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IL SEQUENZIAMENTO DEL GENOMA DEL PESCO

Il pesco [Prunus persica (L.) Batsch] è sempre stata la specie più studiata dal punto di vista genetico all’interno della famiglia delle Rosaceae. Il pesco è una specie economicamente molto importante (è il terzo frutto maggiormente coltivato nelle zone temperate dopo melo e pero) ed è considerata una specie modello per la famiglia delle Rosaceae, poiché presenta diversi vantaggi dal punto di vista genetico e riproduttivo (Arús et al., 2012). Contrariamente ad altre specie del genere Prunus, quali susino coltivato e ciliegio acido che sono poliploidi, è una specie diploide (2n=16) e ha un genoma di piccole dimensioni (227 Mbp), circa il doppio di quello di Arabidopsis thaliana. Il pesco, inoltre, è una specie autogama e ha un periodo improduttivo limitato (2-3 anni) se paragonato a quello di altre specie da frutto che presentano una fase giovanile di 5-10 anni (Sosinski et al., 2009). Negli ultimi venti anni, anche grazie allo sviluppo dei marcatori molecolari, in pesco sono stati effettuati numerosi lavori per studiare la dissezione genetica di importanti caratteri agronomici, sono state sviluppate mappe genetiche, mappe fisiche e collezioni di EST (Arús et al., 2012). Per tutte queste ragioni il pesco è stato scelto come specie su cui investire per un progetto di sequenziamento. Nel 2009 è stato istituito un consorzio internazionale, IPGI (International Peach Genome Initiative), che comprendeva laboratori e ricercatori di Stati Uniti, Italia, Francia, Spagna, Cile e che ha guidato il sequenziamento del genoma del pesco.

42 Il genotipo individuato per il sequenziamento è il doppio aploide della cultivar Lovell. La scelta di un diaploide è motivata dal fatto che un individuo omozigote a tutti i loci rende più semplice la fase di assemblaggio della sequenza. È stato utilizzato un approccio Whole Genome Shotgun e le reads (i frammenti di sequenza) sono state ottenute mediante il metodo Sanger. In totale sono state ottenute 3 729 679 reads, con una copertura finale della sequenza di 8.5X. Utilizzando il programma Arachne, queste reads sono state assemblate in 391 scaffolds principali (>1 kb), per un totale di 226.6 Mb. Questi scaffold sono poi stati ancorati e orientati alla mappa di riferimento del genere Prunus T x E utilizzando 827 marcatori molecolari. Il 1 aprile 2010 è stata rilasciata la sequenza completa del genoma del pesco (Peach v1.0), organizzata in 8 pseudomolecole (che corrispondono agli 8 cromosomi del pesco) che comprendono 224.6 Mb.

L’assemblaggio del genoma del pesco è stato confrontato con quello di altre specie sequenziate ed è stato osservato che, sulla base dei parametri definiti da Chain et al., 2009 (escludendo i genomi di Arabidopsis e riso che sono le uniche specie in cui la sequenza del genoma è perfettamente completa), la sequenza del genoma del pesco è una delle migliori tra quelle di altre specie vegetali sequenziate e certamente la migliore tra le specie arboree (Verde et al., 2013).

In seguito all’annotazione genica sono stati individuati 27 852 geni che codificano per proteine, 28 689 trascritti che codificano per proteine, più altri RNA non codificanti. È stato osservato che il contenuto genico in pesco è notevolmente più basso rispetto a quello del melo (57 386 geni) e del pioppo (45 654 geni) ma è simile a quello di vite (30 434 geni) e di Arabidopsis (27 416 geni) (Verde et al., 2013). Inoltre, la densità genica in pesco (1.22 geni ogni 10 kb in media) è risultata più elevata rispetto al melo (0.78 geni) ma più bassa rispetto ad Arabidopsis (2.29 geni; Verde et al., 2013).

Al fine di analizzare la diversità nucleotidica e il percorso di domesticazione del pesco, sono state risequenziate 11 accessioni di Prunus persica con diversa origine geografica e genetica (includendo anche l’accessione diaploide Lovell PLov2-2N come controllo) e una accessione di Prunus ferganensis, una di Prunus kansuensis, una di Prunus davidiana e una di Prunus mira. Dopo il risequenziamento, tutte le accessioni sono state confrontate con il genoma di riferimento ed è stato osservato, come atteso, che tre delle specie selvatiche (P. kansuensis, P. davidiana e P. mira) erano molto diverse dal genoma di riferimento e da tutte le altre accessioni, con quasi un milione di SNP individuati in ciascuna di esse. Al contrario P. ferganensis era indistinguibile dalle altre accessioni di P. persica in termini di frequenza e distribuzione degli SNP. Una possibile spiegazione è che

43 P. ferganensis e P. persica siano in realtà la stessa specie e che P. ferganensis sia una accessione selvatica di pesco (Verde et al., 2013).

In seguito a questo lavoro di risequenziamento è stato selezionato un set di 953 357 SNP distribuiti negli 8 cromosomi e informativi in almeno 4 accessioni, con cui è stata effettuata un’analisi di diversità nucleotidica lungo gli 8 pseudocromosomi. La diversità nucleotidica media a livello dell’intero genoma è di 1.5 x 10-3, con notevoli differenze tra i cromosomi, variando da un minimo di 1.1 x 10-3 per la pseudomolecola 1 ad un massimo di 2.2 x 10-3 per la pseudomolecola 2 (Fig. 6). Inoltre, una maggiore variabilità degli SNP rispetto alla media è stata osservata all’inizio della pseudomolecola 2 e alla fine della pseudomolecola 4. L’inizio del cromosoma 2 comprende geni di resistenza a nematodi, infatti è stato osservato che questa regione presenta una densità di 5 volte maggiore di geni NB-LRR rispetto al resto del genoma. Le regioni che comprendono geni di resistenza evolvono molto rapidamente e questo potrebbe spiegare l’insolito elevato livello di variabilità della sequenza all’inizio del cromosoma 2 (Verde et al., 2013). La fine del cromosoma 4, invece, include geni coinvolti nell’epoca di maturazione del frutto. Poiché le pesche, una volta raccolte, possono essere conservate solo per poche settimane, è necessario avere a disposizione sul mercato diverse varietà di pesche con diversa epoca di maturazione durante tutta la stagione di raccolta di questo frutto (in Italia ad esempio va da maggio ad ottobre). I programmi di miglioramento genetico per questo carattere seguono diversi schemi e ciò è compatibile con il mantenimento di un elevato livello di variabilità nella regione che comprende geni relativi all’epoca di maturazione. Ad ulteriore conferma di questa ipotesi, non è stata osservata questa elevata variabilità di sequenza nella stessa regione nelle specie selvatiche P.kansuensis, P. mira e P. davidiana, che non sono state oggetto del miglioramento genetico (Fig. 6; Verde et al., 2013).

Un altro obiettivo del lavoro di risequenziamento delle 15 accessioni di Prunus era quello di valutare gli effetti della domesticazione del pesco. Si suppone che durante la storia di domesticazione del pesco si siano verificati tre colli di bottiglia che hanno portato a una riduzione della variabilità genetica: 1) il primo processo di domesticazione, che si ritiene abbia avuto luogo in Cina circa 4000-5000 anni fa, seguito dall’inizio della moltiplicazione vegetativa; 2) la diffusione del pesco dalla Cina in Europa, attraverso la Persia; 3) la più recente introduzione del pesco negli Stati Uniti (intorno al XVI-XIX secolo), in cui sono state selezionate alcune accessioni (fondatori) da cui derivano la maggior parte delle varietà coltivate occidentali. Per verificare il primo collo di bottiglia, è stata confrontata la diversità nucleotidica dell’accessione di P. davidiana (una specie selvatica allogama) con

44 quella delle accessioni asiatiche di pesco coltivato. La diversità nucleotidica è stata stimata di 4.8 x 10-3 per P. davidiana e di 1.6 x 10-3 per le accessioni asiatiche e questo evidenzia la forte riduzione di variabilità che si è avuta in seguito ai primi processi di domesticazione in Cina.

Analizzando le differenze nei valori di diversità nucleotidica tra le accessioni orientali e occidentali (1.6 x 10-3 e 1.1 x 10-3 rispettivamente), è stato confermato un secondo collo di bottiglia, legato alla diffusione del pesco dalla Cina in Europa e all’attività di miglioramento genetico, che ha portato ad una notevole perdita di variabilità nelle accessioni orientali rispetto a quelle occidentali. Infine, l’ultimo collo di bottiglia è dimostrato dalla perdita di alcuni alleli rari nelle accessioni moderne e ad un decadimento più lento del LD rispetto a quello di altre specie (Verde et al., 2013), quali ad esempio soia, erba medica e Arabidpsis (Lam et al., 2010; Branca et al., 2011; Cao et al., 2011).

Fig. 6 Distribuzione della diversità nucleotidica negli 8 cromosomi di pesco. La linea più esterna rappresenta

la diversità nucleotidica stimata da un campione di 23 genotipi. Le linee più interne blu rappresentano la diversità nucleotidica analizzata nelle specie selvatiche (dall’interno verso l’esterno sono: P. mira, P.

davidiana e P. kansuensis), mentre le altre linee mostrano l’analisi della variabilità nelle altre accessioni di P. persica risequenziate. Da Verde et al., 2013.

45 Il completamento del sequenziamento del genoma del pesco è stato un punto fondamentale per la comprensione dell’evoluzione di questa specie. Grazie alla disponibilità della sequenza completa di pesco, inoltre, si sono moltiplicati gli studi per cercare di individuare geni che controllano specifici caratteri di interesse, quali la resistenza alle malattie, il colore della polpa, il fabbisogno in freddo (Verde et al., 2013).

Il lavoro di sequenziamento del genoma del pesco ha prodotto una sequenza completa ed accurata che può essere utilizzata come riferimento per assemblare il genoma di molte altre specie all’interno del genere Prunus, come albicocco, susino e ciliegio dolce (Verde et al., 2013). Infine, la sequenza di pesco è stata un punto di partenza per costruire strumenti di ricerca molto utili, ossia i chip Illumina contenenti migliaia di marcatori SNP che sono stati sviluppati in pesco (Verde et al., 2012) e in ciliegio (Peace et al., 2012).

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