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E SENSO DI APPARTENENZA CORPOREA

7.1 Il senso di appartenenza corporea

L’individuo per distinguere sé stesso dagli altri utilizza lo schema corporeo, il senso dell’azione del quale ho già esposto le varie componenti e il senso di appartenenza corporea.

Il senso di appartenenza corporea può essere definito come: “La sensazione

specifica circa il fatto che il proprio corpo sia l’origine della molteplicità di sensazioni che sperimentiamo quotidianamente” (Balconi, 2012). Una corretta

rappresentazione del corpo è composta dal concetto che quando si compie un’azione è il proprio corpo a esperire tale azione, e dall’idea che nel caso sia l’individuo stesso a compiere l’azione, egli sarà anche l’autore della stessa.

Una corretta rappresentazione ed esperienza di possesso del proprio corpo è un aspetto necessario per le interazioni quotidiane con il mondo esterno e rappresenta un aspetto fondamentale per la consapevolezza di sé (Ehrsson et al., 2004).

Tale sensazione è sempre presente indipendentemente dal fatto che le azioni siano eseguite in modo volontario o involontario questo accade in assenza di disturbi che danneggiano le aree cerebrali coinvolte nella rappresentazione corporea. La consapevolezza del proprio corpo fa riferimento a una consapevolezza di tipo propriocettiva: esperienza cosciente della posizione nello spazio di una parte specifica del corpo.

Senso di appartenenza corporea e senso dell’azione sono sempre presenti nell’individuo durante le azioni di tipo volontario, poiché è quest’ultimo che ha deciso di compiere un’azione ed è il suo corpo a esperire tutte le sensazioni

soggetto (come nell’esperimento della rubber hand illusion utilizzato per questa ricerca); in questo caso il senso di Ownership è presente poiché il soggetto che sta svolgendo il paradigma è consapevole che il dito è parte del suo corpo, mentre il senso dell’azione è assente dal momento che non è il soggetto stesso ad aver causato tale movimento.

Il paradigma sperimentale più noto per studiare il senso di consapevolezza soggettiva del corpo è la Rubber Hand Illusion (Illusione della mano di gomma) di Botvinick e Cohen (1998), ossia una procedura sperimentale in cui avviene un’errata attribuzione delle sensazioni tattili che vengono riferite ad una mano di gomma; il paradigma consiste in un’illusione percettiva in cui i partecipanti esperiscono un modello di mano artificiale come parte del proprio corpo. Gli ideatori della RHI (Botvinick & Cohen, 1998) ipotizzarono che l’illusione del senso di appartenenza avviene a seguito di un conflitto multisensoriale tra la visione, propriocezione e tatto, in cui la visione sembra sovrastare il tatto, causando così una alterata consapevolezza del proprio corpo e quindi anche un’incorporazione della mano di gomma.

Tsakiris e Haggard (2005) hanno svolto altri studi sul senso di appartenenza corporea: questi studiosi ipotizzarono che per avere un senso illusorio della propria appartenenza corporea, come dimostrato da Botvinick e Cohen, è necessario il coinvolgimento di due principali componenti: un processo bottom-up che integra le percezioni visive e tattili, e un cambiamento fenomenologico persistente della rappresentazione del proprio corpo. La RHI, quindi, coinvolge un’interazione tra la rappresentazione dello schema corporeo e l’integrazione degli stimoli visivi e tattili.

Ancora Tsakiris e Haggard hanno svolto esperimenti per studiare le possibili condizioni in cui si può creare o meno l’illusione del proprio corpo. In uno di questi, gli autori hanno voluto manipolare due variabili: la posizione della mano di gomma e l’identità dell’oggetto visto. I partecipanti dovevano discriminare degli stimoli vibro-tattili che venivano sottoposti sul dito indice o sul pollice della loro mano reale la quale veniva nascosta. I soggetti potevano vedere una mano artificiale la ‘mano di gomma’ in posizione congrua alla loro, in posizione non

congrua (-90°) oppure, al posto della stessa, un bastoncino di legno posizionato dagli sperimentatori.

Dai risultati emerge come l’illusione (RHI) fosse presente solo quando la mano artificiale era posta in posizione congruente, uguale alla propria mano reale; emerge inoltre che la semplice correlazione di stimoli visivi e tattili tra la propria mano e un oggetto neutro, come il bastoncino di legno al posto della mano, non sono condizione sufficiente per poter creare l’illusione (Tsakiris & Haggard, 2005).

Per poter scaturire l’illusione della mano di gomma (RHI) è necessaria la presenza di una mano di gomma e non di un oggetto neutrale come il bastoncino di legno, che essa venga posizionata in modalità congrua rispetto alla mano reale del soggetto e infine, che sia il più possibile uguale alla mano reale.

Il senso di appartenenza corporea e il senso dell’azione, possono essere scomposti in due livelli di rappresentazione del proprio corpo, ossia un livello di tipo sensoriale e uno di tipo concettuale basato sul giudizio.

Secondo il livello percettivo l’individuo si costruisce una rappresentazione di tipo non concettuale del proprio corpo in risposta a sistemi di feedback propriocettivi, visivi, e sulla base della concezione del proprio schema corporeo. Il soggetto può avere accesso ai propri stati corporei tramite alcuni processi focalizzati sulla costruzione consapevole di mappe rappresentazionali delle informazioni propriocettive che provengono dalle singole parti che compongono il corpo di ciascun soggetto (Balconi, 2012). Sempre secondo Balconi, 2012 il libello concettuale è basato su un giudizio consapevole e intenzionale e prevede la presenza di alcuni indicatori cognitivi, come le intenzioni, i pensieri, le credenze, le informazioni contestuali, che concorrono alla rappresentazione di possedere un corpo come una realtà oggettiva e osservabile.

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