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Francesca Palma

Università degli Studi dell'Aquila, Dipartimento di Scienze Umane

Parole chiave: sogni, ricerca-azione, decrescita felice, Appennino, Gran Sasso, Monti della Laga

Vivere in contesti montani significa affrontare difficoltà quotidiane. Cosa succede quando in tali contesti si abbattono eventi straordinari come un terremoto o un grave dissesto idrogeologico? Cosa resta allora dei “sogni” delle persone? Nell’ambito del progetto “Il territorio dei miei sogni: percorsi e mappe per la valorizzazione economica e sociale del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga” del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università degli Studi dell’Aquila cofinanziato dall’Ente Parco, impiegando la metodologia della ricerca-azione partecipativa (Calandra, Castellani, Palma, 2016) è stata realizzata una ricerca sul campo nei quarantaquattro comuni dell’area protetta, indagando le percezioni degli abitanti e i loro “sogni” dopo il sisma. Alla ricerca, della durata di circa quattro mesi (giugno-settembre 2017), hanno partecipato ricercatori, borsisti, laureati, professionisti e dieci studenti afferenti al Dipartimento. I sogni raccolti sono stati più di mille.

A partire da tale raccolta, è possibile raccontare le storie di chi ha sempre vissuto in montagna, di chi è andato via e poi è tornato, ma anche di chi ha scelto, per la montagna, di abbandonare la città in cerca del silenzio. Storie di persone che scelgono di attingere la linfa vitale dalle profonde radici umane che si trovano vicino alla natura e al paesaggio (Olivetti, 2015). L’emergenza infatti non spegne l’amore per il territorio: il più grande sogno è non smettere mai di sognare (Tamburini, 2013). Crollano gli edifici, franano le strade ma la montagna resta riferimento per bambini e adulti e orienta le azioni quotidiane: “Quando mi sveglio come prima cosa vedo come sta il Gran Sasso”. E quando la gravità degli eventi impone l’allontanamento, la sofferenza è innanzitutto per la montagna abbandonata e la nostalgia è per il paesaggio di cui non si gode più. Emergono così le immagini e le parole di un vivere basato su semplicità, armonia e autenticità (Latouche, 2015), di persone e comunità che, seppur attraversate da più di una emergenza, costituiscono laboriosi presidi di tutela ed educazione ambientale e contribuiscono con il loro lavoro alla cura e alla bellezza dei luoghi: persone che con amore e passione si occupano del proprio territorio producendo il più grande dei beni, il bene comune. Queste comunità educanti indicano il futuro all’umanità intera, ricordandoci che la casa

di ognuno non finisce sull’uscio d’ingresso e guardando l’utopia come possibile obiettivo di salvezza.

Riferimenti bibliografici

Calandra, M. L., Castellani, S., Palma, F. (2016). Il laboratorio Cartolab nel post sisma

aquilano: ricerca e partecipazione all’interfaccia tra politica e società. In D’Ascenzo

A. (a cura di), Terremoti e altri eventi calamitosi nei processi di territorializzazione. Roma, Labgeo Caraci.

Latouche, S. (2015). Breve trattato sulla decrescita serena e Come sopravvivere

allo sviluppo. Dalla decolonizzazione dell’immaginario economico alla costruzione di una società alternativa. Torino, Bollati Boringhieri.

Olivetti, A. (2015). Noi sogniamo il silenzio. Roma e Ivrea, Edizioni di Comunità. Tamburini, P. (2013). Verso una educazione alla sostenibilità. Dalla ricerca dei

fondamenti epistemologici, scientifici ed etici ai progetti comunicativi, educativi, partecipativi. Imola, versione eBook autoprodotta.

Profilo biografico

Francesca Palma (1965) è borsista di ricerca presso il laboratorio Cartolab del Dipartimento di Scienze Umane, Università degli Studi dell'Aquila. I suoi campi di ricerca riguardano l’educazione geografica e la ricerca-azione partecipativa in contesti di post emergenza. Tra le sue ultime pubblicazioni:

– Calandra, L. M., Palma, F., (2017). Rappresentare il territorio per educare alla

cittadinanza: dal disegno a Google Maps. In G. Zanolin, T. Gilardi, R. De Lucia (a

cura di), Geo-didattiche per il futuro La geografia alla prova delle competenze. Milano, Franco Angeli.

– Castellani, S., Palma, F., Calandra, L. M. (2016). La riconfigurazione territoriale dell’Aquila dopo il sisma del 2009 e il cambiamento dei luoghi e dei comportamenti. Epidemiologia & Prevenzione, 2, supplemento 1 L’Aquila:

sorveglianza e ricerca dopo il terremoto del 2009, marzo-aprile 2016.

– Calandra, L. M. (2016). Le competenze spaziali e i saperi geografici: dalla

mappa al territorio. In L. M. Calandra, T. Gonzàlez Aja, A. Vaccarelli (a cura

di), L’educazione outdoor. Territorio, cittadinanza, identità plurali fuori dalle aule

Etica, sentimenti e “far quadrare i conti”. Culture del

lavoro di due allevatrici di montagna della Comunità di

Primiero (Trentino Orientale)

Bianca Pastori

Università degli Studi di Verona

Parole chiave: agricoltura, allevamento, donne, etnografia, lavoro, storie di vita In tempi recenti il settore agricolo e il mercato agroalimentare hanno vissuto importanti trasformazioni che si sono tradotte, anche in Italia, da un lato in una serie di crisi, dall’altro in un ripensamento dei modi di fare agricoltura anche sulla scorta dell’accresciuto interesse per la produzione di cibo di qualità, alla spiccata sensibilità rispetto all'utilizzo del suolo e delle risorse naturali e all’attenzione per la sostenibilità delle pratiche. L’agricoltura di montagna, per via della sua debolezza intrinseca dovuta soprattutto a fattori pedoclimatici, ha dovuto da tempo puntare su produzioni “di nicchia” di cui sono state esaltate le dimensioni valoriale e turistica. In tal senso essa si trova oggi di fronte a un’occasione di riscatto ed è stata percepita come un modello in virtù del suo mai totale allineamento a modelli agroindustriali affermatisi altrove.

Polarizzato dalla categoria dei “nuovi contadini”, il dibattito si è concentrato su forme emergenti di agricoltura che si propongono come alternative a tipologie aziendali “convenzionali” e, più in generale, sul fenomeno del ritorno alla terra. Minor attenzione è stata dedicata alle trasformazioni di lunga durata e alle conseguenze del contesto contemporaneo su quella parte del mondo agricolo composta da aziende a conduzione familiare di medie dimensioni dove la produzione specializzata è orientata al mercato e inserita in sistemi normativi ed economici istituzionali.

La presente proposta considera queste realtà – due allevamenti di bovine da latte associati al Caseificio cooperativo di Primiero – attraverso un approccio soggettivo incentrato sulle storie di vita e di lavoro delle loro co-conduttrici. L’essere parte di una struttura economica e organizzativa come il Caseificio, che si interfaccia con il Consorzio Trentingrana (Consorzio dei caseifici sociali trentini) nel commerciare il proprio prodotto alla grande distribuzione, così come l’utilizzo del latte conferito per la produzione di formaggi di qualità, richiede l’adeguamento a standard sanitari e produttivi che influiscono sulle pratiche quotidiane: il latte deve rispondere a determinati parametri e viene pagato in proporzione alla sua quantità e qualità, l’alimentazione e il trattamento degli animali sono soggetti a un disciplinare di produzione. Questa standardizzazione non riduce la dimensione individuale nelle

modalità di conduzione della stalla, ma è solo una delle componenti della cultura del lavoro delle allevatrici. I vincoli, così come la sostenibilità economica delle aziende, sono quotidianamente negoziati con la volontà di produrre tenendo fede ai propri principî, alle proprie convinzioni etiche e spirituali, generando soddisfazione personale e benessere per le proprie famiglie.

Attraverso questa lettura, dalle pratiche lavorative agricole anche delle realtà orientate al mercato, emergere il tema della cura per le relazioni con altri esseri (umani e non) e il tentativo di non disarticolare i diversi piani dell’agire che danno senso alla vita e al lavoro.

Riferimenti bibliografici

Haraway, D. (1988). Situated Knowledges: The Science Question in Feminism and the Privilege of Partial Perspective. Feminist Studies, 14 (3), pp. 575-599.

Padiglione, V. (2015). Il postagricolo e l’antropologia. Antropologia Museale, pp. 34-36. Paini, A. (2008). Pratica antropologia e passione per la differenza. In M. Deriu (a cura di), Sessi e culture: intessere le differenze. Oltre gli stereotipi per una politica

dell’incontro. Parma, Edicta.

Van der Ploeg, J. D. (2009). I nuovi contadini. Le campagne e le risposte alla

globalizzazione. Roma, Donzelli.

Roncaglia, S. (2014). Identità al lavoro. Contadini, imprenditori agricoli e nuovi

contadini del Parco Agricolo Sud di Milano. In V. Beccarini, S. Roncaglia (a cura di), Culture del lavoro e dello svago in Lombardia. Milano, Mimesis.

Profilo biografico

Bianca Pastori (1983) si è laureata in Antropologia culturale, etnologia, etnolinguistica presso l'Università Ca' Foscari di Venezia con una tesi in storia orale; dopo la laurea ha lavorato come ricercatrice indipendente all'interno dell'associazione milanese AVoce|Etnografia e storia del lavoro, dell'impresa e del territorio per alcuni progetti co-finanziati da Regione Lombardia (Archivio di Etnografia e Storia Sociale) sul tema del lavoro agricolo nella zona periurbana di Milano. A partire da un intervento di raccolta di videoritratti di alcune produttrici agricole nella montagna comasca – sostenuto da Donne in Campo Lombardia – ha sviluppato un progetto ritenuto meritevole di borsa di studio presso il corso di dottorato in Studi storici, geografici e antropologici (curriculum scienze storiche e antropologiche) delle Università consorziate di Padova, Venezia Cà Foscari, Verona. Per la tesi di dottorato ha svolto la propria ricerca sul campo tra le produttrici agricole della valle di Primiero (Trentino orientale).

Food culture and sustainability in the Alps: the

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