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LA SOLUZIONE OFFERTA DAL GOVERNO NEL “DECRETO SVILUPPO 2” N 179/

LA DISCIPLINA DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI DI RILEVANZA ECONOMICA TRA SPENDING REVIEW E MITO DELLE

4.7 LA SOLUZIONE OFFERTA DAL GOVERNO NEL “DECRETO SVILUPPO 2” N 179/

Il Governo nel nuovo “decreto sviluppo 2”, approvato il 4 ottobre 2012 e rubricato n. 179/2012148, ha inserito alcune norme dedicate ai servizi pubblici locali di rilevanza economica. In particolare, l’articolo 34, al comma 13°, prevede che per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l’economicità della gestione e di garantire adeguata informazione alla collettività di riferimento, l’affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell’Ente affidante, che da conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste.

La norma, attraversata da una condivisibile scelta di trasparenza, condiziona l’affidamento diretto di un servizio pubblico locale di rilevanza economica alla stesura di una relazione ad hoc dalla quale risultino le ragioni che hanno indotto l’Ente verso quella scelta, in luogo dell’interpello del mercato, e la sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo (controllo analogo e prevalenza dell’attività in favore dell’Ente costituente).

Il successivo comma 14° aggiunge che, in relazione agli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, la relazione prevista al comma 13° deve essere pubblicata entro la data del 31 dicembre 2013. Per gli affidamenti per i quali non è prevista una data di scadenza, gli Enti competenti provvedono contestualmente ad inserire nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto un termine di scadenza dell’affidamento, pena la cessazione dell’affidamento medesimo alla data del 31 dicembre 2013.

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Per una consultazione del testo integrale del d.l. n. 179/2012 si rinvia alla Rivista

176 Il precetto contenuto nella norma non convince del tutto. Infatti, da un lato, si pretende che la relazione esplicativa delle ragioni che hanno indotto l’Ente pubblico ad un affidamento diretto del servizio già in essere e della sussistenza dei requisiti debba essere pubblicata entro il 31 dicembre 2013 e, dall’altro, che non venga irrogata alcuna sanzione, in caso di inosservanza dell’obbligo, con conseguente pacifica durata delle società fino alla scadenza prevista da contratto.

Al contrario, nella seconda ipotesi prevista dal medesimo comma 14°, che si riferisce ai casi di affidamento di servizio per i quali non è prevista alcuna scadenza, l’inadempimento dell’Ente pubblico determina la cessazione dell’affidamento.

In tali ipotesi, il Legislatore impone agli Enti competenti di inserire, nel contratto di servizio, un termine di scadenza, pena la cessazione dell’affidamento alla data del 31 dicembre 2013.

Il comma 15°, a sua volta stabilisce che gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1° ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data, e a quelle da esse controllate ai sensi dell’art. 2359 del codice civile, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto; gli affidamenti che non prevedono una data di scadenza cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’Ente affidante, il 31 dicembre 2020.

In questo modo, il Legislatore ha calendarizzato la cessazione delle società pubbliche quotate in borsa spostando al 2020 la data ultima.

Infine, il comma 16° dell’art. 34 introduce dopo il comma 1°, il comma 1-bis dell’art. 3-bis, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, a tenore del quale le procedure per il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica sono effettuate unicamente per ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei di cui al comma 1° del presente articolo dagli Enti di governo istituiti o designati ai sensi del medesimo comma. In conclusione, dal testo in commento scompare, opportunamente, ogni riferimento al limite massimo dei 200.000 euro annui di valore del servizio da affidarsi senza gara e vengono calendarizzate le date di cessazione degli affidamenti diretti fissate,

177 rispettivamente, per il 31 dicembre 2013, se non viene inserita alcuna data di scadenza nel contratto di servizio già in corso, e del 31 dicembre 2020, per le società quotate in borsa, a patto che il contratto di servizio non preveda, parimenti, alcuna data. Diversamente, la scadenza avrà luogo alla data di scadenza del contratto.

178 4.8 CONCLUSIONI

Gli stravolgimenti subiti dalla disciplina dei servizi pubblici locali negli ultimi anni sono sintomatici di una certa legislazione a “singhiozzi” che deve fare i conti con contingenti esigenze di contrazione della spesa pubblica che, a loro volta incrociano il forte bisogno di liberalizzare i mercati per liberare risorse.

Nel caso specifico, poi, vi è un ulteriore elemento di ambiguità rappresentato dalla giurisprudenza comunitaria e dalla relativa produzione normativa. Il problema si è posto in tutta la sua crudezza e gravità quando la Corte si è vista costretta a dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 del d.l. n. 138/2011 e successive modifiche, per violazione della volontà popolare, espressa dalla consultazione elettorale rinviando proprio alla disciplina comunitaria la regolamentazione della materia. Problema che ancora oggi attende una compiuta risposta sul piano legislativo interno.

Il punto è proprio questo. In una situazione del genere, quale direzione prenderà il Legislatore se mai deciderà di mettere mano in modo organico ad una disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica? Seguirà la volontà popolare emersa dal referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011149 oppure preferirà seguire le indicazioni comunitarie decisamente orientate verso l’apertura al mercato?

La questione, per sua stessa natura, pone anche un altro problema che è esattamente quello dell’autonomia del Legislatore di uno Stato membro rispetto ai principi posti dall’Unione. In altri termini, fino a che punto la legislazione di uno Stato membro può “dilatare” i principi comunitari fino a disattenderli?

La (ri)scrittura parziale della disciplina dei servizi pubblici locali contenuta nel “decreto sviluppo 2”, n. 179/2012, sembra, opportunamente, non affrontare il problema, limitandosi a fissare soltanto la calendarizzazione del regime transitorio delle società pubbliche affidatarie dirette del servizio, a differenza di quanto accaduto con il d.l. n.

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Sull’argomento si rinvia a G. GUZZO, “L’assetto della disciplina dei servizi pubblici locali di

rilevanza economica all’indomani del risultato del referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011: riflessioni minime”; in www.dirittodeiservizipubblici.it, 15 giugno 2011.

179 95/2012 che aveva fissato nel comma 8° dell’art. 4 il tetto dei 200.000 euro di valore del servizio entro il quale si sarebbe potuto procedere all’affidamento diretto senza gara.

La sensazione che si ricava dall’analisi è che il Legislatore, di fronte ad una situazione oggettivamente emergenziale e turbolenta, sia costretto ad intervenire con delle norme spesso (forse troppo) frammentarie e difficilmente raccordabili ed armonizzabili con il preesistente quadro normativo di riferimento; il tutto con indubbie ricadute negative sul piano della certezza del diritto.

Da questo excursus normativo (fatta nell’elaborazione precedente) si erge sopra ogni cosa il principio della concorrenza. Nella relazione annuale presentata dal presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato il 26 giugno 2012 si legge: “La

concorrenza…incentiva la corretta allocazione delle risorse sia all’interno della singola impresa sia nel mercato ed ha effetti positivi, in termini di minori costi, sui settori a valle. Soprattutto la concorrenza è un potente stimolo all’innovazione, che è la principale forza dell’economia capitalistica”.

La recente legislazione è, quindi, indirizzata a valorizzare la concorrenza:

1. garantendo la concorrenza, l’universalità e l’accessibilità dei servizi essenziali; 2. prevedendo la libertà di ingresso nel mercato degli operatori privati;

3. disciplinando l’intervento pubblico di regolazione (da parte degli Enti e delle autorità di settore che effettuano la così detta regolamentazione erga omnes). L’assicurazione della concorrenza diviene volano dell’efficienza gestionale e della qualità del servizio, nell’interesse di tutti gli attori del sistema; amministrazioni, operatori professionali e utenti.

Due i punti essenziali: garanzia della concorrenza e regolazione del settore aperto alla concorrenza150; entrambi perseguiti recentemente, con la creazione di una nuova Autorità in materia di trasporti, il rafforzamento dei poteri dell’Autorità Garante della

150

L. SALTARI, op. cit., 586, secondo cui occorre, in particolare, una complessa regolazione dell’uso delle reti, degli impianti e delle infrastrutture necessarie all’offerta dei servizi.

180 Concorrenza e del Mercato151 e l’attribuzione delle funzioni regolatorie in ambito di servizio idrico all’Autorità per l’energia elettrica e il gas152.

Ma la regolazione è ancora incompleta non essendo prevista per i rifiuti e per gli altri servizi pubblici locali innominati. Nella materia dei servizi pubblici locali di rilevanza economica gli sforzi fatti sono notevoli. Si è passati da un mercato tendenzialmente chiuso all’ingresso alla liberalizzazione. Ma il processo è solo all’inizio, anche perché nessun processo di liberalizzazione si perfeziona immediatamente, dovendo necessariamente consistere in vari momenti e attraversare diversi fasi adoperando svariati strumenti, in base alla loro effettiva idoneità allo scopo.

Secondo A. Travi “ha senso parlare di liberalizzazione di un’attività solo se per

quell’attività vi è una normativa che assicura chiarezza, certezza ed organicità. Altrimenti, quasi paradossalmente, il risultato della riforma è opposto rispetto a quello voluto. Non si realizza una maggiore libertà di accesso al mercato, ma si disincentiva quell’attività, perché si introducono fattori nuovi di incertezza, di rischio, di responsabilità”153.

Da quanto esposto, emerge un quadro normativo abbastanza confuso. Una legislazione spesso di principi con parecchi vuoti, norme sovrapposte, stratificate e poco chiare, oltre che continui interventi legislativi a fini di aggiustamento o di mere modificazioni procedimentali, nonché la proroga sistematica dei termini nell’imminenza della loro scadenza; con la conseguente convinzione, da parte dei destinatari delle

151

Con l’art. 21-bis della legge 10 ottobre 1990, n. 287, aggiunto dall’art. 35, comma 1°, del decreto legge n. 201/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214/2011, si è previsto, al comma 1°, che l’Autorità “è legittimata ad agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato”. E quindi anche contro la delibera quadro prevista dall’art. 4 del decreto legge n. 138/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148/2011.

152

Ai sensi dell’art. 21, comma 19°, del decreto legge n. 201/2011, “Con riguardo all’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, sono trasferite all’Autorità per l’energia elettrica e il gas le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici, che vengono esercitate con i medesimi poteri attribuiti all’Autorità stessa dalla legge 14 novembre 1995, n. 481”. Il successivo comma 20° ha previsto la soppressione della “Commissione Nazionale per la Vigilanza sulle Risorse idriche”.

153

181 incombenze da compiere, della non doverosità delle incombenze stesse. Forse nel perseguire gli obiettivi si è perso di vista l’obiettivo prioritario che dovrebbe essere la certezza del diritto; e se non c’è la certezza del diritto non è assicurata né la crescita né la competitività154.

154

182

Capitolo V

I MODELLI PER LA GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI E LE