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I SCRIVERSI NEL LUOGO : USO DELLO SPAZIO E RELAZIONI SOCIALI IN UN ’ AREA COLLINARE

5.1 Introduzione

Nei capitoli precedenti ho cercato di descrivere il più vasto contesto sociale da me preso in esame. Le riflessioni che seguiranno derivano specificamente dall’attività di ricerca condotta in alcune contrade collinari del Baldo. Esse sono state scelte ed osservate non solo come “estensione territoriale” ma come spazio fisico e sociale vissuto dagli abitanti: molti affermavano di vivere nel luogo da diverse generazioni e di conoscersi l’un con l’altro. A partire dall’osservazione dell’uso dello spazio e dalle relazioni sociali si è tentato di esplorare il modo in cui i soggetti si legano ai posti in cui abitano, usano lo spazio circostante ed organizzano la loro vita sociale. Si focalizzerà l’attenzione su come i luoghi diventino significativi in relazione all’esperienza umana, tramite i sensi o le memorie (Tilley, 1994).

Numerosi studi mettono in luce che la memoria non è solo individuale, ma presenta sempre un risvolto collettivo: si costruisce nel corso delle interazioni, negli scambi d’informazione con i membri dei diversi gruppi dei quali facciamo parte (Halbwachs 1968). Tale processo costituisce una forza strutturale che aiuta le persone a classificare le relazioni, gli eventi ed i luoghi. Da questo punto di vista, i soggetti usano la memoria come un tramite per produrre delle narrative formali o informali, per dare forma o

riplasmare eventi, storie personali e, non ultimo, per (ri)-costruire e dare significato ai luoghi (Vardaki 2007: 50-1). A partire da un approccio fenomenologico si analizzerà la percezione e l’esperienza del luogo, tentando di connettere i luoghi all’immaginazione sociale, alle pratiche culturali, alla memoria, all’abitare e al movimento degli attori sociali (Feld & Basso 1996).102

5.2 Caratteristiche e composizione

L’indagine è stata condotta nell’area di Vilmezzano e nei nuclei limitrofi di Renzon e Campasso. Queste località fanno parte della Parrocchia di Pazzon e comprendono una popolazione di 179 abitanti, concentrata per la maggior parte nel paese di Vilmezzano.103

Seppur di dimensioni modeste questo paese è un polo di riferimento con una piazza e una chiesa. Esso costituisce un’antica frazione di Caprino sorta nelle prossimità della cosiddetta via dell’acqua “Bergola”, la quale ha favorito, fra gli inizi del 1600 e la fine dell’1800, numerosi molini da cereali, folli per la lana e magli idraulici.104 Agli inizi dell’Ottocento l’area di Vilmezzano comprendeva 235 abitanti, in gran parte piccoli coltivatori e mugnai.105 L’incremento dell’attività molitoria non ebbe però un lungo corso, riducendosi notevolmente nei primi decenni del Novecento.

Mentre tale attività perderà rilevanza, la terra e in particolar modo l’allevamento, rappresenteranno degli aspetti di continuità lungo il Novecento, anche se raramente costituiranno l’unica forma di entrata per le

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Lo studio dello spazio e del luogo in antropologia comprende varie prospettive che vanno da un approccio fenomenologico che enfatizza lo spazio vissuto e l’esperienza (Feld & Basso 1996), ad uno in cui tutte le spazializzazioni sono viste come espressione politica delle relazioni asimmetriche di potere (Keith & Pile 1993). Dal punto di vista fenomenologico il luogo può essere visto come una forma fondamentale d’incorporamento dell’esperienza da cui comprendere il flusso delle relazioni spaziali (Casey 1996).

103 La Parrocchia di Pazzon si divide in cinque località principali (Pazzon, Porcino, San

Martino, Vilmezzano, Braga), con una popolazione totale di 1000 abitanti circa. A questi paesi, sparsi fra la parte pianeggiante e montana, afferiscono a loro volta numerose località, tanto che la parrocchia comprende ben trentacinque diversi insediamenti, fra nuclei abitativi e case sparse.

104 In epoca medioevale, nell’ambito della Comunità di Caurin (Caprino) nasce quella di

Vilmezzano. Nel 1801 Napoleone accentra ogni potere territoriale e giuridico delle Comunità della Valle in quella maggiore di Caprino; organizzazione che permarrà anche sotto la dominazione austriaca (1815-1866) e con l’Unificazione nazionale (Marangoni, 1986).

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famiglie. La trama degli insediamenti ha una matrice essenzialmente rurale: le contrade sono sorte in corrispondenza alla disponibilità di aree coltivabili, dando luogo ad una disposizione lineare di abitati, a poca distanza l’uno dall’altro. Le frazioni sono situate in una fascia altimetrica che varia dai 450 ai 500 metri, a quattro chilometri circa dal paese di Caprino. In una posizione superire, tra i 550 ed i 900 metri di altezza, troviamo inoltre la contrada di Braga e le località di Braghizzola, Coalini, Vettor, Vezzane, Salzan, Binde, Moie, Valdegiara, Omenar, Pradonego.

Oggi la zona si connota come area di tipo residenziale in cui sono sostanzialmente assenti i servizi pubblici.106 Nel ricordo delle persone adulte questi luoghi erano più popolati e vivaci di adesso dal punto di vista delle attività agricole e sociali anche se, allo stesso tempo, sono descritte come luoghi poveri e chiusi, che hanno risentito del fenomeno dello spopolamento negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale.

Dagli inizi del Novecento ai giorni nostri gli abitati registrano l’effettiva diminuzione della popolazione. Il censimento del 1911 contava nel solo nucleo di Vilmezzano 199 abitanti, 63 in quello di Renzon; nel 1951 erano rispettivamente 147 e 74.

Fig. 19. Mappa di Vilmezzan, Catasto Austriaco 1848; Comune censuario Vilmezzan. Foglio 1. Fonte: Catalogo elettronico, Archivio di Stato Verona

106 Nell’area di Pazzon troviamo un paio di parrucchiere, un piccolo negozio di alimentari

nella frazione di Braga, un pizzeria al taglio (di recente apertura) ed un negozio di lampadari. Vi sono inoltre cinque ristoranti, con gastronomia “tipica” o “internazionale”, di medio - alto livello.

Nel 2008, le stime comunali riportano 124 abitanti a Vilmezzano, 42 a Renzon e 13 a Campasso.107 Nel complesso della sezione di Pazzon la diminuzione degli abitanti è più evidente. Nel 1911 essi erano 2.235, nel 1951 passano a 1.598, per arrivare ad una popolazione attuale di 1.000 abitanti circa.

Questo spopolamento è da collegare ad emigrazioni di breve, medio e lungo raggio: le prime hanno portato alcuni abitanti ad acquistare o ad affittare case nel paese di Caprino, nella vicina cittadina di Bussolengo o nella città di Verona (per le possibilità lavorative nel settore industriale e terziario); le seconde sono state di tipo interregionale e si sono dirette verso il mantovano ed il bresciano (emigrazioni di tipo agricolo), verso il Trentino (emigrazione di tipo artigianale, in particolare nell’edilizia e nell’industria estrattiva) e nelle città di Bergamo, Milano, Torino e Genova (emigrazione industriale). Infine, lungo il Novecento, alcuni abitanti emigrarono definitivamente negli Stati Uniti, nel Sud America e nel Nord Europa (Svizzera e Francia).

Nel complesso della dinamica comunale abbiamo visto come i fenomeni emigratori fossero stati compensati da quelli immigratori. Coloro che vivono da molti anni nelle contrade percepiscono però un cambiamento recente della popolazione, dovuto alla presenza di nuovi affittuari e proprietari di seconde case.108 Questi ultimi sono in prevalenza turisti provenienti da aree urbane del nord Italia e della Germania; 109 fra loro troviamo degli ex abitanti delle contrade o loro discendenti, che in alcuni casi sono venuti a risiedere in modo definitivo nel luogo oppure vi soggiornano per lunghi periodi, fra la primavera e la fine dell’estate. 110 Oggi la popolazione occupata per lo più si compone di operai e di artigiani, ma non molte persone sono dedite alle attività ricettive. Il livello di

107 Nell’abitato di Vilmezzano si registra una leggera discrepanza fra abitanti residenti e

presenti: il censimento da me condotto conta attualmente 102 abitanti.

108

Le case in affitto sono nove; quattro sono occupate da italiani e sei da residenti stranieri. Le seconde case sono invece sedici.

109 Già dai primi del Novecento vi erano villeggianti provenienti da aree urbane del

veronese che qui avevano una residenza estiva e/o proprietà. In questa specifica zona, le prime acquisizioni e ristrutturazioni di case ad opera di turisti germanici si ebbero invece agli inizi degli anni Novanta.

110 La loro emigrazione si è avuto fra gli anni Trenta e Ottanta. Le zone di destinazione

sono state le provincie di Mantova, Reggio Emilia, Bergamo, le città di Milano e di Torino. C’è chi si è trasferito nel paese di Caprino oppure in altri comuni vicini.

prosperità è collegato a questi impieghi, anche se non manca chi ha mantenuto o mantiene l’attività agricola come fonte integrativa.

Dagli anni Ottanta si registra una certa stabilizzazione numerica della popolazione e della sua struttura per età, dovuta anche alla disponibilità di lavoro stabile nel settore secondario e terziario e alla possibilità economica di ristrutturare vecchie abitazioni.

La composizione demografica delle contrade ci mostra che la maggior parte della popolazione si trova nella fascia compresa fra i 41 ed i 50 anni (17.4%), seguono le fasce fra i 21 ed i 30 anni (14%) e quelle fra i 51 ed i 60 anni (12.7%). Gli anziani oltre i 70 anni costituiscono l’11.4%, mentre la fascia meno rappresentata è quella dei bambini in età prescolare .

L’attuale situazione demografica è conforme a quella prevalente sul territorio comunale, in cui la classe d’età maggiormente presente è quella intermedia.111 La minor presenza di anziani nelle contrade è invece da collegarsi da un lato alla mortalità, e dall’altro, al trasferimento in età avanzata di alcuni presso i/le proprie figli/e.

La gran parte delle persone abita in case di proprietà, molto spesso ereditate. Chi è cresciuto nel luogo afferma di provenire da famiglie d’estrazione contadina e solo in un paio di casi da famiglie artigiane di falegnami o di calzolai.

Attualmente la gran parte della superficie agricola utilizzata è tenuta a prato. I terreni coltivati in genere si situano nella prossimità delle case e sono destinati alla coltura viticola ed olivicola, rispondendo in prevalenza al fabbisogno domestico. In larga parte le unità domestiche possiedono un orto, circondato da qualche albero da frutto: ciliegi, noci, fichi, peri etc. L’agricoltura non è in genere rivolta al mercato, ad eccezione del foraggio ricavato dai campi, propri o in affitto, situati sia nella zona collinare che montana. Circa il 50 % degli abitanti ha un appezzamento di terreno o dei boschi; molti hanno animali da cortile ma solo alcuni allevano mucche, pecore o capre. Queste ultime sono per lo più impiegate ai fini del mantenimento dei prati, impedendo che gli arbusti del bosco avanzino.

111 Nelle contrade la maggior presenza di questa fascia d’età è dovuta alla ristrutturazione

(anche recente) di case e alla presenza di affittuari che qui trovano prezzi più concorrenziali.

Nelle contrade permangono due piccoli allevamenti di ovi-caprini ed uno di bovini.112 Nessuno degli abitanti ha impiantato grosse stalle nella zona, come invece è accaduto ad esempio per alcuni fra gli abitanti della vicina contrada di Braga, ma alcune famiglie possiedono poche mucche (1-5 capi) per il consumo domestico di latte e carne. Fra i pensionati c’è una bassa presenza di coltivatori diretti ed allevatori a tempo pieno; per lo più essi erano operai o muratori che non hanno lasciato del tutto l’attività agricola. In questa zona, come in molte altre aree rurali venete è andata configurandosi sempre più, fra gli anni Sessanta e Settanta, la figura dell’agricoltore part-time, occupato nei settori industriali o nell’edilizia, ma che non abbandona del tutto l’attività agricola (Berni 1985: 149). Dal materiale orale che ho raccolto si evince che fu fondamentale il contributo del lavoro agricolo delle donne, le quali sostituivano i mariti, occupati nell’industria o nell’edilizia. Fra le pensionate troviamo così molte coltivatrici dirette, ma anche chi ha lavorato in fabbrica o a domicilio per la fabbrica “Cometti” e come inserviente od infermiera presso l’ospedale di Caprino. In numero minore le impiegate nel terzo settore o nella pubblica amministrazione.

Tab. 3. USO DELLA TERRA NELLE CONTRADE,2008

Possiede un orto proprio ? Si 40 No 7

Possiede campi, esclusi gli orti ? Si 20 No 27

I suoi campi sono gestiti da lei (a), in affitto ad altri (b)? (a) 17 (b) 3

Quale’è la superficie di terra/boschi posseduta ? < 1 ha: 16 1- 3 ha: 2 4-6 ha: 1 10 ha: 1 Vende prodotti agricoli come fieno (a), altro (b)? (a) 14 (b) 2

Possiede animali da cortile/d’allevamento ? Si 30 No 17

Che tipo di animali possiede ?

Galline: 30 Mucche: 10 Capre: 6 Pecore: 4 Cavalli: 2 Altro: 3

Fonte: indagine sul campo su un campione di 47 unità domestiche

112 Nel primo caso è una donna che gestisce un allevamento di quaranta capre, destinate alla

produzione di latte e al consumo pasquale di capretti, mentre nel secondo caso è un pensionato ad occuparsi di una stalla di circa venti capi. Vi è inoltre un altro signore, pensionato, che si occupa di un gregge di una trentina di pecore destinate al macello, anche per l’aumentata richiesta da parte di stranieri musulmani di questo tipo di carne. Nel circondario, fra le località di Braga e Pradonego, sono presenti tre grosse stalle.

Per quanto riguarda la struttura occupazionale attuale, la maggioranza degli uomini con un’età superiore ai 18 anni lavora come operaio specializzato. Vi sono degli artigiani (idraulici ed elettricisti), due piccoli imprenditori e alcuni impiegati nel settore pubblico e privato. Le donne con un’età superiore ai 45 anni, sono occupate part-time nel campo delle pulizie o della cura della persona presso la casa di riposo locale. In precedenza alcune di loro avevano lavorato come operaie nei calzaturifici o nelle fabbriche tessili della zona, smettendo in concomitanza del primo o del secondo figlio, oppure in seguito alla chiusura di queste aziende.

Le più giovani lavorano come impiegate nelle aziende del marmo, come geometri, chimiche presso un’industria di alimentari e parrucchiere. Da alcuni anni un paio di donne gestiscono un’attività agrituristica nelle loro case.

I livelli di scolarizzazione rientrano nella media comunale. La persone con un età superiore ai 58 anni, possiedono generalmente la quarta elementare o la licenza, anche se non mancano coloro che hanno conseguito il diploma di terza media o di scuola superiore. Gli uomini e le donne di età inferiore hanno più spesso un titolo di scuola superiore. Una maggiore percentuale di diplomati è presente nelle ultime generazioni anche se si riscontra la tendenza a non proseguire gli studi dopo la scuola dell’obbligo.113 I giovani in prevalenza si sono indirizzati verso gli istituti tecnici (nella maggior parte dei casi per geometri o per ragionieri) e professionali e in alcuni casi hanno scelto gli studi liceali. I laureati sono quattro: due ragazze fra le generazioni più giovani e due nelle generazioni più vecchie.

5.3 Paesaggio e cambiamento

Quando scelsi di lavorare in questa zona fui attratta dal suo paesaggio: prati verdi, intervallati da boschi, strade racchiuse da muri a secco ed un ampio panorama sul Lago di Garda e la zona pianeggiante.

113 Più della metà dei ragazzi censiti (7 su 13), di età compresa fra i 20 e i 30 anni, non ha

proseguito gli studi oppure ha abbandonato le scuole prima del conseguimento del diploma. Il Rapporto statistico Regione Veneto del 2008 mostra che nel Veneto l’89% dei ragazzi tra i 14 e 18 anni è iscritto ad una scuola superiore di secondo grado, mentre nella sola provincia di Verona la percentuale scende all’85%. Nella provincia si è però registrato un aumento del 3,7 % rispetto al 2003.

Fig. 20. L’area collinare. A sinistra, veduta da sud-ovest con la montagna sullo sfondo (foto M. Marangoni); a destra, veduta da nord con il lago sullo sfondo.

Quest’area corrispondeva all’immagine di un bell’ambiente rurale di alta collina. La mia percezione non coincideva però con quella dei miei interlocutori. Gli abitanti delle contrade, sia che fossero stati agricoltori o che non lo fossero mai stati, vedevano nell’ambiente circostante soprattutto i segni dell’abbandono, del mancato sviluppo agricolo e dell’allevamento.114 Ciò può essere illustrato dal seguente esempio:

Ad una festa estiva nel paese di Braga ho conosciuto Rosa, una donna di 41 anni. La signora è cresciuta nel paese ma ora vive con il marito e i figli nella vicina contrada di Renzon, dove gestisce un agriturismo. (…) Al momento di mangiare Rosa mi invita a sedermi nel tavolo con lei ed altri due signori, uno dei quali è il marito (47 anni, dipendente pubblico, ex agricoltore). Dopo poco, con una battuta ironica sulla mia giovane età e sull’anzianità del signore che avevo seduto di fronte, si aggiunge a noi un terzo uomo. Capisco che mentre gli altri due sono dei consiglieri comunali, il terzo è un signore che abita nel paese. I tre parlano della piazza e della possibilità di sistemare la pavimentazione. Il signore di Braga insiste sulla questione: “In ordine è più bella anche per i turisti ”. I due amministratori rispondono che non ci sono molti soldi, ma riusciranno sicuramente ad asfaltarla. Il signore di Braga dice: “Il ciottolato o le lastre di porfido sarebbero più belle!”.

114

Per Angioni (1993) la percezione che i contadini europei hanno del paesaggio non è legata ai canoni della sensibilità ecologica contemporanea ma, piuttosto, ciò che viene ammirato è il modo in cui il paesaggio è stato lavorato e se è utile all’uomo (Angioni 1993, in Lai 2000: 27-28). Le percezioni dell’ambiente sono strettamente legate alle modalità di adattamento ambientale, domesticamento, categorizzazione e percezione sensoriale del mondo della natura, che coinvolge non solo la vista ma anche l’odorato, il gusto, il tatto e l’udito (Lai 2000: 29).

L’amministratore: “Si, ma non ci sono soldi. Se Caprino fosse un comune turistico avrebbe più soldi, ma…”. Il signore di Braga: “Ma che cos’è Caprino? Non mi sembra né un comune agricolo né industriale. È un comune di banche!”. L’amministratore: “Sì, un comune di banche e di agenzie immobiliari! Ce ne è una ogni paio di metri”. Mi inserisco nel discorso dicendo che il posto è molto bello dal punto di vista paesaggistico con la presenza di vigneti e di altre attività agricole. Mi risponde uno degli amministratori: “Sì, ma in pianura. Qui è un’altra cosa. Qui una volta ognuno aveva un po’di vigne per fare il vino per sé. Ma l’uva non maturava bene e il vino era aceto. Sono terreni che non rendono”. I presenti non commentano. Si inserisce l’altro amministratore: “Anche le stalle. Ormai ci sono solo quelle due - tre grandi. Il fieno che raccogliamo non lo vuole più nessuno: le mucche si alimentano con i mangimi e bastano solo pochi chili di fieno per mucca, mentre una volta mangiavano solo quello”. Il marito di Rosa dice che anche il mercato di Caprino è cambiato: “Una volta era agricolo, adesso nella parte rimasta non ci va quasi più nessuno: non ce ne sono agricoltori!”. Parla poi di un mulino che si trova vicina a casa sua, acquistato da circa una quindicina d’anni da un signore tedesco che lo ha ristrutturato e lo utilizza come casa delle vacanze. Il mio interlocutore rimprovera all’attuale proprietario per aver chiamato erroneamente il luogo Valle del Lupo - la dicitura, scritta a mano, si trova sullo sportello di un contatore della luce posto all’inizio della strada – ed afferma: “In realtà si chiama Valle degli Opifici. Nel mulino fino al 1989 ci abitava il Gino, un uomo di 82 anni, che faceva funzionare il maglio. Sentivo che batteva il ferro anche alle due di notte. Poi ha venduto la casa ed è andato ad abitare a Caprino. E dopo un paio di anni è morto”.

Appunti di campo, giugno 2007

Le note riportate ci mostrano che la percezione dell’ambiente si compone di segni del passato e del presente, variamente discussi fra le persone. La località non è qualcosa di dato ma si costruisce nella socialità quotidiana della gente che vive nel luogo e che lo conosce (Rodman 1992); come ci mostra Kathleen Stewart, nel suo studio in un paese di ex minatori della West Virginia, il senso del luogo cresce con l’immaginario sociale – un

racconto sul luogo che si sviluppa nel tempo entro precisi modi di socialità e che danno alla località una tattile, significativa forza (Stewart 1996: 137). 115 Il paesaggio è utilizzato, non senza contraddizioni, come chiave mnemonica per descrivere il luogo ed i suoi abitanti.

Anche a Vilmezzano possiamo vedere che se, da un lato, i modi di vita tradizionali sono percepiti come minacciati, dall’altro sono enfatizzati (Tilley 2006: 12). Attraverso una codificazione delle attività e degli oggetti ritenuti caratteristici - l’allevamento, le coltivazioni, la raccolta del fieno, i mulini, la montagna, il mercato, la transumanza - il luogo acquista significato e valore agli occhi degli abitanti.

Per Abelès (1990) le società contemporanee non riescono a fare a meno di marcare lo spazio con il mito per fondere la loro memoria ed identità. Secondo Augè (1992), marcare lo spazio con dei “luoghi della memoria” è un atto che rivela, nell’età contemporanea, la volontà di conservazione di fronte al pericolo della “crisi d’identità” e “della perdita di senso delle istituzioni” (in Lai 2000: 47 ). Non sorprende che i membri di gruppi di

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