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Sogno e afasia: da soli non si ricorda

2- Una sociologia della memoria

2.1 Sogno e afasia: da soli non si ricorda

“Il linguaggio ci ha fatto capire, senza possibilità di equivoci, che la memoria non è uno strumento, bensì il medium stesso, per la ricognizione del passato. È il medium di ciò che si è esperito, allo stesso modo in cui la terra è il medium in cui sono sepolte le città antiche”48

Il primo capitolo di Les cadres sociaux de la mémoire si apre con una affermazione di Durkheim (Da Le forme elementari della vita religiosa) sui sogni, intesi come riproposizioni intense di eventi passati49 : a questa affermazione, insieme a quella secondo cui l’afasia dipenderebbe da un danneggiamento cerebrale, si opporrà Halbwachs, delineando così quella che sarà la condizione imprescindibile per ricordare: la ragione, di cui il linguaggio è una delle caratteristiche principali.

Oltre al confronto iniziale con Durkheim, immediatamente si scorgono le divergenze con il pensiero del maestro Bergson, secondo cui, come abbiamo visto nel precedente capitolo, il passato si conserva senza mutamenti e senza lacune nel fondo della memoria, e da cui è sempre possibile quindi, secondo la teoria del cono rovesciato, riportarlo a coscienza. Ora, il problema fondamentale di Halbwachs, da cui si dipanano tutte le ulteriori riflessioni e a cui si avvicina a

48 Benjamin Walter, Aura e choc, Torino, Einaudi, 2012, p. 363.

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più riprese, dando quasi l’impressione di tentare più strade e con approcci sempre leggermente diversi, è quello di definire il prodotto della memoria, ovvero il ricordo. Mancando una definizione chiara ed esaustiva di quello che egli intende con questo termine, ne tentiamo una ricostruzione ripercorrendo alcuni frammenti da I quadri sociali della memoria:

“La memoria si distingue dall’immaginazione per il fatto che l’evento è ricondotto coscientemente al passato e all’io.”50

Immaginazione e sogno51 vengono presi come termini di paragone per tracciare i limiti e le possibilità della memoria: essa porta a coscienza l’evento e lo rende verificabile (o potremmo dire ‘oggettivabile’) da parte di una comunità intersoggettiva. Scrive infatti il sociologo:

“Allo stesso modo, se la serie delle immagini dei nostri sogni non contiene dei ricordi propriamente detti è perché, per ricordarsi, occorre essere capaci di ragionare, di comparare e di sentirsi in rapporto con una società umana che possa garantirci la fedeltà della nostra memoria, tutte condizioni che non possono essere assicurate quando noi dormiamo.”52

50 Halbwachs, I quadri sociali della memoria, op. cit., p. 9.

51 Halbwachs si sofferma spesso sulla distinzione netta fra sogno e ricordo e numerosi sono i passi che potremmo citare. Uno fra tutti: “Come può un ricordo della veglia, e noi intendiamo un ricordo completo di un’intera scena esattamente riprodotta, trovare posto in questa serie di immagini-fantasma che chiamiamo sogno? E’ come se si volesse fondere, con un ordine dei fatti sottomessi al puro arbitrio dell’individuo, l’ordine dei fatti reali sottomessi alle leggi fisiche e sociali”, p. 18.

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E ancora, rimarcando la necessarietà di una facoltà razionale:

“L’operazione della memoria presuppone una capacità costruttiva e razionale della mente, di cui questa sarebbe incapace durante il sogno, quando cioè non vi sia un ambiente sociale e naturale ordinato, coerente, di cui riconosciamo in ogni istante l’insieme. Ogni ricordo, anche quelli di cui siamo i soli testimoni, anche quelli dei pensieri e dei sentimenti inespressi, è in rapporto con altre nozioni che noi possediamo, con delle persone, dei gruppi, dei luoghi, delle date, delle parole e delle forme di linguaggio, con dei ragionamenti e delle idee, cioè con tutta la vita materiale e sociale di cui noi facciamo o abbiamo fatto parte.”53

Oltre a considerare il passato sempre disponibile, immodificato e immodificabile, Bergson, coerentemente con la sua concezione della memoria, non ammette l’incompatibilità tra ricordo e sogno, al contrario, sembrerebbe proprio che l’io dei sogni possa avvicinarsi fino a coincidere con la totalità del proprio passato, di gran lunga più dell’io cosciente della veglia. Attraverso un efficace utilizzo delle immagini metaforiche, che riprenderemo nel paragrafo sulle cornici sociali, Halbwachs chiarisce invece così la differenza tra le due capacità umane: il sogno è un cumulo di materiale distribuito alla rinfusa, in cui le parti slittano le une sulle altre, o che restano in equilibrio per caso o scommessa, i ricordi sono le mura di un edificio, supportate e rinforzate da quelle degli uffici vicini. Il sogno riposa unicamente su se stesso, i ricordi si poggiano ad altri e alle grandi cornici della memoria della società54.

Una situazione analoga si riscontra per quanto riguarda il linguaggio,

53 Halbwachs, I quadri sociali della memoria, op. cit.., p. 34. 54 Ivi, p. 35.

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disordinato e incoerente durante il sogno: la perdita di linguaggio ci riporta ad una condizione di incomunicabilità e di isolamento che, secondo Halbwachs e contrariamente a Bergson, ci rende sempre meno capaci di ricordare. Rappresentando il linguaggio la funzione collettiva per eccellenza del pensiero55 ed essendo quindi concepibile solo all’interno di una società, come teorizzava lo stesso Durkheim, esso non può che presentarsi unicamente in uno stato di coscienza e condizionare l’insieme delle funzioni collegatevi, tra cui, appunto, la memoria. Come abbiamo visto parlando di Bergson, non sono i ricordi a venire meno o ad essere danneggiati, si possono presentare casi di afasia anche in totale mancanza di lesioni cerebrali, ma a mancare, conclude Halbwachs, sono i quadri, senza cui l’individuo afasico non è più in grado di formarsi pensieri logici e coerenti davanti ad un gruppo sociale: i quadri, rappresentazioni dell’ordine in forma impersonale56, categorie di spazio e tempo, sono indispensabili agli uomini di una stessa comunità per comprendersi vicendevolmente e per costruire ricordi.

L’ultimo elemento che ci sembra importante sottolineare a proposito di una definizione del ricordo, è la dimensione dell’azione insita nell’atto, appunto, di ricordare: al contrario del sogno e delle fantasie, il ricordo di un oggetto o di una situazione richiede un impegno nei confronti della realtà, la precedente localizzazione, la determinazione della forma, l’attribuzione di un nome, la riflessione su di esso57, la successiva ricostruzione di tali dati a partire dal sistema di idee e di linguaggio adottati dalla società presente; solo così la nostra

55 Halbwachs, I quadric sociali della memoria, op. cit., p. 57. 56 Ivi, p. 64.

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intelligenza, e in particolare la nostra memoria, può far presa sul passato in maniera chiara e distinta. Per concludere, ci sembra possibile definire il ricordo halbwachsiano come il prodotto di un’azione costruttiva e razionale sul passato, che avviene nel presente e che prende le mosse da esso, da parte delle nostre facoltà intellettive, e la cui oggettività e coerenza deve essere garantita in ogni momento dalla presenza di una comunità di soggetti coscienti, che abbiano fra loro istituito delle cornici (intendiamo per ora convenzioni) verbali, spaziali e sociali in genere attraverso cui comprenderlo e in cui inserirlo, rendendolo reale. Delineate queste caratteristiche, passiamo a considerare la natura delle cornici sociali, non prima però senza esserci soffermati su un altro stadio di solitudine, in cui la memoria gioca ancora una volta un ruolo fondamentale, e cioè quello più grave di chi commette il suicidio.