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sul sistema creditizio piemontese

Giulio Fabbri

1. Non occorre certo soffermarsi sull'im-portanza e insostituibilità del ruolo che il mer-cato creditizio svolge nel contesto economico di un paese o di una parte di esso. Sono note a t u t t i le peculiari funzioni esercitate dal sistema bancario, da quella primaria di agevolare gli scambi e l'attività produttiva mediante la som-ministrazione dei necessari mezzi monetari e finanziari agli operatori, a quella più complessa della promozione e sostegno dello sviluppo e dell'approntamento di adeguati interventi cor-rettivi durante le fasi critiche dei cicli congiun-turali.

E pertanto difficile immaginare oggi un'eco-nomia avanzata la cui pulsante vita commer-ciale e industriale non poggi su una fitta e con-sistente rete di rapporti creditizi facenti capo a un moderno a p p a r a t o bancario. Ciò non signi-fica che nei sistemi caratterizzati da un alto livello di progresso economico-sociale sia in ogni caso presente un'organizzazione bancaria e finan-ziaria p e r f e t t a m e n t e efficiente e in grado di sop-perire alle molteplici esigenze del processo di crescita. Si possono talvolta riscontrare carenze e scompensi di vario genere, sia nella s t r u t t u r a , sia nel funzionamento della compagine credi-tizia, i cui riflessi negativi rappresentano un ostacolo al pieno dispiegamento delle forze pro-duttive.

Al riguardo, senza cercare troppo lontano e limitando l'analisi alla realtà del nostro Paese, un tipico esempio di parziale inefficienza lo si ha in Piemonte. Il Piemonte infatti, una delle re-gioni più sviluppate d'Italia, la seconda per reddito globale e la q u a r t a in termini di reddito procapite, dispone di un sistema bancario che non è del t u t t o all'altezza della sua potenzialità economica. Fenomeno, questo, da tempo rile-vato e segnalato dagli studiosi dei problemi piemontesi e n a t u r a l m e n t e dagli stessi operatori.

Tra le diverse statistiche che possono addursi a testimonianza del limitato peso del settore creditizio sul complesso delle a t t i v i t à economi-che della regione particolare significato rivestono quelle sull'occupazione e sul reddito. Secondo i primi risultati del censimento industriale e

com-merciale 1971, gli addetti al credito ammontano in Piemonte a 16.596, l ' I , 3 % del totale occupati extragricoli, mentre gli altri partners del trian-golo industriale, Lombardia e Liguria, registrano aliquote sensibilmente più elevate, pari nell'or-dine a l l ' I , 6 % e all'I,7%. Ma quel che più merita rilevare è che il Piemonte viene superato, oltre che da quelle su menzionate, da altre dodici regioni italiane — alcune delle quali ad econo-mia ancora relativamente arretrata — e quindi dall'intera nazione.

A conclusioni sostanzialmente analoghe porta l'esame delle cifre sui flussi di reddito. Se per ciascuna regione si effettua il rapporto tra red-dito lordo pertinente al settore del crered-dito e reddito prodotto in totale (anno 1971), si ha modo di osservare che il Piemonte occupa in graduatoria soltanto la decima posizione, scen-dendo sotto la media del Paese. Anche in questo caso il Piemonte, con un valore uguale a 4,2%, accusa un n e t t o distacco nei confronti della Lombardia (5,9%) e della Liguria (5,8%).

2. E n t r a n d o in maggiori dettagli e focaliz-zando l'attenzione sui dati propriamente finan-ziari è opportuno considerare uno dei più elo-quenti indicatori: il rapporto impieghi-depositi. Tale quoziente, che esprime in quale misura i risparmi raccolti dagli sportelli bancari operanti in una determinata area vengono utilizzati a breve termine nella stessa, assume in Piemonte valori insolitamente ridotti, tra i più bassi d'I-talia. Questo denota che nella nostra regione il credito, almeno quello ordinario, è contraddi-stinto da un indice di a t t i v i t à piuttosto conte-n u t o e quiconte-ndi da uconte-n elevato grado di liquidità.

In particolare, al 31 dicembre 1971 i depo-siti a risparmio e in conto corrente di privati, imprese ed enti pubblici assommavano, nelle aziende di credito piemontesi, a 5.644, 1 miliardi di lire, pari all'I 1,0% del complesso italiano, mentre gli impieghi raggiungevano l'importo di 2.804 miliardi, con un'incidenza del solo 9,1%. Il rapporto percentuale impieghi-depositi, uguale a 49,7, risulta dunque essere n e t t a m e n t e infe-riore a quello dell'Italia (63,6). Più e s a t t a m e n t e

Tavola l A L C U N I Q U O Z I E N T I S T A T I S T I C I R E L A T I V I A L S E T T O R E C R E D I T I Z I O E A L L E A T T I V I T À T E R Z I A R I E R E G I O N I Piemonte . . Valle d'Aosta Lombardia . . . Liguria . . . . Treni-Alto Adige Veneto . • • Friuli-Ven. Giulia. Emilia-Romagna . Toscana . . . • Umbria . . . • Marche . . . • Lazio Abruzzi . . . . Molise Campania . . . Puglia Basilicata . . • Calabria . . • • Sicilia Sardegna . . . . ITALIA . . . . I M P I E G H I DEPOSITI (1) V A L O R E 0/ A. 4 9 . 7 4 1 , 3 7 3 , 6 7 5 , 3 4 9 . 5 5 7 , 2 62.8 5 5 , 0 5 6 . 6 6 9 , 5 66,8 7 0 , 8 5 7 , 0 4 6 . 5 5 6 . 6 5 5 . 5 4 4 . 7 6 7 , 2 7 6 , 7 4 8 , 0 6 3 . 6 G R A D U A -TORIA 1 5 20 3 2 16 9 8 1 4 11 5 7 4 10 18 12 1 3 1 9 6 1 1 7 A D D E T T I AL S E T T O R E CREDITIZIO A D D . ALLE ATTIVITÀ EXTRAGRICOLE (2) V A L O R E 57 H 1 , 3 1,0 1,6 1 , 7 1,6 1,1 1 , 3 1 , 5 1 . 5 1 . 3 1 . 4 3 . 3 1,2 1 . 4 1.6 1 , 3 1,2 1 , 7 2 , 9 1,6 1,6 G R A D U A -TORIA 1 5 20 7 3 8 1 9 1 4 10 9 1 3 11 1 18 12 6 16 1 7 4 2 5 R E D D I T O D E L SETTORE CREDITIZIO R E D D I T O TOTALE (3) V A L O R E % 4 , 2 3 , 4 5 , 9 5 , 8 4 , 4 4 , 1 5 . 1 5 . 0 4 . 6 3 , 8 4 . 2 7 . 3 3 , 8 2,6 4 . 2 3 . 8 2 . 7 3 . 9 5 . 1 4 . 3 5 , 0 G R A D U A -TORIA 10 18 2 3 8 1 3 5 6 7 1 5 12 1 16 20 11 1 7 1 9 1 4 4 9 ^ P C C U P A T I N E L L E ATTIVITÀ TERZIARIE OCCUPATI I N TOTALE (4) V A L O R E % G R A D U A -TORIA 2 5 , 9 3 3 , 3 2 8 . 3 4 8 , 0 3 4 , 9 3 0 , 8 3 7 , 0 3 2 . 2 3 5 . 4 2 9 . 3 3 0 . 0 5 2 , 2 3 1 . 7 3 0 . 1 3 9 , 6 3 2 . 8 2 8 . 9 3 5 . 1 3 4 . 2 3 3 . 4 3 4 . 3 20 10 1 9 2 7 1 4 4 12 5 1 7 16 1 1 3 1 5 3 11 18 6

(1) Elaborazione su dati della Banca d'Italia (al 31-12-1971).

(2) Elaborazione su dati provvisori del Censimento industriale e commerciale 1971.

(3) Elaborazione su dati Barberi-Tagliacarne relativi ai conti economici regionali (anno 1971). (4) Elaborazione su dati ISTAT concernenti le rilevazioni trimestrali delle forze di lavoro (anno 1971).

R E D D I T O D E L L E ATTIVITÀ TERZIARIE R E D D I T O TOTALE (3) V A L O R E % 3 4 . 5 3 2 . 3 3 7 , 1 5 2 , 7 3 7 . 6 3 7 . 7 4 0 , 9 3 6 , 1 4 1 , 9 3 6 , 7 4 0 , 1 5 0 . 4 3 5 , 7 3 0 . 0 4 1 , 9 3 5 . 1 2 9 , 0 3 7 , 7 3 9 , 9 3 7 . 2 3 9 , 6 G R A D U A -TORLV 1 7 18 12 1 10 9 5 1 4 3 1 3 6 2 1 5 1 9 4 16 20 8 7 1 1

il Piemonte detiene la quindicesima posizione, avendo alle spalle soltanto il Trentino-Alto Adige (49,5), la Sardegna (48,0), il Molise (40,5), la Basilicata (44,7) e la Valle d'Aosta (41,3). Inte-ressante si presenta ancora u n a volta il raffronto con la Lombardia e la Liguria, le più dirette concorrenti al p r i m a t o dello sviluppo. Qui il distacco si fa q u a n t o mai vistoso, dal m o m e n t o che le suddette regioni v a n t a n o quozienti pari, rispettivamente, a 73,6 e a 75,3.

Relativamente alle singole province piemon-tesi, i valori più bassi si riscontrano per Cuneo (37,2), Alessandria (39,9) e N o v a r a (41,3), i più alti per Torino (55,4), Vercelli (51,4) e Asti (46,6). La supremazia che spetta a Torino è ovviamente dovuta alla sua forza di attrazione economica, accentrandosi in essa buona parte dei rapporti creditizi posti in essere dalle imprese della re-gione. Si t r a t t a però di u n a supremazia circo-scritta al territorio del Piemonte, in q u a n t o le altre due province leaders del triangolo mostrano rapporti ben più elevati: 92,1 Milano, 88,7 Genova.

Va infine posto l'accento sul f a t t o che in

Piemonte il sottodimensionamento del quoziente impieghi-depositi non è imputabile a cause con-tingenti — nella fattispecie alla situazione del 1971 — ma riveste carattere di cronicità. Per sincerarsene b a s t a dare uno sguardo al passato, ad esempio alla serie storica degli ultimi t r e n t a anni: con le sole eccezioni del 1944, 1945 e 1946, probabilmente da ascrivere a particolari circo-stanze connesse con gii eventi bellici, mai il Piemonte ha presentato valori superiori a quelli dell'Italia, né t a n t o meno a quelli della Lom-bardia e Liguria.

Si potrebbe obiettare che il r a p p o r t o impie-ghi-depositi costruito sulla base di dati relativi a una limitata porzione di territorio, come la provincia e la regione, non rispecchia fedelmente le interconnessioni esistenti tra sistema credi-tizio e operatori di quel territorio. La f r a t t u r a , cui contribuisce la presenza degli istituti che operano in campo interregionale o più ancora nazionale, può non essere irrilevante, specie con riferimento alle operazioni delle grosse imprese e delle amministrazioni pubbliche. E, ad esem-pio, il caso di unità p r o d u t t i v e che h a n n o sede

IMPORTANZA DEL SETTORE CREDITIZIO SOTTO I PROFILI DELL'OCCUPAZIONE E DEL REDDITO (1971)

a) Addetti a/ settore creditizio su addetti alle attività extragrico/e

3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13

wn

13 14 I f f l 16 17 18 b) Reddito deI settore creditizio su reddito globale

a) b! Piemonte 20 18 Valle d'Aosta 7 2 Lombardia 3 8 3 8 Liguria Trentino-Alto Adige 19 13 Veneto 14 5 Friuli-Venezia Giulia 10 6 Emilia-Romagna 9 7 Toscana 13 15 Umbria 11 1 12 1 Marche Lazio 18 16 Abruzzi 12 20 Molise 6 11 Campania 16 17 Puglia 17 19 Basilicata 4 14 Calabria 2 4 Sicilia 5 9 Sardegna Media italiana Fig. I .

legale in u n a d e t e r m i n a t a provincia (o regione), m e n t r e esplicano la loro a t t i v i t à in u n ' a l t r a : i finanziamenti erogati dal settore bancario nella p r i m a saranno utilizzati nella seconda, dove si p r o d u r r a n n o gli effetti in termini di reddito e risparmio (1).

Queste argomentazioni h a n n o i n d u b b i a m e n t e una loro validità, m a non sono sufficienti a spie-gare le cause del p e r m a n e n t e basso r a p p o r t o impieghi-depositi del Piemonte. Le motivazioni sono complesse e da cogliersi sia nel comporta-m e n t o psicologico della gente piecomporta-montese, sia nei t r a t t i distintivi dell'economia regionale e nella singolare s t r u t t u r a del sistema creditizio locale.

3. Molto si è scritto sulla p r u d e n z a c il senso di parsimonia del piemontese, la sua tra-dizionale r i l u t t a n z a a d i n t r a p r e n d e r e a t t i v i t à in cui il rischio gioca u n a p a r t e essenziale, nonché il suo orgoglioso costume del. « f a r da sé», con

i propri mezzi ricorrendo il meno possibile ad aiuti esterni. La fisionomia psicologica del pie-montese, per un insieme di vicende storiche che non è qui il caso di richiamare, differisce, ad esempio, da quella del lombardo, più dinamico e incline alla speculazione.

Questi fattori, che h a n n o a v u t o un t e m p o molta i m p o r t a n z a avendo in un certo senso contribuito a conferire u n ' i m p r o n t a caratteri-stica all'attuale s t r u t t u r a bancaria, m a n i f e s t a n o ancora oggi i loro effetti, q u a n t u n q u e in maniera meno d e t e r m i n a n t e che in passato per le m u t a t e condizioni ambientali socio-economiche (rapido processo di industrializzazione degli anni cin-q u a n t a e sessanta, massiccia immigrazione, dif-fusione sul territorio del modello di v i t a u r b a n a , ecc.).

(]) Giusjtpi'E F I , O M D I A , Il credilo e le assicurazioni, in » L'economia Torinese - Annuario Generale 1000», AEDA, Torino.

Ad essi può farsi risalire una delle cause del basso rapporto impieghi-depositi. Al riguardo è necessario in primo luogo tener conto dell'ele-vata propensione al risparmio delle famiglie piemontesi. Secondo le indagini annualmente condotte dal Prof. Tagliacarne sull'ammontare e distribuzione del risparmio bancario e postale in Italia, il Piemonte superava nel 1968 la Lom-bardia e la Liguria quanto a risparmio per abi-tante ed era preceduta soltanto dalla Valle d'Aosta. A livello provinciale, inoltre, Cuneo denunciava il valore più elevato della gradua-toria, mentre Asti occupava la quinta posizione e Torino, dove più vivaci sono le spinte verso i consumi e maggior spazio è riservato ad altre forme di risparmio (investimento in titoli azio-nari e obbligazioazio-nari, acquisto di immobili, ecc.), presentava un indice superiore a quello delle altre province più industrializzate d'Italia (2). Negli anni successivi i dati sulla formazione del risparmio bancario hanno perduto gran parte del loro significato poiché si è assistito ad un forte trasferimento di capitali dai depositi a

DINAMICA DEL RAPPORTO IMPIEGHI-DEPOSITI ( d a t i al 3 1 d i c e m b r e )

Fig. 2.

risparmio (considerati nella citata indagine) ai depositi in conto corrente. Lo stesso Prof. Taglia-carne ha sospeso la pubblicazione dei relativi dati a partire-dal 1970. Si ritiene t u t t a v i a che la situazione esposta sulla base delle cifre al 1968 sia sufficientemente aderente alla realtà e offra un quadro abbastanza attendibile di ciò che rappresenta il Piemonte in f a t t o di rispar-mio: un'area di drenaggio.

Un altro aspetto notevole, in parte ricondu-cibile ad elementi di n a t u r a psicologica, può essere individuato nella preferenza accordata dall'imprenditore piemontese all'autofinanzia-mento piuttosto che al ricorso al credito, e ciò anche quale misura cautelativa di fronte agli alti e bassi della congiuntura e agli eventuali riflessi suif'andamento dell'offerta del mercato creditizio. I m p o r t a inoltre osservare che tale condotta è riscontrabile con maggior frequenza presso le piccole imprese, a cui tra l'altro è pro-blematico l'accesso ai finanziamenti bancari per le difficoltà di fornire adeguate garanzie, e nelle grosse aziende le quali, se da un lato concorrono in misura ragguardevole alla formazione del risparmio, dall'altro utilizzano il credito ban-cario in q u a n t i t à ridotta (prediligendo, a parte le larghe possibilità di autofinanziamento, repe-rire i capitali sul mercato azionario e obbliga-zionario). Ebbene, si dà il caso che il tessuto economico del Piemonte sia formato s o p r a t t u t t o di piccole e grosse imprese. Difatti, stando ai dati censuari del 1971, mentre le unità locali fino a 99 addetti rappresentano il 54,4% della occupazione extragricola e quelle con oltre 499 addetti ne coprono il 29%, le u n i t à di medie dimensioni (100-499 addetti) costituiscono sol-t a n sol-t o il 16,6%. In L o m b a r d i a invece, sol-t a n sol-t o per fare u n paragone, le medie aziende occupano il 20,6% del totale addetti.

In una visuale più ampia, l'assorbimento nella regione, attraverso i canali del eredito ordinario, di un'aliquota relativamente esigua delle risorse finanziarie accumulate nei depositi bancari è da porre ili relazione con i caratteri s t r u t t u r a l i dell'economia piemontese. Quest'ul-tima trova la sua massima espressione nello sviluppo del settore industriale, che esercita una funzione t r a i n a n t e sull'intero a p p a r a t o pro-duttivo. Il reddito lordo fornito dall'industria rappresenta i n f a t t i il 5 3 % del reddito globale (anno 1971): in nessun'altra regione d'Italia il secondario incide in misura t a n t o cospicua. Per contro il Piemonte presenta u n a vistosa carenza nei riguardi delle a t t i v i t à terziarie, il cui rilievo

( 2 ) G U G L I E L M O T A G L I A C A R N E , I conti provinciali e re-gionali, in «Moneta e Credito», dicembre 1969.

è ben lungi dall'essere jjaragonabile a quello delle altre aree italiane ed europee ad analogo livello di sviluppo. Tralasciando i raffronti inter-nazionali, basti considerare che la quota di red-dito complessiva spettante al settore terziario supera di poco il 34%, contro il 37,1% della Lombardia e il 52,7% della Liguria e che nella graduatoria italiana il Piemonte occupa il dicias-settesimo posto. La limitata terziarizzazione salta ancor di più agli occhi se si analizzano i dati sull'occupazione, in ordine ai quali la nostra regione cala addirittura alla ventesima posizione (l'ultima).

Questo stato di cose non favorisce certo la crescita del sistema bancario, il quale com'è risaputo allaccia rapporti molto più stretti con le aziende del settore terziario che con quelle industriali, a motivo del diverso tipo dei finan-ziamenti richiesti: a breve termine per le prime, a medio e a lungo per le seconde. In altre parole, la mancanza di una vivace a t t i v i t à di scambio e di servizi limita il fabbisogno di capitale cir-colante del terziario e contribuisce al conteni-mento del livello degli impieghi ordinari. L'in-dustria invece, che alle esigenze del normale funzionamento gestionale unisce quelle relative ad operazioni di immobilizzo di più lungo pe-riodo, in merito a queste ultime rivolge altrove la propria d o m a n d a di credito, segnatamente al mercato obbligazionario e agli istituti speciali.

4. Le considerazioni di ordine psicologico e sui connotati dell'economia regionale, sopra esposte, t r o v a n o p u n t u a l e riscontro nei vari aspetti dell'attuale s t r u t t u r a dell'apparato

ban-cario. Essi costituiscono altresì il riflesso di eventi storici non favorevoli, come la crisi del credito mobiliare a v v e n u t a nell'ultimo decen-nio dello scorso secolo e il conseguente riassetto bancario nazionale, dal quale il Piemonte venne praticamente escluso. La nostra regione infatti, a differenza della Liguria e della Lombardia, non può annoverare alcuna sede di banca di interesse nazionale, mentre l'iniziativa locale si estrinseca principalmente nell'attività di enti a carattere particolare (3).

Avuto riguardo alla distribuzione degli spor-telli bancari per tipo di azienda di credito si constata che in Piemonte, al 31 dicembre 1971, operavano 1.018 sportelli, di cui il 43,4% appar-tenente a Casse di risparmio, il 20,9% a Banche popolari e il 17,6% ad Istituti di diritto pub-blico. Modesta invece la presenza delle Banche di credito e d'interesse nazionale ordinario, con aliquote pari rispettivamente all'8,5% e al 7,6%. Tale composizione, dove prevalgono le Casse di risparmio e gli altri enti di carattere pubblico, diverge p r o f o n d a m e n t e da quella delle restanti regioni ad intenso sviluppo economico e spe-cialmente della Lombardia, in cui la maggiore incidenza (il 40,8%) la registrano le Banche di credito ordinario, siano esse società per azioni o ditte individuali.

In sostanza, mentre l ' a t t r e z z a t u r a bancaria della L o m b a r d i a pare più consona allo svolgi-m e n t o di funzioni legate all'isvolgi-mpiego dei capitali, la s t r u t t u r a creditizia piemontese sembra essere ( 3 ) C A M E R A D I C O M M E R C I O , I N D U S T R I A E A G R I C O L T U R A D I T O R I N O , Alcuni caratteri del credito piemontese, Torino, 1 9 5 0 .

Tavola 2

AZIENDE E SPORTELLI BANCARI AL 31 DICEMBRE 1971

A Z I E N D E D I C R E D I T O P I E M O N T E L O M B A R D I A L I G U R I A I T A L I A A Z I E N D E D I C R E D I T O A Z I E N D E S P O R T E L L I A Z I E N D E S P O R T E L L I A Z I E N D E S P O R T E L L I A Z I E N D E S P O R T E L L I A Z I E N D E D I C R E D I T O A Z I E N D E N . il-io A Z I E N D E N . % A Z I E N D E N . % A Z I E N D E N . /o Istituti di diritto pubblico . . 1 1 7 9 1 7 , 6 7 5 3 , 9 6 6 1 5 , 8 6 1 . 5 5 8 1 4 , 3 Banche d'interesse nazionale . . 7 7 7 , 6 1 1 6 9 8 , 6 1 7 9 1 8 , 9 3 8 1 1 7 , 4 : Banche di credito 8 , 6 1 8 , 9 7 , 4 ordinario . . 1 3 8 7 8 , 5 4 6 7 9 9 4 0 , 8 5 1 0 1 2 4 , 2 1 6 1 2 . 5 6 3 2 3 , 5 Banche popolari 4 0 , 8 2 4 , 2 cooperative . . 4 2 1 3 2 0 , 9 2 7 4 9 1 2 5 , 1 1 2 4 5 , 7 1 8 9 1 . 9 3 1 1 7 , 7 Casse di risparmio e Monti di la cat. 11. 4 4 2 4 3 , 4 4 3 0 8 1 5 , 7 3 1 4 7 3 6 , 2 9 0 3 . 1 5 2 2 8 , 9 Altre aziende di 4 3 , 4 credito . . . . 1 7 2 0 2 , 0 9 4 1 1 6 6 , 9 • — 1 0 , 2 7 0 9 8 8 4 8 , 1 Totale 4 6 1 . 0 1 8 1 0 0 , 0 1 7 2 1 . 9 6 8 1 0 0 , 0 1 0 4 1 8 1 0 0 , 0 1 . 1 5 8 1 0 . 8 9 9 1 0 0 , 0

DISTRIBUZIONE DEGLI SPORTELLI BANCARI (fine 1971) 43,4% 35,2% 5,7% 17,6% 7,6% 8,5% 20,9% 15,7% 28,9% 18,9% LOMBARDIA 5.9% 3,9% 8.6% 40,8% ITALIA 8,1% 14,3% 74% 23,5% Istituti di diritto pubblico Banche d'interesse nazionale

V

V

V

Banche di credito ordinario Banche popolari cooperative Casse di risparmio e Monti di 1a categoria Altre aziende di credito 24,2% 17,7%

destinata s o p r a t t u t t o ad assolvere compiti di raccolta. Questo perché diversamente dalla banca di credito ordinario, tipica banca commerciale, la Cassa di risparmio mira principalmente per sua n a t u r a ad a t t r a r r e e ad allargare i depositi. Alla radice di tali sensibili disparità si pongono le diverse origini storiche, l'indole industriale e non commerciale della nostra regione, nonché la maggiore cautela dei risparmiatori piemontesi, particolarmente esigenti in f a t t o di garanzie e quindi propensi ad indirizzarsi verso enti pub-blici.

Quanto sopra enunciato risulta in t u t t a evi-denza se si esaminano i dati esposti nella t a v . 3. Le Casse di risparmio sono ovviamente in testa nella raccolta del risparmio con il 34,4% del totale, aliquota che è t u t t a v i a inferiore a quella accertata per gli sportelli (43,4%). Vale a dire che il primato della raccolta è stato dalle Casse raggiunto a mezzo di una eccessiva prolifera-zione degli sportelli volta a sollecitare « a domi-cilio » la moltitudine dei piccoli risparmiatori, specie nelle province caratterizzate da

insedia-menti agricoli. Analogo discorso vale per le Banche popolari, mentre nei confronti degli Isti-t u Isti-t i di diriIsti-tIsti-to pubblico, delle Banche di inIsti-teresse nazionale e di quelle di eredito ordinario la distri-buzione degli sportelli appare molto meno capil-lare. Ciò è espresso chiaramente dal r a p p o r t o depositi-sportelli, minimo per le Casse di rispar-mio (4.395 milioni) e le Banche popolari (3.444 milioni), massimo per le Banche di interesse nazionale (12.300 milioni) e gli I s t i t u t i di diritto pubblico (8.220 milioni).

Comunque, quello che pili interessa a n n o t a r e è il diverso c o m p o r t a m e n t o seguito dalle sud-dette banche in merito alla funzione di impiego. Le Casse di risparmio sono sempre in prima linea, m a ora soltanto con il 2 8 , 8 % degli impie-ghi totali (contro il 34,4% dei depositi), m e n t r e le Banche di credito ordinario, all'ultimo posto per i depositi (9,0 %), superano le Banche popo-lari in ordine agli impieghi (12,9%). L a situa-zione viene sintetizzata dal quoziente impieghi-depositi, che mostra gli indici più bassi con riferimento alle Banche popolari (38,1) e alle

Casse (41,6), i più elevati nei riguardi delle Banche di credito ordinario (71,6) e delle Ban-che di interesse nazionale (63,3).

In definitiva, al rilievo assunto nel contesto creditizio del Piemonte dalle aziende che, per l'attuazione di una politica particolarmente pru-denziale, impiegano a breve una quota oltre-modo modesta dei risparmi raccolti (Casse di risparmio e Banche popolari) pare da attribuire la ragione ultima del basso rapporto impieghi-depositi riscontrabile nella regione.

5. Accertato che solamente la metà circa del denaro raccolto è reimmessa nella regione per mezzo del credito ordinario e individuate le molteplici ma interrelate cause che determinano il fenomeno, resta da appurare quale destina-zione viene riservata all'abbondante liquidità che ne risulta. Essa è n o r m a l m e n t e utilizzata nei modi seguenti:

a) acquisto di titoli pubblici;

b) trasferimento di disponibilità a favore de-gli istituti eentrali di categoria;

c) finanziamento degli istituti speciali di cre-dito mediante partecipazioni dirette, o acqui-sto di obbligazioni, o creazione di disponibilità in conto corrente.

È jDalese che, mentre con le prime due forme di utilizzo le risorse monetarie eccedenti sono d i r o t t a t e fuori della regione, con la terza ven-gono impiegate solitamente in loco, il che rap-presenta u n correttivo dello squilibrio esistente tra capacità di raccolta e possibilità di impiego. T u t t a v i a , q u a n t u n q u e i n d u b b i a m e n t e positivo, questo travaso di fondi dal breve al medio e lungo periodo non sembra assumere in Piemonte un rilievo tale da risolvere il problema della valo-rizzazione delle ingenti masse di risparmio

dispo-nibili e da rispondere appieno alle esigenze delle aziende regionali (4).

Sebbene non esistano in proposito dati pre-cisi, qualche sommaria indicazione può rica-varsi effettuando il rapporto tra l'ammontare complessivo degli impieghi degli istituti e sezioni speciali di credito e l'importo della liquidità delle aziende di credito ordinario (dato dalla differenza tra depositi e impieghi a breve ter-mine). A fine 1971 tale quoziente risultava in Piemonte pari a 58,5, contro 134,5 della Lom-bardia, 207,4 della Liguria e 111,7 del totale nazionale. Il basso valore che esso assume nella nostra regione dà un'idea, seppure alquanto approssimativa, dell'insufficiente sostegno for-nito dalle locali banche ordinarie al credito a medio e lungo termine e dello smistamento di una parte cospicua di risorse verso altre regioni d'Italia.

Da q u a n t o sojara esposto è lecito dedurre che molto probabilmente le richieste di finan-ziamento a v a n z a t e dalle imprese piemontesi non sempre vengono soddisfatte. Considerata la de-stinazione settoriale degli impieghi degli istituti speciali, le maggiori carenze non si riscontrano t a n t o nei confronti del credito fondiario e del credito agrario — le cui s t r u t t u r e esistenti pos-sono t u t t o s o m m a t o ritenersi a b b a s t a n z a ade-guate — q u a n t o piuttosto nei riguardi del cre-dito all'industria e alle opere pubbliche. Mentre infatti per i primi due settori gli impieghi rap-presentano circa il 1 0 % del totale nazionale, per il terzo la q u o t a scende al 7,2%. Qui, tra i mag-giori istituti, figura il Mediocredito Piemontese, che sulla scorta di leggi speciali provvede sin dal 1951 al finanziamento delle piccole e medie

( 4 ) I R E S , Il settore del credito e le altre attività finanziarie in Piemonte, in « R a p p o r t o per il piano di sviluppo regionale piemontese », Torino, 1007. Tavola 3 D E P O S I T I E I M P I E G H I D E L L E A Z I E N D E D I C R E D I T O O P E R A N T I I N P I E M O N T E A L 3 1 D I C E M B R E 1 9 7 1 (milioni di lire) A Z I E N D E D I C R E D I T O D E P O S I T I D E P O S I T I I M P I E G H I I M P I E G H I I M P I E G H I M N A Z I E N D E D I C R E D I T O V A L O R E

%

S P O R T E L L I V A L O R E 0 / /O S P O R T E L L I D E P O S I T I

Istituti di diritto pubblico 1 . 4 7 1 . 3 7 6 2 6 , 1 8 . 2 2 0 7 4 0 . 1 7 2 2 6 , 4 4 . 1 3 5 5 0 , 3 Banche d'interesse nazionale. 9 4 7 . 1 3 0 1 6 , 8 1 2 . 3 0 0 6 9 9 . 5 6 0 2 1 , 4 7 . 7 8 6 6 3 , 3 Banche di credito ordinario . 5 0 6 . 5 6 0 9 , 0 5 . 8 2 2 3 0 2 . 8 3 4 1 2 , 9 4 . 1 7 0 7 1 , 6 Banche popolari cooperative. 7 3 3 . 5 4 1 1 3 , 0 3 . 4 4 4 2 7 9 . 6 2 7 1 0 , 0 1 . 3 1 3 3 8 , 1 Casse di risparmio e Monti

di la cat 1 . 9 4 2 . 5 3 9 3 4 , 4 4 . 3 9 5 8 0 9 . 0 2 4 2 8 , 8 1 . 8 3 0 4 1 , 6 Altre aziende di credito . . 4 2 . 9 5 4 0 , 7 2 . 1 4 8 1 2 . 8 2 4 0 , 6 6 4 1 2 9 , 8

Totale 5 . 6 4 4 . 1 0 0 1 0 0 , 0 5 . 5 4 4 2 . 8 0 4 . 0 4 1 1 0 0 , 0 2 . 7 6 4 4 9 , 7

imprese. I capitali di cui dispone si rivelano tuttavia scarsi e vengono talvolta erogati con notevoli ritardi rispetto alla data delle richieste a causa della lentezza delle procedure ammini-strative.

Bisogna infine rilevare che nei metodi attual-mente seguiti per operare il trasferimento di fondi dal breve al medio e lungo termine sono insite notevoli componenti di rischio e incer-tezza. In particolari momenti congiunturali fles-sioni del tasso di crescita dei depositi bancari possono infatti determinare un rallentamento o addirittura un arresto nell'afflusso di liquidità agli istituti speciali, i quali si vedono cosi co-stretti a ridurre le linee di credito con grave

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