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2.1 La vicenda e il contesto storico

Plutarco ricorda il secondo matrimonio di Pompeo nella sua biografia:

“[…] Quanto a Pompeo, di cui ammirava il valore e pensava che potesse essere molto utile ai suoi progetti, si adoperò per legarlo in qualche modo a sé con un rapporto di parentela. Insieme con sua moglie Metella, che era d’accordo con lui, persuasero Pompeo a divorziare da Antistia e a sposare la figlia di Silla, Emilia, nata da Metella e da Scauro, bensì fosse già sposata ed allora incinta. Il matrimonio fu quindi un fatto di potere e più confacente agli interessi di Silla che all’indole di Pompeo, perché gli veniva condotta in casa Emilia, incinta di un altro, e ne veniva cacciata via Antistia, disonorata e in uno stato da far compassione, ché da poco era rimasta priva anche del padre: Antistio infatti era stato ucciso in Senato perché, a causa di Pompeo, lo si riteneva un partigiano di Silla. La madre poi, cedendo di fronte a queste disgrazie si tolse la vita, sicché alla tragedia che contrassegnò questo matrimonio si aggiunse anche questo dolore. Inoltre Emilia, dopo poco che era a casa di Pompeo, durante il parto morì.”1.

Poiché tale unione è da collocare in stretto rapporto con Silla e con gli eventi politici che contrassegnarono la sua ascesa al potere, il biografo di Cheronea inserisce l’avvenimento anche nella vita del dittatore2

, quale evento nodale grazie al quale si concretizzò l’asse “Pompeo-Silla”. Siamo dunque in possesso di una seconda testimonianza rispetto al precedente matrimonio:

“Volendo imparentarsi con Pompeo Magno, gli ordinò di ripudiare la moglie legittima e gli fece sposare Emilia, figlia di Scauro e di sua moglie Metella, togliendola a Manio Glabrione mentre era incinta. Ma la giovane donna morì di parto in casa di Pompeo”3.

1 Plut. Pomp. 9: […] Πομπήϊον δὲ θαυμάζων δι’ ἀρετὴν καὶ μέγα νομίζων ὄφελος εἶναι τοῖς ἑαυτοῦ πράγμασιν, ἐσπούδασεν ἁμῶς γέ πως οἰκειότητι προσθέσθαι. συμβουλομένης δὲ τῆς γυναικὸς αὐτοῦ τῆς Μετέλλης, πείθουσι τὸν Πομπήϊον ἀπαλλαγέντα τῆς Ἀντιστίας λαβεῖν γυναῖκα τὴν Σύλλα πρόγονον Αἰμιλίαν, ἐκ Μετέλλης καὶ Σκαύρου γεγενημένην, ἀνδρὶ δὲ συνοικοῦσαν ἤδη καὶ κύουσαν τότε. Ἦν οὖν τυραννικὰ τὰ τοῦ γάμου καὶ τοῖς Σύλλα καιροῖς μᾶλλον ἢ τοῖς Πομπηΐου τρόποις πρέποντα, τῆς μὲν Αἰμιλίας ἀγομένης ἐγκύμονο παρ’ ἑτέρου πρὸς αὐτόν, ἐξελαυνομένης δὲ τῆς Ἀντιστίας ἀτίμως καὶ οἰκτρῶς, ἅτε δὴ καὶ τοῦ πατρὸς ἔναγχος ἐστερημένης διὰ τὸν ἄνδρα· κατεσφάγη γὰρ ὁ Ἀντίστιος ἐν τῷ βουλευτηρίῳ δοκῶν τὰ Σύλλα φρονεῖν διὰ Πομπήϊον ἡ δὲ μήτηρ αὐτῆς ἐπιδοῦσα ταῦτα προήκατο τὸν βίον ἑκουσίως, ὥστε καὶ τοῦτο τὸ πάθος τῇ περὶ τὸν γάμον ἐκεῖνον τραγῳδίᾳ προσγενέσθαι καὶ νὴ Δία τὸ τὴν Αἰμιλίαν εὐθὺς διαφθαρῆναι παρὰ τῷ Πομπηΐῳ τίκτουσαν. 2 Cfr. HALEY 1985, pp. 49-50 e DINGMANN 2007, pp. 81-82. 3 Plut. Sull. 33, 4: Πομπήϊόν γέ τοι βουλόμενος οἰκειώσασθαι τὸν Μάγνον, ἣν μὲν εἶχε γαμετὴν ἀφεῖναι προσέταξεν, Αἰμιλίαν δέ, Σκαύρου θυγατέρα καὶ Μετέλλης τῆς ἑαυτοῦ γυναικός, ἀπὸ σπάσας Μανίου Γλαβρίωνος ἐγκύμονα, συνῴκισεν αὐτῷ ἀπέθανε δὲ ἡ κόρη παρὰ τῷ Πομπηΐῳ τίκτουσα.

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Si tratta di una testimonianza più concisa rispetto a quella contenuta nella vita di Pompeo, poiché interessa solo in modo tangenziale l’operato del dittatore.

I due resoconti, sebbene stilati dal medesimo autore, si differenziano in quanto Plutarco tende a concentrarsi sul soggetto della narrazione e quindi introduce informazioni strettamente attinenti a esso e significative dal punto di vista biografico allo scopo di far trasparire il proprio giudizio complessivo sul personaggio. Perciò l’episodio ha maggiore rilevanza nella vita di Pompeo, mentre viene trattato con brevità e concisione nella vita di Silla quale uno dei molteplici esempi finalizzati a tracciarne una ritratto da despota4. Mentre, da un lato, il passo in Sulla denota una certa asetticità, l’episodio in Pompeius è narrato con maggior enfasi e sembra che l’autore voglia puntare l’attenzione sul fatto che tanto il divorzio quanto il matrimonio dipesero unicamente dal dittatore. Da ciò si ricaverebbe che il generale venne costretto involontariamente a questa scelta. Inoltre il passo nella vita del Nostro risulta più ricco di particolari: viene infatti menzionata anche Metella, madre della sposa, e si è informati che venne richiesto anche il suo beneplacito alle nozze che coinvolsero la figlia.

Dopo lo sbarco di Silla a Brindisi nell’83 a.C.5, Pompeo, che era in attesa di una simile occasione per far emergere la propria personalità, si era messo a sua disposizione e aveva arruolato tre legioni nel Piceno6, costituite probabilmente da ex- veterani del padre Strabone7. Il Magno dunque aveva aderito apertamente al gruppo degli optimates ed era divenuto sillano, chiave fondamentale per capire il suo secondo legame. Nel corso della breve guerra civile che si era sviluppata, si era distinto per il proprio contributo che era stato se non determinante quantomeno considerevole. Alla definitiva sconfitta dei mariani a Porta Collina (82 a.C.) era conseguito il decisivo successo di Silla8, il quale si era fatto proclamare dittatore

4 Per un approfondimento sul Silla di Plutarco cfr. KEAVENEY 2001, pp. 260-266.

5 Silla, ufficialmente hostis publicus, decise a seguito della morte di Cinna di interrompere le trattative

per la pacificazione avviate nell’84 a. C. Cfr. supra.

6 KEAVENEY 1982 p.118 afferma giustamente in base ad App. b. c. I, 80; Liv. Ep. 85; Plut. Pomp. 6,

6 come in un primo momento Pompeo avesse arruolato una legione e solo in seguito, essendo stato rimandato nel Piceno da Silla, ne avesse procurate altre due.

7 Cfr. BADIAN 1958, p. 229.

8 Il futuro dittatore venne coadiuvato, oltre che da Pompeo, anche da Quinto Cecilio Metello Pio e da

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legibus scribundis et rei publicae costituendae9. Silla aveva subito dato inizio al progetto di restaurazione della salus rei publicae e si era attorniato di persone a lui fedeli, procedendo altresì alla sistematica eliminazione dei nemici pubblici affinché la sua azione risanatrice e le sue riforme non venissero in alcun modo ostacolate. Poiché Pompeo aveva acquisito notevole forza grazie ai successi militari, Silla, avendo inteso le sue capacità e volendo evitare che venissero in futuro usate a proprio svantaggio, aveva tentato di neutralizzare il generale legandolo a sé con un rapporto di parentela. Per volere del dictator dunque Pompeo ripudiò Antistia e prese in sposa la figlia acquisita di Silla, Emilia Scaura, frutto della precedente unione della sua terza moglie Cecilia Metella con Marco Emilio Scauro10. Plutarco sottolinea come Emilia fosse già sposata con Manio Acilio Glabrione al momento dell’accordo e già incinta, anche se non sappiamo a quale mese fosse giunta la gravidanza. Il nascituro, pur venendo alla luce all’interno del matrimonio tra Emilia e Pompeo, probabilmente rimase con il padre e fu da lui riconosciuto11. Sfortunatamente Emilia morì proprio partorendo il figlio concepito con Glabrione, dunque questo matrimonio ebbe una durata brevissima.

2.2 La famiglia di Emilia

La famiglia di provenienza della sposa era di nobile lignaggio12. Emilia13 divenne figliastra di Silla quando questi convolò a terze nozze con Cecilia Metella nell’89 a.C. Il padre naturale di Emilia era Marco Emilio Scauro14

, console nel 115

9 Appare curioso come la stessa persona che si dichiarava restauratore e protettore della salus rei

publicae fosse stata proclamata dictator dall’interrex senza motivazioni militari e senza limiti

temporali, ponendosi dunque sulla scia degli abusi della lex Villia Annalis che caratterizzarono l’ultimo secolo della Repubblica. Cfr. HINARD 1990, pp. 204-207.

10

Sull’episodio cfr. SYME 1939 (1974), pp. 31-32; HALLETT 1984, pp. 140-141; AGUILAR 2005, p. 340; CARCOPINO 2005 (1947), p. 102.

11 Cfr. infra. 12 Cfr. Tavola II.

13 Sul personaggio vd. RE I.1, n. 154.

14 Ammian. XXVII 3,9; XXX 4, 6; Cic. ad fam. I 4,16; Att. IV 16, 6; Brut. 110-116; 128; Deiot. 31;

de orat. II 197; 203; 257; 265; 280; 283; har. resp. 43; Mur. 16; 36; p. Caec. 54; p. Font. 24; 38; off. I

76; 108; p. Rab. perd. 21, 26; p. Sest. 39; 101; p. Scaur. 1-2; 47; Dio fr. 92; Front. str. IV 3, 13; Gell. II 24, 12; Liv. per. 67; Macrob. II 13; Plin. n. h. VII 128; VIII 223; XXXIII 21; XXXVI 116; Plut.

fort. Rom. 5, 10; q. R. 50; Sull. 6; 13; 22; Quint. V 12, 10; Sall. Iug. 25, 4; 28-29; 40; Sen. d. benef. IV

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a.C., anno in cui celebrò il trionfo sui Carni e domò i Liguri e i Taurisci. Nel 111 a.C. venne inviato come legato di Lucio Calpurnio Bestia nella guerra contro Giugurta, conclusasi con un trattato stipulato mediante corruzione. Nel conseguente processo che vide accusato Calpurnio, Emilio, suo complice, lo difese inutilmente e diversamente da lui ne uscì senza danno15. Emilio fu durante tutto l’arco della sua vita sostenitore degli optimates e sposò in prime nozze Cecilia Metella16, soprannominata Dalmatica poiché figlia di Lucio Cecilio Metello Dalmatico console nel 119 a.C.17, da cui ebbe tre figli, l’omonimo Marco Emilio Scauro18, Marco Scauro19 ed Emilia. Dopo la morte di Emilio avvenuta nell’89 a.C., Metella sposò Lucio Calpurnio Silla. Nell’88 a.C. a causa dei mariani fu costretta ad abbandonare l’Italia e a raggiungere il marito in Grecia, che a quel tempo era impegnato nella campagna contro Mitridate. Ella diede tre figli a Silla, un figlio che le premorì e due gemelli, Fausto Cornelio Silla20 e Fausta Cornelia Silla21. Silla il dittatore22, figlio di Lucio Cornelio Silla23, dapprima esordiente nel partito graccano al fianco di Gaio Mario, a partire dal suo ritorno dalle campagne in Oriente e nella guerra sociale si schierò con il partito degli optimates e perseguì l’obbiettivo di risanare la Repubblica dai provvedimenti secondo lui dannosi dei populares fino al conseguimento della dittatura24.

Emilia sposò in prime nozze Manio Acilio Glabrione25, figlio dell’omonimo Manio Acilio Glabrione26 tribuno della plebe nel 123/122 a.C. e sposato con una

2. Sul personaggio vd. BROUGHTON II, n. 140. Emilio ricoprì la pretura nel 120 a. C e la censura nel 109 a. C.

15 Sul processo contro Calpurnio vd. ALEXANDER 1990, pp. 27-28, n. 54.

16 Ascon. Scaur. p. 27 Clark; Cic. Scaur. 45; Sest. 101; Plin. n. h. XXXVI 113; Plut. Sull. 6, 14-18; 13,

1; 22, 2; 33, 4; 34, 5; 35; 37, 2-4; Pomp. 9, 2; Cato min. 3, 1. Sul personaggio vd. RE III.1, n. 134.

17 Sul personaggio vd. BROUGHTON 1986 (1952) II, n. 91. Egli trionfò sui Dalmati nel 117 a. C. 18

Sul personaggio vd. BROUGHTON 1986 (1952) II, n. 140.

19

Sul personaggio vd. BROUGHTON 1986 (1952) II, n. 137.

20 Sul personaggio vd. BROUGHTON 1986 (1952) II, n. 377. 21 Sul personaggio vd. RE IV.1, n. 436.

22 Sul personaggio vd. BROUGHTON 1986 (1952) II, n. 392. 23 Sul personaggio vd. BROUGHTON 1986 (1952) II, n. 379. 24

Per un approfondimento sulla figura di Silla cfr. HINARD 1990.

25

App. Mith. 90; Cic. ad. Att. XII 21, 1; ad. Q. fr. II 1,1; Brut. 239; imp. 26; har. resp. 12; Verr. A. I 4, 29; 41; 51-52; Act. II 30; V 76; 163; Dio XXXVI 14, 1; 16, 4; 24, 3; 38, 1; 42, 2; Sall. Iug. V, 10. Sul personaggio vd. BROUGHTON 1986 (1952) II, n. 38. Acilio divenne pretore nel 70 a.C. e pontefice massimo nel 57 a.C.

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delle figlie di Quinto Mucio Scevola, ma morto precocemente forse perché sostenitore di Caio Gracco. Si tramanda che Acilio, il primo marito di Emilia, fu allevato da Mucio Scevola in quanto suo nipote e che divenne un famoso avvocato in seno alla gens Mucia. Acilio raggiunse il consolato nel 67 a.C. e nello stesso anno grazie alla Lex Gabinia ottenne il comando della guerra contro Mitridate, incarico che cessò con la Lex Manilia che traspose il comando a Pompeo. Purtroppo del figlio concepito con Emilia, Manio Acilio Glabrione27, non è pervenuta alcuna notizia, perciò si deve dedurre dal silenzio delle fonti che non assunse alcun ruolo di spicco.

Le famiglie del padre naturale e del patrigno di Emilia, le gentes Aemilia28 e

Cornelia29, erano di origine patrizia. La famiglia dei Caecilii Metelli, di cui faceva parte la madre, apparteneva ad un ramo della gens Caecilia che presentava invece origini plebee30. Ciononostante, tali origini furono largamente sopperite dall’importanza che i Caecilii Metelli acquisirono nel corso della Repubblica: il loro potere crebbe sempre più tanto da esercitare una grande influenza a partire dal III secolo a.C.31. Le tre famiglie in esame erano schierate nel partito ottimate.

Al contrario, la gens Acilia, cui apparteneva il primo marito di Emilia, era di origine plebea32 e sembra non allinearsi con la parte conservatrice. Il padre di Acilio fu collega di tribunato di Caio Sempronio Gracco, con il quale promosse la lex Acilia

repetundarum contro la concussione nelle province, e in quanto filograccano

probabilmente fu ucciso nella rivolta del 121 a.C.: si deve pertanto dedurre che avesse tendenze filopopolari, che forse il figlio ereditò.

26

Sul personaggio vd. BROUGHTON 1986 (1952) II, n. 37. Egli sposò Mucia Prima, figlia di Quinto Mucio Scevola: da ciò si desumono precedenti rapporti familiari tra gli Acilii e i Mucii, i quali successivamente acquisirono una parentela con i Metelli (cfr. infra).

27 Ascon. Cornel. p. 57 Clark. Sul personaggio vd. RE I.1, n. 39. È ricordato solo nel 54, occasione in

cui chiese la grazia per lo zio materno Marco Emilio Scauro. Per il processo in cui fu coinvolto Marco Emilio Scauro vd. GRUEN 1994 (1974), pp. 331-337.

28

Sul gentilizio vd. RE I.1 Aemilius p. 543; sugli Emili Scauri cfr. RE I.1 Aemilii Scaurii, p. 583.

29 Sul gentilizio vd. RE III.1 Cornelius, p. 1249; sui Corneli Sulla cfr. RE III.1 Cornelius Sulla, n.

376ff.

30 Sul gentilizio vd. RE III.1 Caecilius, p. 1174; sui Cecili Metelli cfr. RE III.1, Caecilius Metellus, n.

69ff, dove si afferma che i Metelli spiccarono nel I secolo a. C come una delle famiglie più prominenti della nobiltà.

31

Nel 284 a. C. il primo membro della famiglia ottenne il consolato: si trattava di Lucio Cecilio Metello Denter (vd. RE III.1, n. 92), trisavolo del padre di Metella.

32 Sul gentilizio vd. RE I.1, Acilius, p. 251, dove si afferma che il primo componente di questa gens

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2.3 Emilia e la fecunditas

La seconda sposa di Pompeo non è menzionata in altre fonti, pertanto non si rende possibile ricostruire con buona approssimazione il suo operato. Emilia è nominata unicamente in occasione del matrimonio con Pompeo, che appare quindi per i testimoni antichi il solo evento significativo che contrassegnò la sua vita. Un particolare non trascurabile è sottolineato tuttavia in Plutarco, ossia il fatto che la donna fosse incinta, oltre che già sposata, nel momento in cui venne desponsa e concessa a Pompeo. Ciò permette di constatare come Emilia fosse in possesso di una virtù che rivestiva un aspetto fondamentale nel codice comportamentale di una matrona romana: la fecunditas. Tale virtù si connota come vero e proprio valore sociale, in quanto consentiva la perpetuazione della stirpe e al contempo permetteva l’accrescimento del corpo civico. In questo modo anche la donna, il cui raggio d’azione era tradizionalmente circoscritto all’ambito della domus – limen fisico ed ideologico che ne definiva le competenze – espletava indirettamente il suo ruolo all’interno della società romana. Inoltre la capacità di una donna di procreare permetteva la realizzazione di legami di sangue tra gentes diverse, e ciò si traduceva nella comunanza di figli. Perciò l’importanza della fecunditas di una matrona poteva giustificarne in talune circostanze la cessione, a volte definitiva, a volte temporanea: tale virtù veniva considerata una preziosa qualità da mettere al servizio dei cittadini affinché tutti avessero la possibilità di contribuire alla prosperità dello stato assolvendo questo dovere civico33. La cessione di una moglie in grado di procreare poteva verificarsi quando questa era già incinta, così il figlio naturale di un uomo sarebbe potuto divenire il figlio legittimo di un altro. Quindi gli obbiettivi comuni e la consonanza di idee a volte potevano tradursi in relazioni di sangue tra gentes che concorrevano alla stabilizzazione delle alleanze e rinsaldavano i legami all’interno della classe dirigente, in quanto le cessioni delle matrone fertili erano praticate soprattutto in seno al ceto nobiliare e tra personaggi che fossero di pari grado34.

33 Vd. CANTARELLA 1995b, p. 255-256.

34 In genere tali pratiche avvenivano all’interno dell’aristocrazia; un’eccezione a tale regola è che

avvenissero anche con homines novi in periodi di criticità, elemento che contraddistingue la tarda repubblica.

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Una donna incinta era definita venter, termine nel quale si includevano la madre e il bambino che ella portava in grembo e che si adatta perfettamente ad Emilia. Una donna incinta nel mondo romano era seguita e controllata lungo tutto il percorso della gravidanza in quanto la si considerava un contenitore il cui contenuto apparteneva a chi ne deteneva la potestas, il quale poteva decidere la sorte del

venter35. Il ruolo passivo rivestito da Emilia è pertanto duplice: è coinvolta nel matrimonio per volontà del padre e oltre a ciò, per la necessità del momento, viene data in sposa a Pompeo pur essendo incinta di Glabrione. Dunque non fu Pompeo a richiedere la mano della donna dopo esser venuto a conoscenza della sua fertilità affinché potesse generare per lui un erede, ma Emilia stessa dovette prestarsi ai disegni del marito della madre, il quale la offrì in sposa a colui che desiderava fosse il suo più stretto alleato. Tenendo in considerazione tali osservazioni, si dovrà far rientrare l’episodio di Emilia nella tipologia dei matrimoni contratti con una donna già incinta, evitando pertanto di incorrere nell’errore di definirlo mediante l’espressione più specifica di locatio ventris, la quale implica un accordo vincolante a fini procreativi. Infatti, siamo a conoscenza di altre modalità di cessione di una moglie che tuttavia rispondono a obiettivi diversi e ben precisi.

Ad esemplificazione di ciò, un caso paradigmatico di locatio ventris trasmesso dalla tradizione storiografica è rappresentato dall’episodio di Marcia, moglie di Catone, sebbene sia un avvenimento posteriore a quello in esame36. Marco Porcio Catone Uticense ricevette la richiesta da parte di un suo amico, il retore Quinto Ortensio Ortalo, di concedergli in moglie la figlia Porcia affinché gli desse un figlio, nonostante ella fosse già sposata con Lucio Calpurnio Bibulo. Il legame parentale venutosi a formare avrebbe rafforzato i rapporti tra Catone e Ortensio tramite la comunanza di figli. Poiché Catone, dovendo decidere sulla sorte del matrimonio in quanto era stato contratto sine manu, non accettò di sciogliere il matrimonio della figlia, Ortensio modificò l’oggetto della sua proposta e gli chiese di concedergli la

35 Vd. CANTARELLA 1995b, p. 257.

36 Per la storia coniugale tra Marcia e Catone e per la sua contestualizzazione storico-giuridica vd.

40

moglie Marcia, la quale aveva già dato tre figli a Catone37. Così Catone, dopo aver richiesto il consenso del suocero Filippo, essendo anche il suo matrimonio sine

manu, cedette Marcia nel 56 a.C., che peraltro era già incinta di Catone e che diede a

Ortensio un numero imprecisato di figli38. Dopo sei anni Ortensio morì e Marcia risposò Catone, il quale si ritrovò ad acquisire il patrimonio di Ortensio. Marcia dunque accettò di soddisfare la volontà del marito e da quanto tramandatoci non oppose alcuna resistenza; inoltre non v’è traccia di biasimo nei confronti di Catone per quanto riguarda strettamente la cessione della moglie39. Nell’ottica romana le donne in età fertile erano considerate come genitrici di futuri cittadini, pertanto la pratica della cessione in un certo senso poteva essere apprezzata in quanto tra i più alti doveri ai quali un cittadino dovesse adempiere figurava quello della riproduzione e dell’accrescimento del corpo civico. Le capacità riproduttive di una donna fecunda dovevano essere sfruttate al massimo; tuttavia, al contempo, era altrettanto fondamentale evitare che una donna generasse troppi figli allo stesso marito, perché in tal caso avrebbe danneggiato il benessere economico della famiglia. Era invece opportuno che le sue potenzialità venissero messe al servizio di più uomini e di più famiglie e non venissero sprecate fintanto che fossero state attive40. La diretta

37

Catone precedentemente aveva sposato Atilia, figlia di Quinto Atilio Sarano, dalla quale aveva avuto due figli, Marco Porcio Catone e Porcia; nel 60 a.C. Catone divorziò da Atilia e sposò Marcia che gli diede altri tre figli. Cfr. ROHR VIO in c.d.s.

38 Vd. ROHR VIO in c.d.s. CANTARELLA 2005b, p. 118 sostiene invece che Marcia diede due figli

a Ortensio.

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Str. 11, 9, 515; Quint. Inst. 3, 5, 8 e 11; 10, 5, 13; Luc. 2, 327-391; Plut. Cat. Mi. 25; 37-39; 52;

Pomp. 44, 3-6; App., b. c., 2, 14, 99, 413; Tert. Apol. 39, 8-9; Hieron. Adv. Iovinian. 1, 46. La storia è

oggetto di discussione già in rebus: nelle scuole di retorica si svolgevano esercitazioni discutendo se Catone si fosse comportato rettamente nel cedere la propria moglie ad un amico e se tale comportamento si addicesse ad un uomo onesto. Le fonti ricordano come Catone venne fortemente attaccato da Cesare, suo nemico politico, non tanto per aver ceduto Marcia a scopi procreativi, piuttosto per l’uso strumentale che egli ne avrebbe fatto al fine di raggiungere vantaggi di tipo patrimoniale: Plut., Cat. Mi. 52, 5-7. Infatti Cesare biasimava l’Uticense poiché riteneva che egli avesse tramato un piano fin dall’inizio, cedendo la moglie per poi, una volta morto l’amico, riaccoglierla in casa e in questo modo impadronirsi della cospicua eredità di Ortensio. I contemporanei non accettarono tale interpretazione dei fatti poiché Catone godeva della loro stima ed era noto per l’austerità morale. È tramandata infatti un’altra spiegazione, cioè che Catone avesse risposato Marcia in quanto aveva bisogno di una moglie che si prendesse cura della casa e della prole nel momento in cui costui stava per partire per l’Oriente. Per un approfondimento sulla storia di Marcia, Catone e Ortensio cfr. CANTARELLA 2005b, pp. 115-131.

40 Come sottolinea CANTARELLA 1995b, p. 253, “essendo destinate alla procreazione, le donne

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conseguenza di questo beneficio era la condivisione di figli. Il matrimonio e la procreazione, che coinvolgono le donne come strumenti passivi, sono a loro volta indicati quali mezzi funzionali di autoconservazione della nobilitas aristocratica41.

Al contrario una donna sterile, che non fosse in grado di garantire una discendenza, poteva essere ripudiata e sostituita. A questo proposito è utile menzionare la testimonianza di Turia, donna morta tra l’8 e il 2 a.C., le cui virtù sono

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