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89sonali astratti si perfezionarono sempre più Ciò che si dimostrava

efficace in un settore di rado però ne interessava un altro. I con- tenitori di dati erano ermeticamente sigillati. Oggi la situazione sta mutando poiché quei contenitori sono più permeabili. Le pratiche di sorveglianza e i flussi di dati si muovono molto più liberamente da un settore all’altro. Ciò che accade in un’area interessa anche un’altra. Il cosiddetto sistema a controllo incrociato è da tempo una caratteristica dei sistemi di sorveglianza e può essere osservato in contesti molto semplici. A uno studente può non essere permesso di laurearsi, per esempio, finché non siano interamente pagate le quote relative al residence in cui lui o lei hanno soggiornato. In questo caso, un sistema i cui riferimenti sono di tipo accademico è usato da un altro, di tipo commerciale, al fine di ottenere gli adem- pimenti del caso.

Ma non è questo l’unico modo in cui i contenitori della sorve- glianza mostrano la loro crescente permeabilità. Le società di sor- veglianza esistono laddove il controllo cessa di essere una mera caratteristica di rapporti istituzionali distinti e diviene routinario e ampiamente generalizzato nei confronti delle popolazioni. I corpi che nella modernità scompaiono spariscono ancor prima con l’av- vento delle tecnologie di comunicazione e informazione.

Le società sorvegliate qui ipotizzate però non hanno nulla a che vedere con un controllo totalitario (da qui la differenza essenziale con lo scenario del romanzo orwelliano), non sono tecnologica- mente determinate e nemmeno frutto di semplici imposizioni ca- late dall’alto. Esse invece evolvono e mutano tramite mezzi e in direzioni che sono ad un tempo tecnologici, socio-culturali e poli- tico-economici.

In Gran Bretagna, per esempio, la paura rispetto al crimine di strada costituisce uno stimolo potente nei riguardi dei politici, che sono per questo indotti a sostenere l’installazione di televisioni a circuito chiuso e sistemi di telesorveglianza. Ma gli stessi siste- mi sono sostenuti anche dalle compagnie commerciali che li pro- ducono, in quanto soluzioni tecniche di rilevamento nei confronti dei conflitti sociali metropolitani. Ed eventi drammatici come l’11 settembre (per tornare all’esempio con cui ho iniziato il mio inter-

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Dr. Marco Dall’Olio

vento) non fanno che intensificare questo processo, legittimando l’espansione del mercato della sicurezza - warfare - a scapito di quello della protezione sociale - welfare.

Considerazioni queste ultime non mie, bensì opera di David Lyion – sociologo e professore all’università di Kingston in Canada, sede della Queen’s University, nonché direttore del Sourveillance Project - contenute nel libro “La società sorvegliata. Tecnologie

di controllo della vita quotidiana”, Feltrinelli, 2002, che suggerirei

a tutti coloro, come noi, che si occupano di videosorveglianza, di leggere.

Prof. Rita Cucchiara

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Rogetti di RiceRca in

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ideo SoRveglianza

Prof. Rita Cucchiara

Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione Università di Modena e Reggio Emilia

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utti ora parlano di Video Sorve- glianza, sui giornali, TV e Web, spesso intendendo in forma mol- to riduttiva solo le centinaia di telecame- re installate nelle nostre città, nelle stra- de e negli uffici, collegate attraverso una rete (wired o wireless) a centri di memo- rizzazione, a centri di controllo remoti o distribuiti, dove le immagini dovrebbero essere osservate con continuità da occhi attenti di addetti alla sicurezza.

L’azione deterrente e l’azione di sup- porto a posteriori della raccolta di dati vi- suali in aiuto alle attività investigative e giudiziali è ben noto, e non sta a me ribadirlo, come è altrettanto noto, purtroppo, che sistemi CCTV di questo tipo difficilmente possono avere un ruolo attivo nelle prevenzione del crimine, perchè non esiste disponibilità di personale umano capace di attendere alle attività di vigilanza 24 ore su 24. Nelle agenzie private americane la presenza costante di un osservatore umano è valutato in circa 150.000$ all’anno, anche considerando che studi di psicologia della percezione concordano che dopo solo 20 minuti l’attenzione umana su monitor degrada sotto il limite di accettabilità.

Ciò malgrado le telecamere stanno diffondendosi sempre di più: quelle istallate in Italia solo dagli enti pubblici sono migliaia, centi- naia a Roma e a Milano e numerose anche nelle città di provincia; si pensi ad esempio che nel 2008 il record sembra essere di Reg- gio Emilia, con una telecamera ogni 350 abitanti.

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Prof. Rita Cucchiara

rapportata alla percezione di sicurezza degli individui. Mi piace ri- portare una notizia molto enfatizzata anche sulla stampa italiana di qualche mese fa: in una intervista al “The Guardian” del maggio 2008 Mick Neville, ispettore di Scotland Yard, ha bollato la Video Sorveglianza come un “utter fiasco”, affermando che l’Inghilterra a fronte della enorme diffusione degli apparati (4,2 milioni di tele- camere con un rapporto 1 a 14 tra telecamere ed abitanti) e dei miliardi di sterline impiegati, ha sistemi decisamente inefficaci; ha stimato solo in un 3% il miglioramento nella lotta alla criminalità grazie alle telecamere.

Il problema è quello prima richiamato: le forze dell’ordine non possono materialmente osservare in tempo reale centinaia di mi- gliaia di video e l’efficacia di tali sistemi nel momento in cui il fatto si verifica è di praticamente nulla. L’ispettore al termine dell’inter- vista, però, assolve i sistemi del futuro e ipotizza come unica so- luzione plausibile l’affidarsi a software di analisi di immagini per elaborare in tempo reale i video e fornire allarmi. Finalmente!

Da anni la comunità scientifica internazionale sta lavorando nel- la Visione Artificiale per trovare soluzioni all’interpretazione della scena in modo automatico. Le nuove generazioni di sistemi di vi- deosorveglianza non sono e non saranno più soltanto sistemi har- dware, ma trovano nel software di analisi, spesso chiamato com-

Fig.27 – generazioni dell’hardware di sistemi di videosorve- glianza

Prof. Rita Cucchiara

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