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UNO SGUARDO FOTOGRAFICO

In alto, e a sinistra e a destra, alcune immagini della V" Circoscrizione,

Il Servizio Certificazioni Anagrafiche del comune di Campobasso

(2 giugno 1990). Il Centro di Elaborazione Dati del Comune di Campobasso (2 giugno 1990).

PARTE SECONDA INFORMATICA E COMUNICAZIONE: ASPETTI DELLA TRASFORMAZIONE

Capitolo Quarto

COMUNICAZIONE E SERVIZI Ricognizione e Progetti

di Maurizio Bettazzi

Premessa

La vita di ogni cittadino è costellata da innumerevoli contatti con la Pubblica Amministrazione, ciascuna sfera della nostra esistenza è spesso regolata da norme e procedure amministrati-ve. Tutto ciò contribuisce a formare un tessuto comunicazionale che è presente e ben sedimentato, e che riguarda, in definitiva, il rapporto tra noi, cittadini, e lo Stato.

Potremmo essere indotti a pensare che esiste un continuo flusso di scambio di informazioni tra i cittadini e lo Stato, ma la realtà sembra non confermare questa affermazione.

L'etimo della parola ci dice che il concetto di comunicare è in relazione con la funzione di rendere partecipi, attivare un pro-cesso di scambio; sotto questo profilo ci pare che i rapporti tra cittadini e Pubblica Amministrazione appartengano sempre più alla patologia della comunicazione.

Scarsa pubblicizzazione delle norme, interminabili adempi-menti burocratici, moduli oscuri, personale demotivato, tutto ciò non contribuisce certo a creare le condizioni perché si possa verificare quel processo di scambio di cui si è detto.

Nella realtà di questi anni la necessità di comunicare ha ac-quistato una importanza sempre maggiore tra le diverse attività che una organizzazione deve svolgere per sopravvivere e svilup-parsi. L'incremento dei canali comunicativi, il progresso tecno-logico che ne accompagna lo sviluppo ed il crescente consumo dei mezzi di comunicazione hanno profondamente mutato il ruolo sociale della comunicazione. Essa non è più soltanto uno degli aspetti della convivenza, ma ne è bensì divenuta una con-dizione fondamentale in grado di modificare la struttura degli aggregati collettivi e di influenzarne le forme di vita.

so-ciale senza svolgere un ruolo primario anche nella comunicazio-ne. Tuttavia uno sguardo alle interazioni tra l'istituzione-Pub-blica Amministrazione e l'istituzione-media rivela scarsi mo-menti di contatto. Se si fa riferimento ai meccanismi utili alla regolamentazione del comportamento dei cittadini nei confronti della Pubblica Amministrazione, ci si rende conto di come que-sti si rifacciano in maniera primaria e quasi esclusiva ad un si-stema di sanzioni negative, che ha messo in secondo piano alcu-ne pratiche — apprendimento e interiorizzazioalcu-ne di criteri di comportamento — e ne ha completamente ignorate altre — tra-smissione delle informazioni, utilizzazione dei media, comuni-cazione pubblicitaria.

1. Il problema-comunicazione

Gli sforzi di aggiornamento legislativo, una maggiore atten-zione da parte dei dirigenti ai problemi comunicativi — come traspare da alcune interviste e dai materiali raccolti negli uffici pubblici —, non elimina di certo le enormi difficoltà dei rappor-ti tra i cittadini e la Pubblica Amministrazione.

Nella generalità dei casi possiamo dire che la Pubblica Ammi-nistrazione viene percepita come un complesso sistema di pote-re, con la sua richiesta ininterrotta di atti e procedure quasi sempre incomprensibili alla maggior parte degli utenti. La rot-tura del flusso di comunicazione che dovrebbe legare e connet-tere la vita dei cittadini dell'Amministrazione sembra essere l'effetto della trasformazione di quest'ultima da grande appara-to di servizio in sotappara-to-sistema di potere. Caratteristiche come la poca trasparenza ed il minimo di informazioni sembrano

accom-pagnarsi nello scopo di difesa del potere medesimo1.

Di fronte a questa situazione si pone l'interrogativo se la Pub-blica Amministrazione possa risolvere i suoi problemi con i cit-tadini aumentando gli investimenti da riservare alla comunica-zione.

L'esigenza prioritaria per rendere credibile qualsiasi azione comunicativa appare quella di ricostruire rapporti di scambio, erogazioni di servizi e richieste di prestazioni all'insegna della

chiarezza e della trasparenza. Soltanto un riorientamento dei rapporti erogatori-utenti può creare un solido retroterra sul qua-le fondare una gestione dei servizi attenta ai suoi compiti infor-mativo-comunicativi.

Parlare, dunque, di comunicazione della Pubblica Ammini-strazione senza parlare di marketing dei servizi pubblici — inte-so come insieme di strategie orientate e mirate alla realizzazione di un rapporto sistematico tra l'azienda ed il suo pubblico — si rivela un modo incompleto e parziale di affrontare il problema.

2. Il marketing dei servizi pubblici

Ormai da molti anni la trasformazione della cultura industria-le ha esteso sempre più l'influenza delindustria-le procedure e delindustria-le tecni-che del marketing dal settore dei beni di largo consumo ai pro-dotti intermedi ed ai servizi. Questa migrazione ha infine rag-giunto anche ambiti molto lontani dai primi come, ad esempio, i servizi pubblici. Una egemonia del marketing che ha conseguen-temente ampliato i campi di applicazione dei suoi strumenti, tra i quali riveste un ruolo primario la comunicazione.

Accettare questa premessa non significa, tuttavia, sposare acriticamente la causa del marketing: è necessaria una corretta contestualizzazione del problema. Cosa significa parlare di mar-keting e quali implicazioni porta con sé la sua applicazione ai servizi della Pubblica Amministrazione in funzione della varia-bile comunicazione?

La prima conseguenza dovrebbe essere una maggiore atten-zione verso l'utente e verso tutti i canali che ottimizzano il rap-porto con esso. Una maggior cura, quindi, nei riguardi di tutto ciò che concerne le modalità di interazione con i cittadini.

Se accettiamo di concepire la comunicazione come lo stru-mento in grado di fare giungere l'utente nel migliore dei modi al «momento della verità», cioè al contatto erogatore-utente, anco-ra molto resta da fare: dalla pubblicazione di norme e procedure alla segnaletica interna agli uffici, fino alla gestione del persona-le allo sportello.

for-male dichiarazione pro-utente — il discorso sul marketing si fa più complesso.

Innanzitutto il problema della trasferibilità del marketing — nato e sviluppatosi con l'impresa industriale e nell'ambito del mercato dei beni di largo consumo — alla Pubblica Amministra-zione. Secondo l'opinione di alcuni autori non si tratta affatto dello stesso marketing. Infatti, quando a seguito di un articolo di Kotler e di Levy (1969), si incominciò a parlare di marketing

for non-profits organisations, lo si fece soprattutto sulla base delle

diverse condizioni in cui operano le amministrazioni pubbliche americane, che godono generalmente di una maggiore autono-mia gestionale e che hanno un più diretto collegamento con il mercato.

Secondo Vicari2, il marketing non può essere applicato

sem-plicemente ovunque vi sia un processo di scambio; insieme a questo è, infatti, necessario che ci sia un mercato, vale a dire che vi sia un terzo elemento oltre ai due che effettuano lo scam-bio e cioè un concorrente.

Il marketing dei servizi pubblici è, o dovrebbe essere, caratte-rizzato da un insieme di tecniche che solo relativamente, quin-di, ricordano quelle dell'impresa industriale e le cui differenze maggiori — mancanza di concorrenza, assenza di finalità di red-dito — si ripercuotono naturalmente sugli obiettivi di comuni-cazione. In effetti questi ultimi si differenziano da quelli del settore privato: informare il pubblico, spiegare i motivi di alcu-ne scelte, ottealcu-nere spirito di collaborazioalcu-ne non è la stessa cosa che lanciare un prodotto, accrescere la sua notorietà o aumenta-re il fatturato.

3. Le strategie di comunicazione nei servizi pubblici

L'individuazione dei principali elementi che configuarano la natura e le caratteristiche dei servizi è, quindi, un punto essen-ziale per procedere nella descrizione delle modalità di comuni-cazione.

Chi acquista un servizio, sia nel settore pubblico che in quello privato, riceve la promessa di un certo comportamento la cui

ef-ficienza dipenderà dall'organizzazione che gestisce il servizio stesso. Mancano nel settore dei servizi tutti quegli elementi che smorzano la conflittualità esistente nella relazione tra venditore e acquirente: in particolare, la concretezza del prodotto e la

spe-rimentabilità delle sue prestazioni3. Si tratta di una relazione in

cui i contraenti si trovano faccia a faccia. Il cliente dei servizi affronta l'atto di acquisto elaborando, in genere, una strategia il cui unico obiettivo è la riduzione del rischio: da una parte la ri-cerca di informazioni e rassicurazioni attraverso la consultazio-ne informale di esperti e amici, dall'altra la scelta, quando que-sta è possibile, dell'organizzazione che gode di migliore fama e può dare maggiore affidamento.

Le aziende dei servizi sono di solito consapevoli di ciò: si trat-ta di comunicare qualcosa che si riferisce ad un bene intrat-tangibile, molto esposto alla soggettività e non facilmente ostentabile. Proprio per questo nelle aziende di servizi operanti a livello pri-vato la strategia di comunicazione è molto spesso centrata sui valori di marca. E sempre presente il tentativo di agganciarsi a qualcosa di concreto per superare i problemi di cui parlavamo; tuttavia le aziende, nel loro primo approccio al cliente, cercano di offrire immagine, garanzia e fiducia.

Se questo è vero nella maggior parte delle aziende che opera-no nell'ambito del mercato, il discorso ci sembra diverso per i servizi pubblici. Il rapporto che prima abbiamo definito di alta conflittualità nel caso dei servizi pubblici è ancora più proble-matico. Il quasi monopolio di cui gode la Pubblica Amministra-zione — in settori che, tra l'altro, risultano essere vitali per la vita di ogni cittadino — impedisce la scelta da parte degli uten-ti, provocando così un generale aumento dell'aggressività e delle differenze che caratterizzano la domanda dei servizi. Inoltre, la pratica di ricorrere, come abbiamo visto nel settore privato, ai valori di marca è spesso impraticabile per i servizi pubblici: l'immagine è, infatti, il punto di maggiore debolezza.

Quanto detto crediamo possa contribuire a mettere in luce come la variabile comunicazione va inquadrata all'interno di un processo che possiamo definire di «marketing specifico» per i servizi pubblici. Ciò significa conoscere gli obiettivi dell'offer-ta, mirarla alle caratteristiche della domanda e al suo

soddisfaci-mento e quindi riuscire a promuovere programmi di ricerca atti-va sul pubblico. Studio dei bisogni ovvero apertura di canali di consultazione del pubblico al fine di stabilire un nuovo tipo di relazione tra quest'ultimo e l'Amministrazione. Infatti, comu-nicare significa non soltanto curare il proprio messaggio ed at-trezzarsi affinché esso arrivi al destinatario in modo chiaro e comprensibile — obiettivo prioritario e indispensabile — ma anche essere ricettivi nei confronti del processo comunicativo di ritorno, del feed-back. L'azienda di servizi deve, dunque, aprirsi al pubblico attraverso canali di comunicazione nei quali far con-fluire non solo, o non tanto, lagnanze e proteste quanto opinioni e suggerimenti.

Il superamento di atteggiamenti datati di cui parlano Bon e

Louppe4 — «pendant longtemps les services publics ont donc pu

ignorer les besoins du public en se retranchant derrière la notion d'intéret général et en profitant de leur indépendance vis-à-vis du marché» — nasce dalla consapevolezza che l'analisi dei biso-gni e delle aspettative dei consumatori possono essere il motore per la trasformazione della stessa Amministrazione. Del resto, l'efficacia di qualsiasi forma di comunicazione dipende in buona misura dalla conoscenza che si possiede dei destinatari della co-municazione stessa.

4. La comunicazione e gli uffici pubblici

Il tessuto comunicativo esistente tra un'istituzione e gli attori sociali che ad essa si rivolgono è il prodotto di una pluralità di fattori. Gli edifici, gli arredi, le facce di chi è preposto agli spor-telli comunicano alla stessa maniera dei carspor-telli, degli opuscoli e dei manifesti. Tutto ciò evidenzia come la funzione del comuni-care debba essere affrontata in maniera globale e strategica da parte di qualsiasi organizzazione che voglia conquistarsi la fidu-cia del consumatore-utente.

Se da una parte oggi è possibile registrare una maggiore sensi-bilità ed una più esplicita volontà di prestare attenzione alla co-municazione per cancellare l'immagine di un atavico immobili-smo e per superare le barriere che da sempre ostacolano il

rap-porto tra Pubblica Amministrazione e cittadini, dall'altra parte il problema più rilevante diventa proprio come lavorare in que-sta direzione. In una società in cui l'individuo è sommerso da una pluralità di codici e di messaggi comunicativi, l'attenzione non può più essere centrata soltanto sul «cosa» comunicare ma anche sul «come» (gli strumenti, le metodologie, i linguaggi) e sul «chi» (persone competenti e formate alla «cultura della co-municazione» e alla gestione dei rapporti).

Nonostante la crescente sensibilità verso questi temi, la pre-senza, in vari enti, di nuovi progetti orientati in tal senso, che testimoniano una predisposizione al cambiamento, se introdu-ciamo lo sguardo all'interno degli uffici della Pubblica Ammini-strazione, ci rendiamo conto che ancora molto è il lavoro da fare per modificare la relazione che intercorre tra cittadini e Pubbli-ca Amministrazione.

Gli edifici non sono mediamente tra i più moderni e attrezza-ti, gli arredi non sembrano avere un'origine recente. Più in ge-nerale si nota come tutto ciò che dovrebbe guidare i cittadini nei loro percorsi burocratici — dai moduli alle ordinanze, dagli av-visi alle scadenze, alla segnaletica — ha il carattere della provvi-sorietà e sembra esibito più per uno scrupolo di coscienza di qualche volenteroso dipendente che per informare effettiva-mente i cittadini. Delle interviste effettuate agli utenti e agli sportellisti risulta evidente la centralità dell'informazione. I primi chiedono di essere guidati, i secondi lamentano l'imprerazione dei cittadini davanti agli sportelli. Sembra, quindi, pa-radossale riscontrare come a fronte di queste lamentele non fac-ciano seguito adeguati provvedimenti, strumenti operativi, pic-coli accorgimenti per colmare questa vistosa lacuna.

5. Gli uffici pubblici e gli spazi informativi

A tal proposito ci sembra opportuno riportare alcune osserva-zioni ed alcuni brani delle interviste — realizzate all'interno de-gli uffici pubblici — relativi a quella che si può definire la comu-nicazione quotidiana, immediata, operativa.

visita-ti, a parte qualche rara eccezione, è caratterizzato da alcune co-stanti: a) assenza di una adeguata predisposizione di spazi infor-mativi; b) mancanza di omogeneità dei formati, dei caratteri e dei simboli; c) formule espressive oscure.

a) Assenza di un'adeguata predisposizione di spazi informativi

La consapevolezza — emersa dalle interviste, dalle dichiara-zioni, dai progetti — che l'informazione è sempre più una risor-sa indispenrisor-sabile e strategica nella programmazione e nella ge-stione dei servizi e che un miglioramento di questi può essere soltanto il risultato di una efficace integrazione tra organizza-zione, risorse umane, tecnologia e informaorganizza-zione, non sembra, però, aver già prodotto i suoi frutti.

La maggior parte degli uffici pubblici da noi visitati manca totalmente di spazi informativi. Quando presenti, essi vengono relegati in spazi ristretti e poco confortevoli; percepiti più come un favore, un di più che viene offerto piuttosto che come parte-cipazione e diritto del cittadino, vero interlocutore della comu-nicazione pubblica; affidati a personale addetto ad altri uffici o ad uscieri, con il risultato di non risolvere i problemi ma addirit-tura di aggravarli, deteriorando ulteriormente l'immagine del-l'organizzazione del servizio.

«Avviso al pubblico»

«Si forniscono informazioni soltanto agli interessanti e a persone muni-te di delega o di mandato di rappresentanza».

«Qui non si capisce niente, guardi i cartelli, li cambiano continuamen-te ... neanche si leggono ... sono andata a fare un certificato ... sbaglio il modulo e l'impiegata mi tratta malissimo ... vado dall'usciere per le informazioni e per farmi aiutare e lui dice che vuole mille lire ...».

Eppure, dalle nostre interviste emerge una insistente richie-sta dello «sportello informativo», quale efficace strumento sia per una migliore conoscenza da parte del cittadino della struttu-ra organizzativa e della sua offerta sia per contribuire a creare una nuova immagine di efficienza e funzionalità:

«bisogna migliorare l'informazione. Il problema è che a volte noi stessi non siamo informati».

«I cartelli sono generici, bisogna sempre chiedere informazioni ... e qui entra in gioco la competenza degli addetti».

«Le disfunzioni partono dall'informazione ai cittadini ... si dovrebbe-ro utilizzare più mezzi e strumenti».

«L'unico suggerimento che mi sento in grado di fornire riguarda l'in-formazione. Penso che si potrebbe e dovrebbe fare di più. Se si predi-sponessero degli agili strumenti di informazione, credo che si risolve-rebbero molti problemi».

Sportelli informativi, indicazioni, avvisi, operatori addetti a funzioni di informazione e orientamento, eviterebbero, inoltre, inutili code e perdite di tempo, facilitando così l'importante ap-proccio iniziale nonché favorendo l'accessibilità e la facilità di contatto, fattori determinanti nella percezione da parte dei cit-tadini della qualità del servizio e di una gestione orientata al cittadino/cliente.

«Non ci sono avvisi, cartelli, informazioni. Entri in ufficio ed è un'in-cognita, vai allo sbaraglio».

«Si capisce dove e come bisogna fare solo se già si sa a chi chiedere ... altrimenti devi farti due o tre file prima di indovinare quella giusta».

Non sempre la chiarezza del messaggio — come vedremo me-glio in seguito — l'affidabilità e la certezza sembrano essere i principi ispiratori. Pertanto, la presenza di cartelli in contraddi-zione tra loro (in una segreteria universitaria tre avvisi danno tre scadenze diverse per la consegna dei piani di studio; l'ultimo di questi era affisso all'interno della segreteria e quindi visibile solo a coloro che stavano già presentando il piano di studi) non soltanto nega il criterio fondamentale di ogni informazione e co-municazione: una credibilità e una affidabilità di base, ma legit-tima e motiva giudizi di insoddisfazione e manifestazioni di sfiducia:

«non mi fido dei cartelli affissi, spesso sono arretrati. Chiedo agli spor-telli tutte le informazioni che mi servono».

Cartelli ed avvisi pubblici convivono con cartelli affissi dai privati un po' dappertutto; una notevole quantità di avvisi

inu-tili e poco pertinenti finisce per soffocare i cartelli più impor-tanti che spiegano determinate procedure da seguire.

«Le aziende venivano lì e appendevano gli avvisi. Se andate a vedere ora non c'è più niente di tutto questo, perché noi siamo un posto pub-blico e un'azienda se vuol fare un'offerta di lavoro la dà a noi, noi valu-tiamo la serietà e la pubblicizziamo come pre-selezione».

Queste affermazioni di una responsabile di un ufficio di collo-camento testimoniano una sensibilità ai problemi dell'informa-zione al pubblico. Tuttavia, tale sensibilità — come afferma la stessa responsabile — trova spesso forti ostacoli di carattere or-ganizzativo e burocratico:

«quando sono venuta qui (dopo aver seguito un corso per formatori di addetti agli spazi informativi) la mia prima intenzione era quella di partire subito con un bellissimo spazio informativo ... ci siamo scon-trati con problemi di struttura ... tutto si è risolto in una sensibilizza-zione individuale ... sulla buona volontà mia e delle persone che lavo-rano con me».

«Lo spazio informativo è un lusso ... non abbiamo i soldi per fare una grande bacheca; non abbiamo i soldi e il tempo ... non posso fare tutto io, ovviamente».

La sensibilità verso questi problemi e l'esigenza di cambiare non possono essere affidati alla buona volontà del singolo indi-viduo, sia pure responsabile o dirigente. Necessitano, al contra-rio, di un coordinamento e di una visione globale e generale del problema. La professionalità del singolo deve trovare terreno fertile in un'organizzazione globalmente sensibile all'importan-za della comunicazione e dunque capace di incentivare, suppor-tare e collegare iniziative altrimenti isolate quando non addirit-tura impossibili da promuovere e avviare a causa di piccoli pro-blemi burocratici, carenza delle più elementari strutture, inca-pacità gestionali.

b) Mancanza dì omogeneità dei formati, dei caratteri e dei simboli

Si è già accennato alla necessità di dover prestare attenzione — di fronte ad un pubblico oggi sempre più competente nella decodifica di messaggi verbali e visivi — non soltanto al conte-nuto della comunicazione ma anche al come comunicare e dun-que agli strumenti e alle modalità.

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