• Non ci sono risultati.

e della sicurezza internazionale secondo la disciplina del Capitolo VIII della Carta delle Nazioni Unite

una soluzione di compromesso, che realizza l’equilibrio tra lo svi- luppo della dimensione locale-regionale dei meccanismi di risoluzione pacifica delle controversie e la salvaguardia della dimensione univer- sale nella gestione del ricorso alle armi.

Tale soluzione, tuttavia, ha dovuto con il tempo confrontarsi con nuove dinamiche politiche. In particolare, nonostante si sia presto e della sicurezza internazionale è copiosa. Oltre ai testi a cui si fa riferimento pun- tuale, si ricorda: A. von Freytagh-Loringhoven, Les ententes régionales, in RCADI, 1936, vol. 56, pp. 585-677; R. Monaco, Regionalismo internazionale e Nazioni Unite, in CI, 1947, pp. 344-352; P. Vellas, Le régionalisme international et l’Organisation

des Nations Unies, Pedone, Paris 1948; G. Bebr, Regional organizations: a United Nations Problem, in AJIL, 1955, pp. 166-184; R. Monaco, La fase attuale del re- gionalismo internazionale, in CI, 1957, pp. 191-209; J.W. Halderman, Regional enforcement measures and the United Nations, in GLJ, 1963-1964, pp. 89-118; A.

Eide, Peacekeeping and enforcement by regional organizations, in JPR, 1966, pp. 125-145; L.B. Miller, Regional Organization and the Regulation of Internal Con-

flict, in WP, 1967, pp. 582-600; R.A. Akindele, From the Covenant to the Char- ter. Constitutional relations between universal and regional organizations in the pro- motion of peace and security, in IsrLR, 1973, pp. 91-122; B. Andemicael (Ed.), Re- gionalism and the United Nations, Sijthoff & Noordhoff, Alphen aan den Rijn 1979;

J. Wolf, Regional Arrangements and the UN Charter, in EPIL, 6, 1983, pp. 289- 295; B. Rivlin, Regional Arrangements and the UN System for collective security

and conflict resolution: a new road ahead, in IR, 1992, pp. 95-110; C.J. Borgen, The theory and practice of regional organization intervention in civil wars, in NYUJILP,

1994, pp. 797-835; M. Barnett, Partners in peace? The UN, regional organizations

and peacekeeping, in RIS, 1995, pp. 411-433; U. Beyerlin, Regional Arrangements,

in R. Wolfrum (Ed.) United Nations: law, policies and practice, Martinus Nijhoff, Dordrech 1995, pp. 1040-1051; G. Gaja, Sul ruolo delle organizzazioni regionali nel

sistema attuale delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace, in Panorami,

1995, pp. 1-6; M. Alagappa, Regional Institution, the UN and international secu-

rity: a framework for analysis, in TWQ, 1997, pp. 421-441; A Gioia, The UN and regional organizations in the maintenance of peace and security, in M. Bothe, N.

Ronzitt, A. Rosas (Eds.), The OSCE and maintenance of peace and security. Con-

flicts prevention, crisis management and peaceful settlement of disputes, Kluwer Law,

The Hague 1997, pp. 191-236; C. Gray, Regional arrangements and the United Na-

tions collective security system, in H. Fox (Ed.), The changing constitution of the United Nations, British Institute of International and Comparative Law, London

1997, pp. 91-117; J. Cardona Llorens, La coopération entre les Nations Unies et

les accords et organisme régionaux pour le règlement pacifique des affaires relatives au maintien de la paix et de la sécurité internationales, in Aa.Vv., Boutros Boutros- Ghali amicorum discipulorumque liber: paix, développement, démocratie, Bruylant,

Bruxelles 1998, pp. 251-289; M. Spinedi, Uso della forza da parte della NATO in

Jugoslavia e diritto internazionale, in Quaderni Forum – n. 3 Guerra e pace in Ko- sovo. Questioni etiche, politiche e giuridiche, 1998, p. 23-31; C. Dominicé, Co-or- dination between universal and regional organizations, in N.M. Blokker e H.G.

Schermers (Eds.), Proliferation of international organizations. Legal Issues, Brill, The Hague 2001, pp. 65-84; F. Lattanzi e M. Spinedi, Le organizzazioni regionali

e il mantenimento della pace nella prassi di fine XX secolo, Editoriale Scientifica,

manifestata in seno alle Nazioni Unite l’intenzione di coordinare le attività di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale con le organizzazioni regionali e di instaurare un dialogo multilate- rale con esse, al fine di definire modalità e meccanismi per una col- laborazione sistematica ai sensi del Capitolo VIII2, ciò non ha impe-

2 Tra i rapporti del Segretario generale più significativi in materia si segnalano:

l’‘Agenda for peace’ (UN doc. A/47/277 – S/24111), adottata da Boutros-Ghali il 17 giugno 1992, in cui si evidenziava il ruolo che le organizzazioni regionali avrebbero potuto rivestire in diversi ambiti del mantenimento della pace (preventive diplomacy,

early warning systems, peacekeeping and post-conflict peace-building); il successivo

‘Supplement’ del 3 gennaio 1995 (UN doc. A/50/60 – S/1995/1), nel quale si consi- deravano le diverse forme di cooperazione tra Nazioni Unite e organizzazioni re- gionali (consultation, diplomatic support, operational support, co-deployment and joint

operations); il rapporto ‘The causes of conflict and the promotion of durable peace and sustainable development in Africa’ del 13 aprile 1998 (UN doc. A/52/871 –

S/1998/318), in cui si sottolineava la necessità di sostenere le iniziative regionali e sub-regionali per il mantenimento della pace; il rapporto ‘In larger freedom: towards

development, security and human rights for all’ (UN doc. A/59/2005) del 21 marzo

2005, nel quale il Segretario generale, riconoscendo la complementarità di Nazioni Unite e organizzazioni regionali in materia di pace e sicurezza internazionale, ma- nifestava l’intenzione di rafforzare la cooperazione tra l’ONU e le singole realtà re- gionali attraverso la conclusione di ‘memoranda of understanding’ per lo scambio di informazioni, risorse e capacità (par. 213, p. 52); il rapporto ‘A regional-global se-

curity partnership: challenges and opportunities’ del 28 luglio 2006 (UN doc. A/61/204

– S/2006/590), che ben ripercorre le fasi più importanti dello sviluppo della part-

nership tra Nazioni Unite e organizzazioni regionali dal 1994 al 2006, menzionando

tra l’altro gli high-level meetings tra Nazioni Unite e organizzazioni regionali e i

thematic meetings del Consiglio di sicurezza; il rapporto ‘on the relationship between the United Nations and regional organizations, in particular the African Union, in the maintenance of international peace and security’ del 7 aprile 2008 (UN doc.

S/2008/186); il rapporto dell’8 agosto 2008 (UN doc. A/63/228 – S/2008/531) e quello del 20 settembre 2010 (UN doc. A/65/382 – S/2010/490), entrambi sul tema ‘Cooperation between the United Nations and regional and other organizations’, re- canti gli aggiornamenti sullo sviluppo della cooperazione con alcune organizzazioni regionali.

Tra le risoluzioni del Consiglio di sicurezza che segnalano l’opportunità di raffor- zare la cooperazione tra Nazioni Unite e organizzazioni regionali e sub-regionali, si rammentano: la n. 1197 del 18 settembre 1998 (UN doc. S/RES/1197); la n. 1625 del 14 settembre 2005 (UN doc. S/RES/1625); nonché la n. 1631 del 17 ottobre 2005 (UN doc. S/RES/1631), che rappresenta la prima risoluzione adottata specificata- mente sul tema della cooperazione in materia di mantenimento della pace e della si- curezza internazionale.

Con la Dichiarazione ‘on the enhancement of cooperation between the United

Nations and regional arrangements or agencies’ del 9 dicembre 1994 (UN doc.

A/RES/49/57) l’Assemblea incoraggiava le organizzazioni regionali a perfezionare la cooperazione e il coordinamento con le Nazioni Unite.

Infine, come si è già anticipato, il rapporto dell’High-level Panel on threats, chal- lenges and change, (A more secure world: our shared responsibility, United Nations Department of Public Information, 2004, UN doc. A/59/565) – tra le altre racco-

dito ad alcune organizzazioni regionali di intraprendere attività (an- che implicanti l’uso della forza) a prescindere dal dettato della Carta. Questi episodi hanno rilanciato il dibattito relativo alle funzioni delle organizzazioni regionali nel sistema delle Nazioni Unite e, in particolare, alla distribuzione di autorità e competenze tra Consiglio di sicurezza e singole realtà organizzative, rivelando, tra l’altro, una tendenza ad una più libera interpretazione delle previsioni della Carta. Prima di analizzare tali profili evolutivi (anche, e soprattutto, alla luce della responsabilità di proteggere), conviene, però, soffermarsi sull’origine della disciplina del Capitolo VIII della Carta delle Na- zioni Unite ed analizzarne nel dettaglio i contenuti, al fine di iden- tificarne i profili più critici.

2. Universalismo versus regionalismo e strumenti di sicurezza collet- tiva precedenti alla Carta delle Nazioni Unite

Sebbene solo con la Carta delle Nazioni Unite siano stati definiti i rapporti tra un’organizzazione a respiro universale e organizzazioni a portata locale e regionale in materia di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, il problema della compatibilità tra si- mili realtà istituzionali era già emerso in precedenza.

Com’è stato sottolineato in dottrina, la dimensione ‘regionale’ di alcune istanze già esistenti ha acquisito un significato particolare nel momento in cui si è cominciata ad avvertire l’opportunità di realiz- zare un sistema più ampio di cooperazione tra Stati in materia di pace e sicurezza internazionale. È in sostanza con la creazione di or- ganizzazioni universali che il ‘regionalismo’ è diventato un concetto a sé. In seguito, percepita la contrapposizione tra istanze regionali e realtà organizzative a respiro universale, è emersa la necessità di ve- rificare la compatibilità tra i due fenomeni e l’opportunità di collo- care i ‘sotto-sistemi’ a base regionale in una struttura di più ampia portata3.

mandazioni in materia di cooperazione tra Nazioni Unite e organizzazioni regionali – evidenziava l’opportunità di consentire un’autorizzazione all’uso della forza suc- cessiva all’inizio dell’operazione, p. 71, par. 272 lettera (a).

Per un’analisi più approfondita dei documenti citati si rinvia al prossimo capi- tolo, par. 6 e 7.

3W. Hummer e M. Schweitzer, Article 52, in B. Simma (Ed.), The Charter of

the United Nations. A commentary, Oxford University Press, Oxford 2002, pp. 812-

813.

Sull’emersione dell’universalismo come risposta ad un ridimensionamento della sovranità statale, R. Yakemtchouk, L’ONU. La sécurité régionale et le problème du

Il confronto tra universalismo e regionalismo era destinato a ge- nerare un fervido dibattito.

Da una parte, infatti, alcuni temevano che la diffusione di sistemi di sicurezza collettiva che mantenessero una dimensione locale o re- gionale avrebbe finito per creare una moltiplicazione di istanze, im- pedendo la definizione di quell’equilibrio che solo un’organizzazione universale, dotata di ampi poteri, avrebbe potuto garantire4. I soste-

nitori dell’universalismo erano convinti che quanto più comprensiva fosse un’organizzazione, tanto più le sue decisioni sarebbero state ri- spettate e che, al contrario, il carattere limitato delle organizzazioni regionali avrebbe potuto indurre le stesse all’isolazionismo, con ef- fetti deleteri per la sicurezza internazionale, come la formazione di blocchi potenzialmente in competizione5. Alla base di tale posizione

risiedeva la ferma convinzione che, in materia di pace e sicurezza, tutte le azioni dei singoli Stati o delle regioni avessero delle riper- cussioni sulla scena internazionale: ‘la paix est indivisible’6.

Da una diversa prospettiva, la consapevolezza dell’eterogeneità dei sistemi culturali e politici dei vari Paesi induceva altri a ritenere che le organizzazioni regionali rappresentassero, in realtà, strutture di coo- perazione intermedie strettamente indispensabili al buon funziona- mento dell’organizzazione universale7. Le istituzioni, in seno alle quali

i vari membri fossero legati da una ‘solidarité particulière’, erano, dun- que, percepite dai sostenitori del regionalismo come elementi impre- scindibili per la stabilità internazionale: essi ritenevano che le orga- nizzazioni universali (in ragione della labilità dei legami politici fon- dati su interessi mutevoli) rischiassero al contrario di essere inefficaci e di rendere inattuabile qualunque meccanismo coercitivo8. Il feno-

meno dell’organizzazione internazionale regionale è stato addirittura descritto come conseguenza dell’esistenza di un ‘droit international particulier’ tipico di ciascuna regione mondiale: il diritto internazio-

régionalisme, Pedone, Paris 1955, pp. 11 ss. Sulla contrapposizione tra universalismo

e regionalismo vedi anche P.B. Potter, Universalism versus regionalism in interna-

tional organization, in APSR, 1943, pp. 850-862; C. Schreuer, Regionalism v. uni- versalism, in EJIL, 1995, pp. 477-499; J.N. Moore, The role of regional arrange- ments in the maintenance of world order, in C.E. Black e R.A. Falk, The future of the international legal order, Volume III – Conflict management, Princeton Uni-

versity Press, Princeton 1971, pp. 136-140.

4 W. Hummer e M. Schweitzer, op. cit., p. 813.

5 Così, d’altronde, sembravano confermare le dinamiche che avevano condotto

al primo conflitto mondiale: R. Yakemtchouk, op. cit., p. 14.

6 F.J. Krezdorn, Les Nations Unies et les accords régionaux, Jaegersche Buch-

druckerei, Speyer am Rhein 1954, p. 15.

7 W. Hummer e M. Schweitzer, op. cit., p. 813. 8 F.J. Krezdorn, op. cit., p. 16.

nale cioè, sebbene ‘universel par son essence’, finirebbe per assumere forme diverse ‘en harmonie avec les conditions spéciales, géographi- ques, politiques, sociologiques, historiques ou économiques du milieu dans lequel ses principes doivent être appliques’9.

Il confronto ideologico tra i sostenitori dell’universalismo e i fau- tori del regionalismo ha trovato infine composizione nella soluzione di compromesso adottata a San Francisco e codificata nella Carta delle Nazioni Unite.

Sistemi di sicurezza collettiva a base regionale esistevano, però, già in epoca antecedente (in particolare sul continente americano) e i rap- porti tra simili istanze e la Società delle Nazioni erano considerati nel Patto del 1919.

2.1. Primi strumenti di sicurezza collettiva regionali e la solidarietà contro l’aggressione esterna: il sistema interamericano

Il sistema interamericano rappresenta senza dubbio un buon esem- pio del precoce sviluppo di regole e meccanismi in materia di sicu- rezza collettiva su base regionale.

In effetti, nelle due Americhe sono andati consolidandosi, sin dalla fine del XIX secolo, principi quali l’obbligo di ricercare una solu- zione pacifica delle controversie, l’esigenza di tutelare la sicurezza col- lettiva e promuovere la cooperazione regionale, nonché un forte vin- colo di solidarietà tra Paesi limitrofi nei confronti delle minacce esterne alla pace dell’intera regione10.

D’altro canto, la cosiddetta ‘dottrina Monroe’, formulata dal Pre- sidente degli Stati Uniti nel 1823, può considerarsi rappresentare l’e- sordio programmatico di una politica di sicurezza collettiva a base regionale. Sebbene destinata ad essere percepita successivamente da- gli Stati dell’America Latina come uno strumento di controllo della super-potenza statunitense11, all’epoca della sua prima formulazione,

la dottrina intendeva proteggere dall’eventuale rinnovarsi di mire espan-

9J.M. Yepes, Les accords régionaux et le droit international, in RCADI, 1947 –

II, vol. 71, p. 244.

10J.M. Arrighi, Inter-American Treaty of Reciprocal Assistance of Rio de Janeiro,

in MPEPIL (www.mpepil.com), par. 1. Sulla nascita e sviluppo dell’Unione Panameri- cana, vedi J.M. Yepes, op. cit., pp. 290-302.

11 La delegazione messicana, per esempio, sollevò un’importante obiezione ri-

spetto alla formulazione dell’art. 21 del Patto della Società delle Nazioni che faceva salva la dottrina Monroe. Per un commento sulla posizione del Messico, vedi H. Saba, Les accords régionaux dans la Charte de l’ONU, in RCADI, 1952 – I, vol. 80, pp. 651-652.

sionistiche dei Paesi Europei proprio quegli Stati del Sudamerica che avevano appena conquistato l’indipendenza da Spagna e Portogallo. Così, nella dichiarazione al Congresso del 2 dicembre 1823, Monroe affermò che ogni tentativo di interferenza da parte delle potenze eu- ropee, ai danni degli Stati divenuti indipendenti, dovesse essere con- siderato alla stregua di una dimostrazione di ‘unfriendly disposition toward the United States’12. Veniva così autorevolmente proclamata

quella solidarietà tra i Paesi del continente nei confronti delle mi- nacce esterne che rendeva la sicurezza di un solo Stato interesse del- l’intera regione.

Tra i documenti più significativi che segnano le tappe principali della successiva evoluzione del sistema interamericano di sicurezza collettiva, si ricordano: la Convention for the Maintenance, Preser- vation and Reestablishment of Peace del 1936, che stabiliva un mec- canismo di consultazione e di cooperazione in caso di conflitto tra Stati americani o di un conflitto esterno che, comunque, minacciasse la pace della regione; la Dichiarazione di Lima del 1938 e la Risolu- zione de L’Avana del 1940, con cui si ribadivano in buona sostanza i principi della dottrina Monroe13; nonché l’Atto di Chapultepec –

adottato all’unanimità nel corso della Interamerican Conference on Problems of War and Peace nel 1945 – attraverso il quale trovavano nuova formulazione i principi di solidarietà americana14 e, in parti-

colare, si formalizzava l’impegno a concludere un trattato multilate-

12 T.D. Grant, Doctrines (Monroe, Hallstein, Brezhnev, Stimson), in MPEPIL

(www.mpepil.com), par. 3. Sulla dottrina Monroe e i suoi sviluppi, E. Root, The

real Monroe doctrine, in AJIL, 1914, pp. 427-42; A.B. Hart, Pacific and asiatic doc- trines akin to the Monroe doctrine, in AJIL, 1915, pp. 802-17; C.E. Hughes, Ob- servations on the Monroe doctrine, in AJIL 1923, pp. 611-28; D. Perkins, A history of the Monroe doctrine, Longmans, London 1960; G. Smith, The last years of the Monroe doctrine, 1945-1993, Hill and Wang, New York 1994.

13 A. Abass, Regional organisations and the development of collective security –

Beyond Chapter VIII of the UN Charter, Hart Publishing, Portland 2004, p. 118;

C.G. Fenwick, Inter-american regional system: fifty years of progress, in AJIL, 1956, pp. 21-22.

14I governi che avevano preso parte alla Conferenza avevano, infatti, dichiarato:

‘(…) every attack of a State against the integrity or the inviolability of the territory,

or against the sovereignty or political independence of an American State, shall, (…) be considered as an act of aggression against the other States which sign this Act.

(…)’ (punto terzo) e ‘(…) in case acts of aggression occur or there may be reasons

to believe that an aggression is being prepared by any other State against the inte- grity and inviolability of the territory, or against the sovereignty or political inde- pendence of an American State, the States signatory to this Act will consult amongst themselves in order to agree upon the measures it may be advisable to take’ (punto

rale per definire le misure relative al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, anche attraverso l’istituzione di un’organiz- zazione regionale15.

L’Atto di Chapultepec, inoltre, regolava il ricorso all’uso della forza non solo in risposta ad un’aggressione in corso, ma addirittura in via preventiva, pertanto, ben più estensivamente di quanto non avrebbe, poi, previsto l’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite16.

La cooperazione in materia di mantenimento della pace e della si- curezza internazionale sul continente americano è proseguita anche in epoca successiva all’adozione della Carta delle Nazioni Unite ed è culminata con la conclusione del Trattato di Rio de Janeiro nel 1947 (Interamerican Treaty of Reciprocal Assistance)17 che completava il

percorso auspicato con l’Atto di Chapultepec, l’istituzione dell’Or- ganizzazione degli Stati Americani (OSA) nel 1948 e l’adozione del Patto di Bogotà dello stesso anno (American Treaty on Pacific Set- tlement)18.

2.2. Il Patto della Società delle Nazioni

L’opportunità di formulare una soluzione condivisa che risolvesse la contrapposizione tra universalismo e regionalismo in materia di si- curezza internazionale venne affrontata, per la prima volta, dai re- dattori del Patto della Società delle Nazioni.

Nonostante l’impostazione ideologica allora predominante conce- pisse l’istituzione di un’organizzazione universale quale migliore op- zione per garantire la pace internazionale e guardasse con sospetto la moltiplicazioni di altre forme di alleanza, non fu possibile rinunciare del tutto alla considerazione di talune istanze regionali.

In particolare, come rivela chiaramente la lettera dell’art. 21 del Patto, l’interesse statunitense per la salvaguardia della dottrina Mon- roe era troppo forte perché ad essa non venisse accordato un rico- noscimento specifico19. La disposizione citata stabiliva, infatti, che do-

vessero considerarsi compatibili con le altre disposizioni del Patto gli ‘international engagements, such as treaties of arbitration or regional

15J.M. Yepes, op. cit., pp. 303-312; W. Hummer e M. Schweitzer, op. cit., pp.

814-815.

16U. Villani, Les rapports entre l’ONU et les organisations régionales dans le

domaine du maintien de la paix, in RCADI, 2001, vol. 290, p. 248.

17J.L. Kunz, The Inter-American Treaty of Reciprocal Assistance, in AJIL, 1948,

pp. 111-120; J.M. Arrighi, op. cit.

18E. Turlington, The Pact of Bogota, in AJIL, 1948, pp. 608-611. 19R.J. Yalem, Regionalism and world order, in IA, 1962, p. 461.

understandings like the Monroe doctrine, for securing the maintenance of peace’20.

La norma era collocata subito dopo l’art. 2021 (nel quale si stabi-

liva il primato degli obblighi assunti attraverso il Patto rispetto a quelli determinati da altri accordi) e intendeva chiaramente fare salve a priori22 alcune realtà, senza, tuttavia, identificarne i requisiti essen-

ziali. La disposizione si riferiva, infatti, molto genericamente ad ‘in- ternational engagement’ per il mantenimento della pace, includendo a titolo esemplificativo gli accordi di arbitrato e le intese regionali e, soprattutto, indicando come modello di tali istituzioni, non una vera e propria organizzazione, ma, piuttosto, una dottrina politica23.

Determinata insomma dall’interesse di garantire la partecipazione degli Stati Uniti alla Società delle Nazioni, l’eccezione all’imposta- zione prevalentemente del Patto non trovava ulteriori precisazioni nel testo che, in particolare, non regolava in alcun modo il rapporto tra Società delle Nazioni e organizzazioni regionali.

Negli anni successivi all’entrata in vigore del Patto si registrò una certa tendenza al ‘regionalismo’, concretizzatosi nella diffusa istitu- zione di intese ed alleanze con un respiro geograficamente limitato24.

Probabilmente, com’è stato sottolineato in dottrina, gli Stati non erano ancora del tutto pronti ad accettare la competenza di un organo col-

20 E.N. van Kleffens, Regionalism and political pacts, in AJIL, 1949, pp. 673-

674. Sul rapporto tra le organizzazioni regionali e la Società delle Nazioni, si veda anche B. Boutros-Ghali, Contribution a l’étude des ententes régionales, Pedone, Paris 1949, pp. 109-121. Sulle differenze tra il testo inglese e quello francese, vedi J.M. Yepes, op. cit., p. 259.

21Ai sensi dell’art. 20 del Patto della Società delle Nazioni: ‘the Members of the

Documenti correlati