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La scuola che verrà

Cambiamenti e continuità nell'ordinamento scolastico

pp. 128 - € 13,90 Su internet: www.erickson.it

STEFANO LECCHI. UN FOTOGRAFO E LA RE-PUBBLICA ROMANA DEL 1849, a cura di Maria Pia Critelli, pp. 168, €24,79, Retablo, Roma

2001

Chiunque si è occupato del Risor-gimento italiano o di storia della fotogra-fia dell'Ottocento ha avuto modo di incontrare il nome di Stefano Lec-chi, celeberri-mo quanto mi-sterioso autore delle fotografie riprese intor-no al Gianicolo nel luglio del 1849, subito dopo la cadu-ta della Repub-blica Romana. Non si conosco-no le idee politi-che del Lecchi, ma nell'ambien-te democratico e specialmen-te mazziniano queste sue fo-tografie sono state per lungo

tempo considerate la più limpida testimo-nianza dell'eroica difesa di Roma. In es-se risulta infatti inequivocabile tutta la violenza dei combattimenti che videro i repubblicani giunti da tutta Italia contrap-posti in modo assolutamente impari (per uomini e mezzi) ai soldati francesi venuti in soccorso del potere temporale del pa-pa. Per tutto l'Ottocento queste fotografie furono dunque oggetto di culto, così co-me testimonia un brano della scrittrice cui Pisacane consegnò il suo testamento il giorno prima di partire per la sua sfor-tunata impresa, Jessie White, moglie di Alberto Mario, uno degli uomini più vicini e fedeli a Garibaldi: "Quanti frequentano la casa di Agostino Bertani si saranno fermati più di una volta nella sala d'entra-ta per esaminare una serie di fotografie di rovine romane e leggervi sotto le indi-cazioni scritte a mano". Fino a qualche mese fa queste fotografie erano note so-lo attraverso copie di epoca recente (rea-lizzate molto verosimilmente durante il fa-scismo). A lungo se ne erano cercati gli origi-nali in calotipia. E quando sembrava or-mai quasi impossibile trovarli, casualmente sono saltati fuori dai depositi della Bibliote-ca di storia moderna e contemporanea di Ro-ma, e si trovano ora conservate all'Istituto centrale per la patolo-gia del libro. Maria Pia Critelli le ha studiate con passione e grande competenza, realiz-zando un volume che risulta un autentico contributo agli studi -sute- fotografia e a quelli sul Risorgimen-to, edito dal Ministero per i Beni e le attività culturali con i tipi della casa editrice Retablo.

( D . M . )

Ferdinando Scianna. OBIETTIVO AMBIGUO,

pp. 334, € 23,24, Rizzoli, Milano 2001

Questo volume raccoglie gli articoli pub-blicati dall'autore nel corso degli ultimi vent'anni sul supplemento culturale del "Sole 24 ORE", su "Photo", "La Quinzaine Literaire", "Per Lui", "Lei", "L'Europeo" e in occasione di conferenze e corsi universita-ri, qui suddivisi in tre parti tematiche:

Pic-cole polemiche sui massimi sistemi. La te-stimonianza e la menzogna, La Fotografia e i fotografi. Il ragionare di Scianna spazia

con grande libertà e finezza critica attra-verso le problematiche della fotografia, la sua etica, la sua estetica e le sue implica-zioni politiche e sociali, offrendo spunti di approfondimento e analisi che in questi mesi (basti pensare alla vitalità del fotogior-nalismo dopo ì fatti dì Genova e New York) risultano ancora più attuali e necessari. Il pubblico italiano ha dimostrato di apprez-zare moltissimo in questi anni le mostre

e i libri di foto-grafia: questo insieme di testi aiuta a cono-scerne meglio i principali espo-nenti, a discer-nere i codici lin-guistici attraver-so cui si espri-mono, a interro-garsi sulla veri-dicità della fo-tografia come documento, ad apprezzare la forza del suo indissolubile le-game con la realtà. Il titolo, lo stesso della ru-brica tenuta da Scianna sulle pagine del "Sole 24 ORE", fa ripensare a una dichiara-zione provocatoria di Léonard Freed: "Una buona fotografia più è ambigua, meglio è; altrimenti si tratta di propaganda".

( R . K . )

tel. 0461 950690 fax 0461 950698

Saul Steinberg e Aldo Buzzi, RIFLESSI E

OM-BRE, pp. 78, €11,36, Adelphi, Milano 2001 Mi reputo fortunato ad aver conosciuto i disegni di Saul Steinberg attraverso i libri dell'inclassificabile Buzzi. La stranezza di scrivere un'autobiografia tanto privata a

quattro mani non è _ più così strana

quan-do le mani sono quel-le di questi due ottua-genari. Anzi non sarà che Buzzi e Stein-berg siano in realtà, almeno nello spazio di Riflessi e ombre, la stessa persona? La Romania dell'infanzia di Steinberg, con le sue serve che si dan-no fuoco, dan-non è così diversa dall'arcaica

Valtellina del "Patato" (vedi Cechov a

Son-drio di Buzzi), e ì'artist resident alla

Smith-sonian Institution è forse anche un po' lo studente del Linguists' Club di Londra in-namorato di Maryse ( Viaggio in terra delle

mosche). Laureati entrambi in architettura

al Politecnico di Milano, hanno pensato be-ne di fare altro be-nella vita: ma siccome "l'ar-chitettura, come la musica, ingentilisce i costumi" (Buzzi), ci hanno raccontato il mondo con il tratto sottile della matita e l'i-ronia spiazzante del viaggiatore incantato. Se la prosa naturale di Buzzi è-la digres-sione continua,~frutto deirirnpossìbilità di fare ordine nella memoria, Steinberg digre-disce con la penna, e i suoi disegni, anche quelli più architettonici, pur imbrigliati dal-l'esattezza della linea diritta tracciata con la squadra, sono solamente lo scenario delle individualità che lo compongono, una

sommatoria astratta di figure che nascon-dono mondi misteriosi come quel tram n. 16 che va a Lambrate, omaggio agli an-ni milanesi dell'artista (1933-41), riprodotto sulla copertina di Riflessi e ombre. È que-sto un libro molto "americano" (vedi certe irresistibili osservazioni sulla "dieta" del Nuovo Mondo: "In America la gastronomia, i ristoranti, il gusto della nazione sono do-minati dal gusto dei bambini"), ma come naturale dà ampio spazio anche ai ricordi dell'infanzia in Romania, legati all'attività del padre fabbricante di scatole di cartone, e degli zii pittori di insegne: due mondi im-pregnati di solida cultura materiale che in-fluiranno in modo decisivo sulle scelte arti-stiche di Steinberg. E a proposito di cultu-ra materiale, il libro si chiude con l'aneddo-to dolce-amaro di Lomaky, un abilissimo falegname finlandese che aveva costruito per lo studio di Steinberg tavoli, cavalietti e scale di ogni tipo, il quale dopo aver visita-to una mostra dell'artista e avervi ritrovavisita-to alcuni oggetti fatti da lui, si era sentito a di-sagio. Così l'ultima volta che si fece vede-re si pvede-resentò con un oggetto-vede-regalo frutto di un "misero tentativo di fare un oggetto d'arte che non rispecchiava per niente l'in-gegno, la libertà, il piacere che di solito metteva nel suo lavoro.

FABIO MANTOVANI

Massimiliano Fuksas, CAOS SUBLIME, a cura di Paolo Conti, pp. 224, 82 ili, € 23,24, Rizzoli, Milano 2001

Che il titolo sembri un ossimoro è ovvio allo stesso Fuksas quando lo utilizza in ma-niera provocatoria per esprimere il suo punto di vista sulla realtà dell'uomo con-temporaneo proiettato in un nuovo millen-nio. Prendere atto del caos nel quale siamo immersi, senza la pretesa di eliminarlo o di ordinarlo artificiosamente, è il modo più adeguato per fare architettura, in quanto si interviene sempre in un contesto reale, sia quando si costruisce il nuovo sia quando si restaura; in quest'ultimo caso non si de-ve rinunciare all'autenticità delle stratifica-zioni avvenute nel tempo in favore di un ri-torno a un progetto originario, nell'impossi-bilità di ricreare la totalità delle condizioni di partenza. Questa concezione viene svi-luppata fra l'architetto Massimiliano Fuksas e il giornalista Paolo Conti in forma di dia-logo. un dialogo quasi filosofico che affron-ta una molteplicità di temi che coinvolgono la professione dell'architetto e

dell'urba-nista: innanzitutto la definizione del suo ruolo nella società, il contesto in cui princi-palmente opera, la committenza, la red-ditività dell'operazio-ne a scapito della qualità del lavoro. Ma è sul problema del-la casa che Fuksas, senza risparmiarsi una certa dose di au-tocritica, espone po-lemicamente le mag-giori contraddizioni del fare architettura odierno. Per una questione di prestigio, l'a-bitazione viene trascurata a favore di ar-chitetture "eroiche", monumentali, che esu-lano dalla dimensione del quotidiano, co-me ad esempio i musei. La seconda parte del libro riporta una selezione degli ultimi importanti progetti e realizzazioni di Fuksas illustrati attraverso fotografie, schizzi, mo-dellini e immagini virtuali elaborate al com-puter. In un momento come questo di forti tensioni politiche, non possiamo non sof-fermarci sulla bellezza del Centro per la pace realizzato a Jaffa per volere di Peres e Arafat un parallelepipedo ottenuto dalla stratificazione di piani irregolari di vetro e di cemento che creano un'alternanza di luce e d'oscurità, con gli uffici palestinesi e israeliani pesti fianco a fianco.

N.4

Alain Connes, André Lichnerowicz e Marcel

Paul Schiitzenberger, TRIANGOLO DI

PENSIE-RI, ed. orig. 2000, trad. dal francese di Aldo

Se-rafini, pp.197, € 25,82, Bollati Boringhieri, Torino 2001

Tre importanti scienziati - il "signore della geometria differenziale e della relati-vità generale" André Lichnerowicz, l'enci-clopedico matematico, biologo e linguista Marcel Paul Schutzenberger, e il vincitore della medaglia Fields (l'analogo per la matematica del Nobel) Alain Connes - si incontrano e iniziano una conversazione a tre, con un fitto scambio di opinioni e fatti su numerosi temi della matematica, della fisica e della filosofia (da cui il "triangolo" del titolo). Il lettore non troppo addentro può a tratti stentare a seguire in dettaglio le argomentazioni dei tre, che non esitano a entrare in aspetti tecnici delle materie che trattano. Il "lettore modello" di questo libro è forse un brillante studente universi-tario di una di queste discipline, per il quale può essere illuminante affacciarsi a una riflessione elevata e interdisciplinare su temi di cui abbia già un'infarinatura. La discussione spazia dall'eterno proble-ma della natura e della realtà degli og-getti matematici all'adeguatezza della relatività, della meccanica quantistica e, in genere, della matematica per descri-vere il mondo "reale", fino a possibili mo-delli matematici del tempo fisico e di quello soggettivo. Il contrasto fra le men-ti dei tre grandi (pressoché ignomen-ti ai più, come spesso succede a matematici e si-mili) è a tratti avvincente, con l'amore per l'approfondimento e la completezza di Connes, l'irrequietezza culturale di Schutzenberger che pare impaziente di mettere sempre nuova carne al fuoco, la pacatezza di Lichnerowicz che preferi-sce intervenire solo sui temi che più lo appassionano. Il difficile lavoro di tradu-zione è più che buono pur con qualche piccola pecca.

DANIELE A . GEWURZ

Piergiorgio Odifreddi, C'ERA UNA VOLTA UN PARADOSSO. STORIE DI ILLUSIONI E DI VERITÀ ROVESCIATE, pp. 304, € 14,46, Einaudi, To-rino 2001

"Paradosso" è un termine usato per in-dicare cose anche assai diverse tra loro. Il libro di Odifreddi esplora l'intero spettro semantico della parola, spaziando così su temi alquanto disparati. Si parte dai paradossi percettivi, ovvero dalle illusioni ottiche e da quelle che riguardano gli

al-tri sensi; si passa alle stranezze e alle as-surdità delle religioni (riprendendo così un precedente libro di Odifreddi: Il

Van-gelo secondo la scienza, Einaudi, 1999);

si giunge quindi ad alcuni paradossi del-la filosofia (come l'opposizione tra appa-renza e realtà) e della fisica (come quelli impliciti nella relatività o nella teoria quan-tistica); un intero capitolo è riservato a un vero e proprio paradosso in senso tecni-co, appartenente alla logica: il mentitore (ovvero: "Questa proposizione è falsa" è una proposizione vera o falsa?); altri ca-pitoli sono dedicati ai paradossi del tem-po e del movimento (si veda la storia di Achille e della tartaruga), alle difficoltà in-site nelle democrazie (si pensi ai proble-ma di elaborare un sisteproble-ma elettorale equo). Il libro si chiude con un capitolo dedicato alla matematica (disciplina pro-fessionale dell'autore). La brillantezza dell'esposizione e la leggibilità non difet-tano, ravvivate anche da un certo spirito iconoclasta; l'efficacia divulgativo-didatti-ca non è forse sempre ottimale, soprat-tutto nel caso degli argomenti più impe-gnativi.

GUIDO BONINO

che si esplica nella divulgazione dì cono-scenze e modi di pensare utili a migliora-re la vita individuale e quella associata.

( G . B . )

Colin Bruce, SHERLOCK HOLMES E LE TRAP-POLE DELLA LOGICA, ed. orig. 2001, trad. dal-l'inglese di Luca Scarlini e Lorenzo Stefano Borgotallo, pp. 292, €20,14, Cortina, Milano 2001

Dopo Sherlock Holmes e i misteri della

scienza (Cortina, 1997), Colin Bruce -

fi-sico e divulgatore scientifico - ci offre nuove storie in cui Sherlock Holmes deve mettere a frutto le sue capacità logico-matematiche per risolvere alcuni difficili casi, il titolo italiano è parzialmente fuor-viante, in quanto gli enigmi che gli si pre-sentano non sono per lo più di carattere strettamente logico, ma riguardano piut-tosto la teoria della probabilità, la statisti-ca, la teoria dei giochi. In ogni capitolo del libro uno o più casi - sempre raccon-tati dal dottor Watson - mettono in luce alcuni concetti fondamentali delle disci-pline appena citate. Si viene così intro-dotti alla nozione di distribuzione norma-le, ad alcune questioni di probabili-tà bayesiana, ai noto dilemma dei prigio-niero... Concedendosi qualche libertà cronologica, Bruce introduce in alcuni racconti il personaggio del reverendo Charles Dogson, più noto come Lewis Carroll, che diventa per Watson un se-condo maestro. Si percepisce da parte dell'autore il senso di un impegno civile

A l e x a n d r e Meinesz, L'ALGA "ASSASSINA". CAULERPA TAXIFOLIA: UN ATTENTATO ALLA BIODIVERSITÀ DEL MEDITERRANEO, ed. orig. 1997, trad. dal francese di Ulisse Franciosi, pp. 285, €24,79, Bollati Boringhieri, Torino 2001

Già al centro del fortunato romanzo La

guerra del basilico di Nico Orengo

(Ei-naudi, 1994), che ne aveva storpiato ii no-me in "Caulerpia Taxifolia" - destando la reazione degli ambientalisti, ma antici-pando quello che sarebbe diventato un problema scientifico - , questa volta l'alga "assassina" è oggetto di una seria e ac-curata analisi che ne ricostruisce il pro-gressivo diffondersi nelle acque mediter-ranee. Aiutata in ciò non solo dalla sua adattabilità, ma anche dal progressivo ri-scaldarsi del nostro mare, che proprio per questo si sta affollando di molte specie un tempo non presenti e provenienti dal Mar Rosso o dall'Atlantico. Sfuggita al Museo oceanografico di Monaco a partire dal 1988, la Caulerpa si è facilmente acclima-tata, a tal punto da rappresentare una po-tenziale catastrofe ecologica. Il libro, scritto dal primo ricercatore preoccupato delle conseguenze della diffusione dell'al-ga killer nel Mediterraneo (attualmente occupa un'estensione di oltre 12.000 etta-ri), racconta lo sviluppo incredibile di que-sta vicenda, da cui emergono le respon-sabilità di un mondo scientifico impegna-to soprattutimpegna-to a difendere se stesso e di uno amministrativo indifferente a un allar-me che non colpisce direttaallar-mente le per-sone. Anche se l'argomento è tutt'altro ohe consolidato nelle sue conclusioni, e alcune delle principali responsabilità ascritte alla Caulerpa (competizione con la Posidonia, tossicità dei metaboliti nella catena alimentare, rischio per la biodiver-sità) sono in discussione, il saggio ha il pregio di far emergere due argomenti di carattere generale: da un lato la "globaliz-zazione" del mondo naturale, con la diffu-sione generalizzata (voluta o inconscia) degli organismi a seguito degli aumentati traffici internazionali; dall'altro l'attualità del dibattito sulle responsabilità della scienza, davanti a un futuro nel quale eventuali "fughe" di materiale biologico, magari geneticamente modificato, po-trebbero riservare sorprese ben più spia-cevoli.

WALTER GIULIANO

Cristiano Dal Sasso e Giuseppe Brillante,

DI-NOSAURI ITALIANI, pp. 256, € 14,98, Marsilio, Venezia 2001

Fino a pochi anni fa si riteneva impos-sìbile che nel nostro paese fossero vis-suti dinosauri. Secondo le teorie geolo-giche più accreditate, all'epoca dei di-nosauri l'Italia era infatti un arcipelago di piccole isole, troppo piccole perché i

dinosauri potessero viverci: al massimo passavano di lì, come dimostravano le numerose orme scoperte in varie parti del paese, dalle Alpi alle Puglie (ben trentamila solo nei pressi di Aitamura). Poi tutto cambiò. Da Pietraroia (Bn) ar-rivò Scipionyx - "Ciro" per gli amici - ,

un piccolo dinosauro (23 centimetri), da Saltrio (Va) il saltriosauro, un enorme carnivoro (6 metri), e dal Carso triestino

Antonio, un pacifico erbivoro. Scipionyx

arrivò per un caso curioso e davvero fortunato. Un appassionato di fossili, che nel 1981 durante un viaggio aveva scoperto e raccolto lo spezzone di roc-cia in cui era racchiuso il fossile, dopo ben undici anni ne parlò con Giorgio Teruzzi, un paleontologo del Museo di storia naturale di Milano. All'improvviso il panorama cambiò. Lo studio del fossi-le venne affidato proprio a uno degli au-tori (Dal Sasso è paleontologo speciali-sta in dinosauri al Museo di storia natu-rale di Milano, e ora sta studiando il sal-triosauro; Brillante è giornalista e divul-gatore scientifico) e il risultato dei suoi studi, Scipionix appunto - ebbe addirit-tura l'onore della copertina di "Nature". Ma il piccolo dinosauro (che in genere lascia deluso l'osservatore assuefatto alle grandi dimensioni dei suoi colleghi cinematografici) è stato importante non solo perché ha cambiato lo scenario mondiale della presenza dei dinosauri in Italia - i dinosauri hanno vissuto a lungo, e questo costringe a ripensare alla storia geologica del nostro pae-se, - ma anche perché conservava gran parte dei suoi organi interni, cosa abba-stanza insolita nei normali reperti. Que-sta storia dei dinosauri italiani è il rac-conto del lavoro delle persone, quasi sempre volontari, e dei problemi che fanno da sfondo a queste scoperte. Per chi volesse provare ad avventurarsi in questo campo, alla fine del libro - oltre alla mappa dei siti italiani dove sono av-venuti i principali ritrovamenti - ci sono una serie di schede che riportano tutte le informazioni necessarie per arrivare nelle zone dove i dinosauri italiani han-no vissuto.

EMANUELE VINASSA DE REGNY

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Anna Meldolesi, O R G A N I S M I GENETICAMENTE MODIFI-CATI, S T O R I A DI UN DIBATTITO TRUCCATO, pp. XIX-227, € 12,39, Einaudi, Torino 2001

Una voce fuori dal coro: nel profluvio di libri e inter-venti che, con toni profetici, scagliano invettive sulla ma-nipolazione della natura, la superbia fallace degli scien-ziati, l'insidia dei cibi manipolati, la congiura capitalisti-co-scientista, oppure tentano mediazioni retoriche, fon-dandosi sul principio di precauzione, la testimonianza ap-passionata di Anna Meldolesi sostiene controcorrente che il dibattito sugli organismi geneticamente modificati (Ogm) è una bufala, un dibattito surrettizio nella forma e nelle conclusioni. Il dibattito era partito, su spinta di al-cuni gruppi ecologisti, in un momento molto delicato, il 1996, in coincidenza con la crisi della mucca pazza, e si-nora a difendere gli Ogm (o a non volerli demonizzare) erano stati alcuni ricercatori, regolarmente accusati di es-sere prezzolati dalle multinazionali. I mezzi di informa-zione avevano viceversa assunto un atteggiamento mas-sicciamente contro-Ogm, apparentemente guidati anche qui da un interesse di bottega, fiutando un 'aria di

jacquerie diffusa. Gli slogan, dal Frankenstein food in poi, e f f i

-caci e viscerali, non erano neppure da inventare... E quindi interessante vedere come in questo caso una giornalista professionale, che si è occupata a fondo

dell'im-patto delle biotecnologie, seguendole all'interno di una pre-stigiosa rivista internazionale, abbia voluto sottolineare la vacuità di molte campagne pubbliche sugli Ogm e di sus-surri e grida ^//'establishment scientifico e politico, che ha dimenticato il rigore della verifica scientifica, ma anche il necessario equilibrio, per rispondere in modo confuso e contraddittorio alle pressioni dell'opinione pubblica. Con stile chiaro, efficace e vibrato, Anna Meldolesi descrive le fasi più calde e recenti della discussione sulle biotecnologie

alimentari, mostrando che gran parte delle accuse di peri-colo per la salute umana e la biodiversità portate agli Ogm si siano dimostrate infondate.

In cambio, le potenzialità di sviluppo economico e so-ciale o f f e r t e dalle biotecnologie al terzo mondo sembrano risultare frustate dall' atteggiamento negativo verso gli Ogm e dall'incapacità di valorizzare i casi in cui la biotec-nologia alimentare o f f r e una possibilità reale di utilizzare le caratteristiche locali, piuttosto che proporre produzioni

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