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SENTENZA RIGUARDANTE IL MANCATO RILASCIO DEL NULLA OSTA AL MATRIMONIO DA PARTE DELLE AUTORITÀ COMPETENTI ALGERINE PER

APPARTENENZA DEL CITTADINO ITALIANO A FEDE DIVERSA DA QUELLA ISLAMICA.

Autorità: Tribunale Piacenza Data: 05/05/2011

Classificazioni: MATRIMONIO - Contratto in Italia da stranieri IL TRIBUNALE CIVILE DI PIACENZA riunito in camera di consiglio nelle persone dei magistrati

dr. Marisella GATTI presidente dr. Gianluigi MORLINI giudice

dr. Manuela ANDRETTA giudice- relatore visti gli atti del procedimento n. 1465/2010 r.g.vol.; sentite le parti; udita la relazione del giudice relatore; sciogliendo la riserva;

OSSERVA Fatto

Che con ricorso depositato il 4 ottobre 2010 dinanzi al Tribunale di Piacenza, ai sensi dell'art. 98 c.c., A.C. e S.D. (cittadina algerina, residente a Piacenza dal 2005) hanno impugnato il provvedimento con il quale l'ufficiale di stato civile del Comune di Piacenza ha respinto la richiesta di pubblicazioni di matrimonio presentata dagli odierni ricorrenti per assenza di nulla osta da parte della competente autorità del paese di origine della signora D.; che a fondamento del ricorso gli odierni ricorrenti allegano di non aver potuto ottenere il nulla osta previsto dall'art. 116 c.c., poiché l'Algeria subordina il rilascio del documento di nulla osta allo "attestato di conversione all'Islam" proveniente dal nubendo non musulmano e, nel caso in esame, il signor C. non intende aderire alla religione musulmana; che, in linea di principio, sebbene per contrarre matrimonio in Italia lo straniero debba presentare all'ufficiale dello stato civile italiano una dichiarazione dell'autorità competente dalla quale risulti che, a tenore delle leggi cui è sottoposto nel paese d'origine, nulla osta al matrimonio stesso, tuttavia la giurisprudenza di merito ha ammesso la possibilità di equipollenti del nulla osta previsto dall'art. 116 c.c. (cfr. Trib. Roma, decreto 2 gennaio 1979, in Giust. Civ., 1979, I, 741, secondo cui l'ufficiale dello stato civile deve procedere alla pubblicazione di matrimonio tra un cittadino ed uno straniero anche se quest'ultimo non presenti la dichiarazione di cui all'art. 116 c.c. proveniente dall'autorità competente, quando la mancanza di impedimenti risulti comunque da altri documenti; in un caso analogo, Trib. Camerino, decreto 12 aprile 1990, in Foro It., 1990, I, 2038 ha autorizzato l'ufficiale dello stato civile a procedere alle pubblicazioni matrimoniali anche in assenza del nulla osta previsto dall'art. 116 c.c. per il matrimonio dello straniero, "qualora il mancato rilascio del nulla osta risulti ingiustificato e costituisca perciò un'arbitraria preclusione del diritto di contrarre matrimonio"; in senso analogo, Trib. Verona, decreto 6 marzo 1987, in Foro It., Rep. 1987, voce Matrimonio, n. 152, che ha ritenuto "chiaramente in contrasto con l'ordine pubblico internazionale e costituzionale" la norma dell'ordinamento iraniano diretta ad impedire il matrimonio per soli motivi religiosi); che la giurisprudenza è del resto costante nell'autorizzare l'ufficiale dello stato civile a procedere alle pubblicazioni anche in assenza del nulla osta previsto dall'art. 116 c.c. per il matrimonio dello straniero, qualora il mancato rilascio risulti ingiustificato o sia determinato da motivi religiosi (mancata adesione di un nubendo alla religione dell'altro) e costituisca perciò un'arbitraria (o discriminatoria) preclusione del diritto di contrarre matrimonio (cfr. Trib. Milano, decreto 13 marzo 2007, in Quad. dir. e pol. eccl. 2007, 829;

Trib. Barcellona P. G., decreto 9 marzo 1995, in G. mer. 1996, 702; Trib. Genova, decreto 4 aprile 1990, in G. mer., 1992, 1195; Trib. Camerino, decreto 12 aprile 1990, cit.);che, alla luce dei citati precedenti giurisprudenziali, deve ritenersi che il giudice possa supplire alla mancanza o all'inadeguatezza del certificato, il quale rappresenta non una condizione per contrarre matrimonio, ma soltanto una formalità probatoria, con valore puramente certificativo; che, nel caso in esame, premesso che risulta provato che lo Stato dell'Algeria subordina il rilascio del nulla osta all'adesione alla fede musulmana del cittadino non musulmano (cfr. doc. n. 8), l'attuale mancanza di provvedimento autorizzatorio da parte dello Stato dell'Algeria, per la mancata conversione alla fede musulmana del nubendo cittadino italiano, implica l'impossibilità per i ricorrenti di contrarre matrimonio; che una simile situazione di fatto - peraltro non imputabile alle parti ricorrenti, in considerazione del diritto di libertà religiosa garantito dall'art. 8 della Costituzione - non può comportare, alla luce dei principi generali dell'ordinamento interno italiano e dell'ordinamento internazionale, la preclusione di un diritto fondamentale della persona (e non del solo cittadino italiano), qual è quello di costituire una famiglia attraverso il matrimonio liberamente contratto; che dall'esame della documentazione prodotta non emergono profili di impedimento matrimoniale, risultando la libertà di stato dei ricorrenti (cfr. doc. nn. 10, 11 e 12); che il Pubblico Ministero in sede ha espresso parere favorevole all'accoglimento del ricorso; che, alla luce delle considerazioni precedentemente espresse, il ricorso deve essere accolto (per analoghe conclusioni, cfr. Trib. Piacenza, decreto 3 febbraio 1986 e Trib. Piacenza, decreto 30 luglio 1987, inedite, che hanno autorizzato l'ufficiale dello stato civile a procedere alla pubblicazione del matrimonio, sul presupposto che il mancato rilascio da parte, rispettivamente, dell'Algeria e della Siria, del nulla osta previsto dall'art. 116 c.c. costituisse grave violazione dei diritti dei cittadini e delle libertà dell'individuo sanciti dalla Costituzione Italiana e dalla Norme del Diritto Internazionale; in senso analogo anche il recente decreto emesso dal Tribunale di Piacenza il 21 maggio 2010, agli atti del presente procedimento); che deve, pertanto, dichiararsi illegittimo il rifiuto opposto dall'ufficiale dello stato civile di Piacenza alla richiesta di pubblicazioni matrimoniali avanzata dai ricorrenti ed ordinarsi, di conseguenza, al medesimo di procedervi; che, in ordine alla regolamentazione delle spese processuali, può disporsi la compensazione integrale delle stesse tra le parti, in ragione della richiesta avanzata in tal senso dai ricorrenti; che, comunque, appare opportuno evidenziare che, nell'uniformare il proprio operato alla legge, l'ufficiale dello stato civile, quale funzionario della Pubblica Amministrazione, non può prescindere dal fare applicazione del diritto vivente, considerando la disposizione di legge non nella sua mera letteralità, ma inverata nella interpretazione costante ed uniforme che ne fa la giurisprudenza; che, nel caso in esame - considerato il recente precedente del Tribunale di Piacenza del 21 maggio 2010, intervenuto in un caso analogo e, peraltro, conforme a risalente giurisprudenza del medesimo, come di altri Tribunali - l'ufficiale dello stato civile bene avrebbe potuto procedere alle richieste pubblicazioni matrimoniali, peraltro facendo doverosa applicazione del principio costituzionale di cui all'art. 3, che impone di trattare in modo analogo i casi uguali;

Diritto PQM P.Q.M.

1) Dichiara illegittimo il rifiuto opposto dall'ufficiale dello stato civile di Piacenza alla richiesta di pubblicazioni matrimoniali avanzata dai ricorrenti e ordina al medesimo di procedere alla formalità richiesta da A.C. (C.F.: ...), nato il ... a Vercelli e da S.D. (C.F.: ...), nata il ... a Sidi M'Aamed (Algeria) e residente in Piacenza, via R. A., n. 5; 2) compensa

integralmente tra le parti le spese processuali da ciascuna di esse rispettivamente anticipate. Si comunichi alle parti.

Piacenza, 5 maggio 2011 I GIUDICI

IL PRESIDENTE

7. SENTENZA RIGUARDANTE IL MATRIMONIO POLIGAMICO ED IL

RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE. Autorità: Cassazione civile sez. VI

Data: 28/02/2013 n. 4984

Classificazioni: SICUREZZA PUBBLICA - Stranieri (in particolare: extracomunitari) - ricongiungimento familiare LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE 1 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME' Giuseppe - Presidente - Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere - Dott. DOGLIOTTI Massimo - Consigliere - Dott. CAMPANILE Pietro - Consigliere - Dott. ACIERNO Maria - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso 3152-2012 proposto da: MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI (OMISSIS) in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis; - ricorrente – contro A.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell'avvocato FRATTARELLI PIERO, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al controricorso; - controricorrente - avverso il decreto nel procedimento R.G. 144/2011 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositato il 27/07/2011; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/12/2012 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO; E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che il relatore designato, ha depositato la seguente relazione ex art. 380 bis cod. proc. Civ. nel procedimento n. 3152 del 2012: "Rilevato che con provvedimento della Corte d'appello di Venezia, di conferma della sentenza di primo grado, veniva respinto il ricorso proposto dal Ministero degli affari esteri, avverso il rilascio di visto d'ingresso per ricongiungimento familiare, richiesto dal ricorrente e riconosciuto dal giudice di primo grado, in favore della propria madre, in applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 29 così come modificato dal D.Lgs. n. 160 del 2008, art. 1 in quanto priva di mezzi di sostentamento e di altri figli nel paese d'origine (il (OMISSIS)). Quest'ultima, tuttavia, risultava coniugata con il padre del ricorrente, soggiornante in Italia, il quale aveva richiesto il riconoscimento del diritto al ricongiungimento familiare in favore di un'altra moglie. A causa della situazione di poligamia, vietata nel nostro ordinamento, che si sarebbe determinata con l'ingresso e il soggiorno nel nostro paese della madre del ricorrente, il Consolato Generale di Casablanca aveva negato il visto e il Ministero degli Esteri aveva resistito in primo grado e proposto appello; considerato che la Corte d'Appello aveva respinto il ricorso osservando a) che la

norma di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 29, comma 1 ter la quale vieta il ricongiungimento familiare in favore di chi sia regolarmente coniugato con coniuge residente in Italia con altro coniuge, è entrata in vigore dopo la proposizione della domanda in questione; b) tale norma, ai fini della sua applicazione richiede la prova della proposizione della domanda per interposta persona al fine di eludere il divieto di cui al citato art. 29; c) nella specie la domanda è formulata dal figlio e non dal coniuge già convivente con altro coniuge; considerato, altresì, che avverso tale pronuncia è stato proposto ricorso per cassazione dal Ministero degli esteri fondato sui seguente motivi: - 1) violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 29, comma 1 ter così come modificato dalla L. n. 94 del 2009, art. 22, lett. b). Il divieto espresso di ricongiungimento familiare previsto nella norma è entrato in vigore prima della conclusione dell'iter amministrativo destinato all'accertamento dei requisiti per il ricongiungimento familiare. Pertanto, anche alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la domanda deve essere scrutinata alla luce della norma applicabile al momento finale del rilascio del visto d'ingresso. - 2) il divieto introdotto nella norma, peraltro preesistente, in via sistematica nell'ordinamento interno, opera oggettivamente ogni qual volta possa verificarsi una situazione di poligamia, contrastante con il diritto familiare italiano. Risulta, conseguentemente, irrilevante che a formulare la domanda sia stato il figlio e non il coniuge, già soggiornante in Italia con altra moglie. - Considerato, altresì, che ha resistito con controricorso A.A. Ritenendo, in ordine al primo motivo che dovesse essere applicabile la norma in forza al momento della presentazione della domanda e non invece quella vigente al momento del rilascio del visto d'ingresso, anche in considerazione del fatto che all'autorità consolare non è attribuita alcuna discrezionalità ma esclusivamente il compito di verificare l'autenticità dei documenti forniti dal richiedente. Sul secondo motivo che, come accertato nei gradi di merito, la madre del richiedente è da venti anni separata di fatto dal coniuge e lo scopo della richiesta è di riavvicinarsi al figlio dal quale dipende economicamente; Ritenuta in ordine al primo motivo che è consolidato, nella giurisprudenza di questa sezione, il principio secondo il quale il procedimento di riconoscimento del diritto al ricongiungimento familiare è procedimento complesso, a formazione progressiva, nel quale le valutazioni accertative della Questura o dello Sportello Unico vengono seguite dagli accertamenti della Rappresentanza diplomatica, le prime sfocianti nel nulla osta e i secondi nel visto di ingresso, o nel suo diniego, quest'ultimo provvedimento impugnabile come atto terminativo innanzi al G.O. ed ex art. 30, comma 6 del T.U. (Cass. n. 209/2005; 15247/2006; 12661/2007); 2) è incontestato che gli atti dell'Amministrazione in materia sono privi di alcun profilo di discrezionalità perché attinenti alla verifica della sussistenza/insussistenza dei requisiti delineati dalla legge per l'insorgenza del diritto al ricongiungimento, come risulta confermato dal radicamento, D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 30 in capo al G.O. della cognizione su di essi; 3) è coerente con le premesse sub 1) e 2) che, alla luce della articolazione procedimentale destinata al riconoscimento del diritto al ricongiungimento la cui concreta esistenza viene accertata solo all'esito del procedimento, la sopravvenienza normativa sui requisiti di insorgenza sia di immediata applicazione ove essa intervenga nel corso della procedura; 4. L'orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale il procedimento di riconoscimento del diritto al ricongiungimento familiare ha natura complessa ed è a formazione progressiva coinvolgendo l'attività valutativa dell'autorità amministrativa, quella dell'autorità diplomatica e l'eventuale ricorso al giudice ordinario, per cui lo scrutinio dei requisiti deve essere eseguito alla stregua della norma applicabile all'esito dell'iter procedimentale, ha trovato, peraltro, ulteriore recente conferma proprio con riferimento alla novella del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 29 affrontata nel presene giudizio (Cass. ord. 7218 e 7219 del 2011, 3493 del 2012); Ritenuta, pertanto, la fondatezza del motivo, derivante dal

fatto che nella specie l'iter amministrativo è iniziato prima dell'entrata in vigore (8/8/2009) della norma novellata ma il rilascio del visto d'ingresso, cui bisogna riferirsi al fine di stabilire la disciplina applicabile, è ampiamente successivo a tale data, essendo intervenuto il (7/9/2010); ritenuto, in ordine al secondo motivo, che la norma applicabile (D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 29, comma 1 ter) stabilisce un divieto che opera oggettivamente nei confronti delle richieste di ricongiungimento familiare proposte in favore del coniuge di un cittadino straniero già regolarmente soggiornante con altro coniuge in Italia, non distinguendo soggettivamente la provenienza della domanda, e al contrario mirando ad evitare l'insorgenza nel nostro ordinamento di una condizione di poligamia, contraria al nostro ordine pubblico anche costituzionale; ritenuto, pertanto, che non è necessario che l'Amministrazione dimostri che il richiedente abbia agito per conto del proprio genitore perché il divieto di poligamia non è condizionato da condizioni di fatto quali la coabitazione o la vivenza a carico, ma opera in sè e perdura fino alla cessazione legale di uno dei vincoli coniugali; ritenuto, inoltre, che non è stata neanche dedotta l'impossibilità di sciogliersi dal vincolo coniugale per la richiedente nel proprio paese d'origine; ritenuto, in conclusione che anche questo motivo di ricorso risulta fondato e che, ove vengano condivisi i predetti rilievi, il ricorso può essere deciso nel merito ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 2 con la reiezione della domanda di ricongiungimento familiare avanzata dal richiedente"; Ritenuto che il Collegio aderisce alla relazione e che in ordine al regime delle spese di lite reputa di compensare le spese di lite nei gradi di merito perché ancora non consolidato il nuovo orientamento di legittimità e di applicare il principio della soccombenza nel presente procedimento, trattandosi per questa fase di indirizzo affermato.

Diritto PQM P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Cassa il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, rigetta l'opposizione al diniego del visto d'ingresso per ricongiungimento familiare e condanna la parte controricorrente al pagamento delle spese del presente procedimento che liquida in Euro 1300,00 oltre S.P.A.D, compensando le spese dei giudizi di merito. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 dicembre 2012.

8. COMMENTO A SENTENZA SULLE PROBLEMATICHE RELATIVE AL