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IL CULTO DEI CADUTI IN GUERRA: MONUMENTI, PARCHI, SCUOLE

4. LA SCUOLA E LA MEMORIA DI GUERRA

Come abbiamo visto nel caso dei parchi della rimembranza, nel dopoguerra e durante tutto il ventennio fascista, la scuola, in particolare quella elementare, divenne una “sede di esposizione dei segni e dei cimeli della guerra”239. Attraverso cimeli e altarini votivi, aule dedicate a caduti più o meno illustri,

stesure di lettere ai parenti dei morti in guerra, la memoria della prima guerra mondiale – quella saldamente ufficializzata dal fascismo – si infiltrò così in un’istituzione chiave come la scuola, crescendo generazioni intere al suono di miti guerrieri.

Il percorso che stiamo tracciando è iniziato con i cimeli votivi sorti nelle piazze e divenuti presto monumenti di stato, in secondo luogo ha visto germogliare parchi simboleggianti i morti ed è ora approdato – seguendo le disposizioni in merito ai parchi della rimembranza – nelle scuole. Mi sembra che si tratti di un percorso che procede dall’esterno verso l’interno, cioè che, partito rivolgendosi ad una moltitudine generalizzata, si rivolga ora al singolo bambino, individualizzando così il ricordo di guerra Se, entro una certa misura e fino ad una certa altezza cronologica, era ancora possibile sfuggire dalla propaganda proveniente dalla monumentalizzazione delle piazze, magari auto-esiliandosi in una propria «casa in collina», reale o interiore, dal momento in cui tale messaggio si impossessò di un’istituzione obbligatoria come la scuola, direi che era diventato molto più difficile sottrarsi ad essa. In aggiunta

237 Per una sintesi sull’origine e l’importanza del crocifisso nelle aule scolastiche si veda Sergio Luzzatto, Il crocifisso di Stato,

Einaudi, Torino, 2011.

238 Manon Pignot, I bambini cit., in Audoin-Rouzeau, Becker, Gibelli (a cura di), La prima guerra mondiale cit., vol. II, p. 64. 239 Andrea Fava, La guerra a scuola. Propaganda, memoria, rito (1915-1940), in Leoni, Zadra (a cura di), La Grande Guerra cit., p.

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all’obbligatorietà della scuola, possiamo chiederci se l’influenza esercitata su bambini di sette anni sia stata più rapida e duratura di quella esercitata su adulti già in possesso di una propria visione del mondo, o se invece abbiano rielaborato e fatto proprio il messaggio in chiave personale e, magari, più fantasiosa.

Dai tardi anni Venti le «Cronache della vita scolastica» iniziarono a contenere annotazioni inerenti le visite effettuate dalle scolaresche presso tombe di «martiri» o monumenti ai caduti particolarmente importanti. Ritornava spesso, nella celebrazione delle morte all’interno delle aule scolastiche, la ripresa di temi attinti dal martirologio cristiano. Ai caduti del luogo, parenti o vicini di quegli stessi studenti, veniva in molte aule dedicato un altarino votivo posto alle cure dei bambini. Vi erano poi degli «oggetti sacri» – soprattutto fotografie o epigrafi dedicatorie – offerti alla memoria degli eroi nazionali – Cesare Battisti, Damiano Chiesa, Fabio Filzi240. I bambini vegliavano così sulla loro memoria e divenivano

inoltre veicolo, involontario il più delle volte, a livello familiare delle nuove memorie imposte dal regime. Infatti, possiamo immaginarci come, tornati a casa, i figli raccontassero ai genitori le belle lettere scritte nel corso della giornata scolastica alla madre di Battisti o il fatto che la «Signora maestra» avesse esortato a emulare quegli eroi nazionali che erano i caduti in guerra. In cambio di tutte queste attenzioni, i giovani italiani sapevano che i loro eroi avrebbero vegliato sulle loro vite quotidiane, aiutandoli a superare ogni difficoltà. Lo spirito241 dei caduti, infatti, veniva percepito come se fosse

presente tra i vivi e apportasse benefici concreti a quanti lo sapessero onorare nel modo giusto. Una bambina romana scriveva così alla madre di Fabio Filzi: “Non ò fatto neanche uno sbaglio [nella verifica] perché prima di rispondere pensavo al suo figliolo Fabio, perché mi avesse fatto dir bene”242.

Per farci un’idea di come doveva essere l’aula scolastica «ideale», leggiamo la relazione presentata da un’insegnante, Giulia Di Leo Catalano, al convegno dedicato a L’importanza delle suppellettili scolastiche

240 Si tratta di tre giovani irredentisti trentini fucilati dagli austriaci a Trento nell’estate 1916. Tutti e tre – accanto agli altri

protagonisti della Grande Guerra – avrebbero ricoperto un ruolo di primo piano all’interno di discorsi e cerimonie pubbliche promosse dal fascismo. Per maggiori informazioni biografiche rimando alle loro schede nell’Enciclopedia Treccani.

241 Dello spiritismo diffusosi in tutta Europa dopo la prima guerra mondiale come pratica per lenire e dare un significato al

lutto si è occupato dettagliatamente lo storico Jay Winter nel suo studio su Il lutto e la memoria cit., in particolare nel capitolo III (Lo spiritismo e la «generazione perduta»), pp. 83-115.

242 Citato in Gibelli, Culto degli eroi cit., in Janz, Klinkhammer (a cura di), La morte per la patria cit., p. 90. Per ulteriori

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nazionali e il valore educativo della propaganda muraria e cinematografica nella scuola, svoltosi il 4 e 5 luglio 1937 nel corso della Mostra nazionale delle Colonie Estive e dell’Assistenza all’infanzia di Roma:

“Questo angolo [dell’aula scolastica], che irraggerà la luce di fede e di speranza dalle braccia spalancate del Crocefisso, accoglierà, con i ritratti del Sovrano e del Duce, con la terga della Vittoria e la motivazione della medaglia d’oro al Milite Ignoto, anche un ricordo, una fotografia o una lettera incorniciata, o altro, del Caduto per la Patria o per la causa

della Rivoluzione, al quale s’intitolerà la nostra aula. I fiori freschi affidati alla cura dei fanciulli, la lampada votiva accesa in un

determinato giorno del mese, brevi didascalie illustrative, messe sulla parete nei giorni memorabili dedicati ai nostri grandi Morti, terranno desto l’interesse e l’amore degli alunni per questo che sarà l’angolo sacro della scuola”243.

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CAPITOLO III