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2 DESCRIZIONE DI SISTEMA E SPECIFICHE

3.2 Il segnale PWM

Un segnale PWM è un’onda quadra di frequenza e ampiezza fissa modulata in larghezza, ovvero modulata in duty-cycle. Si può dire che l’onda quadra costituisce la portante e il duty-cycle, variabile nel tempo, costituisce l’informazione che si vuole trasmettere; come sempre accade la frequenza della portante deve essere maggiore della banda del segnale. In Figura 3-2 è rappresentato un segnale PWM di frequenza 1KHz,  rappresenta il duty-cycle e coincide con il segnale modulante (il segno deve essere memorizzato altrove).

Figura 3-1: segnale PWM.

Un segnale del genere presenta il duplice vantaggio di poter essere modulato direttamente da un dispositivo digitale e amplificato, con un’efficienza molto alta, in modo molto semplice tramite quattro o due transistori montati a ponte (nel paragrafo 4.3 è descritta in dettaglio tale tipo di amplificazione). In Figura 3-2 il valore di ampiezza uno indica che si fa riferimento ad un segnale digitale, tale segnale viene inviato allo stadio di potenza, costituito dai quattro transistori (per i dettagli si veda paragrafo 4.3), che replicano qualitativamente, sul carico, il segnale amplificandolo in potenza. La forma del segnale amplificato è mostrata in Figura 3-2.

Figura 3-2: segnale PWM amplificato.

Tale segnale è spesso utilizzato per regolare la potenza elettrica, variando il duty-cycle, nei motori in corrente continua, per variare la luminosità delle lampadine, o in campo audio per pilotare gli altoparlanti (si parla di amplificatori in classe D). Molte volte il carico è disturbato dalla presenza della portante, in tal caso è necessario filtrare il segnale PWM con un filtro passa-basso di frequenza compresa tra il limite di banda del segnale modulante e la frequenza della portante, quest’ultima deve essere sufficientemente superiore alla frequenza di cut-off del filtro in modo da permettere la dovuta attenuazione. In pratica un filtro del genere ricava il valor medio del segnale PWM, che coincide, ampiezza a parte, con il segnale modulante: VCC.

Nel caso della centralina del cambio GCU, il segnale PWM amplificato va a pilotare gli attuatori del cambio e della frizione. La grandezza di interesse sono la velocità e lo spostamento dell’attuatore indotto dalla forza esercitata dall’attuatore sul carico, un po’ come accade in un altoparlante dove la forza che sì esercitata, tramite la bobina, sul vertice del cono (membrana) produce lo spostamento di quest’ultimo inducendo un’onda di pressione nell’aria. E’ stato scelto di non filtrare il segnale PWM in quanto la variazione di corrente (alla frequenza della portante), quindi di forza, negli avvolgimenti dell’attuatore non provoca spostamenti, o variazioni di velocità, significativi di quest’ultimo, in pratica l’inerzia dell’attuatore, con il suo carico, funziona da filtro della portante e gli spostamenti di quest’ultimo sono legati ai valori di corrente corrispondenti al valore del segnale modulante VCC. Da osservare che il valore della corrente verrà campionato dal DSP per eseguire alcuni controlli; da questo punto di vista l’uso di un filtro di uscita potrebbe rivelarsi necessario. I risultati delle simulazioni, dei test in laboratorio e il modo in cui viene utilizzato l’ADC, si fa una media su 4 valori acquisiti a istanti ravvicinati intorno all’istante di campionamento (una specie di filtro digitale, si veda paragrafo 5.1.4), hanno contribuito a scegliere di non usare il filtro di uscita.

Il valore della frequenza della portante deve essere superiore alla banda del segnale modulante, pari a 125 Hz (metà della frequenza di campionamenti utilizzata, si veda paragrafo 3.3), e inferiore il valore limite di 10 KHz sopportato dallo stadio di potenza (si veda paragrafo 4.3). Salire in frequenza facilita il compito di un eventuale filtro di uscita nell’attenuare la portante ma aumenta la potenza che deve dissipare il ponte la cui struttura è molto simile a quella di porta logica, in cui la potenza dissipata aumenta con la frequenza di commutazione. Nel caso trattato il filtro non è presente quindi si può far uso di una frequenza bassa per la portante in modo da calare la potenza che deve dissipare il ponte. È stato scelto un valore di frequenza della portante pari a 2 KHz. La modulazione del duty-cycle  è eseguita a bordo del DSP e lo stadio di amplificazione fissa l’ampiezza dell’onda PWM a VCC=28 V.

3.2.1 Modulatore PWM per le simulazioni

Nel resto del capitolo sono riportati i risultati delle simulazioni di alcuni metodi che DSP utilizza per controllare gli attuatori, in particolare l’attuatore della frizione, variando il duty-cycle del segnale PWM. Il simulatore utilizzato è Matlab Simulink.

I modulatori PWM utilizzati nelle simulazioni successive sono mostrati in Figura 3-3 e in Figura 3-4.

Figura 3-3: modulatore effettivamente implementato nel DSP.

Il modulatore in Figura 3-3 è quello effettivamente implementato nel DSP, dove, per generare la portante, si usa un contatore con clock a 100MHz, simulare con questo modulatore dilata eccessivamente i tempi di simulazione e quindi si è preferito utilizzare il modulatore di Figura 3-4.

Figura 3-4: modulatore usato nelle simulazioni.

Il modulatore Figura 3-4 è del tutto analogo a quello di Figura 3-3 con l’unica differenza che nel primo viene utilizzato un generatore di segnale al posto di un contatore. Inoltre viene offerta la possibilità di scegliere tra un segnale triangolare o a dente di sega. Entrambi i casi sono facilmente implementabili nel DSP.

Figura 3-5: stadio di potenza utilizzato nelle simulazioni.

La Figura 3-5 mostra lo schema Simulink utilizzato per simulare lo stadio di potenza. È possibile inserire un filtro di uscita per verificare se la scelta di eliminare il filtro di uscita è appropriata.

3.2.2 L’assenza del filtro di uscita

Come descritto nel paragrafo 3.2 l’attuatore è pilotato direttamente da un segnale PWM di ampiezza CC

V =28 V, duty-cycle  , e frequenza 2 KHz senza l’utilizzo di un filtro, tra stadio di potenza e attuatore, che elimina la portante. Il filtro, è stato omesso, perché la velocità e lo spostamento dell’attuatore, che sono le grandezze di interesse, non riescono a seguire variazioni nell’ordine dei 2 KHz, mentre riescono a seguire le variazioni della modulante che ha banda 125 Hz (metà della frequenza di campionamento). In altre parole l’uso di un filtro di uscita non modifica il comportamento in velocità e spostamento dell’attuatore.

Per verificare quanto detto sono state effettuate due simulazioni, il file di riferimento è VCA_DSPctrl_OutFilt.mdl. In entrambe si pilota l’attuatore con un duty-cycle che varia come una sinusoide, di ampiezza compresa tra 0 e 1, e con frequenza di 100 Hz e si va ad osservare la velocità e lo spostamento dell’attuatore. Si esegue una simulazione con filtro di uscita tipo Butterworth, ordine due e pulsazione di taglio 1 Krad/s (circa 160 Hz), il cui risultato è riportato in Figura 3-6;ed una simulazione senza filtro il cui risultato è riportato in Figura 3-7.

Come si nota l’assenza del filtro di uscita non provoca disturbi, alla frequenza della portante, sull’andamento della posizione e della velocità; ovviamente tale disturbo è presente sulla corrente. Quindi, ai fini del comportamento dell’attuatore, inviare un segnale PWM, di ampiezza VCC con duty-cycle  , o un valore continuo di tensione pari a VCC non fa differenza. Nella discussione che segue, e in tutto il resto del testo, si considera che ai capi dell’attuatore ci sia una tensione pari a

CC V

Figura 3-6: andamento nel tempo della corrente, velocità e posizione dell’attuatore, con filtro di uscita.