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La fenomenologia dell’organismo

3. Il fenomeno organico come confutazione al dualismo

3.3 La scissione della realtà in sé e mondo

Hans Jonas giustifica la sua esplicita negatività nei confronti del con- cetto di “anima” nel contesto del “dualismo metafisico” sostenendo che, i 117

caratteri attribuiti ad essa sono esagerati in termini di “vita interiore”. E an- che nel caso della rilevanza spirituale, e di “incommensurabilità” in compa- razione ad ogni altra cosa presente in natura. Ecco come egli teorizza il pro- cesso storico del passaggio dal monismo al dualismo:

La fatale divisione, che si acuì fino al punto che le parti divise non avevano più nulla in co- mune, definì da allora in poi entrambi gli esseri proprio attraverso questa reciproca esclusio- ne. L'uno è quello che l'altro non è. Mentre l'anima ritraentesi attirò a sé tutta l'importanza spirituale e la dignità metafisica, concentrando questa, come pure se stessa, nel suo più inti- mo essere, il mondo fu spogliato completamente da tali pretese: dapprima decisamente de- monizzato, alla fine divenne in un modo o nell'altro indifferente rispetto al problema del va- lore in generale.118

Il resoconto jonasiano, al contrario, considera la realtà ancora come un

continuum organico, in quanto Jonas non privilegia una dimensione a sca119 -

Ogni concezione del mondo fondata su un’essenziale dualità di principi, e contrapposta quindi al monismo. Il

117

termine ha cominciato a entrare nell’uso soltanto agli inizi del sec. XXVIII (compare per la prima volta come latino moderno, dualismus, nell’opera Historia religionis veterum Persarum di Th. Hyd, del 1700), ma la storia dei sistemi dualistici può farsi risalire fino alla più remota antichità. Trasferito sul piano metafisico e filosofico, questo d. ha la sua più caratteristica incarnazione nel platonismo, per la contrapposizione dell’eterna e perfetta realtà dell’“essere ideale” all’imperfezione del «non essere» con cui esso variamente si compone nella realtà terrena; sopravvive poi anche nella contrapposizione aristotelica della «forma» alla «materia», e quindi nell’ari- stotelismo della teologia scolastica. Nella filosofia moderna e contemporanea il termine dualismo è stato utiliz- zato per esprimere innumerevoli altre forme di contrapposizione, da quella cartesiana fra res cogitans e res ex-

tensa, a quella kantiana fra «fenomeno» e «noumeno», fino all’opposizione fra «apparenza» e «realtà» in Brad- ley, fra «intuizione» e «concetto» in Bergson, fra religione e scienza in James; sul piano metodologico, per esprimere la contrapposizione fra scienze dello spirito e scienze della natura, tra struttura e sovrastruttura nella sociologia marxista, tra inconscio e coscienza in psicanalisi, tra tautologia e verificazione empirica nella logica, tra sincronia e diacronia in linguistica e nello strutturalismo antropologico ed epistemologico.

H. Jonas, Organismus und Freiheit, p. 22.

118

«Quindi riguardo alla singola particella l’osservabile costante presenza nel continuum è l’unico senso opera

119 -

zionale di “identità”, e la traiettoria osservata è la sua completa verificazione. Dal suo modo di permanenza iner- te non risulta alcuna esplicita pretesa di un principio interiore d’identità, come ad esempio la storicità che ricorda o l’impulso anticipatore alla continuazione di “sé”. E, senza traccia di un esser minacciata nella sua esistenza, non sussiste alcun motivo di dotare il suo durare di interiorità conativa». Nota di Hans Jonas, Ivi, p. 115.

pito dell'altra. Nella teoria gnostica l'apice del dualismo si mostra con l'equa- zione soma-sema, citata nel capitolo precedente, che innanzitutto fu rivolta solo all'uomo, per poi ampliarsi a carattere generale dell'universo fisico. Cosa intende esprimere Jonas usando questo termine? Il termine soma-sema riduce il mondo ad essere «tomba dell’anima o dello spirito, di quell’estranea inclu- sione in ciò che altrimenti è senza rapporto con la vita» . Tant’è che Jonas 120

osa dire che in fondo la mentalità, nella posizione del “materialismo moder- no”, non è affatto cambiata, con la sola particolarità che «la tomba nel frat- tempo si è svuotata» . Quando assume che la “tomba”, ovvero il mondo, 121

sia stato svuotato, il problema consiste nel fatto che ciò che nel mondo era ritenuto “sostanza spirituale” viene a mancare. Con lo svuotamento spirituale della natura il mondo moderno si affida ad un “dualismo defunto”, nel quale la dicotomia tra «realtà in sé e mondo, essere interiore ed esteriore, spirito e natura» si ampia così tanto da trionfare sul monismo, e da essere in grado 122

di preparare il terreno per i successivi post-dualismi. Come Paolo Becchi so- stiene nel suo commento alla lettura di Jonas, dalla critica del dualismo gno- stico in Organismus und Freiheit si passa alla critica del dualismo moderno, rappresentato dalla scissione cartesiana della realtà in una res extensa e in una res cogitans. Infatti,

da Cartesio a Husserl è questo il paradigma filosofico che si è affermato e con esso la filoso- fia ha abdicato alla natura richiudendosi nel regno dello spirito. Contro questo dualismo resi- stente, che pur nelle differenze sembra polarizzare l’intero pensiero occidentale, si rivolge Jonas nel suo tentativo di recuperare la natura alla considerazione filosofica. 123

Non bisogna però cadere nella tentazione di credere, che lo stesso Jo- nas sembra affermare, che egli sia totalmente isolato nel suo tentativo di re- cupero di una filosofia della natura e che anzi, segue una lunga tradizione di autori, forse non così noti, «come Plessner, Collingwood, Thure von Uexkull,

H. Jonas, Tecnica, medicina ed etica. Prassi del principio responsabilità, Einaudi, 1997 Torino, p. 34.

120

Ivi, p. 38

121

Ibidem.

122

Testo riportato dalla presentazione a cura di Paolo Becchi in H. Jonas, Organismus und Freiheit, p. 5.

ma anche il Lowith della Critica dell’esistenza storica e il Marcuse di Eros e

Civiltà» . E forse lo stesso panorama filosofico è124 meno critico nei confronti della considerazione della natura, e della materia organica, rispetto a quanto Jonas vuole comunicarci. Bisogna tenere presente che egli sceglie accurata- mente una scia delle riflessioni scatenate dal dualismo, ad esempio le conse- guenze che nascono dal pensiero di Cartesio. Ma l’approccio alla realtà as- sunto dalla teoria cartesiana, che sminuisce la natura nel suo «irrigidimento meccanico-qualitativo» , non è la sola linea di pensiero, anche se forse si 125

dovrebbe ammettere che essa ha avuto più influenza nelle moderne scienze naturali. L’altra linea di pensiero, quella seguita invece da Jonas, e la cui ori- gine possiamo attribuire alla concezione di tipo aristotelico, si evolve in for- me concettuali diverse «nel fulcro teoretico dell’idealismo tedesco, da Schel- ling a Leibniz» , per citarne solo alcuni. 126

3.4 Il paradosso della vita

Per Jonas il dualismo si definisce per essere un passaggio da uno stadio all’altro, più che lo stadio finale della tradizione occidentale. Infatti, egli cre- de che in seguito al dualismo abbia prevalso un monismo, ma tutt’altro tipo rispetto al precedente:

Se il monismo era la prima grande correzione dell’unilateralità monistico-animistica, il mo- nismo materialistico rimasto come suo residuo è il non meno unilaterale trionfo totale dell’e- sperienza della morte su quella della vita. […] Tanto più si scontra con la nuova regola del- l’universo il resto insoluto dell’organismo, che sembra opporsi anch’esso all’alternativa dua- listica, ma anche all’alternativa dualismo-monismo. 127

Il monismo materialistico che egli lamenta abbia trionfato, fa anch’esso parte di un’“ontologia della morte”. Il risultato, come vedremo, sarà che, ciò che rimane osservabile della vita, ovvero il residuo di ciò che era la “vita universale” si ritrova in niente di più in ciò che noi chiamiamo “organismo”.

Ibidem.

124

H. Jonas, Tecnica, medicina ed etica. Prassi del principio responsabilità, Einaudi, 1997 Torino, p. 40.

125

Ibidem.

126

H. Jonas, Organismus und Freiheit, p. 25.

Ma proprio nella nudità del nuovo monismo da cui la vita universale era stata bandita e che nessun polo trascendente integrava più, la particolare vita finita poté essere esaminata nella sua identità, ora metafisicamente espatriata, e apprezzata secondo il proprio metro, dopo es- sere stata così a lungo misurata secondo un metro differente. […] Lo sguardo di ciò che è peculiare della vita, appartenente solo ad essa, è divenuto più attento nella misura in cui, ritraendosi dalla diffusione animistica e dall’ampiezza della tensione dualistica, si è ristretto, nella misura in cui quindi il posto della vita nell’essere si è ridotto al caso particolare dell’or- ganismo nel suo condizionante ambiente terreno. Ciò che è condizionante, che rende possibi- le la vita in questo ambiente e dal canto suo un improbabile caso dell’universo estraneo alla vita e alle sue indifferenti leggi materiali. 128

Per quanto riguarda il dualismo, anche se oltrepassato, esso rimane uno dei momenti più significativi della storia del pensiero e il suo peso è incan- cellabile anche quando viene superato con questo nuovo monismo. Nono- stante questo passaggio da dualismo a monismo, la problematica della scien- za moderna non accenna a volersi risolvere, ovvero: «l’esistenza della vita sensibile in un mondo della materia insensibile, che nella morte trionfa su di essa» . Inoltre la concezione predominante di questo nuovo monismo mate129 -

rialistico si diramano due possibilità, le quali si separano in “materialismo moderno” e in “idealismo moderno”. Il punto focale di entrambe queste pro- spettive è di dare particolare rilevanza, se non addirittura possiamo dire una supremazia ontologica, solo ad una sfaccettatura della realtà integrale. Ciò crea una contraddizione intrinseca in entrambe le ideologie, in quando un elemento, o una sfera della realtà viene assoggettata o ridotta all’altra. Infatti, Jonas ci dice che «nel caso del materialismo questo fallimento avviene in re- lazione alla coscienza, nel caso dell’idealismo in relazione alla cosa in sé» . 130

Nel mero corpo ora è stretto tutto il nodo dell’essere, e nessuna delle dirama- zioni di questo monismo materialistico, materialismo e idealismo, è in grado di risolvere il “mistero” della vita. Jonas chiude il suo ragionamento con «la vita è tanto oggettivamente tanto enigmatica come il mondo» . 131

Il corpo organico designa quindi la crisi latente di ogni ontologia conosciuta e il criterio «di ogni ontologia futura, che potrà presentarsi come scienza». […] Il corpo vivente e che può H. Jonas, Organismus und Freiheit, p. 22.

128

H. Jonas, Sull’orlo dell’abisso, p. 45.

129

H. Jonas, Organismus und Freiheit, p. 24.

130

Ibidem.

morire, che ha il mondo e appartiene come parte anch’esso al mondo, che può essere sentito e sente, la cui forma esterna è organismo e causalità e la cui forma interna è essere sé e fina- lità: è il memento dell’ancora irrisolto interrogativo dell’ontologia su cosa sia l’essere, e deve essere il canone dei futuri tentativi di soluzione che si approssimano, andando oltre alle loro astrazioni particolari, al fondamento nascosto della loro unita e che al di la delle alternative devono quindi di nuovo perseguire un monismo integrale a un livello superiore. 132

Il percorso intrapreso in questo capitolo segue le osservazioni poste da Hans Jonas in riferimento a in che senso si intende quando si parla del pro- blema della vita e con esso quello del corpo come questioni fondamentali della discussione ontologica. Quando si parla di vita in questo contesto, si intende “vita materiale”, che si riferisce a “corpo vivente”, il quale a sua vol- ta assume le connotazioni di “essere organico”. Per questo diciamo che il nodo da districare nella discussione ontologica gira intorno al corpo organico. La crisi ontologica nasce primariamente nel accadere della morte per l’orga- nismo, che si manifesta come “l’antitesi della vita” e non-più-vita, la «cui incessante pressione sul pensiero distrusse il primitivo pan-vitalismo e pro- voco la scissione dell’immagine dell’essere» . In seguito la crisi si produce 133

anche nell’unita che lo stesso organismo manifesta nel suo essere portatore di vita, un’unita che mette in crisi la materialismo e l’idealismo, ma anche lo stesso dualismo che sta alla fonte degli ultimi, o meglio come indicata da Jo- nas, una “bi-unita”. Cosa Jonas intende per bi-unita dell’organismo vivente? Egli interpreta questa caratteristica essenziale dell’organismo come la sua irrinunciabilità ad essere allo stesso tempo “parte estesa” ed “interiorità”. L’organismo, partendo da queste caratteristiche, si può descrivere come «una dimensione esterna della propria spazialità interna» . Ciò che manca alle 134

possibili ontologie realizzate che hanno tentato di risolvere dato problema, dice Jonas, è che esse, per quanto possano rendersi utili nella comprensione della realtà, in questo caso specifico non sono abbastanza. E se non sono ab- bastanza, come abbiamo accennato prima, è perché rimarcano solo una linea della realtà, mentre per risolvere l’enigma dell’organismo vivente, si dovreb-

H. Jonas, Organismus und Freiheit, p. 26.

132

Ibidem.

133

Ibidem.

be ricorrere «alla totalità dell’ontologia» . Nel ripercorrere la discussione 135

ontologica al riguardo egli non ha tralasciato nemmeno di considerare l’in- fluenza dell’animismo, vale a dire il monismo pan-vitalistico della preistoria. La fase in seguito che si rileva decisiva e che travalica le precedenti conce- zioni si configura con il dualismo, tanto che Jonas ne parla in questo modo: «è stato comunque la svolta più carica di conseguenze nella storia dell’inter- pretazione umana dell’essere e del sé» . E sarà proprio «sotto il suo lungo 136

dominio il problema posto dal paradosso della vita ottenne la sua più netta articolazione antitetica e venne lasciato in eredita nella sua forma più incon- ciliabile» . Un paradosso quindi che per Jonas non può essere risolto ne dal 137

materialismo, ne dall’idealismo. Egli accetta pero, di dare un certo vantaggio al materialismo sull’idealismo come «luogo d’incontro del problema» , 138

dato che esso pone il suddetto in modo più “ineludibile”. Il “pensatore” che vede il mondo dalla concezione materialistica, inoltre, non è altrettanto “cor- ruttibile” come quello idealista. Questo accade, poiché il pensatore materiali- sta

guarda negli occhi la propria negazione; ma poiché al contempo rappresenta in ciò che fa pensando esso stesso il caso, a cui il suo pensiero nega spazio, egli qui corre meno il rischio di dimenticare un lato della questione di colui che segue l’idealismo, il quale con il primato del pensiero ha preso fin da principio partito. 139