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Le sempre più pressanti problematiche legate all’inquinamento ambientale e la crescente attenzione da parte dell’opinione pubblica verso queste tematiche hanno fatto sì che, negli ultimi anni, si sia assistito a un marcato incremento nella richiesta di materiali biodegradabili e alla loro conseguente diffusione in numerosi e diversificati settori d’impiego.

In questo contesto, gli imballaggi alimentari biodegradabili stanno acquisendo sempre maggiore importanza, poiché il crescente aumento della potenza produttiva di questo settore (legato all’utilizzo sempre più diffuso di cibi preconfezionati), il breve tempo di vita dei prodotti e la possibile contaminazione biologica del materiale causano barriere sia di tipo tecnico che economico, rendendo difficile la gestione e il riciclo di rifiuti plastici tradizionali.

Lo sviluppo di nuovi polimeri che soddisfino requisiti di degradabilità, compatibilità con l’ambiente di smaltimento e rilascio di prodotti di degradazione con un basso livello di tossicità, oltre che possedere proprietà fisico-meccaniche adatte per l’applicazione richiesta, offre una possibile soluzione a tali questioni, ad oggi irrisolte.

Tra i polimeri biodegradabili, i poliesteri alifatici sintetici sono una delle classi più competitive, in quanto combinano a costi delle materie prime relativamente contenuti, biodegradabilità e caratteristiche chimico-fisiche di interesse commerciale (Tserki et al., 2006; Mitrus et al., 2009).

Tra questi ultimi, il poli(butilene 1,4-cicloesandicarbossilato) (PBCE) è un polimero di grande interesse poiché contiene nell’unità monomerica un anello alifatico, la cui stereochimica influenza fortemente le proprietà finali del materiale. In particolare, lo stereoisomero trans presenta una più spiccata tendenza a cristallizzare, conferendo alla catena una maggiore simmetria rispetto alla forma cis (Berti et al., 2008a; 2008b). La presenza dell’anello alifatico conferisce al materiale un alto punto di fusione, una stabilità termica elevata, interessanti proprietà meccaniche e, al contempo, garantisce il mantenimento della biodegradabilità (Berti et al., 2010). Inoltre, come riportato in

letteratura (Berti et al., 2008a), i poliesteri contenenti l’anello alifatico sono caratterizzati da buona resistenza a calore, luce e umidità.

Figura 2.1 Struttura del poli(butilene 1,4-cicloesandicarbossilato)

Per contro, l’eccessiva rigidità e la bassa velocità di biodegradazione lo rendono poco versatile e ne limitano notevolmente la gamma di possibili applicazioni. In quest’ottica, la copolimerizzazione è senza dubbio lo strumento più interessante per modulare e migliorare le proprietà del PBCE, senza andare a detrimento di quelle già soddisfacenti. Mediante copolimerizzazione è, infatti, possibile ottenere una nuova classe di polimeri con un’ampia gamma di proprietà, modulabili in base alla quantità e alla distribuzione delle unità comonomeriche lungo la catena macromolecolare. Risulta dunque di cruciale importanza uno studio accurato e approfondito delle proprietà allo stato solido dei materiali sintetizzati, al fine di ottenere correlazioni proprietà-struttura che permettano il design di polimeri con caratteristiche ad hoc per le applicazioni desiderate.

Una strategia di copolimerizzazione molto impiegata, anche a livello industriale, è rappresentata dalla miscelazione reattiva (o reactive blending). Tramite questa strategia, mescolando due o più omopolimeri allo stato fuso in presenza di un opportuno catalizzatore, è possibile ottenere copolimeri con diversa architettura molecolare. Tale approccio risulta particolarmente vantaggioso sia per la sua economicità che per la completa assenza di solventi; inoltre, semplicemente variando il tempo di mescolamento, è possibile modulare la lunghezza dei blocchi, fino all’ottenimento di copolimeri con struttura statistica.

Il presente lavoro di ricerca si è, dunque, focalizzato sulla sintesi e sulla caratterizzazione di nuovi poliesteri e copoliesteri alifatici a base di PBCE, tramite policondensazione (per l’ottenimento degli omopolimeri) e miscelazione reattiva (per la sintesi di copolimeri a blocchi e statistici).

Al fine di ridurre la rigidità e i tempi di degradazione del PBCE, si è scelto di introdurre lungo la sua catena principale atomi di ossigeno o zolfo e di realizzare copolimeri a composizione fissa (50% molare dei due omopolimeri di partenza), ma con diversa architettura molecolare (lunghezza dei blocchi variabile).

Il gruppo di ricerca presso il quale è stata svolta la presente Tesi vanta, infatti, una notevole esperienza circa la modifica di poliesteri alifatici e/o aromatici tramite introduzione di eteroatomi in catena. Come riportato in letteratura (Gigli et al., 2012; Lotti et al., 2002), si è infatti notato che tale modifica può avere diversi effetti sulle proprietà allo stato solido del materiale:

 la temperatura di transizione vetrosa (Tg) può:

 diminuire, poiché la catena polimerica diventa più flessibile;

 aumentare, a causa dello sviluppo di forti interazioni intercatena.

Generalmente, il primo effetto prevale se gli eteroatomi vengono introdotti lungo la catena polimerica di un polimero rigido.

 il punto di fusione e la tendenza a cristallizzare diminuiscono, a causa di una riduzione della simmetria della catena;

 l’idrofilicità superficiale aumenta, poiché la maggiore elettronegatività degli atomi di ossigeno e zolfo, rispetto a quelli di carbonio, comporta la formazione di legami C-O e C-S con polarità maggiore rispetto al C-C.

L’entità della variazione nelle proprietà finali del materiale, rispetto all’omopolimero di riferimento, risulta funzione della natura chimica dell’eteroatomo introdotto. In particolare:

 le maggiori dimensioni degli atomi di zolfo, rispetto a quelli di ossigeno, e la conseguente maggiore lunghezza dei legami C-S, rispetto ai legami C-O, comportano l’ottenimento di catene più flessibili e con una più spiccata tendenza a cristallizzare;

 la minore elettronegatività degli atomi di zolfo, rispetto all’ossigeno, provoca la formazione di legami C-S meno polari e, dunque, una minore idrofilicità superficiale.

Un altro parametro che influenza significativamente le proprietà fisico-chimiche finali del materiale è la lunghezza dei blocchi: ad esempio, ci si aspetta che la velocità di

cristallizzazione, la quantità e la perfezione dei cristalli aumentino all’aumentare della lunghezza dei blocchi cristallizzabili.

L’attività di ricerca qui illustrata è stata interamente svolta presso i laboratori LAMAC del Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali (DICAM) dell’Università di Bologna e si è articolata nelle seguenti fasi:

 ricerca bibliografica, al fine di esaminare i più recenti sviluppi sull’argomento in oggetto;

 sintesi degli omopolimeri PBCE, poli(dietilenglicole 1,4-cicloesandicarbossilato) (PDGCE) e poli(tiodietilenglicole 1,4-cicloesandicarbossilato) PTDGCE, mediante policondensazione in massa allo stato fuso;

 sintesi, mediante miscelazione reattiva, di due serie di copolimeri a blocchi, contenenti atomi di ossigeno (P(BCEXDGCEX)) o zolfo (P(BCEXTDGCEX)), dove x

indica la lunghezza dei blocchi di ciascuna unità comonomerica;

 caratterizzazione molecolare dei campioni sintetizzati, tramite risonanza magnetica nucleare (NMR) e cromatografia a permeazione su gel (GPC);

 caratterizzazione termica, mediante calorimetria differenziale a scansione (DSC), analisi termogravimentrica (TGA) e dinamico-meccanica (DMTA);

 analisi strutturale, mediante diffratometria a raggi X (WAXS) e misura di angolo di contatto (WCA);

 caratterizzazione meccanica dei film, tramite misure di trazione;

 studi di degradazione in compost;

 caratterizzazione dei film parzialmente degradati, mediante valutazione gravimetrica delle perdite di peso e microscopia elettronica a scansione (SEM);

 analisi delle proprietà barriera dei film polimerici rispetto a O2e CO2;

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