• Non ci sono risultati.

SEI SFIDE PER IL FUTURO POST COVID-19

Nel documento Aree interne e covid (pagine 84-90)

Architetto e urbanista, Stefano Boeri è Professore Ordinario al Politenico di Milano e visiting professor in diverse università internazionali. A Shanghai, è Direttore del Future City Lab alla Tongji University, un programma di ricerca post-dottorato che esplora il futuro delle metropoli contemporanee dal punto di vista della biodiversità e della forestazione urbana. Direttore delle riviste Domus (2004-2007) e Abitare (2007-2011) e autore di numerose pubblicazioni, Stefano Boeri è stato Assessore alla Cultura a Milano dal 2011 al 2013. Da febbraio 2018 Stefano Boeri è Presidente della Fondazione La Triennale di Milano e co-chair del Comitato Scientifico del primo World Forum on Urban Forests, organizzato insieme alla FAO. Il lavoro di Stefano Boeri Architetti spazia dalla produzione di visioni urbane e architetture all’interior e product design, con un costante focus alle implicazioni geopolitiche ed ambientali dei fenomeni contemporanei. L’attenzione al rapporto tra città e natura ha portato nel 2014 all’ideazione del Bosco Verticale di Milano.

85

D

opo il periodo di emergenza COVID-19, che ha messo in luce in maniera forte e inaspettata la grandissima fragilità della nostra spe-cie, è necessario fermarci a pensare se siamo disposti a rientrare in una normalità che ha però al suo interno -forse non le cause prime- ma certamente le concause di questa pandemia.

Oppure se pensiamo di cogliere fino in fondo la potenza di questa tragedia e di provare a pensare ad un modo diverso di abitare il pianeta, le città, gli spazi della vita quotidiana.

Chi fa il progettista, chi cioè lavora sull’anticipazione del futuro degli spa-zi abitati, dovrebbe provare a immaginare un futuro diverso, che vedo non come una rivoluzione ma come un’accelerazione di tendenze già in corso. Mi sembra, in questo senso, che ci siano alcune sfide da affrontare con urgenza.

La prima, non per importanza, ma per facilità, è appunto la de-sincronizza-zione dei tempi di vita dei grandi attrattori di folle (scuole, edifici pubblici, sedi delle grandi aziende): luoghi che devono funzionare su ritmi diversi per evitare congestioni eccessive.

La seconda è la necessità di ripensare gli spazi aperti come luoghi dove non solo il commercio e la mobilità ma anche la cultura, l’intrattenimento e lo sport dovranno potersi esprimere e manifestare, in tutte le stagioni dell’anno.

La terza, relativa alla mobilità, prevede che le sezioni delle strade interne ai quartieri – che dovranno funzionare come “borghi urbani” – vengano ridise-gnate per dar spazio ai dehors, ai pedoni e alle piste ciclabili.

La quarta, forse la più importante, riguarda l’aria delle nostre città: dobbia-mo intervenire drasticamente sulle polveri sottili che hanno creato un danno enorme nell’esporre migliaia di cittadini con fragilità polmonari agli effetti distruttivi del COVID-19. Il che significa intervenire subito sulle caldaie (pen-sando alle pompe di calore e a nuovi sistemi di riscaldamento e di scambio termico come quello con le fognature o i centri-data) e sui vettori privati, accelerando il passaggio ad una mobilità che non utilizzi combustibili fossili, ma energia elettrica o idrogeno.

86

La forestazione, ecco la quinta sfida, è per questo una necessità fondamentale:

i boschi attorno alle città, e sistemi continui di alberature importanti al loro interno, puliscono l’aria assorbendo le polveri sottili, ombreggiano le zone pubbliche evitando riscaldamenti eccessivi, riducono la CO2. E quindi miglio-rano la qualità della vita e della salute pubblica.

Un’ultima grande sfida, che riguarda l’intero Paese, è quella di riabitare le mi-gliaia di borghi abbandonati sparsi nelle campagne e sulle pendici delle Alpi o della dorsale appenninica.

In parallelo al ridisegno delle città secondo la logica dei Borghi urbani e della forestazione, credo sia infatti giunto il momento di lanciare una grande cam-pagna nazionale per riabitare i piccoli centri delle aree interne, che nel pas-sato – in Italia, Francia, Germania, Spagna – hanno presidiato il territorio europeo.

Se vogliamo cambiare l’idea di funzionamento del territorio – oggi costruito in funzione di luoghi centrali basati su principi di condensazione di corpi – dobbiamo necessariamente immaginare una diversa distribuzione della rete e dei servizi per i cittadini ed una collaborazione tra le aree metropolitane ed i borghi. E dobbiamo far di tutto affinché il desiderio, comprensibile, di uno stile di vita diverso, più salubre e prossimo alla natura non si risolva, come negli anni ’80, con la dispersione nel territorio di migliaia di nuove villette e palazzine, in quell’edilizia diffusa, solitaria ed ammassata che ha trasfigurato il paesaggio italiano.

Ripopolare i piccoli comuni delle aree interne significa poter ritornare a vive-re quella condizione di densità di spazi che, sola, cvive-rea una comunità urbana, ma cambiandone la dimensione e l’ampiezza degli spazi domestici e godendo di un rapporto straordinario con la natura e il paesaggio.

Non si tratta dunque di un progetto nostalgico di recupero della dimensio-ne rurale, ma di un progetto contemporadimensio-neo di investimento economico e sviluppo demografico di una parte, troppo a lungo dimenticata, del nostro territorio.

88

Questo per potrà avvenire solo grazie ad un vero e proprio Contratto di Re-ciprocità con le città più vicine. Che dovranno agire in collaborazione, non in competizione, nell’ottica di uno scambio virtuoso sia per i centri urbani che per i comuni di piccole dimensioni sparsi sul territorio.

Ci sono una serie di strategie che vengono di giorno in giorno meglio definite e inserite nelle agende di una serie di politiche nazionali ed internaziona-li ma la questione fondamentale è proprio quella di capire come pensare e come generare questa nuova alleanza, questa nuova forma di gemellaggio che si basa sulla messa in atto si una serie di servizi e di reti, sul modello di quanto si sta sviluppando in Francia con i Contrats de réciprocité della Bretagna.

Non si tratta dunque di ipotizzare una seconda casa o un turismo temporaneo, ma un vero e proprio progetto di riforma dei Borghi storici, che ne ricostrui-sca l’autenticità degli stili di vita, prima che l’identicità delle forme.

Sono tematiche legate alle connessioni virtuali e fisiche: sia quelle digitali che vedono la necessità della banda larga diffusa nel territorio, sia quelle concrete di accessibilità e mobilità, anche in funzione di un sistema di sicurezza sani-taria diffusa, di promozione e valorizzazione delle microimprese culturali e creative. Possiamo, ad esempio, anche immaginare che una parte delle attività necessariamente resterà nelle città e un’altra venga decentrata in luoghi meno densamente abitati: una volta cablati e serviti di reti tecnologiche adatta, i pa-esi, dagli appennini ai laghi, potrebbero essere ripopolati, allentando la morsa su città e uffici.

C’è un enorme debito – pensiamo all’acqua potabile, all’aria pulita, al cibo di qualità, al legno degli arredi, che le città hanno maturato verso le aree interne e i loro piccoli insediamenti.

È arrivato il momento di compensare questo debito con un grande progetto di economia circolare che permetta a chi si sposta a vivere nei borghi storici – sia egli un agricoltore, un intellettuale, un artigiano – di essere stabilmente inserito nei bacini di utenza metropolitani. E di vedere ancora ampliato il de-bito straordinario che avremo verso chi – riabitando i piccoli centri e i borghi – si prenderà cura di un’agricoltura di qualità, dei boschi, del mare, dei laghi, delle coste, del paesaggio ancora bellissimo del nostro Paese.

89

Sono i centri dell’identità artistica e culturale. Porre l’attenzione e intervenire su questi luoghi significa moltissimo: significa riconoscerne il valore e contra-stare il consumo di suolo, dando priorità alla messa in sicurezza di tutte quelle realtà a rischio sismico e di dissesto idrogeologico.

È necessaria una visione molto ampia che conduca alla vera ed effettiva rela-zione tra le grandi città ed i piccoli centri disseminati nel territorio circostan-te. Da tempo avremmo dovuto pensare agli effetti di un atteggiamento aggres-sivo e superficiale, invaaggres-sivo e prepotente sugli equilibri naturali: oggi più che mai le realtà urbane devono assorbire quote di natura, diventando parte di un sistema ambientale, economico e produttivo integrato con i borghi, le aree protette, le zone boschive, montane ed agricole

Non abbiamo bisogni di nuovi presepi, ma di piccole centralità attive, a pre-sidio di un territorio ancora straordinario. Che potrebbe diventare ancora più attraente e attrattivo per un turismo che nei prossimi anni si dirigerà sempre più verso la ricerca dell’autenticità dei luoghi e dei paesaggi, oltre a diventare una risorsa straordinaria per l’intero sistema - Paese.

INDICE

Marco Bussone

LE SFIDE DELLE AREE MONTANE

Nel documento Aree interne e covid (pagine 84-90)