in tubi, o con il metodo a “colombino”, mentre la forma della testa, le orecchie e le mani, per esempio, erano ese-guiti utilizzando stampi doppi o singoli; l’acconciatura, i copricapo, i baffi, la barba, i dettagli dell’armatura e delle scarpe erano invece plasmati direttamente sulle figure da maestri scultori. Dato il numero delle statue, non sarebbe stato possibile altrimenti. Ciò non sminuisce l’ecceziona-lità dell’armata eterna, che costituisce un trionfo della tec-nologia della ceramica e rivela la straordinaria capacità di organizzare sia l’enorme numero di operai coinvolti (circa un migliaio), sia le fasi del processo di manifattura. A causa delle dimensioni delle sculture, modellarle e cuo-cerle evitando fratture era un traguardo molto ambizioso, mai tentato prima e mai più ripetuto. I problemi imme-diati erano costituiti dalla contrazione durante l’essicca-zione (cioè, prima di caricare le statue nella fornace), dai fenomeni di espansione e contrazione durante la cottura e dal peso delle figure (150-200 kg) che doveva essere so-stenuto dalle gambe. Per ridurre al minimo gli effetti in-desiderati, che avrebbero messo a rischio la realizzazione dell’armata eterna, i ceramisti ricorsero ancora una volta all’argilla locale, il löss, rimovendo le parti più fini, co-me nel caso degli stampi per i bronzi rituali. Ciò ovviava anche al problema del peso: durante la cottura, le gam-be non avrebgam-bero retto i circa 150 kg che le sovrastavano, ma facendole piene sarebbero esplose sotto la pressione dell’acqua in evaporazione. L’impiego di löss adeguata-mente preparato permetteva la realizzazione di gambe molto spesse e allo stesso tempo porose, evitando così i rischi di cedimento e di esplosione.

261-262. Armatura (copia moderna) e elmo di uso funerario

Calcare; armatura, h 95cm, larghezza 36 cm; elmo: h 32 cm

Dinastia Qin

Rinvenuti nella fossa K9801, Lintong, Xi’an (Shaanxi) Istituto di Archeologia dello Shaanxi

L’armatura (parzialmente ricostruita) a corsetto e grem-biale e l’elmo qui esposti provengono da una fossa (K9801) situata nei pressi dell’angolo sud-orientale del perimetro interno del parco funerario del Primo Imperatore. Lo scavo parziale ha rivelato che ripartizioni interne suddividono la struttura ipogea in corridoi all’interno dei quali erano custodite centocinquanta corazze e una cinquantina di elmi costituiti da centinaia di tessere di pietra calcarea combusta cucite insieme con filo di metallo. La K9801 ha restituito anche un gruppo di placche trapezoidali molto più grandi appartenenti all’armatura di un caval-lo: quest’ultimo ritrovamento è sensazionale, poiché pri-ma del 1998 si riteneva che la bardatura catafratta fosse stata trasmessa alla Cina dai popoli nomadi delle steppe orientali dopo la dissoluzione dell’impero Han, mentre questa scoperta anticipa di molti secoli l’impiego della ca-tafratta per cavalli. Come mostrano le sculture dell’eser-cito di terracotta, i soldati Qin erano spesso protetti da armature di vario genere, fatte però di tessere di cuoio, più leggere e flessibili di quelle litiche: le corazze di pie-tra emerse dalla fossa K9801 pesano infatti circa 18 kg e comunque sarebbero state troppo fragili. Ciò significa che tali armature non erano destinate a veri soldati, ma forse ad alcune delle tante statue fittili sepolte nel parco funerario. L’elmo è particolarmente interessante perché, al contrario delle corazze, non compare mai nell’equipag-giamento in dotazione ai soldati di terracotta.

263. Spada

Bronzo, lunghezza 93,5 cm Dinastia Qin

Rinvenuta nella fossa n. 1, Lintong, Xi’an (Shaanxi) Museo dei Guerrieri e dei Cavalli di Terracotta dell’Imperatore Qin Shi Huang (Shaanxi)

264-265. Frecce e scocco di balestra

Bronzo; frecce: lunghezza 16,5-20 cm, scocco, lunghezza 16 cm

Dinastia Qin

Rinvenuta nella fossa n. 2, Lintong, Xi’an (Shaanxi) Museo dei Guerrieri e dei Cavalli di Terracotta dell’Imperatore Qin Shi Huang (Shaanxi)

266. Punta di mazza shu

Bronzo, lunghezza 10,6-12 cm Dinastia Qin

Rinvenuta nella fossa n. 1, Lintong, Xi’an (Shaanxi) Museo dei Guerrieri e dei Cavalli di Terracotta dell’Imperatore Qin Shi Huang (Shaanxi)

In origine i soldati dell’armata eterna brandivano vere armi, il ritrovamento delle quali ha fornito informazioni preziosissime sulle tipologie e sulle tecniche allora in uso. La balestra, di cui qui si può osservare lo scocco, era stata inventata nel meridionale regno di Chu nel periodo degli Stati Combattenti (453-221) ed era diventata l’arma mi-cidiale dell’esercito Qin: il corpo dei balestrieri, accurata-mente scelti e addestrati ad armare veloceaccurata-mente tirando la corda e mantenendo fermo l’arco con i piedi, nonché a tenere saldo il fusto al momento dello scocco per non deviare il dardo letale, era infatti il più temuto. Le fosse dell’esercito di terracotta hanno restituito circa diecimila frecce costituite da punta e stelo saldato in una seconda fusione; lo stelo, lungo circa 70 cm, era poi ri-vestito di bambù laccato di rosso. La faretra, contenente un centinaio di frecce, era legata ai due anelli che spes-so si notano sul dorspes-so dei spes-soldati dell’armata eterna. Le frecce sono in ottimo stato conservativo probabilmente in virtù della cromatura che gli armaioli Qin avevano già

scoperto: le analisi metallografiche effettuate su alcu-ni esemplari rivelano infatti la presenza di una piccola percentuale di cromo volontariamente aggiunta a rame, stagno e bronzo.

Le armi di forma cilindrica con la punta triangolare, de-nominate shu, sono punte di mazza, originariamente in-nestate su aste di legno a sezione circolare, lunghe circa 90 cm, tracce delle quali sono state rilevate al momen-to dello scavo. Esse erano in uso fin dalla dinastia Zhou (1045-221 a.C.) e molto probabilmente derivano da armi primitive, ma, non essendo letali, gli archeologi cinesi ri-tengono che in epoca Qin fossero ormai divenute armi cerimoniali, simbolo di rango, impiegate durante parate ufficiali. Sono emerse solo dalla fossa n. 3, interpretata come la sede della guardia scelta dell’esercito del Primo Imperatore.

Prima della dinastia Qin, la spada a lama lunga era riser-vata esclusivamente agli aristocratici, ma, come hanno te-stimoniato gli scavi archeologici presso il parco funerario di Qin Shi Huangdi, quest’ultimo aveva dotato parte del suo esercito di tale arma. Dalle indagini archeologiche si è anche dedotto che i militari la portavano a tracolla in un fodero di legno rivestito di garza laccata, di cui sono sopravvissuti alcuni resti.

La spada qui analizzata, tutt’ora perfettamente affilata e levigata, è caratterizzata da quattro fili di taglio e da una spina che corre lungo ciascuna delle due facce; sull’impu-gnatura sono visibili, ma non chiaramente leggibili a causa della marcata abrasione, motivi decorativi incisi.

267. Statuine raffiguranti guardie armate

Terracotta e pigmenti, h media 52 cm Dinastia Han Occidentale

Rinvenute nella tomba del Re di Chu a Beidongshan, Xuzhou (Jiangsu) Museo di Xuzhou (Jiangsu)

268. Statuina raffigurante un funzionario con tavoletta cerimoniale

Terracotta e pigmenti, h 52 cm Dinastia Han Occidentale

Rinvenuta nella tomba del Re di Chu a Beidongshan, Xuzhou (Jiangsu) Museo di Xuzhou (Jiangsu)

La pratica di seppellire statuine di terracotta o di legno in sostituzione di esseri umani si diffuse progressivamente sia al nord sia al sud a partire dal V secolo a.C. e fu man-tenuta anche durante la prima età imperiale.

Le prime cinque sculture di terracotta dipinta qui ana-lizzate provengono dalle nicchie scavate nel corridoio di una tomba a Beidongshan, nei pressi di Xuzhou nella provincia del Jiangsu. Quattro condividono la posizione, caratterizzata da mani chiuse e sovrapposte sul fianco destro, acconciatura con scriminatura centrale nascosta da una cuffia allacciata sotto al mento, abito composto da una lunga tunica con incrocio laterale, ampi panta-loni e calzature squadrate; sul lato sinistro è dipinta una lunga spada, mentre la posizione delle mani suggerisce che stringessero un’altra arma, realizzata in materia-le deperibimateria-le. Si può perciò dedurre che si trattasse di guardie armate. Se la postura è identica, il ceramista-pittore che le ha decorate si è evidentemente sforzato di individualizzarle nei volti, che mostrano caratteri ed espressioni diversi.

La quinta statuina è simile alle precedenti, cambia la posizione delle mani: conserte sul ventre e nascoste nel-le ampie maniche della veste, dove si nota un foro prati-cato per accogliere la tavoletta cerimoniale dalla quale si

desume il ruolo di funzionario rappresentato dalla scul-tura. Secondo gli archeologi cinesi, il funzionario era ar-mato di spada, inserita nel piccolo foro fra il fianco e il braccio sinistro.

269. Lasciapassare a forma di tigre

Bronzo e oro, lunghezza 19 cm, h 11,6 cm Dinastia Han Occidentale

Rinvenuta nella tomba del Re di Nanyue a Xianggang, Canton (Guangdong)

Museo del Re di Nanyue della Dinastia Han Occidentale (Canton, Guangdong)

La pratica di servirsi di lasciapassare sia in ambito civile sia militare risale al periodo precedente la fondazione dell’impero, quando il territorio cinese era dominato da numerosi regni e principati, spesso in lotta tra loro per la supremazia. I lasciapassare consentivano il tran-sito di convogli di funzionari o aristocratici che avevano necessità di viaggiare all’interno del proprio stato, ma anche in stati diversi e il regolare proseguimento delle carovane di mercanti che trasportavano le loro derrate di villaggio in villaggio, di città in città e talvolta persi-no di stato in stato. Esistevapersi-no due tipi di lasciapassare, uno per coloro che viaggiavano per via di terra, chiamati “lasciapassare per carri o carrozze” e un altro tipo per le vie d’acqua, fiumi e canali, che venivano chiamati per l’appunto “lasciapassare per barche”. Poi vi erano i la-sciapassare militari, che dovevano garantire non solo il transito di uomini e convogli, ma anche dei corrieri che portavano gli ordini dal quartier generale alle guarni-gioni poste in aree periferiche. I materiali impiegati per realizzarli erano i più vari, dal bambù al bronzo. L’esemplare in mostra, a forma di tigre, è particolarmen-te bello: il felino è rappresentato con la particolarmen-testa alta e le fau-ci spalancate, la schiena arcuata, il corpo contratto e le zampe raccolte come se avesse appena spiccato un gran-de balzo in avanti, trasmettendo l’impressione di dinami-smo e di vigore. Le striature sulla pelliccia dell’animale, ageminate in oro, rifiniscono e impreziosiscono l’oggetto. Su un fianco appare un’iscrizione che lo identifica come “lasciapassare per carri per ordine del re”.

270. Peso con inscrizioni

Bronzo, h 7 cm, ø base 5,2 cm, peso 250 g Dinastia Qin

Rinvenuto in una tomba a Shangyuanjia, Qin’an (Gansu)

Museo del Gansu

271. Peso con inscrizione

Bronzo e ferro, h 19 cm, ø base 25 cm, peso 31,6 kg Dinastia Qin

Rinvenuto in una tomba a Shangyuanjia, Qin’an (Gansu)

Museo del Gansu

Uno dei provvedimenti fondamentali, adottati dal Pri-mo Imperatore in seguito all’unificazione territoriale del paese, fu la standardizzazione di pesi, misure e valute (si veda catt. 272-290) per favorire gli scambi commerciali e riscuotere più agevolmente le tasse.

Il primo dei due pesi a forma di campana sfaccettata con piccola presa cilindrica reca due iscrizioni: la prima, datata ventiseiesimo anno di regno di Qin Shi Huandi, corrispondente al 221 a.C., anno di fondazione del primo impero, è l’editto con cui Qin Si Huangdi unificò le unità di misura dei pesi. La seconda, datata primo anno di

re-gno del Secondo Augusto Imperatore, cioè 209 a.C., è un editto imperiale emanato da quest’ultimo, che mantiene il sistema del suo predecessore, ma abolisce il riferimento a Qin Si Huangdi nelle iscrizioni. Il peso misura un jin di epoca Qin che corrisponde a 250 grammi.

Il secondo peso è di ferro, mentre l’iscrizione è incisa su una placca di bronzo “appesa” al manico ad arco. Il testo riporta un editto promulgato dal Secondo Augusto Im-peratore nel 209 a.C.

272. Moneta a forma di vanga con le estremità squadrate

Bronzo, lunghezza 4 cm, larghezza 2,7 cm, peso 5,76 g Periodo degli Stati Combattenti

Museo Nazionale di Numismatica (Pechino)

273. Moneta a forma di vanga con le estremità squadrate

Bronzo, lunghezza 6,7 cm, larghezza 4 cm, peso 29,9 g Periodo degli Stati Combattenti

Museo Nazionale di Numismatica (Pechino)

274. Moneta a forma di vanga con le estremità appuntite

Bronzo, lunghezza 14,2 cm, larghezza 6,5 cm, peso 34,29 g

Periodo degli Stati Combattenti

Museo Nazionale di Numismatica (Pechino)

275. Moneta a forma di coltello dello stato di Qi

Bronzo, lunghezza 18,3 cm, peso 48,17 g Periodo degli Stati Combattenti

Museo Nazionale di Numismatica (Pechino)

276. Moneta a forma di coltello dello stato di Yan

Bronzo, lunghezza 14,4 cm, larghezza 2 cm, peso 15,94 g

Periodo degli Stati Combattenti

Museo Nazionale di Numismatica (Pechino)

277. Moneta a forma di cauro dello stato di Chu

Bronzo, lunghezza 1,8 cm, larghezza 1,1 cm, peso 2,05 g Periodo degli Stati Combattenti

Museo Nazionale di Numismatica (Pechino)

278. Moneta a forma di cauro dello stato di Chu

Bronzo, lunghezza 1,7 cm, larghezza 1,1 cm, peso 1,79 g Periodo degli Stati Combattenti

Museo Nazionale di Numismatica (Pechino)

279. Moneta circolare con foro quadrato al centro

Bronzo, ø 3,1 cm, peso 7,33 g Periodo degli Stati Combattenti

Museo Nazionale di Numismatica (Pechino)

280. Moneta circolare con foro circolare al centro

Bronzo, ø 3,6 cm, peso 8,76 g Periodo degli Stati Combattenti

Museo Nazionale di Numismatica (Pechino)

281. Moneta da mezzo liang dello stato di Qin

Bronzo, ø 3,3 cm, peso 12,35 g Periodo Stati Combattenti

Museo Nazionale di Numismatica (Pechino)

282. Moneta da mezzo liang

Bronzo, ø 3,4 cm, peso 9,96 g Dinastia Qin

Museo Nazionale di Numismatica (Pechino)

283. Moneta da otto zhu

Bronzo, ø 3,1 cm, peso 4,75 g Dinastia Han Occidentale

Museo Nazionale di Numismatica (Pechino)

284. Moneta da quattro zhu

Bronzo, ø 2,4 cm, peso 2,4 g Dinastia Han Occidentale

Museo Nazionale di Numismatica (Pechino)

285. Moneta da cinque zhu

Bronzo, ø 2,55 cm, peso 3,56 g Dinastia Han Occidentale

Museo Nazionale di Numismatica (Pechino)

286. Moneta da cinque zhu

Bronzo, ø 2,6 cm, peso 3,68 g Dinastia Han Orientale

Museo Nazionale di Numismatica (Pechino)

287 Moneta rettangolare dello stato di Chu

Oro, lunghezza 2,1 cm, larghezza 1,6 cm, peso 18,73 g Periodo degli Stati Combattenti

Museo Nazionale di Numismatica (Pechino)

288. Moneta a forma di zoccolo di cavallo

Oro, h 4,7 cm, lunghezza 5,8 cm Dinastia Han Occidentale

Rinvenuta nella tomba M40 a Bajiaolang, Dingxian (Hebei)

Istituto di Archeologia dello Hebei

289. Moneta circolare

Oro, h 6,3 cm, peso 246,9 g Dinastia Han

Museo Nazionale di Numismatica (Pechino)

290. Moneta a forma di coltello

Bronzo e oro, lunghezza 7,35 cm, larghezza 2,85 cm, peso 31,28 g

Dinastia Xin

Museo Nazionale di Numismatica (Pechino)

291. Forziere

Terracotta invetriata, h 20,7 cm, lunghezza 27 cm, larghezza 19,8 cm

Dinastia Han Orientale

Trasferito dal Gruppo Operativo dei Beni Culturali di Sanmenxia (Henan)

Museo di Sanmenxia (Henan)

Durante la dinastia Zhou Orientale (770-221 a.C.) circo-lavano in Cina quattro tipologie di monete: quelle cosid-dette “a coltello” e “a vanga”, dal nome degli utensili dai quali derivavano la loro sagoma, quelle circolari e, infine, quelle tipo cauri – queste ultime definite yibi in cinese, che alla lettera significa “naso di formica”. In base alle caratteristiche morfologiche, i denari a coltello e a vanga sono oggi ulteriormente classificati in “moneta a vanga con le estremità appuntite”, “moneta a vanga con le estre-mità squadrate”, “moneta a vanga con il piede arcuato” e così via. Quelle a coltello si distinguono per la punta curva, tipica dell’antico stato di Qi (nell’attuale provincia dello Shandong), o dritta, caratteristica dello stato di Yan (nell’attuale provincia dello Hebei), ma anche in questo caso le classificazioni moderne sono molto dettagliate. Le iscrizioni che compaiono sui vari tagli si riferiscono di solito al luogo di provenienza e al peso.

Nella prima metà del IV secolo a.C., comparvero le monete circolari e nel 336 a.C. lo stato di Qin ne creò una da

mez-dello Yunnan, abitata da popolazioni di etnia non han (ci-nese), e governata dal regno di Dian fino alla colonizza-zione cinese avvenuta nel 109 a.C. Gli archeologi hanno riportato alla luce alcune necropoli aristocratiche che hanno restituito un’ingente quantità di reperti sorprendenti per la loro eccellente qualità e raffinatezza. Fra questi occu-pa una posizione preminente il tamburo, apoccu-parentemente al centro della vita religiosa e sociale di Dian. Quello qui esposto è sormontato da quattro figure stanti che indos-sano costumi, copricapi e ornamenti distinti, ma sempre molto elaborati; i corpi sono statici, ma dalla diversa posi-zione delle braccia e delle gambe si evince che raffigurano danzatori durante una cerimonia rituale.

Oltre ai tamburi, un’altra tipologia ritrovata di frequente nelle sepolture di Dian, e perciò centrale a quella cultura, è il contenitore per cauri, questi ultimi utilizzati come mo-neta negli scambi commerciali e sepolti a migliaia proprio all’interno di tali recipienti. Spesso il contenitore assume la forma di un tamburo, singolo o doppio, mentre il coperchio ospita una scena narrativa tridimensionale. Sul primo reci-piente, intorno ad un alto manico, un personaggio impor-tante, contraddistinto dalla superficie dorata e dal parasole che lo sovrasta, è condotto in una portantina preceduto da due uomini a cavallo, fra una folla di persone intente in varie attività: alcuni seminano, altri commerciano, uno porta sulla testa una fascina di legna, un altro regge fra le mani un’urna, un altro un cesto, un altro ancora dei tessuti.

Una scena più semplice, ma altrettanto dinamica abbelli-sce il coperchio del secondo recipiente, a forma di doppio tamburo: si tratta di una battuta di caccia, in cui compare un cavaliere dorato accompagnato da un uomo a cavallo e uno a piedi fra due cervi, un felino e una lepre; il tema della caccia è richiamato da quattro cervi e altrettanti bu-fali in altorilievo distribuiti intorno al contenitore. Il quarto recipiente è invece ornato da una scena tutta al femminile: una donna rivestita d’oro, inginocchiata su un grande tamburo, protetta da un parasole simile a quello che sovrasta il personaggio nella portantina sull’esemplare precedente, domina un gruppo di donne intente a filare e tessere, un’attività evidentemente importante per i Dian, fonte probabilmente di grandi guadagni.

Come dimostrano questi reperti, la cultura Dian possede-va caratteri ben distinti da quelli Han, con questa predi-lezione per la narrazione, contrassegnata da un avanzato senso realistico e del movimento.

306. Ornamento da cintura con decoro di cammelli

Bronzo, lunghezza 9,8 cm Dinastia Han

Rinvenuto in una tomba Xiongnu a Daodunzi, Tongxin (Ningxia)

Istituto di Archeologia del Ningxia

307. Ornamento da cintura con decoro di buoi

Bronzo, lunghezza 14,9 cm Dinastia Han Occidentale

Rinvenuto in una tomba a Xichagou, Xifeng (Liaoning) Museo del Liaoning

308. Ornamento da cintura con decoro di cavalli

Bronzo, lunghezza 12,2 cm Dinastia Han

Rinvenuto in una tomba Xiongnu a Daodunzi, Tongxin (Ningxia)

Istituto di Archeologia del Ningxia

309. Ornamento da cintura con decoro di draghi

Bronzo, lunghezza 12,2 cm Dinastia Han

Rinvenuta nella tomba M3 a Mawangdui, Changsha (Hunan)

Museo dello Hunan

La cartina dipinta su legno è la più antica mappa finora scoperta in Cina. Essa risale alla fine del periodo degli Stati Combattenti (453-221 a.C.) e proviene da una lo-calità nel regno di Qin, destinato, di lì a poco, a fondare

Nel documento I DUE IMPERI L’AQUILA E IL DRAGONE (pagine 25-44)

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