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Prima di descrivere le caratteristiche essenziali e il funzionamento dello strumento delle società a partecipazione pubblica, occorre soffermarsi ancora un momento sulla disciplina dei servizi pubblici locali.

Sono due le ragioni per farlo; l’approvazione della legge 4 agosto 2006152, n. 248 di conversione del decreto 223/06, (c.d. “decreto

Bersani”) e la predisposizione di un disegno di legge (n. S772) recante delega al governo per il riordino dei servizi pubblici locali153.

Si tratta di atti diversi. Il primo, nel quadro di disposizioni finalizzate al rilancio economico e sociale per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, si occupa all’art. 13 anche di affidamenti in house e di servizi pubblici locali154.

L’altro, rappresenta l’ultima tappa (al momento) della tormentata vicenda che ha investito il sistema dei servizi pubblici locali negli anni scorsi e della quale si è dato conto nelle pagine precedenti.

151 Anche la legge finanziaria 2006 e il d.l. 30 dicembre 2005, n. 373 (decreto “mille proroghe”)

contengono alcune novità in materia di servizi pubblici regionali e locali, in particolare per quanto riguarda il tema della durata degli affidamenti e di ambito di applicazione del sistema dell’affidamento in house relativamente al settore dei trasporti e del ciclo dei rifiuti e idrico. Sul tema A. VIGNERI, Le novità in tema di servizi pubblici regionali e locali, cit.

152 La legge è pubblicata in G.U. n. 186, 11 agosto 2006, Suppl. Ord. 183.

153 Il testo non ufficiale del disegno di legge presentato il 7 luglio 2006 è consultabile sul sito

www.dirittodeiservizipubblici.it.

154 In realtà, il decreto Bersani, anche nella versione definitva, interviene in tema di servizi

pubblici locali anche all’art. 15 (“Disposizione sulla gestione del servizio idrico integrato”), che dispone che all'articolo 113, commi 15-bis e 15-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le parole: «31 dicembre 2006» sono sostituite dalle seguenti: 31 dicembre 2006, relativamente al solo servizio idrico integrato al 31 dicembre 200.

L’impressione155 che però sia il decreto Bersani che il disegno di

riforma dei servizi pubblici locali (peraltro contemporanei) suscitano, ciascuno con le proprie peculiarità, è quella di un ridimensionamento dell’ambito di operatività e dell’incidenza delle società costituite dagli enti locali nell’esercizio di funzioni e nella produzione di servizi.

Per giustificare tale impressione è necessario analizzarli separatamente.

Nella sua versione definitiva, l’art. 13 del decreto Bersani (“Norme per la riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della concorrenza”) al primo comma dispone che, al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti, in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti.

Ciò vuol dire, prosegue l’art. 13, che tali società non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti.

Il principio che ispira la norma è chiaro; la tutela della concorrenza e della parità tra gli operatori, nel rispetto dei quali viene limitata la capacità di azione delle società costituite dagli enti locali, indipendentemente, tra l’altro, dal fatto che la partecipazione pubblica al capitale sociale sia o meno totale.

Ad una prima lettura, però, la norma solleva una serie di problemi interpretativi e pone una serie di domande.

155 Di diverso avviso, R. MANGANI, Il Decreto Bersani risuscita l’in house?, www.giustamm.it,

secondo cui la disposizione contenuta nell’art. 13 avrebbe il senso di indicare agli enti locali a quali condizioni il ricorso al sistema in house sarebbe legittimo (in particolare sotto il profilo della prevalenza dell’attività) e dovrebbe condurre verso una vera e propria “resurrezione” dell’istituto.

La prima; la più importante. E’ giustificabile in via di principio la limitazione della capacità di un soggetto privato156, in vista di una

migliore (si pensa) tutela di principi di rilievo primario?

Sarà affrontato in seguito il tema della natura delle società partecipate da enti pubblici e delle questioni relative all’individuazione della disciplina ad esse applicabile; ma si può subito dire che la dottrina e la giurisprudenza (ordinaria) si sono più volte espresse nel senso di qualificare tali società “private”, come tali sottoposte alla disciplina codicistica, salve le deroghe espressamente previste dal legislatore.

In questo senso, allora, la prescrizione dell’art. 13 colpisce duramente il sistema delle società locali sia in una prospettiva teorica, perché ne rende incomprensibile la ricostruzione (sono società, che però non possono agire come se lo fossero), che in quella più strettamente applicativa.

Poco senso avrebbe per l’ente locale e ancor più per un privato partecipare ad una società così duramente condizionata nel suo campo d’azione e nelle sue scelte imprenditoriali157.

Ciò che colpisce, poi, è anche il carattere di “discriminatorio” di una disposizione, che persegue dichiaratamente proprio l’obiettivo di assicurare la parità agli imprenditori158.

156 Tradizionalmente, tale questione si è posta rispetto al tema dei limiti dell’attività

extraterritoriale delle società a partecipazione pubblica e la soluzione (giurisprudenziale) era stata nel senso di riconoscere la capacità della società di agire oltre i confini dell’ente, nella misura in cui ciò non costituisse una detrazione di risorse per la gestione del servizio in favore della collettività di riferimento (così in particolare il Consiglio di Stato, sez. V, nella nota pronuncia del 3 settembre 2001, n. 4586, in Cons. Stato, 2001, 1, 1949). In generale, sul tema dell’extraterritorialità delle società a partecipazione pubblica, M. DUGATO, La concorrenza e l’extraterritorialità nell’azione delle società a partecipazione pubblica locale, Giorn. dir. amm., 2005, 1051 e segg.; F. GOISIS, I limiti all’attività extramoenia delle società miste locali. Qualche riflessione critica anche alla luce del diritto comunitario, Dir. proc. amm., 2001, 560 e segg.; G. PIPERATA, Tipicità e autonomia, cit., 430-445; M.A. QUAGLIA, La Corte costituzionale e l’extraterritorialità delle società a partecipazione pubblica, Riv. trim. app., 2003, 715 e segg.; ROSSI G., L’ambito territoriale e i rapporti della società con i soci terzi, in F. TRIMARCHI, (a cura di), Le società miste degli enti locali, cit.

E. SCOTTI, Società miste, legittimazione extraterritoriale e capacità imprenditoriale: orientamenti giurisprudenziali e soluzioni legislative a confronto, Riv. Ital. Dir. Pubbl. Com., 2002, 777 e segg.; E. STICCHI DAMIANI, L’attività extramoenia delle società a capitale pubblico privato nella gestione dei servizi locali. Previsioni legislative e orientamenti giurisprudenziali, www.giustamm.it.; R. VILLATA, Pubblici servizi, Milano, 2001, 206-228. La legittimazione all’attività extraterritoriale per le società miste viene confermata ancora di recente da alcune pronunce del giudice amministrativo; tra le altre: Tar Lazio, sez. Latina, 4 agosto 2006, n. 595 del 2006 (www.dirittodeiservizipubblici.it) e Tar Puglia, Lecce, sez. I, 23 giugno 2006, n. 3533, (www.dirittodeiservizipubblici.it) nella quale ci si richiama al pregiudizio della collettività locale di riferimento come limite all’azione extraterritoriale della società.

157 Suscita perplessità, peraltro, l’idea che, ad esempio, società regionali non possano erogare

prestazioni a favore di collettività meno ampie (provinciali, comunali). In questi termini, S. ROSTAGNO, Criticità delle soluzioni, cit.

158 Paradossalmente, osserva, M. R. SPASIANO, Nuovi limiti alle società pubbliche e miste nel decreto

Bersani, www.giustamm.it, l’art. 13 penalizzerebbe quelle tra le società locali, che proprio in virtù della propria capacità imprenditoriale siano in grado di partecipare e vincere gare fuori dai confini degli enti di riferimento.

Perché imporre le limitazioni che si sono dette solo alle società a partecipazione regionale o locale? Che dire, allora, di quelle statali?159

Ancora. Una disposizione del tipo di quella contenuta al comma 1 dell’art. 13 sarebbe stata forse più comprensibile se la si fosse riferita solo alle c.d. società in house.

Se si accoglie l’idea, (sulla quale si tornerà più ampiamente nel capitolo III), che tali società rappresentino una modalità organizzativa dell’ente locale, rispetto alla quale il beneficio dell’affidamento diretto si giustifica solo al ricorrere dei rigorosi requisiti richiesti dalla giurisprudenza comunitaria e dalla legge, si potrebbe anche pensare che la specificità di tali società possa in qualche modo giustificare un trattamento differenziato.

L’art. 13, invece, sembra dar vita ad una nuova tipologia societaria (le definisce ad “oggetto sociale esclusivo”)160, che ben poco sembra aver

a che vedere con le società disciplinate dal codice civile.

In proposito, l’unica spiegazione plausibile può essere che il riferimento all’oggetto sociale esclusivo abbia il senso di consentire la migliore selezione del gestore in sede di gara per l’affidamento del servizio.

In altre parole, l’individuazione di un oggetto sociale esclusivo avrebbe il vantaggio di agevolare la più puntuale definizione dei requisiti di cui la società incaricata del servizio deve disporre.

Sullo sfondo, poi, la disciplina delle società locali introdotta con il decreto Bersani rasenta i limiti dell’illegittimità costituzionale; per esempio per il contrasto delle sue disposizioni con il disposto dell’art. 41 della Costituzione161.

Per il resto, la norma presenta non pochi punti di ambiguità, che lasciano agli interpreti il difficile compito di chiarirne il contenuto. La più grave162 è stata corretta163 in sede di conversione del decreto, quando,

sono state escluse dall’ambito di applicazione della norma le società per la gestione dei servizi pubblici locali.

159 Dello stesso avviso, S. ROSTAGNO, Criticità delle soluzioni e prospettive del decreto Bersani in

tema di modello in house, affidamenti diretti e contratti a valle, www.giustamm.it.

160 Va ricordato che la definizione dell’oggetto sociale nella disciplina societaria presenta non

poca rilevanza ad esempio in sede di omologazione dell’atto costitutivo o di poteri degli amministratori. E’ evidente, allora, quanto pesi l’interpretazione di questo aspetto dell’art. 13. In proposito, sembra più convincente l’idea che l’esclusività dell’oggetto sociale debba servire a rafforzare il vincolo di operatività di tali società solo nei confronti degli enti di riferimento.

161 Lo sottolinea G. GUZZO, Affidamenti in house: dl “Bersani” e ddl di delega n. S-722 del 4 luglio

2006 tra Costituzione e giurisprudenza comunitaria, www.dirittodeiservizipubblici.it

162 Si v., in proposito, le considerazioni di L. MANASSERO, Profili problematici dell’art. 13 del d. l.

4 luglio 2006, n. 223 in tema di affidamenti in house, su www.dirittodeiservizipubblici.it.

163 Lo precisa lo stesso autore sopra citato in un contributo successivo dal titolo, Commento alla

versione definitiva dell’art. 13 del c.d. decreto Bersani come convertito dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, con particolare riferimento agli effetti sull’attività delle società pubbliche locali, su www.dirittodeiservizipubblici.it.

D’altra parte, l’ambito di applicazione della norma non può dirsi, neppure in seguito alle correzioni apportate in sede di correzione, facilmente individuabile.

Non è chiaro, ad esempio, se debbano ritenersi soggette all’applicazione della norma le società che gestiscono servizi pubblici, nel caso in cui abbiano successivamente assunto per gli enti soci la gestione di appalti di servizi, lavori o forniture.

Ancora, potrebbe pensarsi che la formulazione seguita in sede di conversione non abbia altro significato se non quello di escludere per le società incaricate della gestione di servizi pubblici, l’insieme di attività ad essi direttamente riconducibile, con la conseguenza che per le rimanenti attività (solo strumentali alla produzione del servizio) tali società rimangano in ogni caso soggette alle disposizioni in esame.

Evidentemente, la soluzione prescelta comporta una restrizione più o meno significativa dell’ambito di operatività delle società a partecipazione locale non priva di effetti, anche a voler escludere il riferimento alle società per la gestione dei servizi pubblici164.

Non meno problematico è il comma 3 dell’art. 13 dedicato alle conseguenze derivanti dall’entrata in vigore della norma165, in particolare

laddove prevede la severa sanzione della nullità per i contratti conclusi, dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, in violazione delle prescrizioni dei commi 1 e 2166.

Restano validi, conclude, infine, l’art. 13, fatte salve le prescrizioni di cui al comma 3, i contratti conclusi dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, ma in esito a procedure di aggiudicazione perfezionate prima della predetta data167.

E’ possibile, a questo punto, dar conto dell’altro elemento di novità nel panorama dei servizi pubblici locali che si richiamava in apertura di §. Si allude naturalmente alla presentazione di un disegno di legge

164 Si noti che l’esplicita esclusione delle società che gestiscono servizi pubblici non riduce il

grado di incisività delle disposizioni dell’art. 13 sul panorama delle società locali. Viene da pensare in particolare alle società di trasformazione urbana, che si sono già richiamate in precedenza.

165 Le società di cui al comma 1 cessano entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del

presente decreto le attività non consentite. A tal fine possono cedere, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, le attività non consentite a terzi ovvero scorporarle, anche costituendo una separata società da collocare sul mercato, secondo le procedure del decreto- legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, entro ulteriori diciotto mesi.

166 E’ vero, peraltro, che rispetto alla precedente versione del decreto viene inserita una

clausola di salvezza per i contratti “conclusi dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, ma in esito a procedure di aggiudicazione perfezionate prima della predetta data”.

167 Si tratta di una correzione adottata in sede di conversione, nel senso di una gestione più

concernente la delega al governo per il riordino della disciplina dei servizi pubblici locali a rilevanza economica168.

Il progetto di riforma in esso contenuto, oltre a ribadire alcuni dei principi cardine dei precedenti interventi di riforma del settore169, cerca di

riaffermare ancora una volta il principio della gara, come strumento generale di affidamento del servizio170, relegando ad ipotesi eccezionali

sia il ricorso alle società in house che quello alle società miste171.

In particolare, secondo la prima formulazione utilizzata nel disegno di legge, l’utilizzo (sempre eccezionale) delle prime sarebbe legittimo al verificarsi dei requisiti in tal senso previsti dalla legge; il ricorso alle seconde sarà subordinato, invece, a particolari situazioni di mercato ed alla circostanza che il socio venga scelto secondo modalità di selezione (procedure ad evidenza pubblica), direttamente connesse alla gestione ed allo sviluppo degli specifici servizi pubblici locali oggetto dell’affidamento172.

La generalizzazione del principio della gara173 per l’affidamento del

servizio viene poi sorretta da ulteriori principi ai quali dovrà attenersi la

168 Il disegno di legge contiene sia la delega alla riforma dei servizi pubblici locali che delega

per l’adozione di misure finalizzate alla tutela degli utenti dei servizi pubblici locali; ai principi contenuti in quest’ultima si accennerà nel corso del capitolo IV.

169 All’art. 1 oltre al richiamo ai principi di sussidiarietà, concorrenza, leale collaborazione,

libera prestazione dei servizi, viene ribadito il principio per cui rientrano tra le funzioni fondamentali dei comuni le attività finalizzate al soddisfacimento dei bisogni generali della collettività, ma tali funzioni dovranno essere esercitate, ove possibile, attraverso misure regolative, non dunque direttamente di gestione.

170 In particolare, nell’art. 2 del disegno di legge si delega il governo a riformare l’art. 113 in

modo da assicurare:

a) che l’affidamento delle nuove gestioni ed il rinnovo delle gestioni in essere dei servizi pubblici locali di rilevanza economica avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica fatta salva la proprietà pubblica delle reti e degli altri beni pubblici strumentali all’esercizio, nonché la gestione pubblica delle risorse e dei servizi idrici;

b) che solo eccezionalmente sia consentito l’affidamento a società a capitale interamente pubblico, partecipata dall’ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall’ordinamento comunitario per l’affidamento in house;

c) che l’affidamento diretto a società a partecipazione mista pubblica e privata sia consentito ove si riveli necessario da particolari situazioni di mercato.

Opportunamente, poi, l’art. 2 del disegno di legge individua come finalità da assicurare in particolare quella dell’armonizzazione della normativa in materia di servizi pubblici locali e della limitazione secondo proporzionalità, sussidiarietà e razionalità i casi in cui di denegato ricorso al mercato, liberalizzando le altre attività di prestazione di servizi di interesse economico generale.

171 Sono note, peraltro, le difficoltà incontrate dal disegno di legge nell’iter di approvazione a

causa delle resistenze manifestate dai comuni e da alcune forze politiche, che hanno condotto all’approvazione di emendamenti tesi a riconoscere la possibilità per i comuni di ripristinare l’istituto della gestione diretta e in qualche modo mantenere in vita, sia pur a particolari condizioni, la gestione in house.

172 In tali casi come si precisa anche nella Relazione di accompagnamento al disegno di legge

l’ente locale dovrà anche adottare e pubblicare secondo modalità idonee il programma volto al superamento, entro un arco temporale definito, della medesima situazione di mercato.

nuova disciplina dei servizi pubblici locali; la richiesta di una motivazione adeguata da parte dell’ente locale, alla stregua di valutazione ponderata, delle ragioni che impongono di ricorrere alla società mista o in house; il compimento di una preventiva analisi di mercato, soggetta a verifica da parte delle Autorità nazionali di regolazione dei servizi di pubblica utilità competenti per settore, ovvero, ove non costituite, dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ove si dimostri l’inadeguatezza dell’offerta privata e si attesti la necessità del ricorso alla gestione diretta.

I criteri per l’esercizio della delega contenuti nel disegno di legge richiamano, chiarendolo, quanto disposto dall’art. 13 del decreto Bersani, nella misura in cui precisano che: a) le società in house non possono svolgere, né in via diretta, né partecipando a gare, servizi o attività per altri enti pubblici o privati; b) i soggetti titolari della gestione di servizi pubblici locali non affidati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nonché le imprese partecipate da enti locali, affidatarie della gestione di servizi pubblici locali, qualora usufruiscano di forme di finanziamento pubblico diretto o indiretto, non possono acquisire la gestione di servizi diversi o in ambiti territoriali diversi da quello di appartenenza 174.

Sembra, dunque, che anche la futura riforma dei servizi pubblici locali, qualora avesse séguito, sarà nel senso di limitare l’ambito di operatività delle società locali sotto due profili.

L’affidamento del servizio dovrebbe avvenire normalmente a seguito di gara per la selezione del gestore; in ogni caso i soggetti affidatari diretti non possono acquisire la gestione di servizi diversi o in ambiti diversi da quello di pertinenza.

Pur condivisibile nei principi che postula, il disegno di legge in esame sembra lasciare aperte possibilità di un utilizzo delle società miste forse più ampie di quelle auspicate, nella misura in cui ne legittima il ricorso ove ciò sia reso necessario da particolari condizioni di mercato.

Occorrerà verificare, in proposito, in che modo i meccanismi delineati dal disegno di legge (valutazione ponderata, analisi di mercato preventiva..) saranno disciplinati in sede di attuazione della delega e se risulteranno effettivamente efficaci.

In proposito, non può trascurarsi poi che al disegno di legge sono stati proposti alcuni emendamenti, in accoglimento dei pareri espressi dalla Conferenza Unificata e dall’Anci, secondo i quali ancora una volta si compirebbe un passo indietro rispetto a quanto in prima battuta sostenuto, nel senso di lasciare agli enti locali una più significativa autonomia organizzativa da esercitarsi attraverso il ripristino delle

174 Fa eccezione il ristoro degli oneri connessi all’assolvimento degli obblighi di servizio

pubblico derivanti dalla gestione di servizi affidati secondo procedure ad evidenza pubblica, ove evidenziati da sistemi certificati di separazione contabile e gestionale.

gestioni dirette e l’eliminazione del presupposto dell’eccezionalità per il ricorso al modello in house.

Nel continuare a dibattersi tra l’aspirazione al mercato e le resistenze degli enti locali il legislatore non sembra riuscire a sciogliere il nodo della relazione tra mercato e autonomia locale nel settore dei servizi pubblici.

Le questioni che hanno animato il dibattito degli anni scorsi sul tema rimangono per lo più insolute. Lo sforzo del legislatore statale di introdurre una disciplina organica175 della materia, che possa finalmente

far giustizia dello stato di costante incertezza interpretativa che caratterizza il settore lascia perplessi sotto la diversa prospettiva della evidente limitazione dell’autonomia degli enti nella scelta delle modalità

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