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Screening della risposta di diversi arbusti ornamentali allo spray marino 1 Presentazione della problematica

3. Obiettivi generali della ricerca

5.1. Screening della risposta di diversi arbusti ornamentali allo spray marino 1 Presentazione della problematica

Negli ecosistemi naturali, fattori abiotici (siccità, radiazioni elevate, calore e gelo, spray marino, salinità del suolo, carenza di nutrienti) o antropici (ozono, salinizzazione del suolo, NOx, SO2, metalli pesanti, tensioattivi) possono influenzare negativamente la crescita delle piante (Mereu et al., 2011).

Soprattutto negli ambienti costieri esse devono far fronte alla disponibilità di acque di diversa provenienza, come le acque piovane, quelle di irrigazione, lo stesso aerosol marino, e all’interazione delle diverse fonti idriche (Sternberg e Swart, 1987; Alessio et al., 2004). I rapporti fra le piante e le fonti idriche possono modificare la composizione delle piante stesse lungo le linee di costa (Touchette et al., 2009).

Lo spray marino rappresenta uno degli stress abiotici che ha un ruolo fondamentale nella composizione di diverse comunità di piante costiere (Griffiths e Orians, 2003). Diversi studi hanno dimostrato, infatti, che tale stress compromette

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il bilancio idrico della pianta (Munns, 1993), comporta una riduzione della crescita (Tominaga et al., 1991) e può provocare necrosi o abscissione fogliare (Karschon, 1958).

L’esposizione delle piante all’acqua con elevate concentrazioni di sale riduce o inibisce la loro crescita (Marcum, 2001; Qian et al., 2001; Belligno et al., 2002a e 2002b). La maggior parte degli studi sono, però, focalizzati sulla risposta delle piante all’irrigazione salina (Marcum, 2001; Belligno et al., 2002a e 2002b; Gulzar et al., 2003; Alshammary et al., 2004; Hunter e Wu, 2005; Marcum et al., 2005), mentre minore attenzione è stata rivolta alla risposta delle stesse all’esposizione all’aerosol marino in condizioni di irrigazione non salina.

È stato notato, infatti, che le piante sono in genere più sensibili al danno da sale per contatto diretto dell’acqua salina sulle foglie rispetto a quando la stessa è distribuita direttamente al suolo e alle radici (Lumis et al., 1973; Appleton et al., 1999). Raramente, però, è stata analizzata la relazione tra risposta al sale, quando l’acqua salina è applicata direttamente alle foglie e non distribuita nella porzione ipogea.

A tal proposito, in una prova condotta su diversi ecotipi di Agrostis stolonifera, è stato riscontrato come questi due fattori presentassero un andamento indipendente (Ashraf et al., 1986). In piante di Senecio elegans L. e Austrofestuca littoralis (Labill.) E.B. Alexeev è stata notata, infatti, una tolleranza alla salinità quando questa interessava l’apparato radicale, mentre si è osservata una sensibilità dell’apparato epigeo all’aerosol marino (Sykes e Wilson, 1988).

Un fattore che può influenzare la resistenza a tale stress è la tipologia fogliare. È stato notato, in piante di Agrostis stolonifera (Ahmad e Wainwright, 1976) e di Festuca rubra (Humphrey et al., 1986), che le caratteristiche di bagnabilità e la morfologia fogliare possono influenzare l’assorbimento di sodio, quando la pianta è raggiunta da spray marino.

È possibile affermare che la resistenza all’azione dell’aerosol sia il risultato delle caratteristiche delle strutture che proteggono la foglia che sono diverse fra le specie; in generale la capacità di resistere all’azione dell’aerosol stesso si incrementa all’aumentare dello spessore della cuticola (Bussotti et al., 1995a).

Anche se la cuticola protegge la foglia dagli agenti esterni, non può evitare completamente la penetrazione di ioni e i conseguenti stress osmotico e ionico.

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Le principali cause di danno, infatti, sono date dall’accumulo di sostanze nei tessuti fogliari (Bussotti et al., 1984; Guidi et al., 1988; Innamorati et al., 1989; Grossoni et al., 1990). I danni sono sempre associati ad un aumento delle differenze della pressione osmotica, che causa disidratazione o disseccamento dei tessuti e, ad elevate quantità di ioni specifici (Na+, Cl-), alterazione del bilancio nutritivo minerale (Hootman et al., 1994).

Queste sostanze tossiche sono assorbite attraverso gli stomi e la cuticola, causando deterioramento delle cuticole cerose e alterazione nelle pareti cellulari delle cellule di guardia (Sánchez-Blanco et al., 2004); ciò provoca l’alterazione dell’efficienza fotosintetica e degli scambi gassosi (Bussotti et al., 1997). Si induce, infatti, una diminuzione della conduttanza stomatica, della fotosintesi e dell’efficienza del fotosistema II (PSII) (Tezara et al., 2003). La diffusione di CO2 nel mesofillo è inoltre limitata e ciò può contribuire a una ulteriore generazione delle specie reattive dell’ossigeno (ROS), che possono provocare nella pianta danni irreversibili (Bowler et al., 1992; Parida e Das, 2005).

Da diversi studi è stato dimostrato che i principali sintomi riscontrati nelle foglie riguardano l’alterazione della colorazione, l’ispessimento della lamina fogliare, che può risultare coriacea (Longstreth e Nobel, 1979; Noland e Martens, 1982) e la presenza di necrosi e bruciature, soprattutto lungo i margini fogliari, per effetto dell’azione diretta dello ione sodio, accumulatosi nel mesofillo (Poliakoff- Mayber e Lerner, 1993). Inoltre, si possono presentare delle defogliazioni premature, il deperimento di gemme e steli, la riduzione della crescita dei germogli. Le piante più sensibili possono presentare anche alterazioni metaboliche, quali l’aumento della resistenza stomatica e della resistenza al movimento dell’acqua all’interno dei tessuti (Maas e Nieman, 1978; Adams e Ho, 1989).

Numerose specie legnose utilizzate lungo le alberature stradali, nelle aree ricreative pubbliche e parcheggi, sono selezionate spesso sulla base della loro qualità estetica (fiori, corteccia, frutti, colore dei fiori), mentre poche sono le informazioni sulla loro tolleranza allo spray salino sulle foglie (Percival, 2005).

D’altra parte la presenza di spazi a verde lungo le aree costiere ha determinato un notevole interesse nei confronti dell’individuazione di specie resistenti alla salinità (Wu e Dodge, 2005), soprattutto laddove è difficile reperire

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acqua per l’irrigazione per cui si fa ricorso ad acque reflue contenenti elevate concentrazioni di sodio e di cloruri (Jordan et al., 2001).

Il problema della salinità, soprattutto nell’ambito delle specie ornamentali, può essere controllato con una funzionale gestione dell’irrigazione e/o con l’individuazione di specie o cultivar meno influenzate dalla salinità (Torrecillas et al., 2003), soprattutto quando questa dipende dalla contiguità delle piante stesse con la linea di costa.

Tra i gruppi di piante di maggiore interesse per l’impiego in contesti ambientali difficili, gli arbusti ornamentali, in particolare quelli autoctoni, appaiono idonei per la loro rusticità e capacità di adattamento alle più diversificate condizioni ambientali, grazie alle particolari caratteristiche morfo-bio-fisiologiche (De Herralde et al., 1998; Sànchez-Blanco et al., 1998; Cabot e Travesa, 2000; Franco et al., 2001; Martìnez-Sànchez et al., 2003). Fra queste ultime possono essere ricordate la lignificazione più o meno rapida dei tessuti, l’alternanza tra periodi di vegetazione e periodi di riposo in base al decorso termo-udometrico e le variazioni di potenziale osmotico dei succhi cellulari (Morales et al., 2000; Franco et al., 2002; Clary et al., 2004).

La selezione di genotipi tolleranti è, però, onerosa a causa dell’ampia articolazione biologica, caratteristica delle piante ornamentali, e per la difficoltà di individuare parametri di facile determinazione idonei a definire la risposta della pianta stessa (Cramer et al., 1994; Wu et al., 2001a; Rodríguez et al., 2005; Wu e Dodge, 2005).

Un ampio numero di specie, infatti, può potenzialmente essere utilizzato nella progettazione degli spazi a verde lungo l’area costiera, ma occorre ricordare come la loro tolleranza all’aerosol marino sia differente tra le specie (Elshatshat, 2010) e talvolta tra le diverse cultivar (Torrecillas et al., 2003).

La strategia di identificare piante più resistenti a stress abiotici, quale in questo caso l’aerosol marino, può essere utile per soddisfare la richiesta di specie utilizzate nelle aree turistiche, pubbliche e private, localizzate lungo le aree di costa, per decorare strade, aiuole, alberghi e case private (Ferrante et al., 2011).

In questo quadro si inserisce la presente prova che ha avuto come obiettivo quello di valutare, su 15 arbusti ornamentali largamente utilizzati

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nell’ambiente mediterraneo, gli effetti dell’aerosol marino sulla crescita e sul valore ornamentale delle piante stesse.

5.1.2. Materiali e metodi

La prova è stata condotta nel periodo di maggio-luglio 2012, in serra, presso il Vivaio “Piante Faro” su diversi arbusti ornamentali frequentemente utilizzati nell’ambiente mediterraneo (Tab. 5.1.1).

Il trapianto è stato effettuato nella prima decade di aprile in vasi di diametro 16 cm (2.7 L) su substrato analogo a quello utilizzato in azienda (60% torba, 20% pomice e argilla espansa, 10% terra, 10% letame equino maturo) e concimate con 2 g/l di Osmocote Plus (14:13:13 N,P,K + microelementi). L’irrigazione è stata effettuata, a cadenza giornaliera, mediante l’impiego di microerogatori a goccia dalla portata di 2 L h-1.

Le piante sono state sottoposte al trattamento con aerosol marino simulato per 8 settimane. Le tesi a confronto prevedevano la nebulizzazione sulla chioma di acqua distillata (controllo) e di acqua salina. Quest’ultima è stata ottenuta mediante la preparazione di una soluzione contenente: NaCl, Na2SO4, MgCl2, CaCl2 e KCl in concentrazione di 23.48, 3.92, 4.98, 1.10 e 0.66 g L-1 (Elshatshat, 2010).

La nebulizzazione, con acqua distillata o con acqua salina, è stata eseguita manualmente mediante pompe a spalla a cadenza bisettimanale. Per ogni trattamento le piante sono state nebulizzate fino a gocciolamento della chioma, previa protezione della base della pianta stessa con pacciamatura impermeabile, così da evitare il contatto del sale o dell’acqua distillata, utilizzata come controllo, con il substrato e quindi con l’apparato ipogeo.

All’inizio e alla fine della prova sono stati determinati: biomassa fresca e secca di radici, fusti e foglie, area fogliare, numero foglie, contenuto in clorofilla, contenuto in ioni Na+ e Cl- in foglie e radici.

Il contenuto in clorofilla è stato determinato per estrazione secondo la metodologia proposta da Moran e Porath (1980).

Il danno fogliare è stato determinato come percentuale della superficie delle foglie necrotizzata rispetto a quella totale.

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Le concentrazioni degli ioni Na+ e Cl- sono state determinate mediante cromatografia con l’utilizzo di un Dionex IC 25 Ion cromatografo.

Durante la prova sono stati monitorati i principali parametri microclimatici dell’ambiente, mediante un datalogger CR200 della Campbell Scientific. Nella media del periodo considerato la temperatura è risultata compresa tra 18.4°C e 27.4°C e l’umidità relativa tra 96.3 e 96.8% (Fig. 5.1.1).

Ogni 20 giorni sono stati determinati i seguenti parametri fisiologici: fotosintesi netta, conduttanza stomatica, tasso di traspirazione e fluorescenza della clorofilla a.

A fine prova è stato determinato il RWC su foglie completamente espanse. Lo schema sperimentale adottato è stato a blocchi randomizzati, con tre repliche di 20 piante ciascuna. L’analisi statistica è stata effettuata con CoStat 6.311 (CoHort Software, Monterey, CA, USA). I dati acquisiti sono stati sottoposti all’analisi della varianza (ANOVA), seguita da t-test (P0.05) per determinare le differenze tra il controllo e l’aerosol. Per la percentuale del danno alle foglie (Fig. 5.1.2) è stato effettuato il confronto fra tutti i genotipi allo studio tramite ANOVA ad una via, previa trasformazione in valori angolari. Le differenze tra le medie sono state determinate secondo il test di Student-Newman-Keuls (SNK) per P0.05.

5.1.3. Risultati

La risposta all’aerosol marino è apparsa differenziata fra le specie analizzate. La somministrazione della soluzione salina ha determinato riduzioni nella biomassa secca totale in numerosi genotipi (Tab. 5.1.2). Maggiori decurtazioni, rispetto al controllo, hanno accusato A. sellowiana (-47.2%), A. halimus (-37.9%), M. paniculata (-35.2%) e V. ‘Lucidum’ (-34.1%); nessuna variazione significativa è stata osservata, invece, per C. citrinus, C. macrocarpa, E. uniflora, P. myrtifolia, R. umbellata e V. tinus (Tab. 5.1.2). Tali differenze sono apparse legate soprattutto a variazioni nella porzione epigea. Le uniche variazioni significative a carico dell’apparato radicale sono state osservate in A. unedo e soprattutto in A. halimus, specie per la quale è stato rilevato più che un dimezzamento della biomassa dell’apparato radicale (Tab. 5.1.2). In ogni caso per nessuna delle specie, ad eccezione di A. halimus, sono state osservate differenze

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significative nel rapporto fra biomassa della porzione ipogea e quella totale (Tab. 5.1.2).

Le differenze nell’apparato epigeo sono apparse legate soprattutto alle variazioni dell’apparato fotosintetizzante che si è ridotto, rispetto al controllo, del 63.8% in V. tinus, del 59.4% in M. paniculata, del 47.3% in L. montevidensis e del 45.2% in V. ‘Lucidum’ (Tab. 5.1.3). La biomassa dello stelo è apparsa influenzata dalla somministrazione di aerosol salino in C. macrocarpa (-38.5%), A. sellowiana (-32.6%) e V. ‘Lucidum’ (-32.2%) (Tab. 5.1.3).

L’area fogliare ha mostrato riduzioni sensibili, maggiori del 50%, rispetto al controllo non trattato, in V. tinus (-62.7%), M. paniculata (-51.3%) e A. sellowiana (-49.9%) (Tab. 5.1.4).

Le variazioni osservate nel numero di foglie sono apparse in alcuni casi più ampie rispetto a quanto fatto registrare dall’area fogliare, come è il caso di L. montevidensis, P. lentiscus e C. citrinus, in cui si è osservata una riduzione significativa del numero di foglie, pari nell’ordine al 57.7, 48.5 e 27.2%, mentre nessuna differenza significativa era stata rilevata per l’area fogliare (Tab. 5.1.3). Ciò appare legato alle variazioni registrate nella superficie unitaria delle foglie che ha fatto registrare incrementi anche del 100% (dati non mostrati). Nessuna differenza è stata rilevata invece per lo SLA e quindi per lo spessore delle foglie stesse (Tab. 5.1.4).

Il contenuto in clorofilla si è ridotto, per effetto dell’aerosol marino, in alcune specie (A. unedo, A. halimus, C. citrinus, E. uniflora e V. tinus), non sempre coincidenti con quelle che avevano accusato le riduzioni più evidenti di biomassa e superficie fogliare (Tabb. 5.1.4 e 5.1.5). In V. ‘Lucidum’ è stato osservato un lieve incremento del contenuto di clorofilla per effetto dell’esposizione all’aerosol marino.

La percentuale di necrosi della superficie fogliare ha evidenziato differenze rilevanti fra le specie: essa ha raggiunto il valore massimo (circa il 30%) in V. tinus e il minimo (5%) in C. macrocarpa e R. umbellata (Fig. 5.1.2).

La concentrazione di Na+ nelle foglie, per effetto della somministrazione della soluzione salina, è apparsa più elevata, rispetto al controllo, in tutte le specie allo studio (Fig. 5.1.3); nell’apparato radicale il contenuto di questo ione è stato

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maggiore in A. sellowiana, E. uniflora, P. tobira, P. myrtifolia e R. umbellata (Fig. 5.1.4).

La concentrazione di Cl- è stata anch’essa più elevata nell’apparato epigeo di tutte le piante trattate con aerosol (Fig. 5.1.5), mentre nell’apparato radicale si è innalzata, rispetto al controllo, in C. macrocarpa, P. lentiscus, P. tobira e soprattutto in P. myrtifolia (Fig. 5.1.6).

I valori di RWC hanno manifestato variazioni di segno discorde (Fig. 5.1.7). In particolare, mentre in A. sellowiana, A. halimus, C. citrinus, C. macrocarpa, L. montevidensis, M. excelsa, M. paniculata, P. myrtifolia, V. tinus e V. ‘Lucidum’ si sono registrati valori più elevati nelle foglie della tesi testimone, in P. lentiscus e R. umbellata il valore più elevato si è osservato nelle foglie trattate con la soluzione salina.

La fotosintesi netta ha fatto registrare delle riduzioni per effetto della somministrazione dell’aerosol marino che sono apparse più accentuate in A. sellowiana, V. tinus e V. ‘Lucidum’ (Fig. 5.1.8).

Le variazioni nella conduttanza stomatica sono apparse concordi a quelle fatte registrare per la fotosintesi (Fig. 5.1.9); in un caso (Atriplex halimus) si è osservato un incremento del valore della conduttanza stomatica nelle piante stressate in corrispondenza del rilievo effettuato dopo 60 giorni dall’inizio della prova.

Il tasso di traspirazione è stato in genere più basso nelle tesi stressate e ha fatto registrare differenze significative per A. sellowiana, E. uniflora, R. umbellata e V. tinus (Fig. 5.1.10).

Nessuna differenza significativa è stata osservata nei valori della fluorescenza della clorofilla (Fig. 5.1.10).

5.1.4. Discussione

Le variazioni della biomassa e la sua distribuzione nelle diverse porzioni organografiche hanno espresso bene l’entità della risposta dei diversi genotipi all’azione dell’aerosol marino. La riduzione dell’accrescimento, in specie più sensibili, è tipica della risposta allo stress salino (Maas e Hoffman, 1977; Mahmood, 1998; Sánchez-Blanco et al., 2003), dovuta probabilmente ad un’inibizione della divisione cellulare (Singh e Chathath, 2001). In genere, ad

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eccezione di A. unedo ed A. halimus, dove si sono osservati decrementi per effetto della somministrazione dell’aerosol sia della biomassa aerea che di quella radicale, la riduzione della biomassa secca epigea è apparsa maggiore rispetto a quella ipogea (Blits et al., 1990). La prima risposta della pianta alla salinità è, infatti, un’inibizione della crescita fogliare tale da incrementare il rapporto porzione ipogea/epigea.

Nell’ambito della prova, però, non si è osservata una variazione significativa di tale rapporto in nessuno dei genotipi allo studio, ad eccezione di A. halimus, una specie alofita che, pur manifestando una riduzione sensibile dell’accrescimento complessivo, ha mantenuto, nella tesi che prevedeva l’esposizione all’aerosol marino, una maggiore quantità di biomassa nella porzione epigea rispetto all’ipogea.

L’assenza di variazione nell’accrescimento, osservata in numerose specie fra quelle allo studio, testimonia un qualche livello di tolleranza al sale (Sykes e Wilson, 1988; Greipsson et al., 1997).

L’esposizione continua allo stress può determinare una riduzione ulteriore dell’area fogliare per l’accumulo di ioni tossici a sfavore della produzione di carboidrati, accentuando così la differenza tra biomassa ipogea ed epigea (Munns e Termaat, 1986).

Nelle piante ornamentali, però, la risposta allo stress non può misurarsi solo in termini di crescita (Francois, 1982); essa, infatti, è spesso ancorata più all’aspetto visivo che alla riduzione del ritmo di crescita in condizioni di stress. Per questi motivi numerosi studiosi hanno valutato la risposta delle piante ornamentali allo stress mediante metodi visivi (Lumis et al., 1973; Wu et al., 2001b; Cassaniti et al., 2012).

Il fenomeno di necrosi è generalmente riconducibile all’accumulo di ioni Na+ e Cl- nelle foglie, fortemente tossici per la pianta (Karakas et al., 2000; Aktas et al., 2006). È stato dimostrato, infatti, che la tolleranza al sale è associata con la capacità della pianta stessa di limitare l’assorbimento fogliare di Cl- (Francois, 1982). In questo caso la modalità di somministrazione, direttamente sulle foglie, favorisce la penetrazione degli ioni che può avvenire sia per via stomatica (Greene e Bukavac, 1974) che cuticolare (Schönherr e Bauer, 1992); ciò causa il deterioramento delle cuticole cerose e l’alterazione nelle pareti delle cellule di

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guardia (Sánchez-Blanco et al., 2004), il che influenza negativamente l’efficienza della fotosintesi e degli scambi gassosi (Bussotti et al., 1997), con effetti negativi sulla biomassa.

Da rilevare, però, come il contenuto di Na+ e Cl- non sia apparso direttamente correlato (dati non mostrati) con la severità dei sintomi rilevati a carico delle foglie, come del resto già rilevato da altri autori (Polizzi, 1995; Sánchez-Blanco et al., 2004). In ogni caso la presenza di ioni nell’apparato radicale testimonia di meccanismi di assorbimento e traslocazione nella pianta di tali elementi che esercitano i loro effetti tossici sulla crescita.

Nel complesso gli arbusti allo studio hanno manifestato una buona tolleranza alla salinità, almeno per quanto riguarda la presenza di danni a carico delle foglie. Del resto si tratta di specie largamente diffuse in ambiente mediterraneo lungo le aree costiere, dove la frequenza di tale stress è elevata. Pur in assenza di mirate azioni di selezione, è indubbio che col tempo nella sistemazione di spazi a verde siano state privilegiate specie in grado di esprimere una elevata compatibilità con le condizioni ambientali (Cassaniti et al., 2010).

I valori dell’area fogliare hanno mostrato un andamento simile a quello registrato per la biomassa secca delle foglie, come attesta l’assenza di effetti sullo SLA. Tale andamento conferma che la prima risposta della pianta allo stress salino è la riduzione dell’area fogliare (Alarcón et al., 1999); questo è un tipico meccanismo di avoidance, messo in atto dalla pianta stessa proprio per sottrarsi all’eccessiva traspirazione in condizioni di stress idrico e salino (Blum, 1986).

Il numero di foglie nella maggior parte delle specie indagate è diminuito in presenza di aerosol marino. La perdita di foglie è un indicatore efficace di riduzione della produttività poiché la riduzione della superficie fotosintetizzante limita il rifornimento di carboidrati e, quindi, lo sviluppo della pianta stessa (Munns e Ternatt, 1986). L’abscissione delle foglie è anche un meccanismo comune nelle piante per ridurre la quantità di Na+ e Cl- nella porzione epigea, così come è stato riscontrato in Coleus blumei e Salvia splendens (Ibrahim et al., 1991).

In ogni caso le riduzioni del numero di foglie non sempre sono apparse sostanzialmente congruenti con quelle dell’area fogliare, suggerendo che il meccanismo di risposta sia connesso soprattutto alla caduta delle giovani foglie

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e/o alla non emissione delle stesse, con conseguenti variazioni dell’area fogliare unitaria.

Il contenuto in clorofilla non ha mostrato variazioni significative in alcune delle specie allo studio; ciò sembrerebbe attestare che queste piante siano rimaste in un buono stato vegetativo nonostante la somministrazione del sale tramite spray, come del resto è stato riscontrato da altri autori (Rodrigues et al., 2005). Nelle specie in cui si è osservata una riduzione significativa del pigmento, per effetto della somministrazione dell’aerosol, si è osservato un peggioramento dello stato vegetativo.

La riduzione della clorofilla è stata evidenziata su Catharanthus roseus sottoposto a stress salino (Jaleel et al., 2007). La distruzione della clorofilla stessa nelle foglie in presenza di NaCl è stata attribuita alla distruzione dei pigmenti clorofilliani e all’instabilità dei pigmenti stessi del complesso proteico (Levitt, 1980). Il fenomeno è stato anche collegato all’interferenza degli ioni salini con la sintesi ex novo delle proteine che rappresentano le componenti strutturali della clorofilla, più che alla degenerazione della clorofilla stessa (Jaleel et al., 2007).

In V. ‘Lucidum’, addirittura, si è avuto un incremento della presenza della clorofilla. È quest’ultimo un genotipo in cui si è osservata una netta differenza tra dati ponderali (che hanno subito evidenti riduzioni per effetto della somministrazione della soluzione salina) e parametri qualitativi delle caratteristiche delle foglie, che sono apparse immodificate per effetto del trattamento con aerosol, manifestando un colore più intenso e solo piccole superfici necrotiche.

La diversa risposta in termini RWC delle foglie può essere sempre