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Da alcuni anni la comunità scientifica è concorde nell’indicare lo stress ossidativo come uno dei principali responsabili delle più incidenti patologie del nostro tempo. Le patologie cardiovascolari sono la principale causa di morte nei paesi industrializzati, numerosi studi hanno evidenziato un ruolo di primaria importanza dello stress ossidativo nello sviluppo di numerose fra queste patologie quali danno da ischemia e riperfusione, aterosclerosi e cardiotossicità indotta da composti chimici (Kang, 2003; Molavi et al., 2004). In questo contesto la somministrazione di composti antiossidanti esogeni ha mostrato grande efficacia nel contrastare i danni indotti dallo stress ossidativo in modelli animali (Molavi et al., 2004; Lefer et al., 2000). Tuttavia, l’utilizzo di antiossidanti esogeni ha portato a risultati contrastanti sia in studi sull’uomo sia su animali, dovuti principalmente alle limitazioni legate all’impiego di tali composti (Molavi et al., 2004; Kris-Etherton et al., 2004). Infatti, l’utilizzo di antiossidanti esogeni per proteggere dallo stress ossidativo presenta alcuni svantaggi tra cui una limitata permeabilità cellulare, una scarsa biodisponibilità, così come la comparsa di effetti avversi associati a tali composti che possono contribuire a rendere gli antiossidanti esogeni inefficaci nel contrastare i danni cardiovascolari causati da stress ossidativo (Witting et al., 2000; Kris-Etherton et al., 2004).

A tal proposito una promettente strategia, finalizzata alla protezione nei confronti di tali patologie, può essere attuata attraverso l’up-regolazione di antiossidanti endogeni e l’incremento di attività degli enzimi detossificanti di fase 2 nelle cellule cardiache, utilizzando induttori chimici. In particolare, grande interesse è rivolto all’identificazione di induttori di fase 2 presenti nelle piante commestibili poiché sono già parte della dieta.

Gli ITC sono metaboliti secondari derivanti dall’idrolisi dei glucosinolati, una classe di composti presente nei vegetali della famiglia delle Brassicaeae. In particolare SF, il prodotto metabolico della glucorafanina, è contenuto in broccoli, cavolini di Brussels e cavoli.

Questi composti hanno ricevuto una crescente attenzione in virtù delle loro attività biologie. Ad essi, infatti, sono state attribuite una gamma di importanti proprietà farmacologiche, tra le quali attività antinfiammatoria e chemiopreventiva. Studi epidemiologici effettuati in USA (Ambrosone et al., 2004, Wang et al., 2004), Europa (Brennan et al., 2005), (London et al., 2000) e Singapore (Seow et al., 2002, Zhao et al., 2001) hanno infatti dimostrato gli effetti protettivi derivanti dal consumo delle Brassicaceae, come la diminuzione del rischio di tumore alla prostata (Joseph et al., 2004), ai polmoni (Wang et al., 2004), al seno (Ambrosone et al., 2004), al colon e al retto (Seow et al., 2002).

Molti degli effetti biologici esercitati dagli ITC sono stati attribuiti alla capacità di modificare lo stato redox della cellula modulando l’espressione di enzimi detossificanti di fase 2 e modificando i livelli di GSH, agendo cioè da antiossidanti indiretti.

Alla luce di quanto detto, scopo della ricerca riportata in questa tesi è stato valutare l’induzione degli enzimi detossificanti/antiossidanti nella cellula cardiaca da parte di SF ed il suo potenziale effetto protettivo nei confronti del danno indotto da stress ossidativo.

Come modello di studio sono state utilizzate colture primarie di cardiomiociti neonatali di ratto. Le cellule sono state supplementate con SF 5 µM per tempi differenti: 6, 12, 24 e 48 ore.

Sono stati valutati gli effetti di SF sull’attività e l’espressione dei principali enzimi detossificanti di fase 2 quali GST, GR, GPx, TR e NQO1, sull’attività dei principali enzimi antiossidanti quali SOD e CAT ed stato valutato il livello di GSH intracellulare. Infine, per verificare se l’incremento di attività degli enzimi detossificanti/antiossidanti presi in considerazione determinasse una maggiore resistenza della cellula allo stress ossidativo causato dal perossido di idrogeno (H2O2), sono state

valutate la produzione di ROS e la vitalità cellulare.

Alla luce dei risultati ottenuti durante la prima fase del progetto sul modello in vitro di cardiomiociti,

ulteriore scopo della ricerca effettuata è stato quello di valutare se il trattamento con SF sia in grado di esercitare una funzione protettiva nei confronti dello stress ossidativo indotto dall’esercizio fisico acuto ad esaurimento in un modello in vivo.

Sebbene l’esercizio fisico sia stato riconosciuto essere una componente fondamentale di un sano stile di vita, permette infatti di prevenire l’insorgenza e contrastare la progressione di numerose patologie, esistono casi in cui l’esercizio può rappresentare una fonte di stress in grado di aggravare il quadro ossidativo di un soggetto. Quando l’attività motoria è troppo intensa, oltre al rischio di lesioni muscolari e tendinee si può verificare uno squilibrio nel bilancio redox dell’organismo portando così a perdere tutti i potenziali effetti benefici dell’attività fisica e all’esposizione a tutti i rischi collegati ad un’elevata produzione di ROS.

Molti soggetti credendo di condurre un corretto stile di vita svolgono, saltuariamente e senza un corretto allenamento, attività fisiche intense e molto prolungate, senza considerare che in questo modo si espongono agli effetti deleteri dell’attività acuta ad esaurimento. È ormai noto che l’esercizio fisico acuto ad esaurimento causa una significativa produzione di ROS, instaurando uno stato di stress ossidativo che può indurre effetti negativi sulla salute e il benessere generale. Infatti, è stato osservato un incremento di diversi biomarcatori dello stress ossidativo dopo uno sforzo acuto e breve (Cuevas et al., 2005), dopo un esercizio ad esaurimento sulla lunga distanza, così come in esercizi di resistenza (Almar et al., 2002) in soggetti allenati e non. È stato osservato anche un incremento dei marker di stress ossidativo in roditori dopo un esercizio esaustivo (Alonso et al., 2006).

Come modello di studio sono stati utilizzati ratti Wistar adulti. Gli animali sono stati trattati con SF 25 mg/kg p.c. e sottoposti ad una sessione acuta di esercizio fisico ad esaurimento. Sono stati valutati gli effetti di SF sull’attività dei principali enzimi detossificanti di fase 2 quali GST, GR, GPx, TR e NQO1 e su alcuni dei principali enzimi antiossidanti primari come SOD e CAT, in campioni di tessuto muscolare ottenuti dopo sacrificio degli animali. Infine, per verificare se il trattamento con SF determinasse una maggiore resistenza dei tessuti allo stress indotto dall’esercizio è stata valutata l’attività dell’enzima lattico deidrogenasi (LDH) nel plasma.

Capitolo 6 Materiali e metodi