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Specializzazione o regìa? Pluralità o individualismo?

PARTE I – Premesse e considerazioni generali, una nuova identità del disegno

1.4 La figura dell’architetto nell’era dell’infografica digitale

1.4.2 Specializzazione o regìa? Pluralità o individualismo?

molteplicità di figure presenti nel quadro lavorativo se ne aggiungono quindi delle altre come ad esempio quella ormai nota del BIM manager che spesso servono riempire quei vuoti di conoscenza che la filiera della nuova produzione digitale infografica presenta nel mondo della professione. Ci sono però anche altri punti di vista relativi all’accettazione della nuova tecnologia BIM. Nel contributo intitolato “«[…] L’Architettura non è un Martini». Riflessioni sul BIM” di Francesco Maggio57 affronta le tematiche più critiche del disegno infografico digitale per l’architettura. Il problema principale individuato da Francesco Maggio è proprio quello legato alla molteplicità delle figure coinvolte nei processi; in una schiera così affollata di specializzazioni, infatti, ci si chiede come verrà trattato l’aspetto decisionale dinnanzi al committente. L’autore pone sotto l’aspetto critico anche la tendenza a disumanizzare il processo creativo insita nell’aumento massiccio della tecnologia a tal proposito riportiamo una sua citazione dell’architetto Vittorio Ugo: “Nessuno può contestare l’estrema versatilità strumentale del computer nei settori della firmitas e della utilitas, delle elaborazioni pratiche, dei computi, del rilievo metrico etc. Molto diversamente vanno invece le cose per quanto riguarda la venustas, i modi del progetto, il pensiero dello spazio, l’interpretazione dei monumenti, l’estetica, la conoscenza. […]”58

57 (Le dimensioni del B.I.M., 2016)

58 (Mimesis - sulla critica della rappresentazione nell'architettura, 2004)

Figura 13 -schema BIM workflow (*)

1.4.3 Tra princìpi e innovazioni

Anche in questo caso nel dibattito tra atteggiamenti più positivistici e altri più ponderati è possibile delineare una sintesi. È indiscutibile il fatto che un importante vantaggio offerto dai softwares parametrici infografici è quello di una condivisione e di un confronto molto più immediato e preciso di quanto sia mai avvenuto; la centralità del modello in questo senso risulta il medium o filtro rispetto al quale tutte le revisioni del disegno avvengono in modo condiviso e con pochi di incomprensione. Questo modus operandi migliorerà sicuramente le dinamiche del lavoro di gruppo abbattendo costi e tempi. È altrettanto vero che una eccessiva specializzazione genera una considerevole frammentazione delle conoscenze (pratiche e teoriche) che, da un lato garantisce un alto livello di efficienza delle singole parti ma dall’altro genera una grossa carenza nella visione globale del processo e soprattutto non può prescindere nel disegno del progetto dalla supervisione di chi ha generato l’aspetto concettuale. Un altro aspetto critico è relativo al quanto intendiamo dare spazio a quel fenomeno che è stato descritto come “architettura automatica” o “progettazione automatica” in quanto, se per questo fenomeno intendiamo automatizzare i soli processi ripetitivi e non creativi, oppure creativi ma appunto seriali per i quali una matrice è stata ideata a priori dal progettista, allora avremo la certezza di fare un’architettura di qualità e con una identità riconoscibile, ma se, al contrario, la tendenza sarà quella di affidarsi totalmente ad una parametrizzazione della progettazione allora otterremo irrimediabilmente idee standardizzate incastonate in una produzione architettonica totalmente anonima e di scarsa qualità.

Abbiamo potuto notare dai precedenti capitoli quante questioni siano ancora dibattute e aperte ma per provare a definire una prima sintesi riportiamo il seguito della citazione al sottocapitolo 1.3.2 con le parole tratte dal testo scritto nel 1969 da Superstudio “[…] La salvezza non è nell’arcadia primordiale e

nemmeno nel paese di Alice.”59 Declinando queste parole al tema trattato in questa sede potremmo cogliere l’invito di affrontare le nuove sfide del disegno nella società dell’informazione con un avveduto l’equilibrio tra le tendenze estremizzanti. Infatti, come è sempre successo, nel corso della storia, una nuova tecnologia avrà successo se sarà capace di migliorare e non stravolgere i paradigmi dell’ambito operativo nel quale viene utilizzata. Questo vale ancora di più per tutti quelle discipline che presentano una natura duale come l’architettura che da sempre opera a metà strada tra arte e tecnica.

Nell’epoca contemporanea, la complessità dei processi edilizi richiede inevitabilmente un’attitudine alla collaborazione tra più professionalità di differente estrazione per raggiungere un obbiettivo di qualità nella realizzazione e un alto grado di efficienza nella gestione dei tempi e dei costi. In questo senso il BIM è uno strumento ideale per questo scopo, essendo un contenitore/catalizzatore delle tante problematiche di progettazione, rilievo, realizzazione e manutenzione. Con una definizione molto azzardata, se correttamente utilizzato, potremmo definire il BIM uno degli strumenti a più alta caratterizzazione umanistica (nell’accezione di un insieme di più discipline) in cui al centro di tutto poniamo l’edificio o comunque la simulazione di esso.

L’identità dell’autore, del progettista o dello studioso che si cimentano nel disegno devo comunque essere mantenuta in qualche modo, e qualsiasi procedura complessa deve necessariamente avere una persona o un gruppo ristretto di persone che possano effettuare le scelte e osservando il flusso di lavoro e dirigendolo sapientemente verso risultati di alta qualità.

Un altro aspetto molto importante per la didattica e per le future generazioni di architetti è di non dimenticare che la peculiarità fondamentale della professione è la capacità di immaginare, di prefigurare un’idea. L’utilizzo avveduto delle tecniche digitali non può che ampliare questa capacità ma è molto facile cadere nel rischio di un utilizzo incondizionato ed iper-immersivo che grazie ad una virtualità totalizzante rischia di distorcere l’idea di spazio, il rapporto con il concreto e, appunto, di diminuire la capacità e l’attitudine all’immaginazione. È

59 Superstudio (Natalini, Toraldo di Francia, Frassinelli, & Magris) cit. in (Biraghi & Damiani, 2009)

quindi auspicabile non smettere di affiancare il disegno manuale a quello digitale e di rafforzare i collegamenti continui tra questi due modi di disegnare che metodologicamente si dovrebbero compiere. Non dimentichiamo che mentre il

CAD prima e la modellazione tridimensionale si sono sviluppate dalla fine degli anni ’90 ai giorni nostri realtà come ad esempio la scuola portoghese hanno prodotto architettura di altissima qualità basando la didattica della rappresentazione sul disegno manale. Per l’architettura l’atto del disegno manuale detiene un valore particolare, forse unico, in quanto il disegno è essenza stessa della disciplina. Claudio Moriconi, uno degli studiosi pionieri del disegno digitale in architettura scriveva: “Il salto dal disegno tradizionale a quello computerizzato non vuol certo dire che possiamo fare a meno delle conoscenze teoriche che formano l’architettura del disegno stesso, anzi tutt’altro per operare attraverso il computer, che è e rimane una macchina, è necessario avere una profonda esperienza sulle tecniche disegnative e sulla loro teoria.”60

60 (Claudio Moriconi professione infografico, 2001, p. 12)

Figura 14 -

Eisenman, Wexner Art Center.

www.arcduecitta.it

Il fatto di considerare il BIM non solo come un problema di software ma soprattutto come una questione legata ai processi e alle metodologie61 potrebbe delineare un’occasione per ripensare e ottimizzare il disegno architettonico in modo più incisivo e corretto sulla base dei principi fondanti della disciplina. Per una revisione consapevole e basata sulla tradizione italiana potrebbe essere utile rivedere la validità dei modelli di massima efficienza quantitativa, tipici del mondo anglosassone, spesso legati alle più alle regole del mercato che al livello qualitativo nei dettagli e nella realizzazione punto di forza della produzione italiana e peculiarità principale per ridefinirne la l’attrattività. Si tratta di comprendere in che modo i nuovi strumenti digitali potranno assecondare questa dimensione tipica del nostro modo di pensare e fare architettura per una interpretazione autentica dell’uso di questi strumenti.

1.5 L’andamento demografico, la situazione del patrimonio