Un viaggio tra le ment
3.1 Uno sguardo d’insieme
Abbiamo visto che il periodo dai tre ai sei anni rappresenta una fase decisiva per la costruzione di relazioni, l’affinamento di competenze, l’ampliarsi delle possibilità di interazione in contesti differenti. E’ in questa fase della vita che i bambini imparano a diventare essere sociali autonomi, capaci di interagire con i coetanei e di utilizzare modalità differenziate di rapporto con gli adulti.
A partire dagli anni ottanta gli studiosi della teoria della mente hanno studiato l’insieme delle conoscenze psicologiche possedute dai bambini in età prescolare e i processi di sviluppo che ne derivano.
E’ generalmente accettato che l’età di quattro anni rappresenti una tappa cronologica di riferimento nel percorso di sviluppo che porta all’acquisizione di una teoria della mente. In particolare numerose ricerche concordano nel considerate questa età come uno spartiacque, l’età in cui il bambino diventa consapevole dell’esistenza del pensiero e comprende che l’essere umano agisce anche in base a stati interni che è possibile interpretare e comprendere. Per alcuni studiosi questa consapevolezza risulta essere strettamente legata all’acquisizione del linguaggio e allo sviluppo di competenze comunicative, relazionali e simboliche: il bambino è adesso in grado di esprimere pensieri, sentimenti, desideri e di comprendere stati emotivi e credenze di altre persone.
Gli studi sulla teoria della mente hanno messo in evidenza l’importanza della socialità infantile: relazioni nel gruppo dei pari con fratelli e compagni aiutano e consolidano la capacità dei bambini di leggere la mente altrui85. Sebbene il legame con la famiglia rimanga ovviamente forte e fondamentale, durante l’età prescolare il
85 Cfr. J. Perner, T. Ruffman, S.R. Leekam, 1995, La teoria della mente è contagiosa: si prende dai
fratelli, in O. Liverta Sempio, A. Marchetti, 1995, Il pensiero dell’altro. Contesto, conoscenza e teoria della mente, Milano, Raffaello Cortina, pp. 447-465; J. Dunn, 1988, The beginning of Social Understanding, Cambride, Mass., Harvard University Press, trad. it. La nascita della competenza sociale, 1990, Milano, Raffaello Cortina.
bambino fa esperienza di altri luoghi e di altre relazioni che lo aiutano a costruire la propria identità attraverso lo sviluppo di competenze sociali e affettive.
Come abbiamo visto, all’interno di un approccio contestualistico alla cognizione a all’apprendimento, viene sottolineato il carattere relazionale dell’attività cognitiva e il valore del contesto (fisico, culturale, sociale) come concorrente allo sviluppo e alla cognizione. La costruzione della conoscenza sarebbe quindi un processo situato storicamente e socialmente, all’interno del quale i significati vengono continuamente negoziati e condivisi.
Anche gli studi sulla teoria della mente sono stati coinvolti in questo mutamento di prospettiva. Possiamo individuare due fasi che corrispondono a due diversi approcci alla ricerca:
• nella prima fase (dagli studi di Premack e Woodruff, 1978) l’interesse principale è stato quello di individuare e documentare i cambiamenti legati all’età nello sviluppo concettuale del bambino in età prescolare attraverso l’uso di metodi sperimentali per indagare la comprensione infantile dei concetti mentalistici, soprattutto quello di desiderio e credenza. Questi studi, che si sono occupati dell’indagine evolutiva dello sviluppo cognitivo dei bambini fra i 2 e i 5 anni, hanno dimostrato che i bambini, all’incirca fra i 4 e i 5 anni, sono in grado di superare il test della falsa credenza, di riconoscere, cioè, che qualcuno può possedere una falsa credenza riguarda a una situazione e che le credenze possono cambiare;
• accanto all’analisi delle prestazioni dei bambini in compiti sperimentali, nella seconda fase di studi, si è passati ad esaminare l’elemento di co-costruzione
della conoscenza e l’apporto del sociale nelle sue varie manifestazioni. L’attenzione dei ricercatori si è rivolta all’esame dell’ambiente sociale dei bambini e dei loro comportamenti nel mondo reale. La ricerca sulle differenze individuali ha influenzato anche il dibattito sulle conseguenze dell’acquisizione di una teoria della mente e ha portato verso una crescente attenzione ai rapporti fra acquisizione del linguaggio e sviluppo di una teoria della mente: il raggiungimento del linguaggio verbale consentirebbe di
conquistare una crescente capacità di manipolare i rapporti interpersonali e di agire sugli stati mentali degli altri per modificarne i comportamenti.
Oggi gli studi sulla teoria della mente fanno capo essenzialmente a due prospettive teoriche. La prima è rappresentata dalla psicologia storico-culturale di derivazione vygotskiana; si concentra sui temi dello sviluppo cognitivo, afferma l’origine socioculturale dei processi psichici e sostiene che la cognizione si forma attraverso la partecipazione all’individuo alle pratiche sociali della cultura di riferimento (Bruner, Astington, Tomasello). La seconda prospettiva si riferisce alla teoria dell’attaccamento di Bowlby e si concentra sullo sviluppo dei primi stati affettivi e della loro conseguenza sulla vita relazionale successiva: la relazione positiva con la madre determinerebbe una riuscita migliore nei compiti di comprensione degli stati mentali (Meins, Fonagy).
Il punto in comune fra le due prospettive è rappresentato dall’analisi della peculiare modalità interattiva fra bambino e caregiver che si basa sulla tendenza a trattare il bambino, fin dalla nascita e dalle prime interazioni, come soggetto attivo e dotato di intenzioni, desideri, sentimenti, aspettative, credenze.
Prima di prendere in esame le due prospettive descriveremo sinteticamente i contenuti di ricerca e i modelli teorici che sono stati oggetto di analisi degli studi sulla teoria della mente dalla fine degli settanta in poi, quando Premack e Woodruff, nel 197886, pubblicarono il celebre lavoro sulla capacità dei primati di prevedere il
comportamento umano in situazioni finalizzate ad uno scopo.
86 Premack e Woodruff hanno sottolineato il significato concettuale dell’acquisizione della teoria della
mente: «Dicendo che un individuo possiede una teoria della mente, intendiamo che l’individuo attribuisce stati mentali a sé e agli altri. […] Un sistema di inferenze di questo tipo viene propriamente considerato una teoria, primo perché tali sistemi non sono direttamente osservabili, e secondo, perché il sistema può essere utilizzato per compiere delle predizioni, specificamente sul comportamento degli altri organismi». Cfr. D. Premack, G. Woodruff, 1978, Does the Chimpanzee Have a Theory of Mind?, in “The Behavioral and Brain Sciences”, 1, p. 515. Hobson e altri, in anni successivi, discutono criticamente l’uso del termine teoria per riferirsi a questo tipo di conoscenza infantile. Cfr. P.R. Hobsom, 1991, Contro la teoria della «teoria della mente», in O. Liverta Sempio, A. Marchetti, (a cura di), 2004, Teoria della mente e relazioni affettive, Torino, Utet.