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Listeria monocytogenes, agente infettivo della listeriosi, è un

microrganismo che sebbene causi patologie caratterizzate da una modesta incidenza, ha un notevole impatto in Sanità Pubblica per l’elevata mortalità (20-30%) e l’alto tasso di ospedalizzazione (90%) che la caratterizzano. Le manifestazioni cliniche vanno da gastroenteriti autolimitanti in soggetti in buono stato di salute e senza fattori predisponenti, a meningiti, meningoencefaliti, sepsi, setticemie in gruppi a più elevato rischio come neonati, anziani e immunocompromessi, oltre a determinare aborti spontanei in donne in gravidanza o, in taluni casi essere causa di decessi. Le infezioni sub-cliniche come quelle gastroenteriche spesso non vengono segnalate e la listeriosi umana viene diagnosticata quasi esclusivamente nelle manifestazioni della forma invasiva, rendendo estremamente difficile la stima del reale impatto dell’infezione nella popolazione.

È una patologia trasmessa attraverso il consumo di alimenti, anche se molto spesso il nesso causale tra caso clinico e alimento è di difficile dimostrazione, per l'ampia oscillazione del periodo di incubazione (da 1 a 90 giorni), che non permette di risalire alla definizione del corretto modello epidemiologico dell’infezione. Per tali motivazioni, e visto che le manifestazioni cliniche sono spesso “sfumate” nella loro sintomatologia, è possibile che diversi casi sostenuti dal microrganismo non siano riconosciuti e, spesso, non esattamente diagnosticati. Tutto ciò si traduce in una possibile sottonotifica.

I prodotti alimentari maggiormente coinvolti, come sopra descritto, sono gli RTE, alimenti pronti al consumo che mostrano un rischio elevato in quanto rappresentano un substrato ideale per la crescita del microrganismo, con prolungata shelf-life a temperature di refrigerazione, confezionati senza un

Erica Mura

Strategie di sorveglianza attiva e networking per il controllo delle infezioni da Listeria monocytogenes Tesi di dottorato in Scienze biomediche

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trattamento per eliminare il microrganismo e consumati spesso senza cottura.

In Italia, come in Europa e Stati Uniti, la sorveglianza epidemiologica della listeriosi risulta essere ancora limitata, con prevalente interesse rivolto ai focolai.

Esiste, quindi, un ampio consenso sulla necessità di attivare programmi di sorveglianza della listeriosi invasiva e gastrointestinale attraverso una migliore comunicazione e reporting per l'analisi di casi clinici, alimenti e fonti ambientali.

Sulla base di tali premesse, la Sezione di Igiene e Medicina Preventiva del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Sassari, struttura appartenente, per le competenze assistenziali, all’U.O.C. di Igiene dell’Azienda Ospedaliero Universitaria, che già dal 2000 è stata individuata dalla Regione Sardegna come Laboratorio Regionale di riferimento nella rete di sorveglianza nazionale applicata alle meningiti batteriche, coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità, ha già da tempo avviato un articolato progetto di Ricerca, in collaborazione con la Sez. di Ispezione degli alimenti del Dipartimento di Veterinaria.

Il principale obiettivo del progetto di ricerca assegnatomi è stato quello di sorvegliare le infezioni sostenute da L. monocytogenes attraverso l’implementazione di un sistema di sorveglianza attiva ospedaliera e comunitaria allo scopo di descrivere le caratteristiche epidemiologiche dell’infezione nel territorio del Nord Sardegna e descrivere, da un punto di vista fenotipico e genotipico, i ceppi isolati dall’uomo, dagli alimenti e dall’ambiente.

In particolare gli obiettivi identificati sono stati:

− ottimizzare le procedure diagnostiche in atto in pazienti con manifestazioni cliniche riferibili a meningite e meningo-encefalite;

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− implementare la sorveglianza mediante la ricerca di L.

monocytogenes in pazienti immunodepressi con sintomatologia

gastro-intestinale ricoverati nei reparti di Malattie Infettive, Onco- ematologia dell’AOU di Sassari e in soggetti ospiti di una comunità di recupero del territorio del Nord Sardegna, molti dei quali sieropositivi per HIV.

sul versante ambientale:

- valutare il livello di contaminazione degli ambienti di produzione di alimenti prodotti e distribuiti presso strutture ospedaliere del territorio del Nord Sardegna, presso tre caseifici, uno dei quali ubicato presso una comunità di recupero di tossicodipendenti;

sul versante alimentale:

- attraverso il monitoraggio microbiologico dei a) pasti distribuiti da Ditte convenzionate nei reprti di ricovero, b) di prodotti RTE erogati da distributori automatici collocati presso le strutture ospedaliere, c) di alimenti RTE (formaggi, insalate di riso, prodotti di IV gamma, prodotti a base di carne cotti e prodotti ittici) disponibili in commercio presso punti vendita al dettaglio e d) prodotti lattiero- caseari, freschi, prodotti nei suddetti caseifici e una comunità di recupero di tossicodipendenti.

I ceppi di L. monocytogenes isolati dall’uomo, dagli alimenti e dagli ambienti di lavorazione, sono stati caratterizzati genotipicamente (PCR, PFGE, MLST) al fine di definire le possibili relazioni di clonalità tra i ceppi di origine umana, alimentare e ambientale e, successivamente, congelati al fine di disporre di una ceppoteca.

Inoltre, si è voluto valutare il pattern immunologico dei soggetti con malattia invasiva, al fine di verificare se fossero caratterizzati da una alterata responsività all’infezione, riconducibile ai principale elementi della

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immunità sopra descritti; questo al fine di spiegare la loro incapacità di rispondere positivamente all’infezione e approfondire le conoscenze circa la predisposizione di alcuni soggetti ad sviluppare malattia invasiva da L.

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