Oggi, l'industria casearia è considerata la più grande fonte di acque reflue nell’ambito dell’industria agro-alimentare. I reflui sono composti dal latte, dall'acqua utilizzata nelle operazioni di pulizia, sanificazione, riscaldamento, raffreddamento, lavaggio dei pavimenti e dal siero di latte. I volumi sono variabili, e generalmente sono tre volte il volume di latte lavorato, mentre la concentrazione di sostanza organica, è compresa nel range 0,8-7,0
gCOD l-1 (Britz et al., 2006). I reflui caseari richiedono, quindi, trattamenti appropriati (Direttiva UE 2000/60/CE) per soddisfare gli standard di scarico degli effluenti e ridurre il rischio dei problemi ambientali quali l'eutrofizzazione in fiumi, laghi e acque costiere. Gli impianti tradizionali di depurazione per il trattamento di reflui lattiero-caseari si basano principalmente sul sistema aerobico a fanghi attivi con processi che coinvolgono il metabolismo aerobico microbico di grassi, lattosio e proteine. Il trattamento anaerobico può, infatti, essere inibito dalla presenza di grassi che causano una bassa resa nella rimozione dei nutrienti (Vidal et al., 2000) ed, al tempo stesso, è generalmente considerato più adatto per alti carichi organici come, ad esempio, gli effluenti che includono elevate aliquote di siero di latte (Britz et al., 2006; Kushwaha et al., 2011). Il sistema a fanghi attivi consiste in un complesso ecosistema microbico costituito dalla popolazione dei protozoi e la comunità batterica che rimuovono le sostanze organiche e nutrienti dai reflui (Metcalf & Eddy, 2003 ;Seviour & Nilsen, 2010). La comunità batterica agisce in maniera diretta accrescendosi grazie al consumo del substrato inquinante, i protozoi intervengono sia in maniera diretta che indiretta nel processo di depurazione. In maniera diretta, consumando il substrato inquinante (Akpor et al., 2007, 2008) e predando i batteri dispersi nel mixed liquor la cui presenza nell’effluente finale può causare l’aumento di COD e BOD (Nicolau et al., 2001; Madoni, 2002); in maniera indiretta, regolando, mediante l’attività di predazione, i processi della biomassa batterica. Per ottenere un sistema performante è fondamentale quindi che vi siano le condizioni adatte per permettere lo sviluppo di un fango attivo con caratteristiche che favoriscono la presenza dei protozoi, in particolare dei ciliati sessili e mobili. E’ importante quindi il monitoraggio dell'abbondanza dei protozoi e della diversità come indicatore dello stato del sistema a fanghi attivi; questo è tecnicamente possibile, essendo rapida l’identificazione diretta delle specie in base al loro comportamento e morfologia (Seviour & Nielsen, 2010). A questo proposito, Madoni (1994b) ha introdotto un indice oggettivo, l'Indice Biotico del Fango (SBI), in base alla presenza e l'abbondanza di alcuni gruppi protozoi chiave che fornisce un valore numerico
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che consente all'operatore di controllare le prevalenti condizioni operative dell'impianto e prestazioni su base giornaliera. Negli ultimi dieci anni, diversi studi hanno avuto lo scopo di dimostrare l’applicabilità della SBI, come uno strumento di monitoraggio utile per valutare la salute fanghi impiegando diverse tipologie di impianti di depurazione e / o acque di scarico con presenza di sostanze tossiche (ad esempio, cromo VI, rame, fenolo e cianuro) (Papadimitriou et al., 2007;. Drzewickia & Kulikowska, 2011). Anche se la maggior parte degli studi ha evidenziato una correlazione diretta tra SBI elevati e buone performance del sistema di trattamento, l'indice non sembra essere sempre affidabile (Arévalo et al., 2009;. Drzewickia & Kulikowska, 2011).
Inoltre, nonostante l'importanza della comunità batterica negli impianti a fanghi attivi, le informazioni sul loro ruolo ecologico nei sistemi di trattamento delle acque reflue è abbastanza limitato. Le tecniche microbiologiche convenzionali, basate sull’approccio coltura-dipendenti, si sono infatti dimostrate insufficienti, perché i batteri coltivabili rappresentano solo una piccola parte di tutta la comunità presente in questo complesso ecosistema. Al contrario, i metodi molecolari basati sulla reazione a catena della polimerasi (PCR) mediante amplificazione di geni codificanti RNA ribosomiale (rRNA 16S), permettono di ottenere un profilo della comunità batterica sulla base della diversità della sequenze, evitando le distorsioni associate alla coltura in laboratorio. Tra i metodi di fingerprinting genetico, l’analisi dei geni 16S rRNA mediante elettroforesi su gel in gradiente denaturante (DGGE), permette la visualizzazione diretta e rapida nel confronto della struttura delle comunità batteriche, dimostrandosi utile nelle indagini sull'ecologia microbica dei fanghi attivi (Sanz & Kochling, 2007). Lo scopo di questo lavoro è stato quello di testare l’applicabilità di un sistema aerobico con tre reattori a cascata per il trattamento di reflui caseari. Infatti, a parità di volume complessivo del sistema, i reattori a cascata possono conseguire un efficacia di trattamento maggiore rispetto ad un singolo reattore completamente miscelato, o anche assicurare una capacità depurativa più elevata (Metcalf & Eddy, 2003). Oltre alla valutazione della performance dell’impianto si è studiata la struttura della popolazione dei protozoi e della comunità batterica nei tre reattori e la loro dinamica nel tempo. Si è cercato inoltre di approfondire le relazioni che intercorrono tra i due grandi gruppi microbici che costituiscono il cuore dei sistemi a fanghi attivi. Sono stati, inoltre, approfonditi i rapporti tra le performance di degradazione ed il microbiota nel fango attivo. In questo contesto è opportuno notare che, per quanto a nostra conoscenza, non sono mai stati riportati studi sul monitoraggio e studio combinato delle due popolazioni (batterica e dei protozoi) del
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fango attivo al fine di valutare le possibili relazioni tra queste comunità microbiche e le performance del sistema.
L’ultima parte dello studio riguarda l’impatto dei cicli di aerazione sulle perfomance ed il microbiota. L’utilizzo di un trattamento impiegando l’intermittente aerazione dei reattori in cascata con cicli alternati, fase anossica/anaerobica e fase aerobica; è stato dimostrato infatti essere l’approccio tecnologico migliore per la rimozione di carbonio, azoto e fosforo (Gutierrez et al, 2007; Kushwaha et al, 2011). Quindi, un oculato controllo del regime di aerazione rappresenta un aspetto fondamentale se si considera che una fase anaerobica prolungata può portare ad un decremento nelle performance, mentre un aerazione prolungata si può tradurre in un aliquota di ossigeno superiore a quello necessario che può causare destabilizzazione dei fanghi e costi superiori per il consumo energetico delle soffianti ed i costi di manutenzione (Britz et al, 2006).
Il capitolo “Risultati e Discussione” del presente lavoro di tesi verrà quindi articolato in 4 parti: nella prima parte verranno evidenziate le rese di rimozione sui parametri chimici da parte del sistema di trattamento con tre reattori a cascata. Nella seconda parte verrà analizzata la struttura della comunità batterica e la popolazione dei protozoi nei reattori, la loro evoluzione nel tempo ed i rapporti tra i cinque gruppi (ciliati mobili, ciliati sessili, ciliati natanti, tecamebe e flagellati) di protozoi del fango attivo. Nella terza parte saranno prese in considerazioni le interazioni tra il microbiota del fango attivo e le performance di rimozione dell’impianto. L’ultima parte riguarderà il comportamento dell’impianto, dal punto di vista delle performance e delle variazioni nel microbiota, al variare del quantitativo di ossigeno fornito.
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