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Sintesi dei dendrimeri di prima generazione basati sulla trifenilammina

3. RISULTATI E DISCUSSIONE

3.3. Sintesi dei dendrimeri di prima generazione basati sulla trifenilammina

Poiché gli studi preliminari sull’attività ottica del composto 12 hanno fornito risultati incoraggianti, il lavoro di Tesi è proseguito con la sintesi, mediante metodologia convergente, del dendrimero di prima generazione mostrato in figura 3.42.

La strategia di sintesi, che è stata scelta, prevede l’utilizzo della metodologia convergente perché consente di ottenere dendrimeri di elevata purezza, grazie all’elevata efficacia degli stadi di attivazione ed accoppiamento.

N N N N N N N NN N N N N N N N N N N N N N N N N N N N N N N N N N N N 18

Figura 3.42: dendrimero di prima generazione [Pyr]6-[G-1]3-[Ph].

Per realizzare, quindi, il dendrimero mostrato in figura 3.42 è stato necessario preparare innanzitutto il dendrone di prima generazione [Pyr]2-[G-1]-N3 (17) secondo la strategia di sintesi mostrata nello schema 3.10.

N N O 1. POCl3,DMF 2. KI/KIO3,AcOH N OH I I NaBH4 N Me3Si N OH N N N N N N 1. SOCl2 2. NaN3 I I 2. K2CO3 1. OH N N3 N N 13 14 15 16 [Pyr]2-[G-1]-OH CuSO4 + Na ascorbato N N3 N N N N N N N 17 N [Pyr]2-[G-1]-N3

Schema 3.10: strategia di sintesi per il dendrone [Pyr]2-[G-1]-N3 (17).

La strategia di sintesi progettata per realizzare il dendrone 17, a partire dalla trifenilammina, si articola nei seguenti passaggi:

1 formilazione di un anello benzenico della trifenilammina; 2 iodurazione degli altri due anelli benzenici;

3 riduzione del gruppo aldeidico ad alcol;

4 reazione di Sonogashira e successiva deprotezione dei gruppi etinilici; 5 funzionalizzazione mediante reazione di CuAAC dei gruppi etinilici con la picolilazide;

6 clorurazione del gruppo ossidrilico; 7 trasformazione del punto focale in azide.

Come per la sintesi dei cromofori NLO, la ciclo addizione tra alchini e azidi catalizzata da Cu(I) riveste un ruolo chiave. Nel caso della sintesi dei dendrimeri, questa reazione verrà utilizzata per assemblare le tre parti strutturali del dendrimero: il gruppo funzionale terminale, il mattone molecolare ed il nocciolo.

Il primo passaggio della sintesi del dendrimero 18, prevede la sintesi della 4- (difenilammino)-benzaldeide per mezzo della reazione di formilazione di Vilsmeier. Seguendo la procedura riportata da Park [92], la trifenilammina è stata fatta reagire con POCl3 e DMF, che ha la duplice funzione di reagente e solvente, per dare, dopo purificazione cromatografica su gel di silice, il prodotto desiderato con resa dell’ 87%. La struttura del prodotto è stata confermata per mezzo della spettroscopia 1H NMR. La 4-difenilammino-benzaldeide, quindi, è stata fatta reagire con KI e KIO3 in acido acetico glaciale [67b] per dare il composto 13. Dopo purificazione il solido ottenuto è stato caratterizzato mediante analisi 1H NMR che confermava l’ottenimento di 13 con resa del 96%.

La riduzione del gruppo aldeidico di 13 è stata fatta utilizzando NaBH4 come agente riducente seguendo la procedura di Bakkari [93]. Il composto 13, dopo riduzione e purificazione cromatografica dava 14 come un solido bianco con resa del 98%.

La caratterizzazione spettroscopica mediante risonanza magnetica permette di confermare la struttura di 14.

Nello spettro 1H NMR (fig. 3.43) si può, infatti, osservare a 4.63 ppm un singoletto attribuibile ai segnali dei protoni metilenici derivanti dalla riduzione del gruppo aldeidico.

Figura 3.43: spettro 1H NMR di 14 in CDCl3.

Per quanto riguarda l’assegnazione dei segnali di 13C NMR e la distinzione tra i protoni H(3)/H(4) e H(7)/H(8), ciò è stato possibile per mezzo delle tecniche bidimensionali 1H, 13C HMQC (fig. 3.44) e 1H, 13C HMBC (fig. 3.45).

Figura 3.44: spettro 1H, 13C HMQC di 14 in CDCl3.

In particolare, nello spettro HMBC (fig. 3.45), si può osservare la correlazione tra il segnale dei protoni metilenici e il segnale dell’atomo di carbonio a 128.6 ppm attribuito mediante HMQC al protone a 7.30 ppm permettendo quindi di discernere tra H(3) (7.30 ppm) e H(4) (7.07 ppm). Inoltre, si può notare la correlazione tra il segnale del protone a 7.53 ppm con il segnale di C(9) a 88.1 ppm, permettendo così di stabilire che il segnale a 7.53 ppm è relativo al protone H(8), mentre il segnale a 6.83 ppm, per esclusione, è il segnale del protone H(7).

Sulla base di queste considerazioni, i segnali presenti nello spettro 13C NMR (fig. 3.46) sono stati assegnati all’atomo di carbonio metilenico (65 ppm), a C(9) (88.1 ppm), a C(4) (124.9 ppm), a C(7) (125.9 ppm), a C(3) (128.6 ppm), a C(2) (136.5 ppm), a C(8) (138.4 ppm), a C(5) (146.4 ppm) ed infine a C(6) (147.2 ppm).

La sintesi della molecola 15 non è nota e si è scelto di realizzarla mediante reazione di Sonogashira secondo la procedura riportata da Köhlhoffer [94], che utilizza il sistema catalitico generato in situ a partire da P(t-Bu)3 e un complesso precursore di palladio. Questo sistema catalitico consente di operare in condizione più blande rispetto ai catalizzatori comunemente utilizzati come il Pd(PPh3)4 ed il PdCl2(PPh3)2. La reazione di Sonogashira è stata, quindi, eseguita sciogliendo 14 e trimetilsililacetilene in diisopropilammina, utilizzata sia come solvente che come base, e aggiungendo il sistema catalitico [Pd(C3H5)Cl]2, [H(t-Bu)3P]+Br- e CuI con un rapporto Pd/I pari a 100/1 e un rapporto Pd/P/Cu pari a 4/8/3.

L’uso della fosfina sotto forma di sale consente di ovviare al problema dell’instabilità di P(t-Bu)3 all’aria. È stato dimostrato, infatti, che il sale [H(t-Bu)3P]+Br-, in presenza di una base sufficientemente forte, viene deprotonato liberando la fosfina P(t-Bu)3 che può, quindi, partecipare alla formazione della specie cataliticamente attiva [95]. La reazione di Sonogashira è stata monitorata mediante cromatografia su strato sottile, ma dopo 72 h si osservava che il reagente non raggiungeva la completa conversione. La reazione è stata, quindi, ripetuta raddoppiando la quantità di catalizzatore, ma anche in questo caso non si è ottenuta una completa conversione del reagente.

Un attento esame della letteratura ha messo in evidenza un lavoro di McIlroy in cui la reazione di Sonogashira viene fatta in presenza di P(t-Bu)3 per substrati bromurati, mentre con substrati iodurati viene utilizzata la trifenilfosfina [96].

Pertanto, è stato cambiato il sistema catalitico utilizzando 5 mol% di Pd(PPh3)4 e 5 mol% di CuI secondo la procedura riportata da Fang [97]. Questa metodologia ha permesso di ottenere il composto desiderato con una resa del 74% e ci ha spinto ad approfondire lo studio sulla reazione al fine di ottimizzarne le condizioni. I risultati ottenuti sono riportati in tabella 3.2.

Tabella 3.2: risultati della reazione di Sonogashira su 14 con Pd(PPh3)4.

Prova n. Catalizzatore Sub/Pd

(mol/mol) T (°C) Resa (%) 1 Pd(PPh3)4/CuI 20/1 80 74 2 Pd(PPh3)4/CuI 40/1 80 82 3 Pd(PPh3)4/CuI 80/1 80 87 4 Pd(PPh3)4/CuI 80/1 50 88 5 Pd(PPh3)4/CuI 160/1 50 88

Condizioni di reazione: substrato (0.75 mmol), alchino (1.8 mmol), Pd/Cu = 1/1, base = (i-Pr)2NH, solvente = toluene, t = 20 h

Dalla tabella 3.2 emerge che, utilizzando il sistema catalitico Pd(PPh3)4/CuI, si può ottenere il prodotto con buone rese (88%) diminuendo sia la quantità di catalizzatore che la temperatura di reazione.

La caratterizzazione spettroscopica del prodotto ottenuto dalla reazione di Sonogashira, purificato mediante cromatografia su gel di silice, conferma la struttura della molecola.

Nello spettro protonico (fig. 3.47) si può, infatti, osservare la comparsa di un segnale a 0.23 ppm attribuibile ai protoni metilici del gruppo protettore. La conferma dell’avvenuto cross-coupling si osserva anche nello spettro 13C NMR (fig. 3.48) dove è presente 0.26 ppm il segnale dell’atomo di carbonio primario del gruppo protettore.

Figura 3.47: Spettro 1H NMR di (4-(bis(4-((trimetilsilil)etinil)fenil)amino)fenil)metanolo in CD2Cl2.

La successiva rimozione dei gruppi protettori dei gruppi etinilici, per ottenere 15, è stata eseguita seguendo la metodologia riportata da Fang che prevede l’uso di K2CO3 come base [97]. Il prodotto 15, dopo purificazione cromatografica, è stato ottenuto con resa del 98% e caratterizzato mediante spettroscopia di risonanza magnetica.

Nello spettro 1H NMR (fig. 3.49) si possono osservare: a 1.95 ppm un segnale broad relativo al protone del gruppo ossidrilico, a 3.10 ppm un singoletto attribuibile ai protoni etinilici, a 4.64 un doppietto attribuibile ai protoni metilenici, a 7 ppm un doppietto di H(7), a 7.05 ppm un doppietto di H(4), a 7.3 ppm un segnale attribuibile a H(3) ed, infine, a 7.35 ppm un doppietto relativo ai protoni aromatici vicini al gruppo acetilenico.

Anche i segnali presenti nello spettro di 13C NMR (fig. 3.50) sono in accordo con la struttura del prodotto. Si osservano, infatti, a 65.4 ppm gli atomi di carbonio secondari, a 77.1 gli atomi di carbonio terziari del gruppo etinilico, a 84.1 ppm l’atomo di carbonio quaternario del gruppo etinilico, a 116.4 ppm i segnali di C(9), a 123.7 ppm i segnali di C(7), a 126.2 ppm i segnali di C(4), a 128.9 ppm vi sono i segnali di C(3) a 133.7 ppm i segnali di C(8), a 138 ppm i segnali di C(2), a 146.4 ppm si trovano i segnali di C(5) ed, infine, a 148.2 ppm vi sono i segnali di C(6).

Figura 3.50: spettro 13C NMR di (4-(bis(4-etinilfenil)amino)fenil)metanolo in CD 2Cl2

Il passaggio successivo della sintesi è la funzionalizzazione delle estremità etiniliche di 15 per ottenere il dendrone 16, che presenta sulla superficie due residui piridinici. Pertanto, 15 è stato fatto reagire con la picolil azide utilizzando CuSO4 (10 mol%) e sodio ascorbato (20 mol%) seguendo la procedura di Lee [72]. Il prodotto ottenuto è stato purificato per precipitazione con etere dietilico per dare 16 con resa del 97%. Il composto 16, quindi, è stato caratterizzato mediante analisi 1H NMR e 13C NMR che ne hanno confermato la struttura.

Nello spettro protonico (fig. 3.51) si osserva a 4.48 ppm un doppietto relativo al protone H(1), a 5.15 ppm il segnale del gruppo –OH che si manifesta come un tripletto ben risolto, a 5.75 ppm un singoletto per i protoni H(12), a 7.05 ppm un multipletto per i protoni aromatici H(4) e H(7), a 7.30 ppm un multipletto che comprende i segnali H(3), H(14) e H(16), attribuiti grazie alle costanti di accoppiamento, a 7.8 ppm un multipletto dei protoni H(8) e H(15) ed, infine, a 8.5 un multipletto composto dai protoni piridinici H(17) ed il protone triazolico. L’integrazione di questo ultimo multipletto conferma l’avvenuta reazione di CuAAc su entrambi i gruppi etinilici.

Figura 3.51: spettro 1H NMR di 17 in DMSO-d6.

La completa assegnazione dei segnali dello spettro 13C NMR è stata resa possibile per mezzo della tecnica bidimensionale 1H, 13C HMQC (fig. 3.52).

Figura 3.52: spettro 1H, 13C HMQC di 16 in DMSO-d6.

Quindi, i segnali degli atomi di carbonio presenti nello spettro (fig. 3.53) sono stati assegnati a C(12) (54.4 ppm), C(1) (62.4 ppm), agli atomi di carbonio primari degli anelli triazolici (121.4 ppm), C(14) (121.9 ppm), C(16) (123.1 ppm), C(7) (123.2 ppm), C(4) (124.3 ppm), C(9) (124.9 ppm), C(8) (126.2 ppm), C(3) (127.8 ppm), C(15) (137.2 ppm), C(2) (137.8 ppm), C(5) (145.3 ppm), C(6) (146.2 ppm), agli atomi di carbonio quaternari degli anelli triazolici (146.6 ppm), a C(17) (149.2 ppm) ed, infine, a 154.9 ppm si trova il segnale di C(13).

Figura 3.53: spettro 13C NMR di 16 in DMSO-d6.

Ottenuto il dendrone di prima generazione 16, per poter eseguire l’accoppiamento è stato necessario trasformare il suo punto focale in azide

Una strategia di sintesi per realizzare tale obiettivo, implicava la trasformazione del gruppo –OH in cloruro e quindi la reazione con NaN3.

Per preparare il cloruro, 16 è stato fatto reagire con cloruro di tionile, ma l’analisi TLC suggeriva che il grezzo di reazione corrispondeva al prodotto di partenza. La reazione è stata ripetuta aumentando la temperatura e il tempo di reazione, ma in entrambi in casi non si otteneva il prodotto desiderato.

Si è deciso, quindi, di indagare se l’utilizzo di altri metodi di attivazione del gruppo – OH potessero dare risultati migliori. Poiché il dendrone 16 è un composto che richiede un alto sforzo sintetico, questa indagine è stata effettuata su una molecola modello. Per questo scopo è stato usato il composto 14 che viene facilmente ottenuto a partire dalla trifenilammina.

A partire dal composto 14 si è tentato di ripetere la reazione di clorurazione con cloruro di tionile, ma anche in questo caso non si osservava la trasformazione del gruppo ossidrilico a cloruro.

Si è allora cambiato sistema clorurante utilizzando PCl5 (schema 3.11) secondo una metodologia riportata nella letteratura brevettuale [98].

N OH I I N Cl I I PCl5 toluene, r. t., 1h (14) (14a)

Schema 3.11: reazione di clorurazione di 14 con PCl5.

La reazione tra 14 e PCl5 è stata monitorata mediante analisi TLC e, dopo 1 h, si osservava la scomparsa del reagente. La trasformazione del gruppo ossidrilico è stata confermata mediante spettroscopia 1H NMR del grezzo di reazione. Nello spettro, infatti, si osservava la scomparsa del segnale metilenico a 4.65 ppm e la comparsa di un segnale a 4.55 ppm attribuibile al prodotto desiderato.

Essendo presenti altri segnali oltre prodotto mediante cromatografia su gel di silice, ma lo spettro 1H NMR (fig. 3.56) indicava la presenza di segnali in contrasto con la struttura del prodotto desiderato. Sono, infatti, presenti due segnali in più e, precisamente, un quartetto a circa 3.6 ppm (2H) e un tripletto a 1.3 ppm (3H), tipici del gruppo -CH2CH3. Questo suggerisce che il prodotto isolato (figura 3.55) è il derivato etilico di 14, che probabilmente si è formato nel corso della purificazione cromatografica, per eterificazione di 14 con l’etanolo presente come stabilizzante nel diclorometano, usato come eluente.

N

O I

I

Figura 3.56: spettro 1H NMR del prodotto isolato della clorurazione con PCl5.

L’indagine sulla trasformazione del gruppo ossidrilico della molecola 14 è stata, quindi, estesa all’uso di una metodologia di bromurazione che prevede l’impiego di CBr4 in presenza di PPh3 (schema 3.12). N OH I I CBr4, PPh3 THF, r. t., 2 h N Br I I (14) (14b)

Schema 3.12: reazione di bromurazione di 14.

Il trattamento di 14 con CBr4 e PPh3, in accordo con questa metodologia, forniva il prodotto desiderato con resa del 13%. Lo spettro 1H NMR (fig. 3.57) conferma l’avvenuta trasformazione del gruppo ossidrilico, come si può osservare dallo spostamento a campi più alti del segnale metilenico, ma evidenzia anche che il prodotto non è puro.

Figura 3.57: particolare lo spettro 1H NMR di 14 (a) e del prodotto della bromurazione (b).

Alla luce di questi risultati (scarsa resa e prodotto non puro) si è pensato di utilizzare il tosil cloruro come attivante del gruppo ossidrilico.

.

Schema 3.13: reazione di tosilazione di 14.

La tosilazione del composto 14 è stata eseguita seguendo la procedura di Scarpaci che prevede l’utilizzo di tosil cloruro in presenza di piridina [99]. Il prodotto è stato ottenuto per precipitazione come solido bianco e caratterizzato mediante spettroscopia NMR. Tuttavia, dallo spettro 1H NMR (fig. 3.59) si evince che il prodotto ottenuto non è il composto 14c, bensì il sale di piridinio mostrato in figura 3.58.

N I

I

N O OS O

Figura 3.58: prodotto isolato dalla reazione tra 14 e tosilcloruro in presenza di piridina.

Si può, infatti, osservare la presenza dei segnali dell’anello piridinico a 9.46 ppm (1H), 8.35 ppm (1H) e 7.93 ppm (2H) e del gruppo tosile a 2.31 ppm (3H), 6.98 ppm (2H) e 7.75 ppm (2H).

Figura 3.59: spettro 1H NMR del prodotto della tosilazione di 14 in CDCl 3.

Un ulteriore conferma della formazione del sale di piridinio è che il solido ottenuto è solubile in acqua e che la conducibilità specifica di una soluzione10-3 M in acetone è di 63.5 s/cm.

In seguito a queste inaspettate evidenze sperimentali, si è deciso di eseguire la reazione di tosilazione utilizzando una base inorganica. Il composto 14 è stato, quindi, fatto reagire con tosilcloruro in presenza di KOH, ma analisi TLC suggerivano che il grezzo di reazione corrispondeva al prodotto di partenza.

Un ultimo tentativo di trasformare il gruppo ossidrilico in gruppo tosile è stato fatto senza l’utilizzo di basi, ma anche in questo caso il prodotto recuperato è il reagente di partenza.

I risultati ottenuti da queste indagini, suggeriscono che il gruppo ossidrilico del composto 14, dopo esser stato attivato, sia molto reattivo perché, in condizioni di reazione blande, reagisce con nucleofili deboli come l’etanolo e la piridina. Si è deciso, quindi, di testare una strategia one-pot per la trasformazione del gruppo –OH in azide facendo reagire il composto 14 con tosil cloruro in presenza di un eccesso di NaN3 (schema 3.14).

Schema 3.14: reazione di tosilazione di 14 in presenza di sodio azide.

Il grezzo di reazione, dopo purificazione cromatografica su gel di silice è stato caratterizzato mediante spettroscopia NMR che ha confermato la completa conversione del gruppo ossidrilico. Nello spettro 1H NMR si osserva, infatti, lo spostamento del segnale a 4.65 ppm relativo ai protoni metilenici di 14 a campi più alti. Purtroppo il prodotto isolato è una miscela di prodotti.

Dopo un’attenta ricerca bibliografica, è stato trovato un lavoro di Reddy e coll. [100] in cui è riportata la sintesi di ammine primarie e secondarie, a partire da alcoli, utilizzando due equivalenti di trifenilfosfina e sodio azide.

Il meccanismo di questa reazione prevede la formazione dell’intermedio azide, che può essere ottenuto e isolato se si usa un solo equivalente di PPh3.

In accordo con questa metodologia, 14 è stato fatto reagire con un eccesso di sodio azide ed un equivalente di PPh3 nella speranza di ottenere 14d (schema 3.15).

N OH (14) CCl4/DMF, 90 °C, 5 h I N N3 I I I NaN3/PPh3 (14d)

Schema 3.15: sintesi one-pot del composto 14d.

Dopo purificazione cromatografica il prodotto 14d è stato ottenuto con una resa del 55%. La caratterizzazione mediante spettroscopia NMR (fig. 3.60) conferma la struttura di 14d.

Nello spettro 1H NMR si può osservare, infatti, lo spostamento del segnale del protone metilenico da 4.65 ppm a 4.32 ppm. Sono inoltre presenti i segnali dei protoni aromatici H(7) a 6.83 ppm, H(4) a 7.07 ppm, H(3) a 7.24 ppm ed, infine, H(8) a 7.56 ppm.

Figura 3.60: particolare dello spettro 1H NMR di 14d in CDCl 3.

I risultati ottenuti con il sistema NaN3/PPh3, hanno incoraggiato l’estensione di questa metodologia al dendrone 16. Purtroppo, il grezzo di reazione è stato ottenuto come miscela di composti non separabili. Inoltre, a causa della sua scarsa solubilità non è stato possibile isolare il prodotto desiderato mediante precipitazione.

Nonostante i numerosi tentativi effettuati a partire dal dendrone 16, non è stato possibile ottenere 17 pertanto si è deciso di sviluppare il dendrimero da un nocciolo differente. Tra le possibilità si è deciso di provare ad accoppiare il dendrone 16 con il 2,4,6-tribromometil mesitilene mediante reazione di eterificazione (schema 3.16).

Schema 3.16: accoppiamento tra 16 e 2,4,6-tribromometil mesitilene.

La reazione tra 16 e il 2,4,6-tribromometil mesitilene è stata eseguito in presenza di idruro di sodio in accordo con la procedura riportata da Dam [101]. Purtroppo, la TLC e lo spettro 1H NMR (fig. 3.61) del grezzo di reazione hanno evidenziato che l’unico composto presente era il prodotto di partenza.

Figura 3.61: particolare dello spettro 1H NMR di 16 (a) e del grezzo della reazione tra 16 e 2,4,6- tribromometil mesitilene (b).

Poiché i tentativi di sintetizzare dendrimeri di prima generazione per via convergente secondo gli schemi 3.10 e 3.16, non hanno dato risultati positivi, è stata presa in considerazione la metodologia divergente.

Questo approccio, che prevede la sintesi del dendrimero a partire dal nocciolo verso l’esterno [2], comporta alcuni svantaggi tra cui la necessità di utilizzare grandi eccessi di reagenti e la difficoltà di convertire tutti i gruppi superficiali, perché il numero dei siti di reazione aumenta ad ogni generazione del dendrimero.

La sintesi divergente, però, può risultare conveniente poiché permette di sintetizzare dendrimeri con una superficie che può essere funzionalizzata. È possibile, così, creare una libreria di strutture dendritiche in grado di essere funzionalizzate con differenti tipologie di molecole, al fine di conferire alla struttura dendritica proprietà adatte per le applicazioni desiderate.

Alla luce dei risultati ottenuti con la metodologia convergente si è ritenuto inopportuno utilizzare la reazione di ciclo-addizione alchino-azide catalizzata da Cu(I) per l’accoppiamento del nocciolo con il mattone molecolare perché questo approccio avrebbe previsto l’utilizzo del derivato 14d che era stato preparato con una resa non molto elevata (45%).

È stato, quindi, scelto, come mattone molecolare, il composto 14 che si ottiene con rese elevate (82%) a partire dalla trifenilammina.

La strategia di sintesi progettata, mostrata nello schema 3.17, prevede l’utilizzo del nocciolo 2,4,6-tribromometil mesitilene che, per reazione con il mattone molecolare

14, genera il composto 19. La reazione di Sonogashira sui sei atomi di iodio di 19 e

la successiva deprotezione dei gruppi etinilici, fornisce il composto 20 che può essere funzionalizzato mediante CuAAC con la picolilazide o con altre azidi.

N HO I + Br Br Br I O O O N N N I I I I I I SIMe3 O O O N N N 1. 2. Base 14 19 20 NaH

Schema 3.17: strategia di sintesi via metodologia divergente per il dendrimero 20.

Il nocciolo è stato, quindi, fatto reagire con tre equivalenti di 14 seguendo le condizioni di reazione riportate da Dam e già utilizzate nel tentativo di accoppiare il nocciolo al dendrone 16 [101]. Il grezzo di reazione, dopo purificazione cromatografica su gel di silice, dava il prodotto 19 (30%) che è stato caratterizzato mediante spettroscopia NMR. Lo spettro protonico (fig. 3.62) conferma la formazione di 19, mostrando i segnali dei protoni metilici (2.39 ppm) e metilenici (4.51 ppm ) del nocciolo. Sono inoltre presenti a 4.51 ppm e a 4.6 ppm due singoletti attribuibili ai

due segnali metilenici, a 6.81 ppm è presente un doppietto di H(11), a 7.04 ppm un segnale di H(8) ed, infine, tra 7.24 e 7.52 ppm vi sono i rimanenti segnali dei protoni aromatici H(7) e H(12).

Figura 3.62: spettro 1H NMR del prodotto 19 purificato in CDCl 3.

Purtroppo, il prodotto isolato, nonostante la purificazione per via cromatografica, sembra essere una miscela di almeno due composti come suggeriscono i segnali presenti a 2.35 ppm e a 7.16 ppm.

Nella sintesi divergente è molto importante ottenere composti puri sin dai primi passaggi della sintesi. Infatti, l’incompleta conversione di ogni ramificazione o la presenza di impurezze può causare, nella reazione successiva, la formazione di sottoprodotti con pesi molecolari molto simili al prodotto desiderato e quindi difficilmente eliminabili. Per questo motivo i risultati ottenuti nel primo passaggio ci hanno sconsigliato il proseguimento della sintesi del dendrimero secondo lo schema 3.17.

Un ultimo tentativo di sintetizzare dendrimeri basati sulla trifenilammina è stato eseguito utilizzando il derivato 10 della trifenilammina che, come mostra lo schema 3.18, è stato fatto reagire con la 4-azido benzaldeide in presenza di CuSO4 (3 mol%) e sodio ascorbato (6 mol%) secondo la procedura riportata da Lee [72] per dare 21, che presenta delle funzionalità esterne reattive da cui si può estendere il dendrimero mediante metodologia divergente.

Schema 3.18: strategia di sintesi del dendrimero 21.

Il composto 21, ottenuto con resa del 46%, è stato caratterizzato mediante spettroscopia NMR che ne conferma la struttura. Nello spettro 1H NMR (fig. 3.63) si possono, infatti, osservare a 10.08 ppm il segnale relativo ai protoni aldeidici (3H) e a 9.43 ppm un singoletto attribuibile ai protoni dell’anello triazolico (3H).

Figura 3.63: spettro 1H NMR di 21 in DMSO-d6.

La resa del composto 21 non è molto elevata (46%), ma il risultato è promettente e sarà, quindi, interessante cercare di migliorarne la resa ottimizzando le condizioni di reazione al fine di rendere 21 un attraente punto di partenza per assemblare dendrimeri basati sulla trifenilammina.