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Soggetti, ideologie e composizione socio-politica della Comune A Le elezioni della Comune e la sua composizione sociale

IL CAOTICO MOSAICO DI UN POTERE SOSPESO TRA DEMOCRAZIA SOCIALISTA-COMMUNALE E TENTAZIONI AUTORITARIE

2.1. Soggetti, ideologie e composizione socio-politica della Comune A Le elezioni della Comune e la sua composizione sociale

Partiamo allora analizzando le elezioni della Comune, che ci introducono al tema della sua composizione sociale e politica.

Il 26 Marzo, su 485.569 elettori iscritti alle liste elettorali, solo 229.167 votano.

Tuttavia questo numero, che non raggiunge la metà dell'elettorato parigino, si spiega in ragione della fuga di molte persone dalla città – tra le 80.000 e le 100.000, in gran parte borghesi – e del fatto che il numero di elettori iscritti risale ad un calcolo effettuato per il plebiscito indetto nel 1870 dall'Impero di Napoleone III (già alle elezioni del 3 Novembre 1870, ad esempio, il numero di elettori scende a 322.000). A cui si devono aggiungere altre cause: i numerosi decessi dovuti allo stadio d'assedio, alla fame, alla guerra e l'astensionismo sistematico operato da molti borghesi su pressione del governo versagliese247.

Alla fine, vengono comunque eletti 90 membri destinati a costituire il Consiglio Comunale, in veste di delegati dei XX arrondissements, per ognuno dei quali il numero di rappresentanti varia da due a sette a seconda del numero di abitanti.

L'analisi del voto evidenzia fin da subito un'incredibile eterogeneità sociale e politica presente tra gli eletti. Per quanto riguarda la composizione sociale, vi si trovano infatti professori, artisti, giornalisti, impiegati, commercianti e numerosi operai – diversi dei quali già membri del Comitato Centrale della G.N. –.

Ciò ci spinge a dire che l'idea secondo cui la Comune è stato un governo della sola classe operaia, in cui cioè la maggioranza degli eletti è operaia o rappresentante di questa classe sociale248, non è del tutto vera.

Il Consiglio Comunale infatti, in termini di rappresentanza politica, rappresenta una coalizione di forze sociali eterogenee, dentro cui ha giocato un ruolo importante anche la piccola borghesia parigina in lotta contro l'accentramento di potere, sia economico che politico. Stando a Lissagaray, ad esempio, se è indubitabile il ruolo precipuo del

247J. Bruhat, J. Dautry, E. Tersen, op.cit., p.143.

proletariato nell'insorgenza democratica dell'esperienza comunarda, grazie ai 25 operai di cui sopra – solo 13 dei quali appartenenti anche all'Internazionale –, la grande maggioranza rivoluzionaria è composta da piccoli borghesi, impiegati, contabili, giornalisti, medici, etc.249. Come a dire che la Comune non è stato, solo, un governo

operaio. Bensì un governo nato dalla pressione conflittuale dell'intero hoi polloi sociale, composto da proletariato e piccola-borghesia. Questo comunque, lo comprenderemo meglio nel secondo paragrafo, quando, con l'analisi dei provvedimenti e decreti politici della Comune, faremo emergere il suo tentativo di essere un governo del popolo per il popolo avente come fine non solo l'emancipazione economica dei lavoratori250, ma

anche la costruzione di libertà politiche collettive plurali.

Per quanto riguarda invece la composizione politica, il Consiglio Comunale parigino vede al suo interno una forte presenza di militanti radicali e rivoluzionari, la cui maggioranza appartiene al movimento blanquista-giacobino e la minoranza è vicina alle tesi teoriche dell'Internazionale, oltre a una piccola presenza di repubblicani borghesi conservatori e moderati.

Fin dal principio però, queste parti politiche attribuiscono significati diversi al ruolo e al fine politico del Consiglio comunale e della tornata elettorale. Perché, se è vero che nel 1871 a Parigi il termine Comune designa un governo popolare, democratico e d'essenza rivoluzionaria che ricorda quello della Prima Rivoluzione Francese, c'è una differente interpretazione sul ruolo di questo soggetto251.

I rappresentati borghesi e i conciliatori presenti in città, ad esempio, sostengono le libertà municipali in senso stretto, ribadendo che il fine della rivoluzione è stato raggiunto ed è espresso esclusivamente dalla liberazione dall'ingerenza del governo centrale negli affari politici di Parigi. Per loro, cioè, il mandato è solo amministrativo e l'atto rivoluzionario finisce con la decentralizzazione politico-amministrativa all'interno della Repubblica una e indivisibile. Quasi non si interessano della rivoluzione politica al di là dei confini della città, né tanto meno dell'organizzazione di un nuovo ordine sociale ed economico più equo e solidale di cui si fanno invece portatrici le correnti

249P.O. Lissagaray, op.cit.

250K. Marx, Indirizzi dell'Ait. La guerra civile in Francia, in op.cit., pp.139,140. 251C. Rihs, op.cit., p.126.

socialiste legate all'Internazionale.

Anzi, è proprio il rischio che la Comune si faccia portavoce e promotrice di queste ideologie di rivoluzione sociale e politica radicale, andando al di là delle funzioni che i borghesi le attribuiscono, che spinge in poco tempo all'uscita degli stessi borghesi dalle fila del Consiglio Comunale parigino. Quando essi comprendono che la Comune è un soggetto politico che oltrepassa le funzioni di consiglio municipale, disposto ad andare oltre la legalità per raggiungere i suoi scopi politici e sociali, rassegnano le dimissioni. Dimissioni che tuttavia erano previste da gran parte del movimento rivoluzionario252.

Del resto, stando a Lefebvre, i quartieri borghesi avevano votato per eleggere un semplice consiglio municipale, una municipalità, mentre nei quartieri operai si votava per legalizzare un nuovo governo della Repubblica, in opposizione all'Assemblea dei Rurali253.

Ma in realtà, la divergenza politica sul senso e ruolo politico da attribuire alla Comune, non è così netta subito dopo le elezioni. Basti considerare a tal proposito che sono gli stessi rappresentanti rivoluzionari che esitano a stabilire in via definitiva il programma politico e il fine della nuova autorità governativa di Parigi, sospesi tra costituzione di una semplice municipalità e costituzione di un governo254(nazionale).

Questa difficoltà, viva e pulsante nell'ultima settimana di Marzo, appare chiara anche alla lettura del Manifesto del Comitato Centrale dei XX arrondissements del 27 Marzo, dal quale emergono contemporaneamente la presenza di elementi politici considerati irremovibili e incontrovertibili e un pesante silenzio sulla natura delle elezioni e il tipo di potere della Comune.

Nonostante queste problematiche, è tuttavia evidente che dopo le dimissioni dei rappresentanti borghesi e le elezioni suppletive del 16 Aprile, la Comune di Parigi non può più essere intesa come un semplice soggetto amministrativo, ma è qualcosa di più, che va oltre. La sua connotazione sociale e politica si precisa, grazie al fatto che all'interno del Consiglio Comunale rimangono prevalentemente le due correnti che hanno lottato contro il bonapartismo, Versailles e i prussiani: da un lato i blanquisti- giacobini, dall'altro i socialisti internazionalisti.

252Ivi, p.96.

253H. Lefebvre, op.cit., p.353.

2.1.B. Le due principali correnti rivoluzionarie in seno al Consiglio Comunale: la loro

ideologia e la differente concezione della Comune

Approfondiamo ora lo studio delle diverse dottrine sociali e politiche a cui questi due gruppi rivoluzionari si rifanno, esplorandone le intrinseche specificità, in modo da avere gli strumenti concettuali per orientarci nella variegata complessità ideologica del movimento communaliste e della Comune parigina.

E' infatti solo grazie all'identificazione delle divergenti interpretazioni politiche che le due correnti attribuiscono al soggetto politico Comune e al suo fine, che potremo comprenderne le azioni, nonché le divergenze d'intenti e conflitti che essa ebbe al suo interno nel breve periodo della sua esistenza.

Partiamo dai blanquisti e giacobini, che pur uniti nella contingenza della lotta, presentano notevoli differenze ideologiche.

Entrambi i gruppi sostengono che attraverso l'insorgenza generalizzata, si possa istituire una potere centrale dittatoriale, unica forma di governo in grado di difendere la Repubblica dai prussiani e di dare la libertà ai francesi. Ma se i blanquisti vogliono anche la rivoluzione sociale, senza però costruirne i presupposti teorici e senza avere una conoscenza approfondita della miseria sociale del proletariato, i secondi se ne disinteressano fortemente.

Il blanquismo, per bocca del suo leader, propone la distruzione della religione, della proprietà privata, della borghesia e dello Stato. E sebbene, nei fatti, i suoi aderenti si interessino più all'azione che non all'elaborazione di teorie sulla futura organizzazione sociale, è indubitabile che questa linea di pensiero-azione ha molta influenza sul proletario parigino dell'epoca.

Discostandosi però dalla strategia di miglioramento dell'organizzazione sociale proposta dagli Internazionalisti, la dottrina blanquista rivolge tutti i suoi sforzi nell'edificazione di una dittatura, nella convinzione che la rivoluzione politica preceda la rivoluzione sociale.

Anche i giacobini (o neo-giacobini), politicamente desiderano istituire la dittatura di una minoranza e continuare la guerra contro l'invasore. E vedono nel governo comunale l'occasione di ottenere le libertà municipali ed estenderle a tutto il territorio francese,

all'interno però della Repubblica concepita come “una e indivisibile”.

Essi, cioè, sono partigiani della ragione di Stato e vedono in quest'ultimo un'istituzione imprescindibile per l'organizzazione politica del paese e uno strumento di lotta politica rivoluzionaria. Non lo combattono come fanno invece, seppur con modalità e strategie differenti i blanquisti e gli internazionalisti. Anzi, lo glorificano.

Infine, tendenzialmente rispettosi della legge e della proprietà, essi si dichiarano ostili ai socialisti del CCGN e della Comune, non solo perché socialisti, ma anche perché federalisti255.

Possiamo allora rintracciare i riferimenti teorici legati alla prima rivoluzione francese: i blanquisti sono eredi di Babuef ed Hebert, della tradizione cospirativa e del primo socialismo rivoluzionario insurrezionale, mentre i giacobini si rifanno alla Comune Robespierriana, che fonda il proprio ideale politico sulla proprietà privata, non ritenendola un elemento d'oppressione tra le classi, e sullo Stato. La nostalgia politica, insomma, spinge queste due correnti a recuperare le vecchie forme del politico ideate nel passato e riproporle anche in seno all'esperienza insorgente del 1871.

Questi rivoluzionari rimangono quindi incastrati nelle pastoie dell'immaginario politico del passato, chiusi in esso, e ci rimandano a Marx quando dice:

“Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano, per così dire, due volte. Ha dimenticato di aggiungere: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa.256

C'è poi la seconda corrente politica presente nella Comune, quella degli internazionalisti e dei socialisti rivoluzionari, i quali ritengono che la rivoluzione sociale si possa realizzare solo al di fuori delle istituzioni politiche dell'epoca, in quanto rappresentative del principio autoritario e repressivo. Dal punto di vista ideologico essa si presentava come molto eterogenea e variegata, e affondava le sue radici teoriche nelle varie scuole del socialismo francese e dei suoi esponenti più importanti: H. Saint-Simon, E. Cabet, C. Fourier, A. Comte, F. Buonarroti, G. Babeuf e P.J. Proudhon. Tuttavia, nonostante la difficoltà di definire precisamente questo socialismo del 1871, all'interno di questo

255C. Rihs, op.cit., p.187.

schieramento è molto forte l'influenza della concezione mutualista di matrice proudhoniana, per quanto riguarda l'aspetto sociale, e del federalismo-collettivismo antiautoritario bakuninista, per quanto riguarda l'aspetto politico-economico.

Come confermatoci anche da G. Woodcock nel suo libro L'anarchia: storia delle idee e

dei movimenti libertari, quando sottolinea l'importante contributo alle attività e

iniziative della Comune garantito dalle varie fazioni e personalità militanti anarchiche, inclusi i mutualisti Courbet e Vermorel, i collettivisti Varlin, Malon e Lefrançais e infine i bakuninisti Louise Michel, Elisée Reclus e suo fratello Elia257. Mentre invece sembra

essere prevalentemente assente l'influenza del marxismo, penetrato estensivamente in Francia solo dopo l'esperienza comunarda, considerato che l'unico rappresentante ritenuto marxista all'epoca – nel senso di conoscitore di Marx e delle sue teorie – è Leo Frankel e che la maggior parte dei membri della Comune ignora il nome di Marx258.

Il comunismo di cui si fanno portatori numerosi dei militanti socialisti, dunque, è un comunismo di tipo antistatale, federalista e anarchico, prodotto teorico della sezione jurassiana dell'Internazionale, che lo definisce sovente collettivismo per opporlo all'idea di un comunismo di Stato, basato su un potere centralizzato, come professato invece dalla sezione londinese dell'AIL. Il collettivismo (o comunismo non autoritario) proposto da alcuni militanti comunardi, allora, ha un senso differente dal comunismo autoritario o statalista, ed evidenzia i due diversi modi di intendere la lotta alla proprietà privata, allo Stato e alla società di classe nato in quegli anni dallo scontro ideologico attivo tra Bakunin (e in parte Proudhon) e Marx ed Engels259 in seno all'Internazionale.

E questo ci pare confermato dalle stesse affermazioni di alcuni teorici e militanti comunisti, tra cui Stalin, Kautsky e Guesde, secondo i quali, nel 1871 nessuna delle due correnti rivoluzionarie poteva essere definita comunista260. Guesde stesso, ad esempio,

sosteneva che quanto accaduto a Parigi doveva essere ricondotto più al commune – da intendere come concetto sociopolitico – che non al comunismo261.

257G. Woodcock, L'anarchia: storia delle idee e dei movimenti libertari, Milano, Feltrinelli Economica, 1980.

258C. Rihs, op.cit., p.91. Altrove invece, si attribuisce anche al militante Serrailler l'etichetta di marxista. La considerazione generale per cui il marxismo, come dottrina politica, non fosse conosciuta granché dai militanti comunardi, appare quindi ragionevole.

259Ivi, p.103.

260C. Rihs, op.cit., p.104.

A.Lehning afferma addirittura, forse esagerando, che

“La Comune di Parigi non aveva niente in comune con il socialismo di Stato di Marx, ma era pienamente in accordo con le idee di Proudhon e le teorie federalistiche di Bakunin”262.

Ad ogni modo, al di là della divergenza sul tipo di comunismo economico da instaurare nella futura società, i socialisti parigini risultano prevalentemente uniti nel progetto politico condiviso di costituire un ordine sociale completamente nuovo, basato su una grande autonomia politica (autogestione) delle communes federate263 in grado di

distruggere lo Stato nella sua accezione tradizionale.

Tesi che emerge anche dalla lettura del Manifesto del Comitato dei XX arrondissements, di chiara matrice federalista e che rappresentava gli obiettivi politici di buona parte della minoranza socialista, dentro cui i riferimenti alle dottrine sopra accennate sono ripetute e costanti.

L'idea politica centrale del testo è l'unione politica ed economica tra le communes (urbane, agricole ed industriali) liberamente federate, da sostituire a quella dell'unità imposta dallo Stato. Questa concezione, allora, segna concretamente una netta discontinuità, una rottura rispetto sia la concezione giacobina della Repubblica una e indivisibile, di coattiva matrice statale unificatrice, sia rispetto alle semplici libertà municipali per come le intendono i borghesi.

Non si tratta solo di liberarsi dall'ingerenza politica dello Stato centrale o di ricostruire forzatamente l'unità nazionale, bensì di sostituire il vecchio sistema con una nuova organizzazione sociale, economica e politica. Per la minoranza socialista, il nuovo governo centrale francese, deve essere l'unione nazionale-federale delle varie

communes, governate però direttamente e autonomamente dal popolo, il quale rimane

sovrano delle decisioni politiche da attuarsi in esse attraverso il suffragio universale. E dentro il quale si realizza l'emancipazione del lavoratore; del lavoro sul capitale.

262A. Lehning, Marxismus und anarchismus in der russischen Revolution, Die Internationale, Berlin, 1929, trad. dal tedesco; presente in D. Guerin, Per un marxismo libertario, (a cura di Roberto Massari), Bolsena, Massari Editore, 2008, p.102.

263Nel terzo capitolo approfondiremo l'analisi di questo termine e del significato che gli attribuivano la corrente proudhoniana e quella bakuninista-internazionalista rivoluzionaria.

Si intravede in filigrana il principio socio-politico del “s'unir mais non s'unifier” (unirsi ma non unificarsi, per rispettare l'autonomia e la diversità dentro l'unione) caro al socialismo libertario264.

Ecco allora definite brevemente le due grandi correnti politiche presenti all'interno del Consiglio Comunale parigino e del movimento communaliste, i blanquisti-giacobini, la maggioranza, e gli internazionalisti socialisti (detti anche genericamente, federalisti), la minoranza.

Alleate momentaneamente per conquistare il potere, una volta ottenuto si scontrano per imporre ognuna la propria linea politico-ideologica.

Esse, del resto, rappresentano e si fanno portatrici di due forme del politico radicalmente opposte. Da un lato la centralizzazione e verticalizzazione del potere verso l'Uno tipica del primo gruppo, che produrrà non a caso i due Comitati di Salute Pubblica, vera e propria trasformazione autoritaria del potere e del processo rivoluzionario, dall'altro la localizzazione del potere verso il basso, la sua orizzontalizzazione democratica e federativa, inserita nell'ottica di una distruzione dello Stato e nella costituzione di un nuovo ordine socio-politico basato sull'autonomia e la libera associazione tra communes.

Ma è anche in rapporto alla storia che i due gruppi si relazionano in maniera opposta: richiusi nella riproduzione mitico-nostalgica del passato gli uni, tesi ad una progettazione seppur incerta del futuro gli altri. Una mitologia politica che si ripresenta nuovamente quando, sulla scia del timore di perdere la guerra contro Versailles e i prussiani, la maggioranza blanquista-giacobina propone e istituisce due Comitati di Salute Pubblica - uno a fine Aprile e uno a Maggio-, strumento classico della tradizione rivoluzionaria francese, rappresentante un forte potere centrale dittatoriale 265.

Partiamo allora da questa riproposizione storica dei Comitati di Salute Pubblica, per risalire alla presenza delle due diverse concezioni di Comune – come soggetto politico – espresse sin dai tumulti del 31 Ottobre e 22 Gennaio.

264Approfondiremo nel terzo capitolo le teorie della minoranza socialista riguardanti la creazione di un nuovo sistema socio-politico antistatale.

265Del significato di questi Comitati di Salute Pubblica parleremo in maniera più dettagliata nel II paragrafo del presente capitolo.

Già alla fine di Ottobre, svanita la fiducia nel governo di difesa nazionale, nei clubs e nelle assemblee popolari si rivendica la Comune. Ma di quale Comune parlano i militanti e cittadini presenti durante questi accesi dibattiti? Cosa intendono per Comune?

Nata dall'insorgenza del popolo e legalizzata con il voto, la nuova autorità governativa è negata e delegittimata dal governo di Versailles. E vive in principio un'impasse: essere troppo governativa per essere rivoluzionaria e troppo rivoluzionaria per essere vista agli occhi dei legalitari come un governo legittimo.

In un primo momento, cioè, come accennato in precedenza, non si capisce se la Comune sarà una semplice municipalità cittadina o qualcosa di diverso. Le circostanze, però, spingono rapidamente i rivoluzionari ad attribuirle un contenuto che travalica quello della semplice municipalità locale. Seppure in maniera differente, essi non la vedono più come un semplice consiglio comunale o municipalità che amministra un territorio e i cittadini che ci vivono, bensì come un soggetto politico che travalica il mandato di Consiglio Comunale legalmente inteso. Il momento di crisi glielo permette.

E a dimostrazione del fatto che in tempi di crisi e instabilità politica il termine Comune assume un significato politico diverso da quello di “Municipalità”, c'è anche la storia. Nel 1792, quando la Comune si installa all'Hotel de Ville, essa non rappresenta una municipalità legale ma un'autorità rivoluzionaria nata dalla pressione agita dai clubs266.

Così è anche per la Comune del 1871, che rappresenta una soggettivazione politica sorta all'interno delle crepe del vecchio potere dominante e prodotta da un'insorgenza democratica plurale in azione.

Se il termine unisce le due correnti rivoluzionarie, il significato però le divide.

Si sviluppano, infatti, due concezioni che si confondono e oppongono l'una all'altra. Nei clubs blanquisti e giacobini, frequentati anche da radicali indipendenti dall'ideologia non chiara, si reclama la comune rivoluzionaria, mentre nei clubs degli internazionalisti socialisti si sostiene l'esigenza di una comune sociale. Da un lato la comune dittatoriale come strumento di combattimento, dall'altro la comune democratica e sociale. La prima è un programma d'azione politico, un mezzo, mentre la seconda è un fine, un ideale

d'organizzazione sociale ed economica nuova267, nonché l'elemento imprescindibile per

la costruzione di una repubblica universale e democratica. Termine, quest'ultimo, che indica l'orizzonte politico dei militanti socialisti dell'AIL e di alcuni blanquisti, secondo i quali la rivoluzione deve andare ben oltre i confini nazionali – di certo non fermarsi a Parigi – ed avere connotati non solo politici ma anche sociali.

Queste due visioni complessivamente divergenti, rimaste sospese durante i tempi della lotta al governo di diserzione nazionale, riemergono poi durante il periodo della Comune, dimostrando il loro antagonismo conflittuale. E contribuiscono a far risaltare i poli politici entro cui si muove l'esperienza comunarda, in bilico tra il tentativo politico- popolare del demos di costruire libertà comunitarie e il rischio che questo si rovesci nel suo contrario, il dominio autoritario e dittatoriale dell'Uno.

2.1.C. L'organizzazione federativa dal basso e il programma democratico-socialista- communale degli organismi politici plebei comunardi

La Comune, come soggetto politico, nasce come visto in precedenza dall'agitazione politica realizzata da una molteplicità di soggetti (pre-)comunardi: i clubs, le sezioni francesi dell'AIL, le camere federali delle società operaie, la moltitudine di associazioni