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Spazi metrici e funzioni continue

1. Definizioni ed esempi

Richiamiamo dalla Sezione 4 del Capitolo 2 la definizione di spazio metrico.

Definizione 6.1. Uno spazio metrico `e una coppia (X, d) dove X `e un insieme e d : X × X → [0, ∞) `e una funzione, detta metrica o distanza, che per ogni x, y, z ∈ X verifica le seguenti propriet`a:

1) d(x, y) ≥ 0 e d(x, y) = 0 se e solo se x = y;

2) d(x, y) = d(y, x) (simmetria);

3) d(x, y) ≤ d(x, z) + d(z, y) (disuguaglianza triangolare).

Conosciamo gi`a i seguenti esempi di spazi metrici:

1) R con la funzione d(x, y) = |x − y|, x, y ∈ R, `e uno spazio metrico.

2) R con la funzione d(x, y) = |x − y|1/2, x, y ∈ R, `e uno spazio metrico.

3) C con la funzione d(z, w) = |z − w|, z, w ∈ C, `e uno spazio metrico.

4) Rn, n ≥ 1, con la funzione distanza d(x, y) = |x − y| =Xn

i=1

|xi− yi|21/2

, x, y ∈ Rn,

`

e uno spazio metrico.

Ecco altri esempi di spazi metrici.

Esempio 6.2 (Spazio metrico discreto). Sia X un insieme e definiamo la funzione d : X × X → [0, ∞)

d(x, y) = 0 se x = y, 1 se x 6= y.

E facile verificare che d verifica gli assiomi della funzione distanza.`

Esempio 6.3 (Distanza centralista). Su R2 definiamo la funzione d : R2× R2 → [0, ∞) nel seguente modo

d(x, y) =  |x − y| se x, y ∈ R2 sono collineari con 0,

|x| + |y| altrimenti.

Lasciamo come esercizio il compito di provare che (R2, d) `e uno spazio metrico.

Esempio 6.4. I numeri naturali N = {1, 2, . . .} con la distanza d(m, n) =

1 m − 1

n

, m, n ∈ N, sono uno spazio metrico.

63

64 6. SPAZI METRICI E FUNZIONI CONTINUE

Sia X uno spazio metrico con distanza d : X × X → [0, ∞). Fissato un punto x ∈ X ed un raggio r ≥ 0, l’insieme

Br(x) = B(x, r) = BX(x, r) =y ∈ X : d(x, y) < r si dice sfera o palla (aperta) di centro x e raggio r.

Osservazione 6.5 (Spazio metrico restrizione). Dato un sottoinsieme Y ⊂ X, possiamo restringere la funzione distanza d ad Y : d : Y × Y → [0, ∞). Allora anche (Y, d) `e uno spazio metrico. La palle nella distanza d di Y sono fatte nel seguente modo:

BY(y, r) = BX(y, r) ∩ Y, per ogni y ∈ Y ed r > 0.

2. Spazi metrici indotti da spazi normati Spazi metrici possono essere generati a partire dagli spazi normati.

Definizione 6.6 (Spazio normato). Uno spazio normato (reale) `e una coppia (V, k · k) dove V `e uno spazio vettoriale reale e k · k : V → [0, ∞) `e una funzione, detta norma, che per ogni x, y ∈ V e per ogni λ ∈ R verifica le seguenti propriet`a:

1) kxk ≥ 0 e kxk = 0 se e solo se x = 0;

2) kλxk = |λ|kxk (omogeneit`a);

3) kx + yk ≤ kxk + kyk (subadittivit`a o disuguaglianza triangolare).

Chiaramente, R, C ed Rn sono spazi normati con le norme naturali. Una norma k · k su uno spazio vettoriale V induce canonicamente una distanza d su V definita nel seguente modo:

d(x, y) = kx − yk, x, y ∈ V.

La disuguaglianza triangolare per la distanza d deriva dalla subadittivit`a della norma k · k. Infatti, per ogni x, y, z ∈ V si ha:

d(x, y) = kx − yk = kx − z + z − yk ≤ kx − zk + kz − yk = d(x, z) + d(z, y).

Esempio 6.7 (Lo spazio `2(R)). Sia `2(R) l’insieme delle successioni reali (an)n∈N di quadrato sommabile:

X

n=1

a2n< ∞.

Indichiamo con x ∈ `2(R) un generico elemento di `2(R). La funzione k · k`2(R) :

`2(R) → [0, ∞) cos`ı definita

kxk`2(R)=X

n=1

a2n1/2

`

e una norma. La propriet`a di subadittivit`a si prova come in Rn. Definiamo su `2(R) il prodotto scalare

hx, yi`2(R)=

X

n=1

anbn, x = (an)n∈N, y = (bn)n∈N.

4. LIMITI DI FUNZIONE 65

La disuguaglianza 2|anbn| ≤ a2n+ b2n prova che la serie converge assolutamente. In particolare, avremo kxk`2(R) = hx, xi1/2`2(R). Esattamente lo stesso argomento della Proposizione 5 nella Sezione 5 del Capitolo 2 prova che vale la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz

|hx, yi`2(R)| ≤ kxk`2(R)kyk`2(R), e da qui segue che kx + yk`2(R)≤ kxk`2(R)+ kyk`2(R).

In conclusione, `2(R) con la funzione distanza d(x, y) = kx − yk`2(R)=X

n=1

(an− bn)21/2

`

e uno spazio metrico.

3. Successioni in uno spazio metrico

Una successione in uno spazio metrico (X, d) `e una funzione x : N → X. Si usa la notazione xn= x(n) per ogni n ∈ N e la successione si indica con (xn)n∈N.

Definizione 6.8. Una successione (xn)n∈N converge ad un punto x ∈ X nello spazio metrico (X, d) se

n→∞lim d(xn, x) = 0,

ovvero se per ogni ε > 0 esiste ¯n ∈ N tale che per ogni n ≥ ¯n si abbia d(xn, x) ≤ ε.

In questo caso si scrive xn−−−→(X,d)

n→∞ x oppure lim

n→∞xn = x in (X, d),

e si dice che la successione `e convergente ad x ovvero che x `e il limite della successione.

Se il limite di una successione esiste allora `e unico. Se infatti x, y ∈ X sono entrambi limiti di (xn)n∈N, allora risulta

0 ≤ d(x, y) ≤ d(x, xn) + d(xn, y) → 0, n → ∞, e quindi d(x, y) = 0 ovvero x = y.

Esempio 6.9 (Successioni in Rm). Sia X = Rm, m ≥ 1, con la distanza Euclidea e consideriamo una successione (xn)n∈Nin Rm. Ogni punto xn∈ Rm ha m coordinate, xn = (x1n, . . . , xmn) con x1n, . . . , xmn ∈ R. Sia infine x = (x1, . . . , xm) ∈ Rm un punto fissato. Sono equivalenti le seguenti affermazioni:

(A) lim

n→∞xn = x in Rm; (B) lim

n→∞xin = xi in R per ogni i = 1, . . . , m.

4. Limiti di funzione 4.1. Limiti in spazi metrici.

Definizione 6.10 (Punto di accumulazione). Sia (X, d) uno spazio metrico. Un punto x0 ∈ X si dice punto di accumulazione di un insieme A ⊂ X se per ogni r > 0 si ha

A ∩ Br(x0) \ {x0} 6= ∅.

66 6. SPAZI METRICI E FUNZIONI CONTINUE

Definizione 6.11 (Limite). Siano (X, dX) e (Y, dY) due spazi metrici, sia x0 ∈ X un punto di accumulazione di A, e sia f : A → Y una funzione. Un punto y0 ∈ Y si dice limite di f per x che tende a x0 se per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che per ogni x ∈ A si abbia

0 < dX(x, x0) < δ ⇒ dY(f (x), y0) < ε.

Scriveremo in questo caso

x→xlim0

f (x) = y0,

dove la notazione per le distanze di riferimento `e omessa.

Se il limite esiste allora `e unico. Per avere l’unicit`a occorre definire il limite limitatamente ai punti di accumulazione.

Teorema 6.12 (Caratterizzazione sequenziale del limite). Siano (X, dX) e (Y, dY) due spazi metrici, x0 ∈ X un punto di accumulazione di A, y0 ∈ Y ed f : A → Y una funzione. Sono equivalenti le seguenti due affermazioni:

A) lim

x→x0

f (x) = y0;

B) Per ogni successione (xn)n∈N in A \ {x0} vale l’implicazione:

n→∞lim xn= x in X ⇒ lim

n→∞f (xn) = y0 in Y.

Dim. A)⇒B). Fissato ε > 0, esiste δ > 0 tale che per ogni x ∈ X vale:

0 < dX(x, x0) < δ ⇒ dY(f (x), y0) < ε.

Dalla convergenza della successione (xn)n∈N a x0 segue l’esistenza di ¯n ∈ N tale che per n ≥ ¯n si abbia dX(xn, x0) < δ. Quindi per tali n ≥ ¯n si ottiene dY(f (xn), y0) < ε.

B)⇒A). Supponiamo per assurdo che esista ε > 0 tale che per ogni n ∈ N ci sia un punto xn∈ A \ {x0} tale che dX(xn, x0) < 1/n ma dY(f (xn), y0) ≥ ε. La successione (xn)n∈N converge ad x0in (X, dX) ma la successione (f (xn))n∈Nnon converge ad f (x0)

in (Y, dY). Questo contraddice l’affermazione B). 

Supponiamo ora che lo spazio metrico di arrivo sia Y = R con la distanza standard.

Teorema 6.13 (Operazioni con i limiti). Sia x0 ∈ X un punto di accumulazione dell’insieme A ⊂ X e siano f, g : A → R due funzioni. Supponiamo che esistano (finiti) i limiti

L = lim

x→x0f (x) ∈ R, M = lim

x→x0g(x) ∈ R.

Allora si ha:

1) lim

x→x0

f (x) + g(x) = L + M ; 2) lim

x→x0

f (x)g(x) = LM .

Inoltre, se M 6= 0 allora si ha anche:

3) lim

x→x0

f (x) g(x) = L

M.

Dim. La dimostrazione segue dal Teorema 3.8 sulle operazioni con i limiti di successioni in R e dal Teorema 6.12.



4. LIMITI DI FUNZIONE 67

4.2. Funzioni di variabile reale a valori reali. Siano ora X = R ed Y = R con la distanza standard. La definizione di limite si riformula nel seguente modo.

Definizione 6.14 (Limite). Sia x0 ∈ R un punto di accumulazione di un insieme A ⊂ R e sia f : A → R una funzione. Diciamo che f tende al limite L ∈ R per caratterizzazione sequenziale di limite.

Esercizio 6.16. Usando la definizione verificare che

x→0lim x + 1 1 + 2x = 1.

Soluzione. Fissato ε > 0, cerchiamo δ > 0 tale che valga la seguente implicazione:

(6.1) 0 < |x| < δ ⇒

Studiamo la seguente disequazione:

(6.2)

Supponendo, come `e lecito in questo caso, che 1+2x 6= 0, la disequazione `e equivalente a

x2 < ε2(1 + 4x2+ 4x) ⇔ (1 − 4ε2)x2 − 4ε2x − ε2 < 0.

Le radici del polinomio in x di grado 2 associato alla disequazione sono x±= 2ε2± ε

1 − 4ε2.

Qui e nel seguito possiamo supporre che 0 < ε < 1/2. La disequazione precedente `e verificata per x < x < x+ e dunque la disequazione (6.2) `e equivalente a

l’implicazione (6.1) `e verificata. 

Usando il fatto che R `e totalmente ordinato, `e possibile anche introdurre le nozioni di limite destro e limite sinistro. Diciamo che un punto x0 ∈ R `e un punto di accumulazione destro di un insieme A ⊂ R se A ∩ (x0, x0+ δ) 6= ∅ per ogni δ > 0.

Analogamente, diciamo che un punto x0 ∈ R `e un punto di accumulazione sinistro di un insieme A ⊂ R se A ∩ (x0− δ, x0) 6= ∅ per ogni δ > 0.

68 6. SPAZI METRICI E FUNZIONI CONTINUE

Definizione 6.17 (Limiti destro e sinistro). Siano A ⊂ R un insieme, x0 ∈ R un punto di accumulazione destro e sinistro di A ed f : A → R una funzione.

1) Diciamo che

lim

x→x+0

f (x) = L+ ∈ R se per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che

x ∈ A ∩ (x0, x0+ δ) ⇒ |f (x) − L+| < ε.

Chiamiamo L+ il limite destro di f in x0. 2) Diciamo che

lim

x→x0

f (x) = L ∈ R se per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che

x ∈ A ∩ (x0− δ, x0) ⇒ |f (x) − L| < ε.

Chiamiamo L il limite sinistro di f in x0. Chiaramente il limite L = lim

x→x0

f (x) esiste (finito) se e solo se esistono (finiti) e sono uguali i limiti destro e sinistro L+= L = L.

Quando le funzioni assumono valori in R `e possibile definire la nozione di limite (pi`u o meno) infinito per x → x0.

Definizione 6.18 (Limite infinito). Sia x0 ∈ R un punto di accumulazione di un insieme A ⊂ R e sia f : A → R una funzione. Diciamo che

x→xlim0

f (x) = ∞ se per ogni M > 0 esiste δ > 0 tale che

0 < |x − x0| < δ, x ∈ A, ⇒ f (x) > M.

Esercizio 6.19. Usando la definizione verificare che

x→1lim x

(x − 1)4 = ∞.

Soluzione. Fissato M > 0, cerchiamo δ > 0 tale che valga la seguente implicazione:

(6.3) 0 < |x − 1| < δ ⇒ x

(1 − x)4 > M.

Studiamo la seguente disequazione:

(6.4) x

(1 − x)4 > M ⇔ x > M (x − 1)4.

Non `e possibile risolvere tale disequazione in modo esatto. Riduciamo la sua com-plessit`a nel seguente modo. Supponiamo che 0 < δ ≤ 1/2. In questo caso si ha:

|x − 1| < δ ≤ 1

2 ⇒ −1

2 < x − 1 < 1

2 ⇒ 1

2 < x < 3 2.

4. LIMITI DI FUNZIONE 69

Dunque, usando l’informazione x > 1/2 si ottiene x

(x − 1)4 > 1 2(x − 1)4. Risolviamo allora la disequazione semplificata

(6.5) 1

2(x − 1)4 > M.

Chiaramente, per la propriet`a transitiva, se x verifica la disequazione (6.5) allora verifica anche la disequazione (6.4). D’altra parte, si ha

1

2(x − 1)4 > M ⇔ 1 > 2M (x−1)4 ⇔ (x−1)4 < 1

2M ⇔ |x−1| < 1

4

2M Se ora scegliamo

δ = minn1 2, 1

4

2M o

tutte le deduzioni fatte sono valide e si ottiene l’implicazione 0 < |x − 1| < δ ⇒ x

(x − 1)4 > M.

 Definiamo ora la nozione di limite finito quando x → ∞ (“x tende a pi`u infinito”).

Diremo che ∞ `e un punto di accumulazione di un insieme A ⊂ R se A ∩ (M, ∞) 6= ∅ per ogni M ∈ R.

Definizione 6.20. Sia ∞ un punto di accumulazione di un insieme A ⊂ R e sia f : A → R una funzione. Diciamo che f tende al limite L ∈ R per x → ∞ e scriviamo

x→∞lim f (x) = L se per ogni ε > 0 esiste M > 0 tale che

x ∈ A ∩ (M, ∞) ⇒ |f (x) − L| < ε.

Esercizio 6.21. Nelle Definizioni 6.14, 6.18 e 6.20 abbiamo formalizzato la no-zione di limite in tre diverse situazioni. Lasciamo al lettore il compito di definire il limite di funzione nei seguenti casi:

1) lim

x→x0

f (x) = −∞;

2) lim

x→∞f (x) = ±∞;

3) lim

x→−∞f (x) = L ∈ R;

4) lim

x→−∞f (x) = ±∞.

Esempio 6.22 (Esempi fondamentali). I seguenti limiti sono basilari.

Sia α ∈ R un parametro fissato. Allora:

1) lim

x→0|x|α =

0 se α > 0 1 se α = 0

∞ se α < 0.

70 6. SPAZI METRICI E FUNZIONI CONTINUE

Osserviamo che quando α = 0 NON si ha forma indeterminata [00], perch`e |x|0 = 1 per ogni x 6= 0, e dunque il limite per x → 0 `e 1. Nella forma indeterminata [00] si ha una base che tende a 0 ed un esponente che tende a 0 senza essere gi`a 0.

2) lim

x→∞xα =

∞ se α > 0 1 se α = 0 0 se α < 0.

Sia ora a > 0 una base fissata. Allora:

3) lim

x→∞ax=

∞ se a > 1 1 se a = 1 0 se 0 < a < 1.

Osserviamo che quando a = 1 NON si ha forma indeterminata [1], perch`e 1x = 1 per ogni x ∈ R, e dunque il limite per x → ∞ `e 1. Nella forma indeterminata [1] si ha una base che tende ad 1 senza essere gi`a 1 ed un esponente che tende a ∞.

Se, infine, si ha a > 1 allora:

4) lim

x→∞logax = ∞ e lim

x→0logax = −∞.

Omettiamo le dimostrazioni (elementari) di tali limiti fondamentali.

Osservazione 6.23.

(1) Nel caso X = R, il Teorema 6.13 vale anche con ±∞ al posto di x0.

(2) Il punto 1) del Teorema 6.13 vale anche con L = ±∞ ed M ∈ R, con la regola

±∞ + M = ±∞.

(3) Il punto 2) del Teorema 6.13 vale anche con L = ±∞ ed M ∈ R tale che M 6= 0, con la regola:

±∞ · M = ±∞ se M > 0,

∓∞ se M < 0.

(4) Se f `e una funzione limitata e lim

x→x0

g(x) = 0, allora

x→xlim0

f (x)g(x) = 0.

(5) Per i limiti di funzione valgono teoremi del confronto analoghi a quelli per i limiti di successioni.

Esercizio 6.24. Usando le operazioni elementari sui limiti e/o argomenti di confronto calcolare il seguente limite:

L = lim

x→∞

x2x+ | sin x|x2 2x log x+ ex2.

Soluzione. Abbiamo una forma indeterminata []. Dobbiamo individuare e fattorizzare i contributi dominanti a numeratore e denominatore.

Il numeratore `e

N (x) = x2x+ | sin x|x2

= x2x



1 + | sin x|x2 x2x

 .

4. LIMITI DI FUNZIONE 71

Dunque, il contributo dominante al numeratore `e x2x, infatti

(6.6) lim

x→∞



1 + | sin x|x2 x2x



= 1.

Passiamo al denominatore. Fra 2x log x ed ex il termine dominante `e 2x log x = (2log x)x in quanto 2log x > e per tutte le x sufficientemente grandi. Nel seguito ci sar`a utile anche la seguente identit`a

2log x = 2log 2log2 x



= 2(log2x)(log 2)= 2log2xlog 2

= xlog 2. Dunque, il denominatore `e

D(x) = 2x log x+ ex2

= (xlog 2)x+ ex2

= xx log 2+ ex2

= x2x log 2

1 + e xlog 2

x2

. Per tutte le x sufficientemente grandi si ha

e xlog 2 < 1

2,

in quanto la funzione a sinistra `e infinitesima, e quindi

 e xlog 2

x

< 1 2x, e siccome

x→∞lim 1 2x = 0, dal Teorema del Confronto segue che

(6.7) lim

x→∞

 e xlog 2

x

= 0.

Formiamo il quoziente N (x)

D(x) = x2x x2x log 2

1 + | sin x|x2xx2

 1 +

e xlog 2

x2. Essendo 1 − log 2 > 0, si ha

x→∞lim x2x

x2x log 2 = lim

x→∞x2x(1−log 2) = ∞.

Quindi, tenuto conto di (6.6) ed (6.7), usando le regole sulle operazione coi limiti deduciamo che

x→∞lim N (x) D(x) = ∞.



72 6. SPAZI METRICI E FUNZIONI CONTINUE

5. Funzioni continue fra spazi metrici

Il concetto di limite di funzione `e strettamente legato alla nozione di funzione continua.

Definizione 6.25 (Funzione continua). Siano (X, dX) e (Y, dY) due spazi metrici e sia x0 ∈ X. Una funzione f : X → Y si dice continua nel punto x0 ∈ X se per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che per ogni x ∈ X vale

dX(x, x0) < δ ⇒ dY(f (x), f (x0)) < ε.

Equivalentemente: per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che f (BX(x0, δ)) ⊂ BY(f (x0), ε).

La funzione si dice continua su X se `e continua in tutti i punti di X.

Osservazione 6.26. Da un confronto delle definizioni, segue immediatamente la seguente affermazione. Sono equivalenti:

A) f `e continua in x0; B) Esiste il limite lim

x→x0

f (x) = f (x0).

Dunque, negli spazi metrici la continuit`a `e equivalente alla continuit`a sequenziale, nel senso del seguente teorema.

Teorema 6.27 (Caratterizzazione sequenziale della continuit`a). Siano (X, dX) e (Y, dY) due spazi metrici, sia f : X → Y una funzione e sia x0 ∈ X. Sono equivalenti le seguenti due affermazioni:

A) f `e continua in x0;

B) f `e sequenzialmente continua in x0. Ovvero, per ogni successione (xn)n∈N in X vale l’implicazione:

n→∞lim xn = x in X ⇒ lim

n→∞f (xn) = f (x) in Y.

Dim. La dimostrazione `e identica a quella per la caratterizzazione sequenziale del

limite. 

Osservazione 6.28. Il punto B) del Teorema 6.27 pu`o essere riassunto nel se-guente modo:

n→∞lim f (xn) = f

n→∞lim xn ,

il limite “passa dentro l’argomento” di una funzione continua.

Per le funzioni f : X → R a valori reali si possono definire in modo naturale le operazioni di somma, moltiplicazione e reciproco. Queste funzioni ereditano la continuit`a delle funzioni da cui sono composte.

Teorema 6.29 (Operazioni sulle funzioni continue). Sia (X, dX) uno spazio me-trico e sia R munito della distanza Euclidea. Siano f, g : X → R funzioni continue in un punto x0 ∈ X. Allora:

i) La funzione somma f + g : X → R `e continua nel punto x0; ii) La funzione prodotto f · g : X → R `e continua nel punto x0;

iii) Se f 6= 0 su X, allora la funzione reciproca 1/f : X → R `e continua in x0. Dim. La dimostrazione segue dal Teorema 6.27 sulla caratterizzazione sequenzia-le della continuit`a e dal Teorema 3.8 sulle operazioni elementari con le successioni

numeriche. 

6. FUNZIONI CONTINUE IN R 73

Esercizio 6.30. Siano (X, d) uno spazio metrico discreto ed R munito della di-stanza standard. Provare che se f : R → X `e una funzione continua allora deve necessariamente essere costante.

Soluzione. Fissiamo un punto x0 ∈ R. Siccome f `e continua, per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che f (B(x0, δ)) ⊂ BX(f (x0), ε) = {f (x0)} se 0 < ε < 1. In altri termini, si ha f (x) = f (x0) per ogni x ∈ (x0− δ, x0 + δ). (Potremmo dire: f `e localmente costante).

Vogliamo provare che f (x) = f (x0) per ogni x ∈ R. Sia R ∈ (0, ∞] il seguente estremo superiore:

R = supδ > 0 : f (x) = f (x0) per ogni x ∈ (x0− δ, x0 + δ) .

Se R = ∞ allora la tesi `e provata. Supponiamo per assurdo che 0 < R < ∞ e si consideri la successione

xn= x0+ R − 1

n, n ≥ 1.

Siccome xn < x0 + R si ha f (xn) = f (x0), almeno definitivamente. D’altra parte, essendo f continua si ha

f (x0) = lim

n→∞f (xn) = f

n→∞lim xn

= f (x0+ R).

In modo analogo si prova che f (x0 − R) = f (x0). Ripetendo l’argomento iniziale di continuit`a si deduce che esiste ¯δ > 0 tale che f (x) = f (x0) per ogni x ∈ (x0 − R − δ, x¯ 0+ R + ¯δ). Questo contraddice la definizione di R. Quindi deve essere R = ∞.

6. Funzioni continue in R

Sia R munito della distanza standard. La funzione identit`a f : R → R, f (x) = x

`e continua su tutto R (la definizione ε − δ `e verificata con δ = ε). Dal Teorema 6.29 sulle operazioni con i limiti segue che:

i) Ogni polinomio p : R → R `e continuo su tutto R.

ii) Siano p, q : R → R polinomi e sia A = {x ∈ R : q(x) 6= 0}. Allora la funzione razionale f : A → R, f = p/q, `e continua su A.

Ora proviamo che le serie di potenze reali definiscono funzioni continue.

Teorema 6.31. Sia (an)n∈Nuna successione reale e si consideri la serie di potenze f (x) =

X

n=0

anxn, x ∈ (−R, R),

dove 0 < R ≤ ∞ `e il raggio di convergenza della serie. Allora la funzione f : (−R, R) → R `e continua sull’intervallo (−R, R).

Dim. La dimostrazione naturale e pi`u semplice di questo teorema usa la nozione di convergenza uniforme. Qui ne diamo una dimostrazione diretta.

74 6. SPAZI METRICI E FUNZIONI CONTINUE

Fissiamo un punto x ∈ (−R, R) e scegliamo un numero |x| < δ < R. Per h ∈ R opportunamente piccolo (basta che sia x + h ∈ (−R, R)) avremo

f (x + h) =

Se proviamo che l’ultima serie converge (quindi ad un valore indipendente da h), deduciamo che

h→0limf (x + h) = f (x),

e questo prova il teorema. Usiamo il Criterio della Radice. Siccome deve essere lim supn→∞[n]p|an| ≤ 1/R (anzi, si ha =), avremo

per la scelta di δ, e quindi la serie converge. 

Esempio 6.32. Dal Teorema 6.31 deduciamo che le funzioni sin x, cos x ed exsono continue su tutto R.

Dallo stesso teorema si deducono anche altre informazioni interessanti. Ad esem-pio si ha il limite notevole

x→0lim avendo usato nell’ultimo passaggio la continuit`a in x = 0 della serie di potenze.

In modo analogo si pu`o calcolare anche il seguente limite

x→0lim che `e la derivata della funzione esponenziale nel punto x = 0.

Proveremo prossimamente il seguente teorema.

Teorema 6.33. Siano A ⊂ R un intervallo ed f : A → R una funzione continua ed iniettiva. Allora:

i) f `e strettamente monot`ona (crescente oppure decrescente);

6. FUNZIONI CONTINUE IN R 75

ii) f (A) ⊂ R `e un intervallo;

iii) La funzione inversa f−1 : f (A) → A `e continua.

Dim. La prova `e rinviata. Nella prova di ii) si usa la continuit`a ma non

l’inietti-vit`a. 

Esempio 6.34. Dal Teorema 6.33 si deduce la continuit`a di varie funzioni inverse elementari.

1) La funzione esponenziale exp : R → (0, ∞), exp(x) = ex, `e strettamente crescente e continua. Inoltre `e anche suriettiva (questo segue dal teorema dei valori intermedi per le funzioni continue). La sua funzione inversa `e il logaritmo log : (0, ∞) → R, che dunque `e continua.

2) La funzione seno sin : [−π/2, π/2] → [−1, 1] `e continua e strettamente crescente.

Inoltre `e anche suriettiva. Dunque, la sua funzione inversa, la funzione arcoseno arcsin : [−1, 1] → [−π/2, π/2] `e continua.

3) In modo analogo, la funzione tangente tan : (−π/2, π/2) → R `e continua, strettamente crescente e suriettiva. La sua funzione inversa arctan : R → (−π/2, π/2)

`

e dunque continua.

CAPITOLO 7

Introduzione al calcolo differenziale

In questo capitolo introduciamo la definizione di derivata di funzione e di curva e calcoliamo la derivata delle funzioni elementari. Il calcolo differenziale verr`a svilup-pato nel modulo B del corso. Fissati −∞ ≤ a < b ≤ +∞, nel seguito indicheremo con A = [a, b] oppure A = (a, b) un intervallo aperto o chiuso, limitato o non limitato.

1. Derivata di funzione

Definizione 7.1 (Derivata). Una funzione f : A → R si dice derivabile in un punto x0 ∈ A se esiste finito il seguente limite

f0(x0) = df

dx(x0) = Df (x0) = lim

x→x0

f (x) − f (x0) x − x0 .

Il numero f0(x0) ∈ R si dice derivata di f in x0. Se f0(x) esiste in ogni punto x ∈ A, diremo che f `e derivabile su A e chiameremo la funzione x 7→ f0(x) la (funzione) derivata di f .

Quando A = [a, b] e x0 = a, b `e un estremo dell’intervallo il limite che definisce la derivata `e un limite laterale.

Vogliamo capire il significato geometrico della derivata. Data f e fissato il punto x0, indichiamo con

R(x, x0) = f (x) − f (x0) x − x0

il rapporto incrementale di f relativo all’incremento x−x0. Al variare di x indichiamo con α(x) l’angolo in figura:

Figura 1

77

78 7. INTRODUZIONE AL CALCOLO DIFFERENZIALE

Dalle nostre conoscenze di trigonometria sappiamo allora che

(7.1) tan α(x) = f (x) − f (x0)

x − x0

.

Quando x → x0 il punto Q = (x, f (x)) tende al punto P = (x0, f (x0)) e l’angolo α(x) tende all’angolo α(x0) formato con l’asse delle x dalla retta tangente al grafico della funzione f nel punto P . Dunque, passando al limite in (7.1) si ottiene

tan(α(x0)) = f0(x0),

ovvero α(x0) = arctan(f0(x0)). Questa discussione motiva la definizione di retta tangente al grafico di una funzione.

Definizione 7.2 (Retta tangente). Sia f : A → R una funzione derivabile nel punto x0 ∈ A. La retta di equazione

y = f0(x0)(x − x0) + f (x0), x ∈ R, si chiama retta tangente al grafico di f nel punto x0.

Proposizione 7.3. Sia f : A → R una funzione. Se f `e derivabile in x0 ∈ A allora f `e continua in x0.

Dim. Se esiste f0(x0) ∈ R, allora f (x) − f (x0)

x − x0 = f0(x0) + E(x, x0), x ∈ A \ {x0},

dove E(x, x0) `e un errore con la propriet`a che E(x, x0) → 0 per x → x0. Dunque, si trova

f (x) = f (x0) + f0(x0)(x − x0) + (x − x0)E(x, x0), e da qui deduciamo che

x→xlim0

f (x) = f (x0).

 La continuit`a di una funzione non implica la derivabilit`a. Infatti, la funzione valore assoluto f (x) = |x| `e continua su tutto R ma non `e derivabile nel punto x0 = 0. I limiti destro e sinistro del rapporto incrementale sono diversi:

lim

x→0+

|x| − |0|

x − 0 = 1 e lim

x→0

|x| − |0|

x − 0 = −1.

Il seguente teorema fornisce le regole per il calcolo della derivata della somma, del prodotto, del reciproco e del quoziente di funzioni derivabili.

Teorema 7.4. Siano f, g : A → R due funzioni derivabili su A. Allora per ogni x ∈ A:

1) D(f + g)(x) = Df (x) + Dg(x);

2) D(f · g)(x) = g(x)Df (x) + f (x)Dg(x);

3) Se g 6= 0 allora

D1 g



(x) = −Dg(x) g(x)2 .

2. DERIVATA DI CURVE 79

4) Se g 6= 0 allora Df

g



(x) = g(x)Df (x) − f (x)Dg(x)

g(x)2 .

Dim. La prova di 1) `e immediata, perch`e il rapporto incrementale della somma `e uguale alla somma dei rapporti incrementali. Proviamo la 2):

(f g)0(x) = lim

h→0

f (x + h)g(x + h) − f (x)g(x) h

= lim

h→0g(x + h)f (x + h) − f (x)

h + f (x)g(x + h) − g(x) h

= g(x)f0(x) + f (x)g0(x).

Abbiamo anche usato il fatto che g `e continua, essendo derivabile.

Proviamo la 3):

1 g

0

(x) = lim

h→0

1

g(x + h) − 1 g(x)

h = lim

h→0

g(x) − g(x + h)

hg(x + h)g(x) = −g0(x) g(x)2.

La 4) segue da 2) e 3). 

Chiamato C(A) l’insieme delle funzioni continue su A ed indichiamo con C1(A) = {f ∈ C(A) : esiste f0 ∈ C(A)}

l’insieme delle funzioni di classe C1 su A. Sia C(A) che C1(A) sono spazi vettoriali.

L’operatore di derivazione D : C1(A) → C(A), f 7→ Df , `e R-lineare nel senso che per ogni f, g ∈ C1(A) e per ogni α, β ∈ R si ha

D(αf + βg) = αD(f ) + βD(g).

Basta usare le 1) e 2) del teorema precedente e il fatto che la derivata delle costanti

` e zero.

2. Derivata di curve

Sia A ⊂ R un intervallo e sia n ≥ 2 una costante dimensionale. Indichiamo i punti x ∈ Rn con le coordinate x = (x1, . . . , xn). Una funzione continua γ : A → Rn si dice curva in Rn. Il sottoinsieme di Rn

spt (γ) = γ(A) =γ(t) ∈ Rn: t ∈ A si dice sostegno (o supporto) della curva.

Sia B ⊂ R un altro intervallo e sia ϕ : A → B una funzione continua, iniettiva e suriettiva. Chiamiamo ϕ un cambiamento di parametro. Allora la curva κ : B → Rn data dalla composizione κ(s) = γ(ϕ(s)), per s ∈ B, si dice riparametrizzazione di γ.

Chiaramente si ha

spt (κ) = spt (γ).

Tuttavia, γ e κ percorrono la traiettoria comune (il sostegno) con “leggi orarie” di-verse. Dunque una curva `e un sostegno (luogo geometrico) pi`u una sua parametriz-zazione.

80 7. INTRODUZIONE AL CALCOLO DIFFERENZIALE

Consideriamo ora una curva γ ∈ C1(A; Rn), questo significa che le coordinate γ1, . . . , γn sono funzioni derivabili con continuit`a. Il vettore-derivata

˙γ(t) = ˙γ1(t), . . . , ˙γn(t) ∈ Rn

`

e la velocit`a istantanea della curva al tempo t ∈ A. Stiamo usando la notazione ˙γ = γ0 per indicare la derivata. Indichiamo con

| ˙γ(t)| =Xn

i=1

˙γi(t)21/2

la lunghezza della derivata ˙γ(t).

Definizione 7.5. Una curva γ ∈ C1(A; Rn) si dice regolare se | ˙γ(t)| 6= 0 per ogni t ∈ A. Il vettore

T (t) = ˙γ(t)

| ˙γ(t)|

si dice campo tangente unitario alla curva al tempo t, ovvero nel punto γ(t).

A meno del segno, il campo tangente unitario T dipende solo dal supporto della curva γ e non dalla sua parametrizzazione.

Osservazione 7.6. In definitiva, la velocit`a ˙γ(t) contiene tre informazioni:

1) Una direzione tangente (cio`e una direzione di spostamento lineare infinitesi-male) data dalla retta associata al campo T .

2) Una lunghezza | ˙γ(t)| che dice con quale velocit`a istantanea ci si sta muovendo nella direzione T .

3) Un segno (orientazione) di T , che indica in quale verso (ce ne sono due) ci si sta muovendo lungo il supporto della curva.

3. Derivata delle funzioni elementari In questa sezione calcoliamo la derivata delle funzioni elementari.

3.1. Funzioni costanti. Se f (x) = α ∈ R `e una funzione costante allora Df (x) = lim

h→0

f (x + h) − f (x)

h = 0 per ogni x ∈ R.

3.2. Monomi e polinomi. Per n ∈ N si ha Dxn= nxn−1.

Verifichiamo la formula per induzione. Per n = 0 si ha x0 = 1 costante e sappiamo che D1 = 0. La base induttiva `e verificata. Controlliamo il passo induttivo usando la regola per la derivata del prodotto:

Dxn= D(x · xn−1) = (Dx)xn−1+ xDxn−1 = xn−1+ x(n − 1)xn−2 = nxn−1. Esercizio. Provare la formula per la derivata dei monomi usando il binomio di Newton.

A questo punto sappiamo calcolare la derivata di tutti i polinomi e di tutte le funzioni razionali (quoziente di polinomi).

3. DERIVATA DELLE FUNZIONI ELEMENTARI 81

3.3. Funzioni trigonometriche. Proviamo che in ogni punto x ∈ R le derivate del seno e del coseno sono:

D sin x = cos x, D cos x = − sin x.

Verifichiamo la formula per il seno. Nel punto x = 0 si ha D sin(0) = lim

Abbiamo usato il fatto che lim

La verifica della formula per il coseno `e analoga ed `e lasciata per esercizio al lettore. Usando la regola del quoziente si calcola ora la formula per la derivata della tangente:

D tan x = Dsin x

cos x = cos xD sin x − sin xD cos x

cos2x = 1

cos2x. 3.4. Funzione esponenziale. Vogliamo verificare che

Dex = ex, x ∈ R.

Nel punto x = 0 la formula si prova usando la continuit`a delle serie di potenze:

x→0lim

Per calcolare la derivata in un generico punto x ∈ R si usa la formula di addizione per l’esponenziale

3.5. Funzioni iperboliche. Il seno iperbolico ed il coseno iperbolico sono le funzioni sinh, cosh : R → R definite nel seguente modo in x ∈ R:

sinh x = ex− e−x

2 ,

cosh x = ex+ e−x

2 .

La definizione `e motivata dall’identit`a iperbolica fondamentale cosh2x − sinh2x = 1 per ogni x ∈ R. ´E facile verificare che in ogni punto x ∈ R. si ha:

D sinh x = cosh x, D cosh x = sinh x.

Ad esempio, per il seno iperbolico

D sinh x = Dex− D(e−x)

2 = ex+ e−x

2 = cosh x.

82 7. INTRODUZIONE AL CALCOLO DIFFERENZIALE

La verifica per il coseno iperbolico `e del tutto analoga.

La verifica per il coseno iperbolico `e del tutto analoga.

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