In questa categoria si possono elencare tutti i residui dei macelli come sangue, pelle, contenuti stomacali, ossa e gli scarti dell‘industria ittica[18]. La produzione di carne per l‘alimentazione umana comporta la produzione di una grande quantità di rifiuti e sottoprodotti che, in linea indicativa, rappresentano circa il 40-50% (inteso come complemento a 100 della resa, ovvero del rapporto percentuale tra massa della carcassa e massa dell‘animale vivo) del peso vivo dell‘animale di partenza, considerando la resa al macello e la quota di grassi, ossa e altre parti del corpo che vengono separate durante le fasi del processo produttivo (Fig.1.20) [73].
Figura 1.20:Rese indicative di macellazione
I diversi sottoprodotti e scarti, ottenuti dai processi di produzione della carne, danno origine a svariati prodotti di interesse alimentare, zootecnico ed industriale. Alcuni di essi sono genericamente classificati come ―sottoprodotti‖, mentre altri (fegato, grassi, ecc.) sono di più
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animale, del sesso, del peso e del metodo di macellazione adottato, variando dal 4 al 30% del peso vivo per gli agnelli, i suini ed i bovini, al 2-4% per gli avicoli [73].
La quantità di scarti generati dalla macellazione bovina, non destinata al consumo umano è pari al 33-35% del peso vivo dell‘animale; nei suini i sottoprodotti animali non destinati al consumo umano sono circa il 18% e rappresentano la quasi totalità di quelli prodotti nel complesso; in maniera analoga, anche per il comparto avicolo la quota complessiva di sottoprodotti che si genera dalla macellazione è quasi completamente gestita come scarto, poiché non è destinata al consumo umano [87].
A questi si sommano gli effluenti generati dall‘impiego di notevoli quantità di acqua per operazioni quali l‘eventuale lavaggio dei capi vivi, delle frattaglie e delle carcasse, dei mezzi di trasporto, oltre che per la pulizia degli impianti e di tutte le superfici. La qualità degli effluenti varia da caso a caso, ma, in genere, risultano caratterizzati da alti carichi organici, dovuti alla presenza di sangue, grasso e materiale stercorario, oltre che di deiezioni; fluttuazioni del pH a seguito dell‘uso di agenti disinfettanti e per la pulizia; alti livelli di P, N e NaCl e, talvolta, elevate temperature (Figg.1.21-1.22).
Figura 1.21: Caratteristiche degli effluenti provenienti dalla macellazione [88]
Figura 1.22:Concentrazione media degli inquinanti negli effluenti della lavorazione della carne per tipologia di capo macellato [73]
La composizione merceologica media degli scarti provenienti dai macelli (pelli, carni, ossa, peli, sangue ecc) è riportata in Tab.1.13; le caratteristiche qualitative di tali scarti, come si può osservare, li rendono interessanti ai fini di una loro valorizzazione energetica attraverso la
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fermentazione e, quindi, la conversione in biogas. Non tutto il materiale, però, può essere digerito anaerobicamente, sia per un aspetto meramente fisico/tecnico, come nel caso delle ossa, sia per un aspetto normativo.
Componente Valore C (%) 48 H (%) 8,5 O (%) 28 N (%) 9,3 Ceneri (%) 5,8 Umidità (%) 60 P.C.I. (kJ/kg) 20.074
Tabella 1.13: Composizione merceologica degli scarti di macellazione [89]
La recente evoluzione normativa a livello comunitario e nazionale, infatti, ha fortemente circoscritto le opzioni tecnologiche ammesse per il trattamento di rifiuti di origine animale. Nello specifico, il Regolamento CE n. 1774/2002 ―Norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano‖, e successive modifiche e integrazioni, ha classificato i sottoprodotti di origine animale in tre categorie, in base alla relativa pericolosità, individuando per ciascuna di esse le tipologie di impiego e trattamento consentite (Fig. 1.23).
Figura 1. 23:Opzioni di recupero e smaltimento dei sottoprodotti di origine animale consentite dalla normativa europea [90]
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Risultano sottoprodotti avviabili a digestione anaerobica la categoria 3 e parte della categoria 2 (stallatico e contenuto ruminale), sebbene possano essere esclusi tutti i flussi destinabili al consumo umano, che hanno già un loro mercato.
Una stima dei quantitativi di scarto digeribili, recuperabili ai fini della digestione anaerobica, può essere fatta impiegando, per bovini, suini ed ovi-caprini, ad esempio, gli indici di produzione riportati nelle Figg.1.24-1.26, con cui, a partire dal peso vivo medio dell‘animale macellato, è possibile risalire alla prozione non edibile, ma sfruttabile come substrato per gli scopi di cui sopra.
Figura 1.24: Indice di produzione di SOA di cat.2 (contenuto prestomaci) e cat.3 della macellazione bovina per tipologia animale ( Fonte CRPA, 2006)
Figura 1.25: Coefficienti di produzione di SOA non destinati al consumo umano della macellazione suina (Fonte CRPA, 2006)
Figura 1.26: Indici di produzione di scarto digeribile nella macellazione ovicaprina (Fonte: elaborazione su dati ANPA e CRPA).
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In generale, gli scarti che ne derivano sono caratterizzati da un elevato contenuto di sostanza organica, un elevato tenore di azoto e dalla presenza di grassi che, sebbene conferiscano alle biomasse un ingente potere metanigeno, possono indurre la produzione di elevate quantità di ammoniaca durante il processo di digestione anaerobica. A tal proposito, non sono mai valorizzate tal quali, ma, solitamente, sono co-digerite con reflui zootecnici o altri rifiuti organici. La produzione annua è regolare, tuttavia occorre tener conto dei costi aggiuntivi dovuti alla necessità di pre-trattare mediante pastorizzazione (igienizzazione) per almeno un‘ora a 70°C tali sottoprodotti, così come imposto dalla normativa vigente [91].
Le rese di biogas ottenibili e la percentuale di produzione metanigena variano in funzione della composizione della matrice digeribile, del substrato di co-digestione, in genere reflui zootecnici, e del processo stesso [87, 22].
1.4.3 FORSU e FO
Fra le diverse tipologie di biomasse utilizzabili a fini energetici, anche la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU) è certamente molto interessante, sia per l‘ampia disponibilità, sia per i vantaggi ambientali conseguenti alla sua valorizzazione per il recupero del biogas e la produzione di energia elettrica e/o termica, piuttosto che al puro e semplice conferimento in discarica [92]. La FORSU rappresenta la principale frazione merceologica degli scarti domestici, generalmente fino al 40-45% del rifiuto prodotto annualmente [23]. Nei rifiuti urbani domestici, la frazione organica umida si trova in percentuale variabile tra il 25 e il 35% in peso e presenta un elevato grado di putrescibilità ed umidità (> 65%) che la rende adatta alla digestione anaerobica, mentre la presenza di piccole quantità diplastica e vetro è in genere inferiore al 5% sul totale [24] e induce, comunque, al ricorso a pretrattamenti per eliminarli poiché, in modi differenti, possono provocare problemi e danneggiamenti alle parti meccaniche dell‘impianto. In genere, la purezza di tale matrice è legata alla modalità di raccolta, mentre la sua composizione è estremamente eterogenea e dipende da fattori come la stagionalità, la collocazione geografica del bacino di riferimento, le abitudini alimentari della popolazione [23]. Il loro uso non èperò consigliabile negli impianti di biogas aziendali per liquami zootecnici, a causa delle problematiche connesse alle attuali normative italiane di riferimento [24]. Uno dei maggiori problemi nell‘utilizzo delle frazioni organiche dei rifiuti è, infatti, la successiva gestione del digestato che, secondo la legislazione vigente, rappresenta un rifiuto dagli utilizzi limitati e vincolati ad autorizzazione.
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ambientale, la grande quantità di azoto, principalmente minerale, presente nei digestati può creare delle difficoltà durante l‘utilizzo agronomico di questo output di processo [23].