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Il sistema mondiale dell’auto e la sua nuova configurazione

4. Il sistema auto

Nelle sezioni precedenti sono stati delineati i trend generali che caratterizzano l’evoluzione del settore automobilistico. I dati di lungo periodo provano che il decli-no di Detroit è un fatto tangibile, mentre l’ascesa di giapponesi e coreani nelle clas-sifiche di mercato sembra nascondere i problemi di indebitamento e di bassa quali-tà del prodotto da cui sono affetti alcuni di essi, tra cui per esempio Mitsubishi. Toyota, tuttavia, conferma la propria posizione di migliore OEM in termini di mar-gini medi ottenuti per autoveicolo e di standard di qualità, continuando la scalata della classifica dei maggiori produttori mondiali. Le statistiche di redditività del settore rivelano una buona performance nel 2003, ma una performance fortemente inferiore alla media durante il periodo 1997-2001, con una media di margini netti annuali inferiore al 6% (Credit Suisse, 2003). Questi dati indicano un’effettiva stan-chezza del settore, forse sintomo di declino storico, ma più probabilmente risultato del momento di particolare transizione tecnologica e riconfigurazione geografica

I sistemisti, gli integratori di sistemi e i produttori di componenti di nicchia avan-zati avranno importanti opportunità di crescita e di interazione tra di loro, mentre i fornitori di parti meccaniche ed elettromeccaniche semplici occuperanno una posi-zione sempre più marginale. Il caso Toyota sottolinea come una forte tendenza all’outsourcing non implichi un allontanamento dalla supply base tradizionale anco-rata al territorio e legata all’OEM mediante relazioni di lungo periodo fondate sul-l’appartenenza allo stesso gruppo, ma anche sulla fiducia. La Toyota, pur essendo l’OEM che delega lo parte più elevata della produzione del veicolo ai suoi fornito-ri, ha mantenuto una relazione particolarmente stretta, quasi distrettuale, con i for-nitori localizzati a Toyota City. Le OEM occidentali hanno invece relazioni più market base con i loro sistemisti, anche quando essi sono di fatto degli spin-off. La crescente complessità del prodotto automobilistico e la necessità di collaborazione tra assemblatori e fornitori per lo sviluppo di soluzioni innovative suggeriscono che forse, ancora una volta, Toyota può insegnare qualcosa alle OEM americane ed europee. Questa lezione non sembra adeguatamente percepita dalle OEM occiden-tali, che hanno aumentato l’outsourcing, senza però cercare di costituire intorno a se dei cluster automobilistici cooperativi.

La tendenza evolutiva che potrà avere in futuro conseguenze a livello sistemico

sul-20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 US AND CANADA

FIG.3 PRODUZIONE E VENDITE, MILIONI DI AUTOVETTURE, 2002

FONTI: ELABORAZIONE DELL’AUTORE, UNIDO, 2003; «THE ECONOMIST», 2003; «AUTOMOTIVE NEWS», 2004. WEST

EUROPE EST EUROPE

KOREA JAPAN CHINA INDIA BRAZIL MEXICO

SALES PRODUCTION

ultimi dieci anni. La crescita della domanda è dovuta alla bassa saturazione di tali mercati e a un graduale aumento del potere di acquisto presso le fasce medie della popolazione. L’aumento dell’offerta è dovuta agli ingenti investimenti diretti (FDI) effettuati dalle OEM durante gli anni Novanta. C’è però da chiedersi come mai le OEM abbiano investito così tanto nei paesi in via di sviluppo, ignorando i problemi di capacità in eccesso di cui è affetto globalmente il settore.

Gli investimenti diretti tipicamente svolgono tre funzioni: market seeking ovvero investimenti mirati ad aumentare l’offerta in mercati in crescita ma altrimenti pro-tetti come Cina e Brasile; efficiency seeking ovvero investimenti in luoghi dove alcu-ni fattori di produzione sono più economici, permettendo un aumento dell’efficien-za globale dell’azienda; strategic asset seeking ovvero investimenti finaizdell’efficien-zati a sfrut-tare la presenza di particolari assets e capacità in una determinata area.

Gli investimenti del settore automotive nei paesi in via di sviluppo sono per la mag-gior parte del primo tipo, quindi indotti dalla necessità di bypassare dazi doganali e regimi protezionisti per vendere in mercati promettenti. Spesso, questi investi-menti sono anche attirati da particolari incentivi e sgravi fiscali, particolarmente significativi nel caso di Brasile e Argentina, meno nel caso della Cina.

Il secondo tipo di investimenti è tipico di paesi in via di sviluppo che si trovano nella periferia della Triade e beneficiano di trattati di libero commercio come il Messico nel Nafta o la Slovacchia, la Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Polonia nella UE. Questi paesi vengono integrati nei sistemi di produzione regionali della Triade in quanto offrono costi del lavoro e costi di produzione (per esempio elettricità e tasse) più bassi.

Infine, il terzo tipo di investimenti era tradizionalmente limitato ai paesi della Triade, ma la crescente importanza dei paesi in via di sviluppo nel sistema auto e l’accumulazione di capacità tecnologiche da parte di paesi come Brasile, Cina e India stanno creando nuove opportunità per il decentramento, anche per attività di ricerca o centri d’eccellenza. GM ha recentemente investito in centri di ricerca sia in Cina che in India, per sfruttare tanto la forza lavoro altamente qualificata e poco costosa quanto le possibili sinergie con altri settori più dinamici dell’auto, per esem-pio il software e i servizi di supporto elettronico in India.

La specificità dei mercati dei paesi in via di sviluppo ha reso difficile la globalizza-zione della produglobalizza-zione, ma ha anche creato nicchie di specializzaglobalizza-zione come quel-la delle auto di cilindrata inferiore ai 1000cc, ai componenti per carburanti alcolici in Brasile o ai pick up in Tailandia. La massa di investimenti in corso in Cina e India

principale è la capacità in eccesso, presente sia a livello globale sia in questi paesi, fattore che, sommato alla frammentazione della domanda, impedisce l’utilizzo otti-male degli impianti. In Brasile, si calcola che gli impianti in media lavorino utiliz-zando solo il 50-60% della capacità a causa di una crescita della capacità totale di produzione pari al 250% tra il 1995 e il 2002, frutto di previsioni troppo ottimisti-che sul potenziale sviluppo del mercato. Gli stessi problemi sono stati riscontrati in India, anche se in quest’ultimo paese i bassi volumi di produzione sono dovuti anco-ra allo stadio immaturo del settore che deve anco-razionalizzarsi e concentanco-rarsi come è avvenuto in altri mercati. Un’analisi della produzione automobilistica in Messico rivela che in questo paese sono stati ottenuti buoni margini, in quanto le OEM, a differenza dei casi del Brasile e dell’India, non hanno risposto all’aumento espo-nenziale della domanda (proveniente sia dal mercato interno che dagli USA) con ingenti investimenti diretti in greenfield plants. Questo tipo di reazione, probabil-mente provocata dall’assenza in Messico del tipo di incentivi cospicui promessi dagli stati federali del Brasile, ha evitato un aumento eccessivo della capacità pro-duttiva, favorendo livelli di utilizzo e di efficienza maggiori.

Le difficoltà incontrate dalle OEM in Brasile e India non cancellano tuttavia i netti miglioramenti in termini di qualità del prodotto e produttività della manodopera ottenuti mediante gli investimenti stranieri, assets che sicuramente contribuiranno alla crescita del settore quando la domanda avrà ripreso a incrementarsi.

In Cina il divario tra domanda e offerta ha permesso alle OEM di ottenere margi-ni di profitto molto elevati, ma gli ingenti investimenti effettuati negli ultimi anmargi-ni preannunciano la fine di questo trend favorevole. Inoltre, il difficile sistema regola-torio cinese, che impone alle OEM la compartecipazione con aziende locali, ha faci-litato la contraffazione anche in questo settore (Vw riporta che una delle sue azien-de partner venazien-de, a prezzi inferiori, auto copiate utilizzando disegni e macchinari originali) probabilmente incentivata anche dal governo. Il mercato cinese è destina-to a crescere ulteriormente, ma sembra che le OEM siano intenzionate a espandere la capacità di produzione oltre alle previsioni di espansione della domanda, gene-rando una situazione simile a quella brasiliana. Inoltre, le previsioni di outsourcing dei componenti in Cina e India non sono per ora comprovate, visti i gravi problemi logisitici e le capacità tecnologiche di questi paesi nel settore per il momento insufficienti. Più probabile sembra un aumento dell’outsourcing di componenti dalla Turchia, dove i forti investimenti e la razionalizzazione in corso hanno generato con-sistenti aumenti di produttività del lavoro e del capitale.

Gli investimenti diretti hanno quindi avuto un impatto particolarmente positivo nei paesi che sono diventati degli export hubs per la Triade, come Messico e Turchia, che

Gli investimenti diretti sono stati mirati a sfruttare mercati protetti in Cina, Brasile e India, ma nel caso di Messico, Turchia, Slovacchia e Tailandia hanno costituito delle basi produttive per l’esportazione verso la Triade o altre zone. La creazione di

export hubs ai confini della Triade, facilitata da trattati di libero commercio come il Nafta, ha rafforzato la tendenza a creare regioni definite in cui l’automotive trade è particolarmente intenso, specialmente nel campo dei componenti. Questo fenome-no, unito all’aumento della capacità produttiva di Brasile, Cina e India, è destinato ad avere considerevoli effetti sulla struttura del sistema di produzione globale del-l’auto. Il problema principale del settore è sempre la capacità in eccesso (stimata intorno al 40% a livello globale) che, limitando i tassi di utilizzo degli impianti, riduce la produttività del lavoro e del capitale.

Alla luce dell’aumento della capacità produttiva dei paesi in via di sviluppo, e della bassa o stagnante crescita della domanda nella Triade, è evidente che la configura-zione geografica dell’industria dell’auto dovrà conoscere notevoli trasformazioni. Una quota sempre maggiore dell’output mondiale di auto sarà prodotta dai paesi emergenti, sia per fornire il mercato nazionale, come nel caso di Cina e, potenzial-mente, l’India in futuro, sia per fornire la Triade, come nel caso di Messico e Slovacchia. I vecchi impianti localizzati nella Triade verranno sostituiti con altri nuovi e più efficienti in paesi che offrono minori costi del lavoro e incentivi mag-giori (si segnala l’intenzione di varie OEM e di sistemisti di ridurre la produzione in Spagna e Italia per delocalizzarla in Slovacchia). La delocalizzazione della pro-duzione attirerà i componentisti della Triade fuori della loro base nazionale, gene-rando nuovi automotive cluster e riducendo il contributo produttivo dei cluster sto-rici. Questi ultimi si rivolgeranno ad attività ad alta intensità di conoscenza (design, testing, ricerca materiali, elettronica) che possono essere esportate evitando i pro-blemi doganali e logistici della manifattura e costituiscono, e costituiranno, una per-centuale sempre maggiore del valore totale degli autoveicoli.

Il più grande interrogativo riguarda la capacità di Cina, India e Brasile di passare dal ruolo di produttori inward oriented a esportatori di auto e, soprattutto, di com-ponenti. In questi paesi (Cina a parte) i costi di produzione sono superiori alla Triade, a causa della bassa utilizzazione degli impianti e di fattori spesso esterni all’industria come i regimi regolatori e le cattive infrastrutture. Tali problemi potrebbero essere risolti attraverso politiche che riducano il red tape e favoriscano la razionalizzazione del sistema. Se ciò accadesse e questi paesi iniziassero a esporta-re, l’assetto dell’industria automobilistica mondiale finora ipotizzato subirebbe

tra-5. Conclusioni

Le note precedenti hanno avuto lo scopo di delineare uno scenario in cui il destino del settore dell’auto risulti legato soprattutto all’evoluzione della domanda e della produzione espressa dai paesi emergenti. In questa prospettiva, l’auto non è più con-siderata il centro focale del processo industriale che si realizza nelle aree del mondo in cui lo sviluppo manifatturiero è sorto e si è consolidato. Ciò naturalmente non equivale affatto a sostenere che l’industria e anche il settore dell’auto siano condan-nati a una graduale scomparsa o a una complessiva perdita di rilievo economico. Occorre tuttavia distinguere tra il profilo che l’industria sta assumendo nei paesi dove lo sviluppo ha radici più lontane e il ruolo che l’auto può esercitare all’interno del comparto industriale.

L’analisi che è stata qui abbozzata suggerisce che il cambiamento nel mondo auto-motive finisca col ricalcare, nella sostanza, quello che coinvolge l’intero sistema industriale. Esso è sottoposto a uno snellimento che, mentre riduce i suoi livelli occupazionali e il suo insediamento sociale, incrementa i contenuti progettuali e innovativi delle sue strutture. Dunque, non è realistico pensare alla continuità di un’organizzazione industriale caratterizzata da assetti produttivi che richiedono l’impiego di una forza lavoro sostanzialmente non qualificata, secondo moduli ere-ditati dalla tradizione fordista del Novecento. D’altro lato, i mutamenti nel siste-ma dell’auto mettono in evidenza due fattori cruciali: il primo è connesso al rilie-vo crescente dei suppliers, chiamati ad assumere anche una funzione di coordina-mento in precedenza appannaggio esclusivo dei produttori finali; il secondo riguarda il peso delle componenti informatiche e dei meccanismi che presiedono alla loro integrazione nel prodotto, più in grado di influire sui livelli di redditività. La trasformazione che interessa il comprensorio automotive torinese non può esse-re valutata indipendentemente da questi sviluppi, tanto più dove occorra analiz-zare le opportunità e gli interstizi di nicchia che la ridislocazione produttiva del-l’auto va determinando. Ipotizzare che si possano salvaguardare le strutture pro-duttive esistenti soltanto aumentando il numero dei modelli realizzati, se è com-prensibile in una logica sindacale di difesa occupazionale, non può essere ravvisa-ta come una risorsa strategica capace di garantire la continuità degli impianti. Né, d’altro lato, si può pensare di preservare gli assetti attuali, in un momento di rivolgimento rapidissimo del sistema auto.

La forza e il valore della gamma di competenze relative all’automobile che esiste nell’area di Torino possono essere giudicati soltanto in rapporto alla reattività che essa manifesta nei confronti del nuovo scenario, alla propensione ad aderire alla

L’industrializzazione è, nella nostra area come in gran parte dell’Occidente, a un punto di svolta. Deve incrementare la sua spinta all’innovazione, mentre procede allo snellimento delle sue procedure esecutive; deve dare prova di saper esportare anche la propria capacità progettuale; deve, soprattutto, concorrere a innalzare il livello della formazione del capitale umano che impiega. È su questi banchi di prova che vanno misurate anche le chances del comprensorio torinese dell’auto.

Interviste (svolte dagli autori nel periodo 2002-2004)

Olgierd Andrycz, Industrial Programs and World Material Flow per FIAT Auto

Glauco Arbix, Presidente IPEA Instituto de Pesquisa Econômica Aplicada, Professore di Sociologia all’Università di San Paolo

Diego Avesani, Product and Process Development per FIAT Auto

Ezio Barra, International Business Development per FIAT Auto

Reginaldo Braga Arcuri, Direttore al Ministero dello Sviluppo, Industria e Commercio del Brasile, ex Ministro dell’Industria e del Commercio nello stato di Minas Gerais

Carlo Demaria, Product and Process Development per FIAT Auto

Mahrukh Doctor, Research Fellow Centre for Brazilian Studies alla Oxford University

Alberto Lubrano, Product and Process Development per FIAT Auto

Giuliano Maielli, Business History Unit alla London School of Economics

Maurizio Magnabosco, consulente per l’analisi dei processi industriali nel settore automotive

Maurizio Parodi, Direttore LMS Italia

Marco Piquini, External Communications per FIAT Group Brazil

Mari Sako, Peninsular and Orient Steam Navigation Professor per l’International Business Templeton College alla Oxford University, Ricercatore dell’International Motor Vehicle Program al MIT

Fonti quantitative Abi Research

Acea European Automobile Manufacturers’ Association

Anfavea Brazilian Association of Automotive Manufacturers

Bloomberg Automotive news

Booz-Allen&Hamilton, Automotive Group

At Kearney Automotive Research

Caam China Association of Automotive Manufacturers

Eclac Statistical Yearbook

Financial Times Automotive Publishing

Gerpisa

Imvp International Motor Vehicle Program, The MIT

Isvor FIAT, 1998. Argentina, da Melfi a Cordoba

Just Auto

McKinsey Extranet Automotive Research

Siam The Society of Indian Automobile Manufacturers

Standard and Poor’s Industry Surveys, 2000 e 2004

The European Commission, Competitive Automotive Regulatory System for the 21st Century - CARS 21

The Imf, 1999-2004 World Economic and Financial Surveys, Washington

The Economist Intelligence Unit

Unido

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Rapporto sulla nati-mortalità