Oltre ai modelli di organizzazione e gestione esaminati al paragrafo precedente e coniati dal legislatore del 2001 nell’ottica di strutturare l’illecito dell’ente secondo i consueti paradigmi ascrittivi, e quindi di ravvisare anche in capo all’ente medesimo l’elemento soggettivo della colpevolezza, la prassi conosce anche altri strumenti di regolamentazione ed organizzazione dell’attività aziendale.
Si tratta, per il settore che qui interessa, dei cd. sistemi di gestione ambientale (SGA), redatti uniformemente alla norma internazionale ISO 14001 (UNI EN ISO 14001)53, ovvero in conformità al Regolamento europeo EMAS (Ecomanagement and Audit Scheme)54, i quali sistemi, analogamente ai MOG, possono essere adottati dall’ente su base volontaria55. Con il primo, il sistema ISO 14001, si attesta la conformità di un’azienda alla norma tecnica internazionale UNI EN ISO 14001, formulata nel settembre 1996 dall’International
Organization for Standardization, e volta a monitorare gli impatti ambientali connessi alle
attività e ai servizi di un’impresa56. Tale norma, infatti, definisce il sistema di gestione ambientale come “la parte del sistema di gestione generale che comprende la struttura organizzativa, le attività di pianificazione, le responsabilità, le prassi, le procedure, i
52 In questo senso, v. F.GIUNTA,Attività bancaria e responsabilità ex crimine degli enti collettivi, in Riv.
trim. dir. pen. ec., 2004, p. 14 e ss.
53 La versione attualmente in vigore è la ISO 14001:2004, reperibile in internet all’indirizzo www.iso.org. Nel
febbraio 2012 sono comunque partiti i lavori per la revisione della norma che dovrebbe essere emanata nella sua versione più aggiornata nell’anno 2015.
54 Regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009
“sull’adesione volontaria delle organizzazione ad un sistema comunitario di ecogestione e di audit (EMAS)”, in GUUE del 22.12.2009, L 342/1.
55 Gli SGA, infatti, rappresentano casi di cd. soft law, nel senso che è rimesso all’esclusiva scelta dell’impresa
l’adeguamento alla best practice di settore quando essa venga tradotta in norme, seppure non vincolanti in quanto non emanate dal legislatore. Nel carattere non vincolante di tale disciplina si coglie quindi un tratto comune con l’istituto dei modelli di organizzazione e gestione. V. in proposito, C. MANACORDA,
Responsabilità cit, p. 59.
56 V. M. BORTOLOTTO – C. PARODI, Modello organizzativo e reati ambientali: luci e ombre dopo la riforma
nel rapporto con il testo unico sull’ambiente, in La Resp. Amm. Soc., 2011, p. 51. Cfr. anche, per un
approfondimento, F. IRALDO – E. CANCILA, Le certificazioni ambientali per le imprese. Metodologie, approcci operativi e casi di eccellenza, Milano, 2010.
processi, le risorse per elaborare, mettere in atto, conseguire, riesaminare e mantenere attiva la politica ambientale”57.
Pertanto, laddove un ente intenda uniformarsi a tale standard58, deve, esattamente come per la redazione di un modello di organizzazione e gestione, dar corso ad alcune procedure ben precise che ripercorriamo appresso per sommi capi.
Il primo step è la definizione della cd. politica ambientale59. Si tratta di un adempimento che, per certi versi, assomiglia alla predisposizione del Codice Etico60. Quest’ultimo non deve essere necessariamente inserito nel MOG, ma, come visto, sarebbe bene che lo schema organizzativo lo contemplasse comunque, in funzione di una maggiore “credibilità” ed efficacia nel perseguimento della suddetta finalità preventiva del rischio reato61.
Anche politica ambientale, quindi, è un documento programmatico che esprime la volontà e l’impegno degli organi di vertice di un’organizzazione, la cd. alta direzione, ad intraprendere attività gestionali al fine di tenere sotto controllo e, se possibile, migliorare i propri impegni ambientali62. Con la politica ambientale, insomma, l’ente si fa carico di una vera e propria mission, consistente nel rispetto della normativa ecologica e nel raggiungimento di obiettivi di miglioramento concernenti l’impatto della propria attività sull’ecosistema63.
Completata la redazione di tale documento programmatico, la ISO 14001 prescrive un’attenta attività di pianificazione. L’ente, innanzitutto, è tenuto ad identificare gli aspetti ambientali significativi dell’organizzazione, stabilendo cioè, attraverso la cd. analisi
57 Analoga definizione è contenuta, peraltro, nel citato regolamento EMAS, all’art. 2, lett. k), secondo il quale
il sistema di gestione ambientale è “la parte del sistema complessivo di gestione comprendente la struttura organizzativa, le attività di pianificazione, le responsabilità, le pratiche, le procedure, i processi e le risorse per sviluppare, mettere in atto, realizzare, riesaminare e mantenere la politica ambientale”. Per un’analisi approfondita delle certificazioni ambientali, v. in particolare, M. DE ROSA, Le certificazioni ambientali e la responsabilità sociale del territorio, in Ianus, 2010, p. 17 e ss.
58 Le ragioni per le quali un’impresa decide di conformare la propria organizzazione al sistema ISO 14001
possono essere le più svariate, ma, molto spesso, questo viene fatto per ragioni marketing o per un miglioramento dell’immagine dell’azienda stessa agli occhi dei cd. stakeholders oppure, ancora, per avere migliore accesso a bandi e finanziamenti pubblici. “Si può dire, in sintesi, che le organizzazioni che si avvicinano allo standard ISO 14001 sono spinte in Italia più dai vari incentivi esistenti che da una convinta adesione ad un sistema che consente di gestire meglio i propri aspetti ambientali. Ciò perché la scelta di far funzionare davvero il sistema di gestione ambientale presuppone serio impegno e sensibilità degli organi di governo delle organizzazioni che, spesso, manca”; così M.DE ROSA,Le certificazioni, cit., p. 26.
59Cfr. per tutti, M.PANSARELLA,Reati ambientali: il set dei controlli a presidio, in La Resp. Amm. Soc.,
2012, p. 244 e ss.; A. SILLANI, Ecoreati e 231: elementi di similitudine tra ISO 1001 e il modello organizzativo esimente, in Rifiuti, 2011, p. 17 e ss.
60 V. supra.
61 Sull’interazione tra MOG e SGA vedi comunque infra, § 3. 62 M. DE ROSA, Le certificazioni, cit., p. 20 e ss.
63 Si esprime più o meno in questi termini, A. SILLANI, ult. op. cit., p. 18 il quale sottolinea anche come “la
politica ambientale debba essere diffusa e resa disponibile al pubblico esterno dichiarando, in tal modo, l’impegno dell’organizzazione anche nei confronti dei dipendenti e della comunità locale coinvolta”.
iniziale64, quali siano le attività, i processi o i servizi erogati che possano avere ripercussioni sull’ecosistema e secondo quale dinamica queste si manifestino65. Identificati in questo modo gli aspetti ambientali significativi, l’ente deve procedere alla identificazione degli obblighi giuridici che incombono sull’organizzazione (es. provvedimenti di autorizzazione della p.a., leggi nazionali, leggi regionali, etc.).
Adempiute tali fasi preliminari, occorre quindi procedere alla fase di attuazione e funzionamento (con riferimento al ciclo di Deming si tratta del momento “do”). L’ente, pertanto, deve, tra le altre cose: definire risorse, ruoli, responsabilità e autorità relative al sistema di gestione ambientale, anche attraverso l’individuazione di un apposito responsabile (cd. RGA, acronimo di responsabile della gestione ambientale, dotato delle competenze e delle risorse finanziarie necessarie per espletare tale ruolo); definire, attuare e mantenere specifiche procedure affinché la competenza delle funzioni svolte rimanga sempre adeguata alle esigenze e coerente rispetto al perseguimento dei principi espressi dalla politica ambientale; definire procedure per il riesame, la modifica oppure l’aggiornamento complessivo del sistema; provvedere alla formazione del personale, rendendolo sensibile alle problematiche ambientali coinvolte nei rispettivi settori di attività66.
Infine, la corretta implementazione di un sistema di gestione ambientale ne presuppone la sottoposizione ad un regime di verifica, al fine di rilevare eventuali carenze in punto di efficacia oppure non conformità al sistema stesso. Si tratta, in altri termini, della fase “check”, la quale prevede, tra le altre misure, azioni di monitoraggio o sorveglianza, la definizione di un sistema per la valutazione del rispetto delle prescrizioni, corredato di evidenza documentale, la definizione di procedure con cui affrontare le non conformità al sistema e lo svolgimento di un ciclo completo di audit interno, cadenzato secondo un
timing ben preciso.
L’obiettivo prioritario dell’attività di audit interno, infatti, è quello di attuare una valutazione sistematica, documentata, periodica ed obiettiva delle prestazioni
64 Pur non essendo espressamente richiesta dalla ISO 14001, l’analisi ambientale iniziale è un passo
indispensabile per valutare la realtà aziendale e stabilire obiettivi di miglioramento. Cfr. sul punto, M. PANSARELLA, Reati ambientali,cit., p. 243.
65 Per una distinzione dei concetti di “aspetto ambientale” ed “impatto”, v. per tutti M. DE ROSA, Le
certificazioni, cit., p. 21, la quale precisa che i due termini si pongono in un rapporto di causa – effetto:
l’aspetto è un elemento dell’attività che può interagire con l’ambiente; l’impatto, invece, rappresenta qualunque modificazione dell’ambiente, negativa o positiva, causata totalmente o parzialmente dall’aspetto ambientale di un’organizzazione.
66 Per un quadro complessivo degli adempimenti che caratterizzano tale fase, v. per tutti, M. PANSARELLA,
dell’organizzazione del sistema di gestione ambientale e dei processi destinati a proteggere l’ecosistema, con il fine di facilitare il controllo gestionale dei comportamenti che possono avere un impatto sull’ambiente e di valutare la conformità alla stessa politica ambientale67. Sulla base dell’audit interno l’alta direzione può quindi riesaminare il sistema. Il riesame, che dovrebbe essere programmato secondo intervalli di tempo regolari, comporta la valutazione circa la necessità di una modifica della politica ambientale, degli obiettivi o degli altri elementi del sistema di gestione. I risultati di audit, insomma, consentono di adottare i provvedimenti opportuni al fine di evitare il ripetersi di situazioni non conformi al sistema medesimo.
Una volta attuate le predette azioni correttive, l’ente può richiedere la certificazione ISO 14001 o avviare l’iter di registrazione EMAS. Tutte le fasi e le procedure appena descritte per il primo, infatti, appartengono e caratterizzano anche l’implementazione di un sistema di gestione ambientale ispirato al citato regolamento europeo EMAS.
E’ anche vero, però, che tra i due sistemi di gestione esistono significative differenze. Ed infatti, mentre la registrazione EMAS spetta ad un ente statale, legittimato alla supervisione, la certificazione ISO viene normalmente rilasciata da un organismo privato, terzo ed indipendente (cd. ente certificatore). Allo stesso tempo, se il sistema EMAS ha efficacia solo in ambito europeo, la norma tecnica UNI EN ISO 14001 è invece riconosciuta a livello internazionale.
Infine, EMAS si mostra più “tecnico” di ISO 14001, incentrato per lo più sulla comunicazione di una politica dell’impresa rivolta al mercato. Un aspetto di tale maggior tecnicismo è rappresentato dalla cd. “dichiarazione ambientale”, propria del solo sistema EMAS, con la quale l’organizzazione, nell’ambito di una scelta di trasparenza verso i suoi possibili interlocutori, fornisce informazioni precise sulle proprie prestazioni ed impatti ambientali, oltre che sulla propria posizione in relazione alla normativa ambientale vigente68. La dichiarazione ambientale, infatti, tra le altre cose, deve contenere: una descrizione chiara e priva di ambiguità dell’organizzazione che chiede la registrazione EMAS e una sintesi delle attività e dei suoi prodotti o servizi; la politica ambientale dell’organizzazione e una breve illustrazione del suo sistema di gestione ambientale; una descrizione di tutti gli aspetti ambientali significativi, diretti ed indiretti, che determinano impatti consistenti sull’ecosistema; una descrizione dei rispettivi obiettivi e target in
67 Si esprime più o meno in questi termini, A. SILLANI, ult. op. cit., p. 22. 68 V. in merito M.DE ROSA,Le certificazioni, cit., p. 32 e ss.
relazione ai predetti aspetti ed impatti ambientali e una sintesi dei dati delle prestazioni dell’organizzazione in merito ai traguardi in tal modo prefissati.
Pur avendo le differenze così sommariamente illustrate anche risvolti pratici - in quanto EMAS, ad esempio, coinvolge pure i fornitori che sono, invece, del tutto esclusi dal sistema ISO 14001 – la comunanza delle fasi principali per l’implementazione dei rispettivi sistemi ne consente una trattazione congiunta. Altrettanto comuni, infatti, sono le analogie e le differenze che i predetti sistemi presentano rispetto ai modelli di organizzazione e gestione ai sensi degli artt. 6 e 7 del d. lgs. 231/2001.
3. Analogie e differenze rispetto ai MOG. Una possibile “simbiosi” tra i due sistemi.