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SOCIAL MEDIA MARKETING

2. CAPITOLO 2 I SOCIAL MEDIA E L’IMPATTO SUL MARKETING

2.3. SOCIAL MEDIA MARKETING

«Il Social media marketing (SMM) è quell’insieme di strategie multiscopo, pensate su misura per i social media, attraverso cui aziende e brand mirano a promuovere i propri prodotti o servizi, raggiungere nuovi clienti o coinvolgere di più e meglio i clienti attuali e, non ultimo, costruire e diffondere la propria immagine e i propri valori.» (insidemarketing.it, 2018: b)

Studiando i casi di alcune aziende che hanno cominciato ad integrare i social media nelle loro strategie di marketing, è possibile notare come non tutte abbiano ancora compreso appieno le potenzialità di questo fenomeno o come sfruttarlo nel modo giusto. In altri casi

41 invece ci sono aziende che hanno colto i vantaggi che questi nuovi mezzi possono offrire, ma senza aver imparato esattamente quale sia la via migliore per raggiungere il proprio pubblico in maniera efficace. Infatti, poiché i social network hanno lo scopo generalmente di stimolare la creazione di relazioni personali, inserirsi senza disturbare gli utenti e senza essere associati a contenuti spam, inopportuni o senza essere segnalati per aver “postato” qualcosa di lesivo della sensibilità delle persone o inadatti al contesto è una sfida non sempre facile da vincere (Kotler, Kartajaya, Setiawan, 2017).

Come vedremo anche nel capitolo successivo, la pagina Facebook aziendale è diventata ormai uno dei “luoghi” cardine dove veicolare messaggi pubblicitari e intervenire attivamente nella creazione e condivisione di contenuti (Kotler, Kartajaya, Setiawan, 2017), ovvero in quel “botta e risposta” che si può creare ogni qualvolta ne venga “postato” uno nuovo.

L’ingresso dei social media nel mondo delle aziende ha concesso quindi opportunità interessanti a coloro che li sanno utilizzare al meglio. Si può per questo affermare che questo cambiamento abbia portato notevoli vantaggi (Sajid, 2016; teraplan.it, 2018):

a) maggiore esposizione dell’azienda sul mercato

b) maggiore possibilità e facilità di interazione azienda/utente;

c) creazione di partnership con altre aziende per ottenere un vantaggio comune; d) individuazione di influencer15 che potrebbero diventare i prossimi promotori dei

prodotti e servizi aziendali; e) marketing a costi contenuti;

f) aumento della brand awarness16 e della fidelizzazione

g) aumento del traffico sul sito web aziendale

h) presenza di tool per la raccolta dati, accessibili a costi molto bassi

Visti quindi i benefici che una azienda può trarre dall’utilizzo dei social media e la centralità di questi all’interno della società moderna, si può dire che, utilizzando le parole di Guido di Fraia (2011, p. 20) «un’azienda che non è presente in rete o nei social media è un’azienda che comunica la propria assenza». Tuttavia questa affermazione, seppur

15 «Termine utilizzato in ambito pubblicitario per indicare quelle persone che, essendo determinanti

nell’influenza dell’opinione pubblica, costituiscono un target importante cui indirizzare messaggi pubblicitari, al fine di accelerarne l’accettazione presso un pubblico più vasto.» (Cocuzza: a)

16 Definibile come conoscenza della marca, ne misura sia il grado di conoscenza sia le opinioni a riguardo

42 veritiera, merita una precisazione: dal momento che gli utenti hanno la possibilità di dialogare fra loro, i brand saranno comunque oggetto di conversazione: per questo, non essere presenti significa non avere il controllo sulle opinioni che si creano riguardanti il brand stesso, che siano negative o positive (Tissoni, 2014).

Come detto in precedenza parlando dell’inbound marketing, grazie all’affermarsi dei social media è cambiato il modo di comunicare tra azienda e consumatori. In breve, si è passati da un approccio comunicativo di tipo “bowling” ad uno di tipo “flipper” (Kotler, Hollenses, Opresnik, 2019): il primo si riferisce a quello monodirezionale, mentre il secondo si riferisce al modello più consono al social media marketing, ovvero quello che prevede il lancio di un messaggio che poi sarà arricchito e rilanciato dai ricettori del messaggio, e che prevede anche la perdita parziale del controllo su di esso da parte dell’azienda.

L’approccio pull si basa su un modello, secondo alcuni studiosi tra cui Philip Kotler (Kotler, Hollenses, Opresnik, 2019), detto delle 6C (figura 2.5), le quali indicano gli elementi necessari per stabilire e rafforzare nel tempo un attaccamento emotivo da parte dell’utente.

Figura 2.5 - Il modello delle 6C del social media marketing

Fonte: Pletikosa, 2012

a) Company e contenuto: le prime due C del modello specificano che, seppur siano diventati importanti gli User Generated Content, per attirare i clienti a sé l’azienda deve comunque lanciare dei contenuti per prima in modo da attirare l’attenzione

43 degli utenti e stimolarne l’interazione: questi possono essere, ad esempio, un post sulla pagina Facebook aziendale o un video pubblicato su Youtube;

b) Controllo: l’azienda, come già anticipato, ad un certo punto abbandona il controllo, il cui confine è rappresentato dalla linea tratteggiata, delle conversazioni online con lo scopo di permettere la customizzazione e diffusione dei contenuti da parte degli utenti su altri siti, blog, social network, forum. Nonostante esista il rischio che dove l’azienda non possa o non decida di intervenire si creino opinioni distorte sul brand, l’essere disposti alla perdita volontaria di controllo risulta un passaggio fondamentale per creare un coinvolgimento diffuso;

c) Community: riprendendo il punto precedente, quando l’azienda decide di “allentare la corda” sul controllo di quello che viene detto su di sé online, questa agisce veicolando i propri contenuti verso communities di soggetti che siano in qualche modo coinvolte da un certo grado di interesse. All’interno di queste comunità inizia il processo di editazione e diffusione dei contenuti da parte dei proprio membri, i quali possono sia interpellarsi a vicenda che interpellare l’azienda, la quale dovrebbe quindi essere sempre pronta ad instaurare e sostenere un dialogo con gli utenti: questo si può manifestare, nell’espressione più semplice, attraverso dei commenti ai singoli contenuti diffusi. Un punto da tenere in considerazione quando si decide di diffondere dei contenuti all’interno di una community è la ricerca di eventuali influencer per dare maggiore rilievo e favorire la loro diffusione;

d) Consumatori e conversazioni: il modello mostra anche come il picco di coinvolgimento si possa avere solo quando, grazie al passaparola online, gli utenti avranno iniziato una quantità elevata di conversazioni. Anche se non esplicitamente indicato, i membri della community sono distinguibili in coloro che hanno partecipato alla conversazione e coloro che avrebbero potuto farlo perché a conoscenza di quanto stava accadendo, ma che hanno deciso comunque di non parteciparvi direttamente. Come si vedrà meglio successivamente analizzando il caso Ceres, grazie alla particolare abilità di coinvolgere gli utenti da parte dei brand, è stata notata una volontà di prendere parte alle conversazioni online anche da parte di chi nella realtà non è un fruitore dei prodotti e servizi dell’azienda in questione.

44 Se adottato con successo, questo modello ha la capacità di fornire a chi si occupa di social media una grandissima quantità di feedback “non richiesti” provenienti dalla community di riferimento, costituiti da quello che viene detto all’interno delle conversazioni generate dopo il primo input dato dall’azienda all’inizio del processo, oltre ad una panoramica di quello che in generale gli utenti dicono dell’azienda o dei suoi prodotti o servizi. In aggiunta, una volta cresciuto il volume delle conversazioni online, l’azienda può intervenire interloquendo direttamente con i membri per cercare di indirizzarli verso il processo di acquisto. Infine, possono essere raccolti anche dati sui consumatori potenziali, le cui conversazioni possono aiutare a capire quali caratteristiche ideali dovrebbero far parte di un prodotto o servizio per soddisfare appieno le loro esigenze (Kotler, Hollenses, Opresnik, 2019).

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