festato espressamente – in forma scritta o orale – ovvero possa essere desunto per
facta concludentia
431.
Secondo la dottrina, inoltre, il consenso medesimo è revocabile fino al momento in cui l’esame ha inizio, potendo successivamente, la parte, soltanto rifiutarsi di rispondere a sin- gole domande432, circostanza della quale deve essere fatta, ai sensi dell’art. 209, 2° comma, c.p.p., menzione nel verbale433.
429 Fanuele, op. cit., 237.
430 Cass., 27-6-2002, n. 30286, in Arch. nuova proc. pen., 2003, 299. In applicazione di tali principi,
la Corte ha ritenuto legittimo il provvedimento del tribunale che ha respinto la nuova richiesta di esame dell’imputato sollecitata dai difensori, dopo che lo stesso si era rifiutato di sottoporsi all’incombente istruttorio, a seguito del rigetto della richiesta della difesa di espletamento dell’esame prima di quello del pubblico ministero. Sulle diverse posizioni espresse dalla dottrina processuale penalistica rispetto al caso in cui l’imputato rifiuti di rispondere alle domande sebbene abbia accettato di sottoporsi ad esame, v. Adorno, Assunzione delle prove, cit., 383.
431 V., in particolare, Adorno, ivi, 374; D’Andria, Art. 503 c.p.p., in Comm. Lattanzi-Lupo, 2a ed.,
VII, cit., 202.
432 Cordero, Procedura penale, cit., 724. Ma v., in dottrina, Luerti, Art. 503 c.p.p., in Atti processuali
penali. Patologie, sanzioni, rimedi, a cura di Spangher, cit., 2745; Cenci, Art. 209 c.p.p., in Codice di procedura penale commentato, a cura di Gaito, cit.,1285, secondo il quale l’art. 209, 2° comma, c.p.p. non intende escludere la facoltà dell’imputato di rifiutare qualsiasi risposta pur dopo il consenso prestato allo svolgimento dell’esame (silenzio totale).
433 Secondo la giurisprudenza prevalente, non è consentito al giudice desumere, dalla rinuncia
dell’imputato a rendere l’esame, elementi o indizi di prova a suo carico, atteso che allo stesso è ricono- sciuto il diritto al silenzio e che l’onere della prova grava sull’accusa. V., per questa presa di posizione, Cass., 19-1-2010, n. 9239, in CED Cass., rv. 246233. Più in generale, v. Cass., 22-12-1998, n. 2337, in Cass. pen., 2000, 725, secondo la quale in tema di valutazione della prova, non è consentito al giudice valorizzare, ai fini della decisione, comportamenti – commissivi od omissivi – dell’imputato che siano manifestazione di diritti soggettivi e facoltà processuali che l’ordinamento gli attribuisce quali espressio- ne del diritto di difesa e di libera scelta della strategia processuale ritenuta più opportuna, strategia che ben può porsi in atto anche attraverso il silenzio. Sembra muoversi lungo una diversa prospettiva, invece, Cass., 21-4-2010, n. 22651, ivi, 2011, 3119, per la quale al giudice non è precluso valutare la condotta processuale dell’imputato, coniugandola con ogni altra circostanza sintomatica, con la conseguenza che
Si tratta, dunque, di un mezzo di prova caratterizzato dalla “eventualità” del
suo esperimento, come previsto in via generale dall’art. 208 c.p.p. e ribadito,
quindi, dall’art. 503, 1° comma, c.p.p.
434.
In virtù di questa connotazione, la richiesta dell’esame delle parti non deve
essere inserita all’interno della lista di cui all’art. 468 c.p.p., la quale ha, difatti, lo
scopo di evitare l’introduzione di prove a sorpresa: “essendo le parti immanenti
al processo, la richiesta di esame – alla quale sono legittimate anche le contro-
parti – non può mai considerarsi prova “a sorpresa”, sicché non occorre che sia
preannunciata”
435.
La Corte costituzionale ha avuto modo di precisare che nel modello di processo
penale delineato dalla l. 16-2-1987, n. 81, è razionale che l’esame dell’impu-
tato
436in dibattimento sia subordinato al suo consenso
437o alla sua richiesta,
essendo l’esame un mezzo di prova che spetta esclusivamente all’interessato va-
lutare se sia o meno conveniente esperire
438.
Si tratta di una garanzia che si colloca in una posizione di funzionalità rispetto all’eser- cizio del diritto al silenzio, di talché spetta all’imputato valutare le possibili conseguenze
egli, nella formazione del suo libero convincimento, ben può considerare, in concorso di altre circostan- ze, la portata significativa del silenzio su circostanze potenzialmente idonee a scagionarlo. V., altresì, Cass., 14-2-2006, n. 12182, in Arch. nuova proc. pen., 2007, 261.
434 L’esame delle parti si configura, dunque, come atto “eventuale” ad “impulso di parte”, potendo
aver luogo soltanto se la parte stessa ne faccia richiesta o presti il consenso alla richiesta proveniente ex adverso. V., in dottrina, Certosino, Art. 503, cit., 3212; Adorno, Assunzione delle prove, cit., 373.
435 Adorno, op. loc. ult. cit.
436 La giurisprudenza ha messo in evidenza la polifunzionalità dell’esame dell’imputato, il quale,
disciplinato dagli artt. 495 e 503 c.p.p., è un mezzo istruttorio atipico che opera come mezzo di difesa, quando è dall’imputato medesimo richiesto, e come mezzo di prova, quando è dedotto dalla contropar- te. L’esame, nell’una e nell’altra prospettazione, è sempre riconducibile, a differenza delle spontanee dichiarazioni e dell’interrogatorio imposto da specifica disposizione, non allo “ius dicendi”, ma allo “ius postulandi” che incontra limiti nella discrezionalità del giudice che ne deve apprezzare la rilevanza. V., sul punto, Cass., 9-1-1997, n. 5421, in CED Cass., rv.n. 207778.
437 In dottrina si tende ad ammettere la possibilità di un consenso parziale, ossia limitato ad alcuni
temi ovvero, nei processi oggettivamente cumulativi, ad alcune imputazioni. V., sul punto, Adorno, As- sunzione delle prove, cit., 374. Si ritiene assimilabile al silenzio assoluto, poi, la situazione che si verifica allorché l’imputato non sia comparso all’udienza stabilita per l’incombente, adducendo un impedimento ritenuto non legittimo dal giudice. In questa evenienza, Cass., 25-2-2009, n. 14914, in Cass. pen., 2010, 3176, ritiene che anche in mancanza di una rinuncia del pubblico ministero all’espletamento dell’esame dell’imputato, ritualmente ammesso e fissato, è legittima la revoca dell’ordinanza di ammissione. Negli stessi termini v., inoltre, Cass., 10-11-2006, n. 40317, in CED Cass., rv. 235110.
della sottoposizione ad un atto che implica l’apporto di un contributo dichiarativo alla rico- struzione del fatto di reato e che, pertanto, deve essere privo di connotazioni coercitive439.