prostituzione
4.7.1 Introduzione
Il fenomeno della prostituzione femminile straniera rappresenta un ambito di grande complessità. Prima di tutto da un punto di vista quantitativo: è un fenomeno che risulta difficile stimare, in quanto caratterizzato da una larga sacca di clandestinità e celato dall’anonimato insito in gran parte delle attività illegali. Risulta pertanto complicato capire chi e quante sono le donne coinvolte e identificare le organizzazioni criminali che ruotano intorno ad esse. Oltre alla difficoltà della stima, occorre tenere presente che in questa riflessione concorrono numerosi elementi afferenti ad ambiti diversi. In questo senso, la prostituzione in questione deriva dal risultato dell’incontro di diversi fenomeni sociali, quali l’immigrazione, la tratta degli esseri umani, il sex business. La prostituzione straniera ha caratteristiche totalmente diverse da quella italiana, così come profonde sono le differenze che si possono riscontrare all’interno della stessa dimensione etnico-nazionale, in un’ottica di genere (vale a dire tra prostituzione maschile e femminile), di classe (come per esempio tra le prostitute low cost di strada e quelle invece inserite nei circuiti degli hotel di lusso, con una clientela facoltosa, definite come escort) e anche di età (tra le prostitute maggiorenni e le baby prostitute, minorenni). In sostanza, non esiste una sola prostituzione, ma sarebbe più corretto declinarla al plurale ed analizzarne separatamente ciascun tipo. Seguendo una prospettiva di origine etnico-nazionale, la prostituzione straniera è contraddistinta, nell’immaginario comune, da una connotazione di illegalità. Le donne immigrate, infatti, sono solitamente pensate come soggetti che permangono irregolarmente sul territorio italiano, intrecciando legami con individui appartenenti ad organizzazioni criminali. Queste donne sono spesso invisibili, ma non nel significato letterale della parola. L’immigrazione di donne straniere coinvolte nel mercato della prostituzione, infatti, ha portato, negli ultimi anni, alla formazione di una nuova figura, la prostituta di massa. Descritta generalmente con termini appartenenti al tema dell’invasione, tipico della rappresentazione del fenomeno migratorio, la prostituta di massa ha provocato una rivoluzione nella legge di domanda e offerta del mercato della prostituzione,
offrendo ad un vasto numero di uomini la possibilità di accedervi. Se in passato, infatti, gli uomini dovevano pagare un alto prezzo per una prostituta italiana od erano costretti a spostarsi per effettuare dei tour a scopo sessuale verso i Paesi dell’Europa centrale, orientale e verso i Paesi asiatici e sudamericani (Bimbi 2001), negli ultimi anni si è assistito ad un vero sex drain verso i Paesi occidentali, causando un aumento della concorrenza ed un conseguente abbassamento dei prezzi delle prestazioni. Questo, unitamente ad una più facile localizzazione dei luoghi della prostituzione (soprattutto per quella di strada), ha consentito a questo tipo di mercato di espandersi e di raggiungere una fetta di clientela molto più numerosa che in passato. L’invisibilità, dunque, non consiste nella non-visibilità, in quanto, al contrario, la prostituzione è oggi ampiamente osservabile e diventa elemento quotidiano dello scenario urbano di molte città italiane. L’invisibilità consiste piuttosto in una massificazione del fenomeno nei confronti del quale le istituzioni non agiscono con l’obiettivo di risolvere il problema, ma si limitano ad un semplice spostamento di competenze e di contenuti, come dimostrano i tentativi di soluzione tramite le ordinanze antiprostituzione, di cui si parlerà più approfonditamente in seguito. Le donne coinvolte in questo giro, dunque, non sono al centro del problema. Restano sullo sfondo di un quadro contraddistinto da una notevole quantità di questioni di difficile soluzione, in una rappresentazione di sfruttamento e di anonimato. Al contrario la prostituzione di donne italiane, specialmente prima dell’arrivo delle donne straniere, ha sempre avuto una diversa caratterizzazione: in primo luogo non era contraddistinta da anonimato, ma, al contrario, in molti casi queste donne rivendicavano un nome, attraverso il quale erano facilmente identificabili, ed una maggiore indipendenza. In secondo luogo, la prostituta italiana è in genere pensata come un soggetto che compie consapevolmente questa scelta e la porta volontariamente avanti per molti anni. La prostituta straniera, invece, è spesso rappresentata come un soggetto passivo, che sceglie questo tipo di vita per necessità dettate dalla povertà o da necessità importanti e che ‘resiste’ in questo tipo di professione per il minor tempo possibile. Inoltre, queste donne sono spesso ingannate da una prospettiva di migrazione diversa, sfruttate da soggetti criminali che le costringono alla prostituzione tramite la violenza. Proprio per questa particolare connotazione violenta del percorso, molte donne straniere sono prostitute a breve termine. Si assiste, dunque, ad una circolazione continua di corpi, basata sullo sfruttamento e alimentata dall’attività di organizzazioni criminali. Il panorama del
mercato della prostituzione in Italia è stato dunque profondamente cambiato dall’ingresso di donne straniere: negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso la figura della prostituta è principalmente descritta come soggetto indipendente e dotato di una qualche forma di riconoscibilità. Dalla fine degli anni Ottanta si verifica un flusso importante di donne straniere, soprattutto dall’Africa e dall’Est Europa, che fanno ingresso in Italia tramite visti turistici e vi permangono illegalmente (Danna 2010). Il tipo di inserimento si distingue anche in base alla nazionalità, soprattutto per quel che riguarda la presenza o meno degli sfruttatori, il grado di coercizione ed il luogo dove viene esercitata l’attività (Carchedi 2004). Le prostitute immigrate sono solitamente accompagnate in questo percorso dalla presenza di soggetti che fungono da protettori, legate in un rapporto che può contenere un diverso grado di autonomia e sfruttamento, ma che in molti casi presenta una forte connotazione violenta che tende a prefigurarsi in termini paraschiavistici.
Ma negli ultimi anni si assiste ad un terzo tipo di prostituta, che intrattiene col proprio sfruttatore un rapporto più negoziato e basato sul reciproco riconoscimento di interessi. In questo caso le donne dimostrano una maggiore consapevolezza, fin dall’inizio del percorso migratorio, di ciò a cui andranno incontro, sebbene non siano assenti modificazioni impreviste al progetto che possono spingere la donna a prostituirsi per un periodo maggiore di quanto stipulato o che possano divenire vittime di altri trafficanti e passare da uno sfruttamento concordato ad un tipo di sfruttamento di stampo coercitivo e violento (Carchedi 2009). Si assiste in questo caso ad una forma di auto-assoggettamento consapevole, scelto in vista soprattutto degli ottimi guadagni da poter accumulare nel breve periodo. È interessante notare che le ricerche sul tema evidenziano come questo percorso venga spesso scelto in opposizione ad un altro profilo lavorativo, vale a dire quello dell’assistente familiare, in virtù dei maggiori guadagni che si possono accumulare nel breve periodo. Sulle riflessioni che si possono fare in relazione al ristretto panorama occupazionale che si dispiega per le donne immigrate (che in molti casi si limita ai settori dell’assistenza familiare, del lavoro domestico e al circuito prostituzionale) si ritornerà nelle conclusioni del presente lavoro.
4.7.2 Analisi del profilo
Gli articoli che si concentrano sulla narrazione dei fatti riguardanti le donne straniere implicate nella prostituzione rientrano nella grande maggioranza dei casi nel formato di cronaca (83,3%, tab. 9). Gli approfondimenti riguardano soltanto il 12,2% del totale, mentre il 4,1% degli articoli è sotto forma di intervista. Rimane, infine, una percentuale minima (0,5%) di casi che sono stati raccontati negli articoli di fondo e negli editoriali. Da questi dati è possibile affermare che il tema della prostituzione delle donne straniere viene raccontata dai quotidiani attraverso le cronache (principalmente nera, come si vedrà in seguito), mentre viene lasciato poco spazio all’approfondimento, alla volontà cioè di dare più spessore alla spiegazione del fenomeno. Probabilmente il tema della prostituzione e delle donne vittime di tratta non sono argomenti nuovi e soprattutto rappresentano problemi sociali ai quali le istituzioni non riescono a rispondere e a risolvere, nonostante i proclami e le ordinanze appositamente emanate. Per questo, anche la riflessione giornalistica si ferma ad una semplice narrazione di episodi di violenza, di omicidi, di sfruttamento, mentre l’approfondimento è spesso dedicato agli effetti sortiti dalle ordinanze antiprostituzione emanate dai sindaci di molte città italiane. Raramente si assiste ad una rilettura delle dinamiche migratorie che portano queste donne ad accettare (più o meno volontariamente) di essere messe sulla strada e a vedersi preclusi percorsi di vita che potrebbero indirizzarle ad un destino migliore.
Tab. 9 – Il formato degli articoli riguardanti le prostitute straniere
Formato %
Cronaca 83,3
Approfondimento 12,2
Intervista 4,1
Editoriale/fondo 0,5
Abbastanza sorprendente risulta il dato relativo all’indicazione della condizione giuridica (tab. 10). Nella quasi totalità dei casi essa non viene indicata (92,3%). Da un lato si potrebbe ipotizzare che tale precisazione risulti del tutto superflua ai fini della descrizione degli eventi e dei soggetti coinvolti. Ma dall’altro si è già sostenuto in questo lavoro come una tale indicazione sia in realtà fornita con insistenza per
quanto riguarda la narrazione dei fatti che riguardano gli immigrati maschi, sollevando in questo senso numerose obiezioni sulla legittimità del legame causativo tra condizione giuridica e fatto commesso.
Tab. 10 – La condizione giuridico-lavorativa delle prostitute straniere
Condizione giuridico-lavorativa %
Non indicata 92,3
Clandestina 3,2
Regolare 2,7
Irregolare 1,8
Similarmente a quanto affermato per le assistenti familiari, si ritiene che sia più corretto interpretare questo risultato in riferimento alla specifica condizione nella quale si ritrovano molte prostitute: trattandosi di soggetti che sono pensati nell’immaginario comune come vittime, in uno stato di passività e di costrizione, da un punto di vista morale difficilmente il discorso pubblico può insistere nel colpevolizzare e nel chiedere pene severe così come avviene per i migranti maschi nel momento in cui vengono descritti come autori di reato. Sebbene non manchino, come si vedrà in seguito, casi di prostitute come autrici di reati, la rappresentazione prevalente è quello della donna come vittima della tratta, per mano soprattutto del
racket straniero. Mancando la necessità del nesso che viene spesso evocato per
giustificare a livello politico l’approvazione di leggi repressive – quali il reato di clandestinità – l’indicazione della condizione giuridica viene meno, seppur, anche per questo profilo, la grande maggioranza delle donne si trovi in una condizione di irregolarità o clandestinità. La riflessione viene poi ulteriormente complicata dal fatto che la maggioranza delle donne descritte in questi articoli sono comunitarie e quindi, in questo caso, la discussione riguardante il legame tra clandestinità e sicurezza viene necessariamente meno. Guardando infatti alle nazionalità più rappresentate negli articoli dei quotidiani (tab. 11), le rumene sono nettamente la maggioranza (41,2%); seguono poi a distanza le nigeriane (17%), le albanesi (5%), le cinesi (4,1%) e le brasiliane (3,2%). Chiudono con percentuali minime le ucraine, le russe e le ungheresi (tutte all’1,4%). Gli articoli presentano infine un 13,3% di casi dove la nazionalità non viene indicata ed un 2,8% di casi dove le donne vengono descritte più genericamente come sudamericane.
Tab. 11 – La provenienza nazionale delle prostitute straniere
Nazionalità % Rumena 41,2 Nigeriana 17 Non indicata 13,3 Albanese 5 Cinese 4,1 Brasiliana 3,2 Sudamericana 2,8 Ucraina 1,4 Russa 1,4 Ungherese 1,4
Come accennato nell’introduzione, è possibile individuare diversi sistemi di prostituzione su scala nazionale (Carchedi 2004). I principali sono: a) albanese- rumeno-moldavo; b) nigeriano; c) esteuropeo; d) sudamericano. Il sistema albanese- rumeno-moldavo si basa sul reclutamento forzato di donne alle quali vengono date false promesse di lavoro o matrimonio. La coercizione si esercita mediante l’uso della violenza, del controllo ravvicinato e di minacce di rappresaglie alla famiglia di origine. Nel corso degli anni il controllo degli sfruttatori è divenuto più labile, nell’obiettivo di dare alle donne l’illusione di poter guadagnare margini di indipendenza e di poter gestire un capitale economico da investire in rimesse, riuscendo così a giustificare il sacrificio che viene compiuto. Questa trasformazione vale soprattutto per le prostitute rumene e moldave, mentre per le donne albanesi i recenti cambiamenti vanno in una diversa direzione. Come dimostrano anche i dati appena esposti, la bassa percentuale di donne albanesi rientra in quella tendenza che vede il traffico di queste donne ridursi progressivamente ormai da alcuni anni, in virtù della coincidenza con l’esplosione del traffico delle donne rumene e anche in relazione alla particolare cruenza dello sfruttamento che contraddistingue il racket albanese (spesso ad opera di fidanzati e mariti) che ha indotto le donne a denunciare i propri sfruttatori, ponendo un freno importante a questo fenomeno, spingendo le organizzazioni albanesi a collaborare nel terreno di quelle rumene (Carchedi 2009).
Il modello nigeriano invece prevede la stipula di un contratto, suggellato da rituali
woodoo, in base al quale la donna si impegna a restituire l’indebitamento derivante
dalle spese di viaggio e dai costi dei primi mesi di permanenza nel Paese ospite. Le regole del contratto sono solitamente molto ferree e, in caso di violazione, il debito contratto aumenta. Le donne vengono controllate da una maman, che ha il potere di sanzionare l’eventuale divergenza di comportamento da quanto pattuito e l’ammontare del debito da saldare. L’emigrazione non avviene in maniera forzosa, ma generalmente in maniera consensuale (soprattutto in quanto allettate da false promesse di lavori onesti) ed il contratto si scioglie nel momento in cui viene estinto il debito. Il sistema esteuropeo (che riguarda le donne russe, bielorusse, ucraine, polacche e slovene) non prevede generalmente forme coercitive; le donne stipulano contratti con vere agenzie di viaggio o con agenzie di intermediazione lavorativa che promuovono specifici tour della prostituzione. L’impiego di queste donne è di breve periodo e l’esercizio della prostituzione avviene sia in strada ma soprattutto nei night club e negli appartamenti (anche di lusso). Infine, il modello sudamericano non si differenzia molto da quello esteuropeo: anche in questo caso il reclutamento non prevede forme di particolare violenza; l’attività viene regolata tramite contratti con agenzie intermediarie ed il rapporto con lo sfruttatore viene solitamente regolato dai rispettivi interessi economici stabiliti in partenza. Negli ultimi anni si sta infine affermando un nuovo sistema di prostituzione, molto diverso da quelli appena esposti soprattutto per i luoghi di esercizio. Si tratta della prostituzione cinese, che si effettua principalmente nei luoghi al chiuso, ovvero nei centri massaggi e negli appartamenti. In particolare per quel che riguarda i centri massaggi, le città italiane stanno effettivamente assistendo ad un proliferare di questo tipo di attività. L’inserimento avviene quasi sempre per vie illegali, in maggior parte tramite il visto turistico, attraverso la collaborazione di agenzie e reti criminali. La prostituzione cinese ha contribuito notevolmente ad abbassare i prezzi delle prestazioni ed è contraddistinta sia da un’elevata visibilità (come quella derivante dai centri massaggi) che da una forma più nascosta, effettuata negli appartamenti. Esiste anche una forma minoritaria di prostituzione di strada, le cui tariffe scendono anche a 10 euro per prestazione (Angelucci, Cecchini e Manni 2013).
Passando all’analisi delle azioni che coinvolgono le donne straniere (tab. 12), nel 56,6% dei casi sono vittime di un’azione negativa (percentuale assai più alta rispetto al 29,6% delle assistenti familiari). Questo dato è facilmente intuibile e spiegabile in
riferimento al contesto di sfruttamento e criminalità all’interno del quale la prostituzione si svolge e per l’elevata vulnerabilità di queste donne. Per questa ragione le prostitute sono più esposte rispetto ad altre ‘lavoratrici’ ad episodi di violenza, in riferimento anche ad una concezione inferiorizzante e disumanizzante che le riguarda e che causa la gran parte delle drammatiche storie che si leggono nelle cronache dei quotidiani: «nella prostituzione illegittima (quella delle donne e uomini marginali, soprattutto straniere e stranieri) la violenza non è un’opzione o un accessorio, ma la specifica connotazione della relazione con l’altro» (Dal Lago e Quadrelli, 2003, p. 211).
Rispetto alle assistenti familiari, si abbassano notevolmente le percentuali che inquadrano le donne come protagoniste di un’azione negativa (11,8% rispetto al 22,5% delle badanti), come beneficiarie di un’azione positiva (4,5% contro 10,1% delle badanti) e come protagoniste di un’azione positiva (3,6% in confronto 14,8% delle badanti).
Tab. 12 – Le azioni che coinvolgono le prostitute straniere
Azione %
Vittima di un’azione negativa 56,6
Neutrale/nessuna azione 23,5
Protagonista di un’azione negativa 11,8 Beneficiaria di un’azione positiva 4,5 Protagonista di un’azione positiva 3,6
Approfondendo l’analisi delle azioni descritte negli articoli dei quotidiani, per quanto riguarda le azioni negative di cui le prostitute sono vittime (tab. 12.1), si osserva un quadro prevedibile ed abbastanza desolante: nella quasi totalità dei casi si tratta di azioni delittuose, che implicano un elevato grado di violenza, se non addirittura la morte. Nel 28,2% dei casi le donne sono vittime di violenza fisica, mentre nel 20% degli articoli si parla di prostitute uccise. Lo sfruttamento ad opera di organizzazioni criminali o di singoli uomini riguarda il 20% dei casi ed il 16% è occupato dai casi di violenza sessuale. Terminano la lista delle azioni negative gli eventi nei quali le straniere sono vittime di furti e rapine (5,6%) e di incidenti (4%).
Tab. 12.1 – Prostitute straniere come vittime. Le azioni negative Azione negativa % Violenza fisica 28,2 Uccisione 20 Sfruttamento 20 Violenza sessuale 16 Furto 5,6 Incidente 4 Leggi e regolarizzazioni 3,2
Appare evidente che le percentuali appena esposte narrano episodi di violenza ad opera principalmente degli sfruttatori o dei clienti delle prostitute. In questa ottica non occorre dimenticare come si innestino anche le dimensioni che riguardano il potere ed il dominio maschile sulle donne, dove la violenza assume una forte carica simbolica di elementi razzisti e sessisti insieme, uniti ad un’immagine di inferiorizzazione di donne provenienti da mondi altri (Siebert 2003). Proprio per la particolare connotazione che assume in genere una prostituta straniera, non è raro assistere ad un atteggiamento che giudica di minore importanza una violenza perpetuata nei confronti di un soggetto al quale viene negato ogni tipo di riconoscimento in relazione allo stile di vita scelto, sia da parte dei cittadini che dalle istituzioni e forze dell’ordine (Abbatecola 2006, Massari e Siebert 2007). Gli episodi di violenza sono spesso contraddistinti da una specifica volontà all’umiliazione della donna, ma la particolare ferocia con la quale vengono perpetuati certe azioni non sembrano smuovere istituzioni e opinione pubblica: «le perverse combinazioni di sessismo e razzismo, violenza e inferiorizzazione, distanza e differenza si potenziano reciprocamente nel rapporto, sia pubblico che privato, con la prostituta migrante, tanto da produrre, sia in chi le frequenta (clienti) sia nell’opinione pubblica, una sostanziale indifferenza» (Massari e Siebert, 2007, p. 33). Al corpo della prostituta viene dunque negato ogni riconoscimento, ma, al contrario, si perseguono strategie di asservimento sia fisico che psicologico, come le violenze che si compiono secondo i rituali woodoo per le donne nigeriane o come per gli stupri iniziatici al lavoro di strada che risultano particolarmente denigranti per le donne albanesi le quali conservano storicamente il valore della verginità prematrimoniale (Danna 2010).
All’interno di questo quadro c’è soltanto un’eccezione, che riguarda le azioni negative descritte dalla variabile ‘leggi e regolarizzazioni’, all’interno della quale sono stati ricompresi quegli articoli che descrivono in maniera critica l’azione di alcuni provvedimenti (in particolar modo quelli legati alle ordinanze dei sindaci) che, secondo gli autori di questi articoli, avrebbero un effetto negativo su queste donne. In questi articoli si parla in particolare del problema riguardante lo spostamento del luogo della prostituzione, dalla strada alla casa privata, causato dalle ordinanze che intendono proibire l’esercizio della prostituzione in strada secondo una logica di decoro urbano e di sicurezza per gli automobilisti. Si sottolinea, infatti, che tale spostamento permetterebbe un minore controllo da parte delle istituzioni sulla vita e anche sull’incolumità delle prostitute, in quanto la riservatezza delle abitazioni private consentirebbe una maggiore libertà di agire rispetto alla visibilità della strada. Se si guarda, infatti, agli episodi di cronaca nera riguardanti gli omicidi di prostitute, la maggior parte di essi si svolgono all’interno delle case dove le donne accolgono i propri clienti.
Tornando agli episodi di violenza e di sfruttamento, analizzando gli autori di tali azioni (tab. 12.2), si conferma quanto già detto in precedenza: nella maggioranza dei casi si tratta di un individuo italiano (29,2%), che coincide quasi sempre con il cliente della prostituta o col ‘protettore’. Nel 26,2% dei casi l’autore dell’azione è un connazionale, nella quasi totalità dei casi rappresentato dallo sfruttatore che, come si è affermato nell’introduzione, gestisce l’intero percorso migratorio della prostituta, dal prelevamento dal Paese di origine fino all’inserimento nella società di destinazione.
Tab. 12.2 – Prostitute straniere vittime di un’azione negativa. Gli autori
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