NELLA COMMEDIA DELLA RESTAURAZIONE
Paolo Bertinetti
I Puritani di Cromwell, dopo avere sconfitto il Re e preso il potere, nel 1642 chiusero i teatri. Perché il teatro era peccaminoso. Per i Puritani il teatro era la forma più diabolica di imitazione della realtà e pertanto doveva essere bandito. Ma nel 1660, appena il Re ritornò, anzi, appena sbarcò a Dover per marciare su Londra, nella capitale l’attività teatrale riprese immediatamente. Per il re e i cortigiani rientrati in Inghilterra dall’esilio sul continente il teatro era la forma di intrattenimento mon- dano e culturale par excellence. E per intrattenerli prima furono ripescati alcuni dei più “eleganti” testi elisabettiani e poi si provvide a crearne di nuovi.
Il genere che trionfò (a parte le esotiche tragedie in versi che canta- vano “le donne, i cavallier, l’arme e gli amori”) fu quello delle comme- die di ambientazione londinese, alcune delle quali erano commedie “di costume”: la cosiddetta comedy of manners, quella che soprattutto è rima- sta con dignità di classico nel repertorio inglese contemporaneo, sot- toponeva infatti a una satira brillante, briosa, tagliente, i comportamen- ti e le ipocrisie che caratterizzavano l’alta società (aristocrazia esclusa).
L’eroina della comedy of manners è una giovane ereditiera, cioè una fanciulla innanzitutto ricca; e poi bella, intelligente e spiritosa. L’agget- tivo che descrive quest’ultima sua virtù è witty, dotata di wit, padrona cioè di un linguaggio pirotecnico, pieno di aforismi, di giochi di parole, di similitudini, con cui, deliziando il pubblico, definisce criticamente i personaggi e la realtà che la circonda.
Anche l’eroe è altrettanto witty e la schermaglia amorosa tra i due è al tempo stesso una schermaglia linguistica. In cui vince lei: se vincesse lui, la casta fanciulla, dalle parole ai fatti, rischierebbe di finire sedotta e abbandonata – o comunque almeno abbandonata. Lui infatti è un li- bertino, un giovane di raffinata mondanità, implacabile seduttore ma al tempo stesso in cerca di una sistemazione che ponga definitivo rime- dio alla sua incerta situazione economica. La mondanità ha un prezzo;
e il giovane in questione lo ha pagato consumando buona parte dei suoi beni. Il matrimonio con un’ereditiera è la soluzione; ma, si badi, il giovane scialacquatore sposerà la donna che ama. Sacha Guitry diceva che le donne bellissime sono anche così intelligenti da innamorarsi davvero del miliardario che le sposerà. Allo stesso modo potremmo dire che gli affascinanti libertini della Restaurazione si innamoravano davvero della miliardaria che avrebbero sposato.
Nella prima grande comedy of manners, L’uomo alla moda di Etherege, il libertino Dorimant nel primo atto liquida l’amante, trama con successo per procurarsene un’altra e, vista la bella e ricca Harriet, decide di met- tersi all’opera per conquistarla. Nel quinto atto corona con successo la sua corte alla fanciulla e la madre di lei volentieri approva le future nozze: Dorimant, infatti, si è ravveduto. Per amore.
Nelle commedie che seguiranno, il ravvedimento del libertino av- viene ben prima, già alla fine del primo atto. E nelle ultime commedie addirittura è già avvenuto all’alzarsi del sipario. La comedy of manners premiava i suoi giovani eroi; ma la componente borghese del pubblico, diventata decisamente più ampia con il passare del tempo, chiedeva che la concessione del premio fosse mitigata da un atteggiamento mo- ralmente rassicurante: il ravvedimento, soprattutto se molto anticipato, poteva bastare.
Ma quando, nel 1688, il re Giacomo II fu cacciato e il Parlamento “chiamò” a salire sul trono il protestante Guglielmo d’Orange, questo compromesso non bastò più. All’indignazione di quei borghesi (la mag- gior parte) che a teatro non andavano affatto, ma che costituivano or- mai un settore di decisiva importanza politica e sociale, diede voce il pamphlet del reverendo Jeremy Collier contro “l’immoralità del tea- tro” intitolato A Short View of the Immorality and Profaneness of the English Stage. Il saggetto di Collier, pubblicato nel 1698, inanella una serie di accuse moralistiche, spesso basate su un’interpretazione errata (in buo- na o mala fede) delle frasi presenti nelle commedie, che il reverendo, ribollendo di indignazione, cita a sostegno della sua tesi sulla natura immorale e blasfema del teatro inglese contemporaneo.
Il reverendo Jeremy Collier, oltre a indignarsi per il poco rispetto per la religione e il clero che secondo lui manifestavano i blasfemi commediografi, non poteva sopportare l’idea che dei libertini (non importa se libertini ravveduti) potessero sedurre delle caste fanciulle piene di soldi ed essere premiati conquistandone la mano (e la dote). Se i libertini avessero sedotto delle servette, o delle fanciulle senza un soldo, forse la loro colpa gli sarebbe sembrata meno grave – perché il
premio economico non c’era. In ogni caso non poteva sopportare che dei baldi (ribaldi) giovanotti impegnati a sedurre delle belle fanciulle (o delle belle signore malmaritate) fossero di fatto portati ad esempio ad un pubblico troppo facilmente disposto ad applaudirli.
La seduzione stava nelle parole galanti, ma soprattutto, come si di- ceva, nel pirotecnico linguaggio del corteggiatore, campione di wit, ma- estro di immagini, di metafore ardite, di similitudini inattese. Quando la donna corteggiata era però una “signora dabbene” le esibizioni lin- guistiche erano ovviamente più contenute – perché lo sforzo necessa- rio era assai minore. Anzi, a volte la seduzione da parte del libertino quasi non c’era, perché si riduceva a una serie di frasi di circostanza che servivano soltanto a mascherare il fatto che la signora in questione aveva bisogno di un minimo di formalità per poter fingere di “cedere”. In qualche caso non c’era neppure la formalità. Gli autori della comedy of manners, maestri di retorica e di invenzione linguistica, talvolta rinunciavano al loro talento in omaggio alle loro convinzioni (maschi- liste, naturalmente) sulla fragilità femminile, cioè in omaggio all’idea che spesso fossero le donne a “pretendere” che gli uomini soddisfa- cessero le loro voglie al di fuori del sacro talamo. Se a “pretendere” era una moglie che era stata costretta al matrimonio (magari con un vec- chio semi-impotente), nel modo in cui nella commedia veniva rappre- sentato il suo comportamento non v’era traccia di condanna; ma per la verità neppure in altri casi. Al massimo poteva esserci un qualche stu- pore per come l’infedeltà (che sempre doveva non scalfire minima- mente l’onorabilità della signora infedele) talvolta si accompagnasse al- l’esibizione di una esemplare rettitudine, alla spudoratezza con cui ve- niva condannato ogni comportamento (altrui) minimamente immorale.
Uno degli esempi più clamorosi di questo tipo di atteggiamento e di assenza di seduzione è offerto dall’episodio che nel subplot di Love for Love di Congreve vede coinvolti Scandal e Mrs Foresight. Costei è la moglie infedele e “onorata” per eccellenza. Non sappiamo quante vol- te già abbia tradito il marito; ma sappiamo subito con quanta determi- nazione sia intenzionata a continuare a tradirlo. Nel terzo atto Scandal fa il suo dovere di seduttore, proponendosi a Mrs Foresight come uomo travolto dalla passione. La giovane donna esplicitamente gli dice che non le dispiace essere corteggiata da lui, dato che è “intelligente e di aspetto gradevole”; ma gli lascia capire di non potersi fidare di lui, o meglio, del suo silenzio, indispensabile a preservare la sua onorabilità. A quel punto entrano in scena la sorella di Mrs Foresight e il suo cor- teggiatore Ben, che interrompono la loro conversazione. Non solo, ma
Ben, uomo di mare, canta una canzone e invita poi i suoi amici marinai ad entrare nella sala e ad esibirsi in un’allegra danza, che sembrerebbe destinata ancora a prolungarsi.
Mrs Foresight si rivolge allora a Ben, invitandolo garbatamente a congedarsi perché si è fatto tardi. E poi si rivolge a Scandal, dicendogli che anche lui, come Ben, farebbe bene ad “andare a letto”. L’iniziativa è tutta sua: l’arrivo imprevisto della sorella e di Ben, la danza dei mari- nai, l’eliminazione totale dell’atmosfera seduttiva della scena precedente, avevano tolto a Scandal ogni possibilità di proseguire nella sua opera di seduzione. In tutta la lunga scena successiva all’ingresso di Ben egli non pronuncia infatti una sola battuta: lo spettatore può quindi logicamente immaginare che nulla succederà. E invece Mrs Foresight libera la casa dagli intrusi e pronuncia quell’ambiguo e pur chiarissimo invito. Decide lei che cosa Scandal deve fare: “andare a letto”.
La seduzione e il seduttore non sono gli agenti che determinano il comportamento di lei, non sono gli strumenti attraverso i quali Mrs Foresight è indotta a cedere e a “concedere i suoi favori”: sono la scu- sa che le consente di fare ciò che lei aveva comunque intenzione di fa- re. Nel quarto atto, il giorno successivo, Scandal incontra Mrs Fore- sight e accenna ai piaceri della notte appena trascorsa. “Quali piaceri?”, s’indigna lei. La risposta della donna lo spiazza completamente. Al suo amante di una notte, che lo è stato quella notte solo perché lei ha voluto così, quella impareggiabile donna onorata dichiara che nulla è accaduto. Nega i favori che ha concesso, commenta Scandal, “con più sfrontatez- za di quella con cui li concede”. Per due volte, prima e dopo, il brillante libertino si trova di fronte a una situazione nella quale il suo esercizio seduttivo si rivela insignificante. Ma non se ne addolora: anche lui, come Mrs Foresight, ha avuto ciò che desiderava. Per Scandal l’essere sedutto- re non sta ovviamente nell’esercizio dell’arte del sedurre, bensì nell’otte- nere il risultato a cui la seduzione è indirizzata. Non conta il mezzo: conta il fine.
Non è così per il damerino Tattle, anch’egli personaggio della trama secondaria di Love for Love. Tattle corteggia la giovanissima Prue, ra- gazza da marito, o meglio, alla spasmodica ricerca di un marito, del tutto ignara dell’ipocrisia mondana e del linguaggio con cui essa trion- fa. Alle domande del damerino, che presupporrebbero una manifesta- zione di indifferenza, oppure di scherzoso disprezzo, oppure ancora di stentorea proclamazione della propria onorabilità, Prue risponde di- cendo ciò che davvero pensa: il che è una cosa del tutto inaccettabile nella logica del corteggiamento. Al vanitoso Tattle tocca quindi istruir-
la al tempo stesso in cui la corteggia, affinché le sue parole producano quella seduzione di cui le risposte di Prue negano la necessità. “Siete una donna”, le spiega Tattle. “Non dovete mai dire ciò che pensate; le vostre parole devono contraddire i vostri pensieri; ma le vostre azioni devono contraddire le vostre parole”. Dopo di che Prue lo asseconda negando di avere intenzione di fare ciò che vuole fare e dichiarando in- fine di scappare nella sua camera da letto, affinché Tattle possa inseguir- la e colà raggiungerla. Il damerino, a differenza del libertino Scandal, sente il bisogno di una parvenza di seduzione perché ha bisogno di sen- tirsi seduttore. Nel suo caso (anche se non possiamo avvicinarlo al se- duttore di Kirkegaard) il mezzo è altrettanto importante del fine.
Se per Tattle la possibilità di esercitare l’arte retorica della seduzio- ne era ridotta al minimo, per Modish, il damerino di The Greenwich Hei- ress di Thomas D’Urfey, tale possibilità è del tutto negata. Modish, che come tutti i damerini della “commedia londinese” ritiene di avere pregi e virtù di cui è privo (si crede un irresistibile seduttore), ha messo gli occhi sulla giovane Mrs Cockwood, moglie di un vecchio riccone del tutto inconsapevole delle infedeltà della consorte. Ha quindi comprato la complicità della cameriera per fare in modo di essere lui solo a pre- sentarsi a Mrs Cockwood nel giorno dedicato al ricevimento. La came- riera, incassata la mancia, subito riferisce la cosa alla sua padrona, la quale decide che, tutto sommato, in assenza di corteggiatori più degni, anche il supponente Modish può essere preso in considerazione. Con fare birichino il damerino entra nel salotto e rivolge alla donna un ri- spettoso saluto a cui dovrebbe seguire un pirotecnico e lungo esercizio seduttivo. Non ha fatto tempo a pronunciare quattro parole che Mrs Cockwood, con un garbato risolino, gli dice di spostarsi con lei nella stanza accanto, “dove nessuno potrà entrare e disturbare”.
Non è forse un caso che il più delle volte siano i damerini (oggetto sistematico della satira dei commediografi della Restaurazione) a non avere modo di esercitare la retorica della seduzione. Questa era infatti riservata agli eroi della commedia; e ad essa corrispondeva la retorica del rifiuto da parte delle eroine, affinché lo scontro linguistico condu- cesse al matrimonio. L’esempio più clamorosamente corrispondente a questa impostazione (e allo svelamento della miseria della retorica della seduzione se al di fuori del caso canonico: libertino ravveduto e giova- ne ereditiera) è offerto dalla scenetta che si svolge nel quinto atto di Sir Courtly Nice di John Crowne. Il bellimbusto Sir Courtly viene di propo- sito lasciato solo con Leonora, la ricca fanciulla che vorrebbe sposare. Le frasi da lui usate, di per sé non particolarmente inappropriate, nel
contesto risultano del tutto grottesche. Vuoi perché Leonora non ha nessuna intenzione di lasciarsi sedurre da lui (è innamorata di un altro), vuoi perché Sir Courtly non è animato né dall’amore, né dalla passione per la fanciulla. È innamorato di sé. E infatti si fa sedurre dalla sua immagine riflessa nello specchio. Ha appena finito di dire “dolce creatu- ra”, che si interrompe per esclamare “ma che bello specchio”. Si mira e si rimira, Leonora esce dalla stanza senza che lui neppure se ne accorga, e lui continua a sciorinare le solite scontate parole della seduzione, quando la vera seduzione, come aveva fatto notare Leonora uscendo di scena, ha luogo invece senza parola alcuna: la seduzione da parte della propria immagine, che Sir Courtly contempla nello specchio.
I moralisti (di fine Seicento, del Settecento, dell’Ottocento) faceva- no a gara nell’indignarsi per l’immorale morale della commedia della Restaurazione, che con il suo lieto fine premiava il peccatore. Il fatto è che non vedevano, o non volevano vedere, che i commediografi, in particolare gli autori della comedy of manners, semplicemente ritraevano la società del loro tempo, o comunque quel settore a cui essi stessi e il loro pubblico appartenevano.
La comedy of manners pone al proprio centro il rapporto tra i sessi, sia i rapporti amorosi, sia i rapporti istituzionali. I primi li tratta alla luce della gioiosità e vitalità che informano le imprese galanti dei suoi eroi. Per quanto riguarda invece l’istituto matrimoniale, da un lato svergo- gna il matrimonio di interesse, dall’altro sottolinea la spinta che inco- mincia ad apparire nella società del tempo affinché la scelta sia dei figli e dei genitori insieme. Ma spesso quei commediografi forzano la realtà, inventando un pezzo di mondo in cui l’amore trionfa abbattendo ogni ostacolo: senza nulla concedere al sentimentalismo, ma sottolineando invece sia l’importanza oggettiva dell’aspetto economico, sia la necessi- tà di accompagnare lo slancio amoroso alla consapevolezza delle diffi- coltà della vita coniugale. È come se i commediografi della Restaura- zione, così spregiudicati e così attenti a cogliere e stigmatizzare le mi- serie della società cui appartenevano, si fossero riservati uno spazio in cui dar voce alla speranza di un mondo migliore, in cui contrastare la realtà del presente con il sogno di un universo in cui le convenzioni, l’ipocrisia e la potenza del denaro venivano utopisticamente vinte e annientate.
Valutazioni di quest’ordine, che hanno ampio credito tra gli studio- si, sono probabilmente condivise anche da molti degli spettatori. Ciò non toglie, tuttavia, che sia opportuno riconoscere che una delle ragioni principali del successo delle comedy of manners, del piacere con cui il
pubblico le applaude, nasce anche dal fatto che esse offrono agli spet- tatori il sogno di come loro stessi vorrebbero essere. Sia agli uomini, che vorrebbero essere come quegli spregiudicati eroi. Sia alle donne, che vorrebbero essere come quelle spiritose e affascinanti eroine; e che, soprattutto, vorrebbero essere corteggiate da giovanotti così belli, eleganti, intelligenti e seducenti.
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UTHERINGH
EIGHTS:
LA LEGGE DEL DESIDERIO E IL LINGUAGGIO DELLA PASSIONE