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Segue La forma del contratto ed il sistema sanzionatorio

2. La trasparenza delle condizioni contrattuali

2.2 Dalla l 154/1992, Norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, al

2.2.2 Segue La forma del contratto ed il sistema sanzionatorio

I profili formali della disciplina della trasparenza sono regolati dall’art. 117, T.u.b, il quale dispone che il contratto è redatto per iscritto ed un esemplare è consegnato al cliente. La norma individua nella forma scritta non già il presupposto di applicazione delle norme dettate in tema di trasparenza e di credito al consumo, ma quello di validità stessa del contratto, colmando la lacuna lasciata sul punto dalla l. 154/1992 e dalla l.142/1992191. L’effetto della mancata adozione della forma scritta,

o di quella diversa stabilita dal CICR192, o delle prescrizioni fissate dalla Banca

d’Italia ex art. 117 comma 8, T.u.b., non è, quindi, la mera esclusione dal regime di tutela, ma la nullità del contratto193, in deroga al principio della libertà di forma.

Conformemente, le Istruzioni della Banca d’Italia sanzionano con la nullità del contratto l’inosservanza dell’obbligo formale, salvo la fattispecie non sia riconducibile a quelle per le quali la Banca medesima ha stabilito che la forma scritta non è obbligatoria, come visto sopra.

Sul piano oggettivo, la sanzione opera in via assoluta, in quanto, in linea generale, lo investe integralmente. Su quello soggettivo, è, invece, relativa, in quanto la legittimazione ad agire spetta al cliente, ex art. 127, comma 2, T.u.b., cui, in via esclusiva, è rimessa la valutazione in ordine alla opportunità di invalidare il rapporto, senza limiti di tempo. Ciò trova conferma nelle Istruzioni, le quali stabiliscono infatti che la nullità del contratto può essere fatta valere solo dal cliente. Si tratta di una disposizione di tutela del contraente debole, ed è agevole pensare che, ove la nullità fosse attivabile anche dalla banca, questa abuserebbe dello

191 A. A. Dolmetta, Per l’equilibrio e la trasparenza nelle operazioni bancarie: chiose critiche alla l. n.

154/1992, in Banca, borsa e tit. cred., 1992, I, 393; G. Agresti, Le norme sui contratti, in La nuova legge bancaria il T.U. delle leggi sulla intermediazione bancaria e creditizia e le disposizioni di attuazione, commentario, t.

III, a cura di P. Ferro- Luzzi e G. Castaldi, Milano, 1996, 1838.

192 R. Lener, Trasparenza delle condizioni contrattuali, cit., individua tre tipi di forma: una di legge ex artt.

117, comma 1 e 124 comma 1 T.u.b.; una amministrativa ex art. 117, comma 2 e 124, comma 1 T.u.b.; ed una forma contenuto ex art 117 comma 8, T.u.b., 1698.

193Di particolare attinenza al riguardo, sono le osservazioni di N. Irti, Notazioni esegetiche sulla vendita a

domicilio di valori mobiliari, in Sistema finanziario e controlli: dall’impresa al mercato, Milano, 1986, 105, il

quale rileva come la forma del contratto può essere requisito sostanziale solo se prevista dalla legge a pena di nullità, ex art. 1325, n.4, c.c.

“strumento” di invalidazione, al fine di imporre al cliente le condizioni dalla stessa predisposte.

Tuttavia, due rilievi si impongono. In primo luogo, la piena operatività delle soluzioni adottate dal T.u.b., a beneficio del cliente e dello stesso mercato, presuppone un contesto perfettamente concorrenziale, il quale offra, cioè, al cliente, una valida alternativa al contratto che sia stato fatto dichiarare nullo. Ciò che non accade nel sistema bancario italiano, dove l’offerta è pressoché uniforme. In secondo luogo, la scelta della nullità -soggettivamente- relativa, pone il consumatore di fronte alla scelta tra l’invalidazione dell’intero contratto e l’adesione a quello connotato da clausole vessatorie. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi di un contratto di finanziamento: l’invalidità investirebbe l’intero rapporto, così configurando, in alternativa alla accettazione del contratto che pure deroghi alle disposizioni normative, la rinunzia al prestito, o la restituzione, in unica soluzione, delle somme finanziate194. È improbabile che il consumatore scelga di percorrere

quest’ultima via. Ed invero, la nullità deve ritenersi rilevabile anche d’ufficio, in quanto protettiva del consumatore, come stabilito anche dalla giurisprudenza con riguardo al credito al consumo.

La operatività del sistema di nullità quale definito dal T.u.b incontra, quindi, un limite oggettivo nella struttura del mercato italiano. Non pare, tuttavia, doversi concludere che esso ancora si muova nel solco della conservazione dell’integrità del potere contrattuale della banca. L’effetto ritorsivo che parzialmente ingenera è infatti mitigato dalla circostanza che la nullità assoluta opera, di fatto, solo nell’ipotesi di mancanza di forma scritta, o di quella diversa prescritta dal CICR, o di difformità del contratto dal contenuto minimo determinato dalla Banca d’Italia. Ciò che è disposto anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia. In ipotesi, quindi, residuali. In tutti gli altri casi, la tutela accordata al cliente si concreta nella invalidazione della singola clausola, che contrasti con la previsione legislativa o amministrativa, e nella “surrogazione” ex lege della stessa. Il legislatore ha infatti previsto un sistema di integrazione e sostituzione parziale, che lascia il contratto valido ed inalterato per il resto.

Mentre, quindi, la nullità dell’intero contratto delinea il correttivo rispetto alla inosservanza della forma scritta, invece, quella della singola clausola si configura

194 Vedi G. Cottino, Intervento conclusivo, in Trasparenza e legittimità delle condizioni generali di contratto, a

nell’ipotesi di mancata osservanza delle disposizioni dettate in tema di pubblicizzazione preventiva delle condizioni economiche del contratto.

In particolare, ai sensi dell’art. 117, sesto e settimo comma, T.u.b., sono nulle e si considerano non apposte le clausole che rinviano agli usi per i profili economici e per ogni altra condizione, e quelle che prevedono condizioni più sfavorevoli di quelle pubblicizzate. Alle clausole espunte si sostituiscono il tasso nominale minimo e quello massimo dei buoni ordinari del tesoro annuali- o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell’economia e delle finanze, ovvero i prezzi e le condizioni pubblicizzate. Ove tale meccanismo di sostituzione non sia attivabile, in quanto le condizioni non sono state oggetto di pubblicizzazione, nulla

è dovuto. Nell’ipotesi, quindi, di mancata osservanza delle prescrizioni dettate in

tema di pubblicità, la banca viene sanzionata in via immediata e diretta195.

Il controllo sul rispetto delle norme dettate in tema di pubblicità, oltre alla competenza del giudice sulle vertenze relative ai contratti, è rimesso alla Banca d’Italia che, a tal fine, può acquisire informazioni e di eseguire ispezioni presso le banche e gli intermediari iscritti all’elenco speciale ex art. 107 T.u.b. Il Testo unico, ancora, oltre a prevedere alcune sanzioni pecuniarie in caso di mancata osservanza, attribuisce al Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta della Banca d’Italia- o dell’UIC o delle altre autorità indicate dal CICR- il potere di disporre la sospensione dell’attività, anche di singole sedi secondarie, per un periodo comunque non superiore a trenta giorni, ex art. 28 comma 5, T.u.b.

L’analisi condotta sulle norme di fonte primaria e secondaria muove ad alcune considerazioni. Rispetto alla disciplina dettata dal Testo unico, è pacifico che la delibera del CICR, e le relative Istruzioni della Banca d’Italia, abbiano assolto al compito loro demandato, ossia quello di specificazione e puntualizzazione della informativa generalmente, e più genericamente, imposta dal T.u.b., e che da queste il cliente bancario tragga un beneficio in termini di conoscenza, e non solo di mera informazione, soprattutto in punto di conclusione del contratto. Come visto, infatti, le Istruzioni prescrivono la disponibilità, da parte del cliente, di documenti ulteriori a quelli previsti dal Testo unico, rispetto ai quali l’ “imperativo” di fondo è quello della agevole intelligibilità e della immediata edozione circa ciò di cui il cliente “va a farsi carico”.

La disciplina amministrativa ha però determinato anche uno squilibrio di un certo rilievo, nel rapporto contrattuale. Il riferimento è, in particolare, alla materia delle variazioni sfavorevoli al cliente, che il legislatore del 1993 aveva parzialmente rimesso alla determinazione del CICR. Invero, la fattispecie è oggi interamente disciplinata dall’art. 118 T.u.b., come modificato dal d. l. 4 luglio 2006, n. 223, art. 10, comma 1, conv. in l. 4 agosto 2006, n. 248. Si intende comunque fare un breve cenno alla disciplina dettata dalla Deliberazione del 4 marzo 2003, in considerazione della significatività dello squilibrio da questa ingenerato sino a tempi recenti. L’art. 11 della Deliberazione stabilisce che quelle che intervengano su rapporti di durata devono essere chiaramente evidenziate. Nella ipotesi in cui la variazione sia, invece, generalizzata, la banca non ha l’obbligo di comunicarla al cliente, essendo sufficiente la comunicazione impersonale attraverso la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Quella individuale deve essere data alla prima

occasione utile, ossia, presumibilmente, quando il cliente si rechi, per qualsivoglia

motivo, allo sportello, ovvero indicata all’interno del rendiconto periodico. E ben può accadere che il cliente abbia conoscenza della variazione solo in quel momento e che, a quella data, sia ormai decorso il termine per l’esercizio del diritto di recesso spettante in ipotesi di variazione a lui sfavorevole, ex art. 117 T.u.b..

La previsione del CICR è dunque manifestamente vessatoria. La materia delle variazioni unilaterali è stata, infatti, oggetto di un una modifica legislativa, della quale si tratterà nel paragrafo che segue.