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Secondo gli editori la cerimonia sarebbe stata svolta, per volere di tre comunità o, secondo Guido Rosada, imposta dai Romani a Veneti e Reti353, per stabilire un

confine fisico con il comparto retico o, più genericamente, per definire

ideologicamente la competenza di Acelum su un'ampia fascia territoriale

354

.

350GAMBACURTA 2005, p. 499 e p. 500. Cfr. anche GAMBACURTA 2000d, p. 59 “gli esiti sepolti

della cerimonia rimangono comunque segnalati, come dimostra la buca di palo connessa la deposito, anche se non possiamo meglio precisare l'entità di tale monumentum”.

351GAMBACURTA 2000d, p. 60, ROSADA 2000, p. 170, GAMBACURTA 2005, p. 501.

352 Liber Coloniarium, I, Tuscia, p. 223, 1-2, L.

353ROSADA 2000, p. 170.

354 La possibilità che il cippo non si trovi sul confine in senso fisico ma rappresenti, piuttosto, un limite ideologico, sarebbe confermata, secondo gli editori, da un passo attribuito a Frontino e citato da Agennio Urbico: Plurimis deinde locis terminos sacrificales non in fine

ponunt, sed ubi illud sacrificii potius oportunitas suadet, hoc est loci commoditas, in quo sacrificium abuti commode possint, AGENN. Grom. LLA 605.2, p. 33, L 1. Cfr. GAMBACURTA 2000d, p. 60,

Controversie confinarie sarebbero state ordinarie sia nel Veneto preromano, sia in

fase di romanizzazione. Si possono ricordare, a riguardo, i cippi opitergini con

iscrizione te, collocati in coincidenza del margine meridionale dell'abitato

protostorico; l'iscrizione di Vicenza che si riferisce ad una divinità di confine; il

cippo di Padova che delimita un'area sacra

355

. Noti sono gli interventi romani in

materia di questioni confinarie

356

: ricordo i tre cippi confinari rinvenuti nell’area

collinare euganea

357

, riferibili all'arbitrato del 141 a.C. di L. Caecilius Metellus Calvus

per sanare i contrasti tra Patavini e Atestini

358

, e il cippo di Lobia (Vi), datato al 135

a.C., che sanciva il confine tra Atestini e Vicentini

359

. Le fonti, quindi, documentano

una situazione viva nel II secolo a.C. ma non alla vigilia del I secolo a.C.

360

.

355 Cfr. GAMBACURTA 2000d, p. 60, GAMBACURTA 2005, p. 501.

356 Sulle questioni di confine, cfr. in generale, SCUDERI 1991, pp. 371-415.

357 Sull’iscrizione di Monte Venda (Pd), ora al Museo Nazionale Atestino, cfr. CIL I2, 633 e p. 922, CIL V 2491, ILS 5944a, ILLRP 476, CIL I2, fasc. IV, 3, n. 633 = BUONOPANE 1992, pp. 211, 213: a) [L(ucius) Caeicili]us Q(uinti) f(ilius) pro co(n)s(ule) / terminos finisque ex / senati consulto

statui / iousit inter Atestinos / et Patavinos. b) L(ucius) Caecilius Q(uinti) f(ilius) pr/o co(n)su(le) / [[ex]] terminos / finisque ex senati / consulto statui iusit / inter Atestinos / Patavinosque.

Sull’iscrizione di Galzignano (Pd), ora al Museo Nazionale Atestino, cfr. CIL I2, 2501 e p. 922,

ILLRP 476, AE 1923, 64, CIL I2, fasc. IV, 3, n. 2501, ILLRP, Imagines, fig. 202, BUONOPANE 1992, pp. 215-216: L(ucius) Caicilius Q(uinti) f(ilius) pro co(n)s(ule) terminos / finisque iuset statui ex

senati / consolto inter Patavinos Atestinosque. Sull’iscrizione di Teolo (Pd) ora al Museo Civico

di Padova, cfr. CIL I2 634 e p. 922, CIL V 2492, ILS 5944, ILLRP 476, CIL I2, fasc. IV, 3, n. 634,

ILLRP, Imagines, fig. 201 a-b, LAZZARO 1984, pp. 19-20, n. 1, BUONOPANE 1992, p. 216, nt. 14: a) [---] / senati [c]o[nso]lto sta[tui] / iusit [---]. b) L(ucius) Caicilius Q(uinti) f(ilius) / pro co(n)s(ule)

/ terminos / finisque ex / senati consolto / statui iusit inter / Patavinos / et Atestinos. Cfr. BUCHI

2002a, p. 75, con ricca bibliografia precedente.

358 Si è pensato anche ad un intervento del 116 a.C., ad opera di L. Caecilius Metellus

Diadematus, ma l’ipotesi è ritenuta meno probabile, cfr. SARTORI 1981, pp. 109-110, BANDELLI

1985a, pp. 25-27, TOSI 1987, p. 181, BUCHI 1989, pp. 197-198, CÀSSOLA 1991, p. 37, BANDELLI

1998b, p. 153, BUCHI 2000, pp. 50-52, BUCHI 2002a, p. 76, BANDELLI 2008, p. 50, BANDELLI

2009, p. 40. Non si tratta, in ogni caso, di Q. Caecilius Metellus come proposto da CAPUIS 2005, p. 515, nt. 25.

359 Cfr. BUCHI 2002a, pp. 75-76, con bibliografia precedente. Il cippo da Lobia (Vi), conservato al Museo Maffeiano di Verona, ricorda la regolamentazione avvenuta nel 135 a.C. grazie all’intervento del proconsole Sextus Atilius Saranus: Sex(tus) Atilius M(arci) f(ilius) Saranus pro

co(n)s(ule) / ex senati consulto / inter Atestinos et Veicetinos / finis terminosque statui iusit. Cfr. CIL

I2, 636 e p. 922, CIL V 2490, ILS 5945, ILLRP 477, CIL I2, fasc. IV, 3, n. 636, ILLRP, Imagines, figg. 203a-b-c.

360 GAMBACURTA 2000d, pp. 59-60, GAMBACURTA 2005, p. 502 cita per le questioni confinarie

l'arbitrato richiesto dai Patavini al console M. Aemilius Lepidus (LIV. 41, 27, 3-4) “Un primo intervento di Roma è richiesto dai patavini per sanare controversie di confine con gli atestini;

In ambito veneto, inoltre, non esiste, come d'altra parte ammesso dalla stessa

Gambacurta, un contesto paragonabile a quello asolano

361

. A fronte quindi di una

ricca documentazione epigrafica relativa a questioni confinarie e di un quadro

relativo al sacro estremamente consistente e multiforme, il deposito di Acelum

costituirebbe l'unica testimonianza archeologica di un episodio di cerimonia rituale

connessa ad una definizione confinaria. Si tratta di un dato quanto meno singolare.

Se Asolo (Tv), poi, ebbe effettivamente una funzione di cerniera con il mondo retico

nel III secolo a.C.

362

è necessario, in ogni caso, verificare se tale ruolo rimase

inalterato sia all'inizio del I secolo a.C., momento in cui si collocherebbe l'originaria

deposizione di votivi e resti sacrificali e l'allocazione del primo palus sacrificalis, sia

alle soglie dell'età augustea, quando pare sia stato rinnovato il rituale con l'impianto

di un secondo termine ligneo. A sostegno di un ruolo strategico di confine di Acelum

anche nel I secolo a.C., si porrebbe, secondo gli editori, la stele reimpiegata nella

chiesetta di S. Martino a Castelciés di Cavaso del Tomba (Tv). La stele, che presenta

sulle due facce opposte due testi distinti, in retico e in latino, è stata oggetto di

divergenti interpretazioni. Secondo una prima ricostruzione, avanzata dalla

Gambacurta nel 2000 e riproposta nel 2005

363

, l’iscrizione sarebbe una bilingue

retico-latina inerente questioni confinarie. La breve distanza tra S. Martino e Asolo,

farebbe di queste due località gli estremi perimetrali di una “fascia” di confine. S.

Martino posta a difesa delle propaggini nord-orientali e nord-occidentali, verso la

Valcavasia, la Valle del Piave e la frontiera retica occidentale; Acelum avrebbe

costituito un riferimento privilegiato per Patavium, contro gli attacchi da nord e da

nord-ovest. In questa prospettiva anche il palus sacrificalis e la stele sarebbero,

quindi, da mettere in relazione: il primo costituirebbe il “segnale sacralizzato con

un’importante cerimonia pubblica, alla presenza di più componenti

lo ricorda Livio e si può datare al 175 a.C., sulla base del consolato di M. Emilio Lepido”. Il fatto che l’oggetto della controversia non sia stato ancora stato chiarito non permette di collegare l’intervento del 175 a.C. con la posa dei cippi in area euganea nel 141 a.C., come sostenuto dalla Gambacurta. cfr. infra.

361GAMBACURTA 2005, p. 499.

362GAMBACURTA 2000d, p. 59, GAMBACURTA 2005, p. 501.

363 GAMBACURTA 2000d, p. 60, GAMBACURTA 2005, p. 502, dove specifica che “la validità in

senso bilingue è stata fortemente messa in questione”. Giovanni Gorini considera “l’iscrizione etrusco-retica e latino arcaica di Castelciés di Cavaso” come documento di “contatto tra comunità di lingue diverse”, GORINI 2000, p. 57. Sull’iscrizione, da ultimo,

culturali”, il secondo rappresenterebbe il cippo confinario vero e proprio tra Reti e

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