• Non ci sono risultati.

Parte I: DRAMMATURGIA

IV. Soglia

“Abbiamo ammazzato la montagna ed ora non ci resta che il mondo dei vinti” “Rastello ha appena ottenuto la sua strada asfaltata grazie alla spinta del turismo incipiente. Ed ecco il risultato. Restello sta morendo

come comunità contadina” Nuto Revelli.

Nella postfazione a “Il mondo dei vinti” Nuto Revelli commenta la fine “dell'eroe tragico”:

“[…] da anni ci ripetiamo sulle cause delle alluvioni. Senza l'uomo che l'accudisce la montagna diviene un deserto, l'erosione fa disastri. I vecchi erano analfabeti ma specialisti della manutenzione; curavano i corsi d'acqua, ne pulivano i letti, costruivano muri di pietre. Boschi e pascoli erano garanzia di difesa del suolo. C'è una responsabilità politica dell'alluvione; sta nella scelta deliberata dell'abbandono dell'abbandono del- la montagna. Il danno è stato aggravato dalle opere artificiali cominciando da quelle dell'Enel che hanno alterato il regime delle acque. Troppi ruscelli canalizzati e troppo asfalto che fa aumentare la velocità del deflusso, troppe costruzioni sugli argini” (Revelli, 1977 e 1997 p. 425).

Se le resilienze ecologiche in qualche modo hanno sopperito al deficit di manodopera e l'abbandono sia diventato strategia indiretta di difesa; nonostante, anche in montagna, l'eccesso e l'intensità dei fenomeni le- gati all'antropizzazione abbia prodotto danni localizzativi; esternalità negative determinate da localizzazioni perlopiù finalizzate all'accessibilità turistica di persone, edifici, strutture in aree a rischio. Tutto ciò è certifica- to dagli stessi tecnici: Roberto Passino, allora Segretario Generale dell'AdB Po, sosteneva nei primi anni 2000 come “la risposta territoriale agli eventi meteorologici è profondamente cambiata negli ultimi decenni a

causa delle modifiche del livello di urbanizzazione e di occupazione del suolo”265. Ma si torni all'eroe, al mon-

do dei vinti, al valore sociale dell'indagine: nella tragedia classica (e nella commedia) l'atto conclusivo è sem- pre una sconfitta dell'eroe (l'AdB, piuttosto che le CC MM) la cui colpa, l' hýbris rappresenta quell'attitudine ad oltrepassare i limiti (dell'umanità). Nella parte finale (come nella commedia) sarà la stessa hýbris lo stru- mento per infrangere vincoli e sottrarsi alla norma che condiziona il resto dell'umanità.

“l'alluvione è il risultato di una politica di sviluppo economico che ha considerato la montagna come un'en- tità trascurabile, mortificando le popolazioni cheche ne erano presidio, costringendole a scendere a valle. Eppure esistevano gli studi sulla fragilità dei suoli e sulle caratteristiche delle precipitazioni in quell'area. […]” (ibid p. 426)

di che hýbris si sta parlando qui?

“è questo uno degli aspetti più impressionanti dell'alluvione: la debolezza di opere di ingegneria presun-

tuosamente progettate e costruite senza tener conto della natura dei suoli e del rischio geologico aggrava- to dalle condizioni di montagna” (ibid)

la debolezza e l'arroganza del sapere expertise si trova nelle forme infrastrutturali e inconsapevolmente anche negli strumenti di piano quando approcci per lo sviluppo locale si mascherano di ricette moderniste:

“cancellate le ferite dell'alluvione, restaurati i vigneti sulle colline dei vini pregiati, i segni più vistosi della trasformazione del paesaggio sono leggibili nelle zone popolate ed economicamente dinamiche. Segni di una modernità espressa in forme banalmente ripetitiva …” (ibid)

Revelli di fronte ai tentativi di ricongiungere il “filo che legava l'uomo alla montagna” denuncia le forme dissacranti che hanno escluso la corporeità come co-azione e rel-azione con l'ambiente. I tentativi di ripro- gettare la dimensione dei corpi con gli strumenti di pianificazione camuffano di un ipotesi edulcorante la stes- sa vita di montagna (l'addolcisce, la rende mitica e trasognata): forme plasmate per essere proiettata su un piano virtuale.

Questa metodologia estesa a gran parte della pianificazione dell'identità, della sostenibilità, … (dei buoni principi) nasconde la realtà stessa di chi ha vissuto in montagna le difficoltà non solo fisiche e lavorative, ma l'arcaicità di contenuti (le cure con il petrolio, piuttosto che con le ragnatele, o il nerofumo dei camini…)266. La

passività di queste mosse accoglie strumentalizzazioni della realtà ed è la stessa hýbris fatta di forza stru- mentale e di debolezza sociale, che esclude l'azione diretta (e quella conoscenza che avviene nell'azione) e dissacra i tentativi eteroimposti che si nascondono su formule quali auto-sostenibilità dei contesti locali, svi- luppo locale che svela in realtà soluzioni pre-determinate di monocu(o)ltura turistica. Surrogare gli effetti indi- retti della vita di montagna non è possibile nemmeno con istituzioni come i Parchi (su cui erano fondate le conclusioni di Revelli), difficili da costruire, incontrano resistenze locali, mancanza di risorse, personale, ap-

265 Prosegue Passino “l'analisi degli eventi alluvionali degli ultimi 150 anni , ha infatti dimostrato con una chiarezza assai convincente

he a parità di evento meteorologico i fenomeni di piena sono stati nel tempo sempre più intensi dei precedenti, a causa del cam - biamento di risposta del territorio” cfr. Passino R. (2002)

procci, sovrapposizioni amministrative, etc. . L'hýbris non è altro che il cattivo mescolamento di tecnicità e scientificità del dato “manutenzione” con la vita reale, trattata come dato da implementare e dalla quale deri- va tutta la non-sussistenza del paradigma di base. Indurre all'accumulo e alla diffusione della conoscenza, nella società della conoscenza, per ridurre il sapere e i processi sociali a reiterazioni riduttive pre-definite tende a escludere il settore della sfera pubblica e della produzioni di pubblici esposte a riduzionismo alla fla-

tlandia (De Leonardis, in Donolo, 2006)

Volendo forzare ancora un po' la metafora teatrale, potremmo ricucire l'esperienza dei piani sotto forma della tragedia moderna, una tragedia borghese à la Pirandello dove situazioni e problemi di fronte alle orga- nizzazioni, nonostante la problematicità e la difficoltà, assumono cariche di valore e di autenticità, non risolvi- bili in un paradigma omologante, in cui inconsciamente il “pubblico” vi si riconosce e nella logica dello Sfon-

do searliano ne accetta la natura e i modelli, per quanto negativi possano apparire. Alle forme quasi irrive-

renti di uno strumento di frontiera, progettato nelle migliori intenzioni e con le più fini armi della scienza della pianificazione, si inseriscono forme sentimentali intense e drammatiche, produzioni inconsapevoli nascoste da tentativi di “cura” che creano una contraddizione tra reale (i fatti bruti) e maschera (le funzioni che istitui- scono i fatti sociali), allora chi è cosa?. Tuttavia come ha insegnato Schopenhauer togliere il velo di Maya o per Pirandello, togliere la maschera significa ricercare il profondo senso vitale è squarciare quell'alleanza267,

quella mediazione che era istituita “verificando l'impossibilità di raggiungere un'autenticità assoluta” (Ferroni, 1995 p. 160) e l'optimum, la massimizzazione dell'utile tramite lo strumento, rimane inviluppato in una serie di trucchi e di artefatti sociali: lo “stato d'eccezione”, le agende, le emozioni e le ingiunzioni contraddittorie.

Quasi in conclusione di questa parte si possono tracciare degli orientamenti conclusivi(?), il Progetto Ma- numont è infatti vero e proprio Progetto” nel senso che è “attività finalizzata al raggiungimento di obiettivi chiaramente definiti in un dato periodo di tempo e con un budget limitato. Coinvolge I)i soggetti direttamente o indirettamente interessati, II)definisce le misure gestionali e il reperimento dei finanziamenti, III)costruisce il sistema di monitoraggio e valutazione, IV) e analizza le opportunità finanziarie ed economiche che indicano la convenienza della sua realizzazione”268 dal punto di vista procedurale. Ma come procedere se l'orizzonte

si svela incerto e mina alla base il sistema che l'ha costruito?

“Ambiente, 90% di tagli. Incredibile l'ammontare delle decurtazioni per il ministero dell'Ambiente, in vista della definizione degli ulteriori interventi che verranno decisi dal Consiglio dei Ministri. In quattro anni tagli per ben il 90% del budget: dal 1,3 miliardi di euro del 2008 a 120 milioni di euro nel 2012. Considerando che le spese fisse, insopprimibili, per il ministero sono pari a 320 milioni, il bilancio, che per il 2008 era di un miliardo e 620 milioni, passerebbe a 440 milioni di euro nel 2012.Il rischio è quello di eliminare sostan- zialmente il piano bonifiche per i 57 siti inquinati di interesse nazionale, azzerare la gestione dei 60 parchi nazionali e riserve marine, eliminare gli interventi per il dissesto idrogeologico, i fondi per la mobilità soste- nibile e quelli della lotta alla Co2”269

nonostante siano passati 3 anni dalla conclusione del Progetto Manumont la struttura su cui si pongono le autorità ambientale è decisamente statale

È un procedere che come scrive Giuliano Cannata a proposito delle AAdB:

Istituzioni anche tecnicamente ben concepite e più razionali, una volta perso l'obbiettivo pianificatorio origi- nario scadono a caricature autoreferenti o assumono curiosi ruoli di organismi e ruoli di rilancio e riutilizzo di vecchie strutture abbandonate, di organizzazioni decotte quasi sempre legati a interessi creati: quelli eterni della speculazione edilizia e della lobby parallela del calcestruzzo: che tutto di fatto governano. Questi strani luoghi e ruoli si concretizzano nell'uso continuo di “Accordi di programma”, “protocolli d'inte- sa” con gli Enti locali, quasi sempre scatole vuote ben confezionate e legate col nastro colorato. […] Ma perché l'obbiettivo pianificatorio s'è perso, rinunziando le Autorità a dire la loro sui temi reali del governo del territorio e riducendosi spesso alla funzione minimale di verifica del rispetto delle perimetrazioni del Piano Stralcio del rischio? Il loro contributo all'urbanistica, all'uso del suolo agricolo e forestale poteva es- ser decisivo. Facile risposta: in molte situazioni erano proprio gli aspetti geomorfologico e idraulico gli unici ostacoli che si frapponevano alla devastazione, di fronte alla corrività dei Comuni o all'inadeguatezza tec- nica delle Comunità Montane o dei Consorzi di Bonifica. Ed è facile anche capire come gli Assessorati re- gionali si siano disinteressati dei Comitati Istituzionale delle Autorità, che avrebbero dovuto collegialmente governare, lasciandone all'Assessorato Ambiente il compito di contrastare la pressione lobbistica forte esercitata ai livelli più vari, delle piccole furbizie paesane alle “operazioni “ dei grandi “investitori”, quasi sempre con soldi pubblici. (Cannata, 2007a pp.12-13)

°°°

Ci si può chieder a conclusione di questa prima parte (attoriale per chi scrive) come sia possibile affrona- tare e parametrizzare un bacino che ha cambiato una quantità incredibile di suolo negli ultimi 50 anni, modifi-

267 Nel vangelo di Giovanni, lo squarcio del velo del tempio non rappresenta la fine dell'alleanza tra popolo ebraico e divinità? 268 Cfr. La Camera, F. (2009) “Misurare il valore dell'ambiente”Edizioni Ambiente srl, Milano, p104

cando le sue capacità idrauliche nonché le sue resilienze? La valutazione statistica, nonché il percorso pro- blem solving, l'analisi costi-benefici proposto dall'AdB Po, non appare (nnostante l'approccio innovativo nelle premesse) decisamente manchevole della vera natura del problema? Quella dei bacini idrografici che sono cambiati nel breve termine a causa dei fenomeni antropizzati, ormai divenute parte integrante del paesaggio modernista dei nostri bacini, dalle dighe in alta montagna, alle arginature sulle aste fluviali.

Quali indicazioni strumentali lascia il PdM?

Al di la dello strumento, dei nomi usati, delle procedure intraprese, criticabili o meno e dei reciproci frain- tendimenti tra le parti, lascia (come dice la stessa AdB Po) una rinnovata cultura che è quella della manuten- zione e dell'ordinaria necessità della sua attivazione, per le casse dello stato, per la sicurezza dei cittadini, per la qualità ambientale, per la coesione sociale e per la trasparenza politica. Manutenzione non è associa- bile ad antropologie di ripopolamento dei versanti, piuttosto è emersa emblematicamente come spazio politi-

co dell'assenza, dove spazio politico significa spazio-in-uso, costrutto dell'uso (Crosta, 2000), il cui uso effet-

tivo è si sollecitato ciclicamente nelle tragedie, nell'arousal, ma ostacolato in quanto oggetto di predazione lobbistica. Costruire questi spazi significa de-costruirli rispetto all'induzione al modello a-prioristico gestito in modo goal-oriented o con la progettazione di scenari; piuttosto ri-costruirli criticamente sul contesto (Crosta, 2011). Per qualcuno questo spazio, che è uno spazio di trans-azione (ibid), seppur colto dalle miscele istitu- zionali e para-istituzionali, dalla centralità dell'attivismo locale e supportato dal sapere tecnico ed esperien- ziale, non è sufficiente: può essere un dubbio legittimo, tuttavia si ritiene che l'istituzione di questo spazio (che sarà verificato nelle parti seguenti) è una condizione immanente per rendere operative le ben note “ri- cette” procedurali, per disarticolare la malattia connaturata nell'organismo civico. Si osservino da vicino, colte nei canali appropriati della decisione pubblica:

– la necessità di ricalibrare le politiche ambientali, non solo quelle della manutenzione, alla scala di ba- cino; la gestione ecosistemica, l'approccio innovativo della L.183/89 (ovvero la gestione integrata de- gli ecosistemi -l'acqua e la terra- entro territori funzionalmente unitari -i bacini idrografici-) è ora rico- nosciuto come costitutivo dei regimi di governance trans-nazionale non solo per le politiche di tutela e riequilibrio ambientale, ma per rafforzare le stesse resilienze ecologiche nonché anche spazio di pacificazione (cfr Turchia e Iraq, Sudan -Egitto, Lago d'Aral, il Mar Baltico, ….).. Attuare la 183 signi- ficava affrontare il riassetto del Paese con strumenti strategici e processuali: i Piani di Bacino, mai veramente messi in moto; con l'europeizzazione della 2000/60 e l'introduzione dei Piani di Gestione, l'Italia ha ritenuto di potersi ulteriormente svincolare da quella impostazione. L'istituzione dei Distretti Idrografici e la stesura del relativo Piano, da inviare entro il marzo del 2009 a Bruxelles, sono state espletate270 come una formalità burocratica, senza un vero tentativo di raccordare la 2000/60 alla

183 per rendere il sistema di governo acque-suolo più efficace;

– la necessità di attuare azioni forti e decise, le opere che aumentano il rischio devono essere sostitui- te con politiche di decentralizzazione delle attività insediate in zone a rischio, ovviamente coperti da meccanismi di compensazione;

– a livello istituzionale la strumentazione stessa deve avere maggior peso operativo, nonostante i tanti limiti di cui si discuterà nella Parte II, è necessario definire un'operatività istitutiva di nuovi usi del ter- ritorio, di informazioni veicolate e di nuovi usi nella gestione delle risorse. Gli studi stanno alla base, ma la loro potenzialità non può essere spesso sottaciuta, salvo poi far marcare uno scarto quando l'evento fenomenico accade;

– l'applicabilità degli strumenti sul piano reale è uno, ma il primo dispositivo per interrompere il mecca- nismo malato dei regimi in deroga: stati d'eccezione, risarcimenti, appalti di nuove opere (spesso con funzione lobbistica), devono in qualche modo essere sostituite da compensanzioni che incentivi- no l'abbandono delle aree a rischio.

, ma con contenuti specificatamente tecnici e procedurali, nonché con tratti fortemente burocratici, non possa applicarsi uniformemente alla scala locale (quella delle interazioni, non del piccolo livello amministrati- vo), ma soprattutto trova difficoltà a sostituirsi con il mondo delle pratiche. È come dice Revelli l'abbandono della montagna da parte della politica?

La velocità e l'accessibilità devono garantire i flussi della modernità, ma come ha dimostrato Ilic non ga- rantiscono una giusta perequazione e non sono sinonimi di democrazia (Ilic...).

Chi ha acquisito la padronanza (o quasi) degli strumenti conoscitivi, delle leggi di natura come nel labora- torio di Boyle (Latour)e che applica a modelli razionali di decisione, ha altrettanto prodotto un successo nelle situazioni e nelle relazioni sociali? Inoltre ha senso affermare l'esistenza di questi fatti istituzionali o la loro non esistenza? Si faccia entrare il “coro”.

°°°

270 Questa è l'impressione esterna data dalla contingenza, ovviamente non si mette in dubbio la ricchezza degli strumenti prodotti, quantomeno i Distretti sembrano occupare lo stesso spazio delle vecchie AAdB

Documenti correlati